CARINI, Isidoro
Nato in Palermo il 7 genn. 1843 da Giacinto e da Concetta Testaferrata, a cinque anni restava affidato alle sole cure della madre, avendo il padre dovuto esulare a Parigi dopo il fallimento dei moti siciliani del 1848. Dopo aver frequentato con lode a Palermo il collegio dei gesuiti fino al 1860, attratto dagli ideali religiosi avrebbe desiderato entrare nel loro Ordine, ma ne fu ostacolato dal padre, tornato in Sicilia come capobattaglione dei Mille e rimasto ferito a Palermo. Datosi allora ad un apostolato più libero nel clero secolare, entrò nella Congregazione dell'oratorio, poi, dopo aver seguito gli studi teologici nel seminario arcivescovile, fu ordinato sacerdote nel 1868.
Il C. aveva esordito nel giornalismo cattolico fin dal 1860, con brevi articoli apologetici e con recensioni. Nel 1865 aveva fondato il settimanale L'Amico della religione, che cessava dopo i moti popolari palermitani del settembre 1866; fondò poi nel 1868 L'Ape iblea, e nel 1869 il bisettimanale La Sicilia cattolica, che presto assorbì il precedente. Costituì anche il circolo S. Rosalia della Gioventù cattolica di Palermo, collaborò al periodico La Santa Eucarestia, e diresse Le Letture domenicali dei Vangeli;nel 1876 era nominato canonico del duomo.
Le attività nel movimento cattolico non lo distolsero dallo studio del greco e dell'arabo, né dalle ricerche erudite e documentarie. Entrato nel 1864 nel Personale dell'Archivio di Stato palermitano, poté profittare da vicino di quella vasta e preziosa documentazione, presto affermandosi nella vita culturale isolana e collaborando a riviste locali e specialmente alle Nuove Effemeridi siciliane.Ilprimo lavoro scientifico d'impegno fu la "lunga collaborazione" all'edizione de Idiplomi greci ed arabi di Sicilia (Palermo 1868) pubblicati nel testo originale, tradotti ed illustrati da S. Cusa direttore dell'Archivio e suo maestro. Con R. Starrabba fondò nel 1872 l'Archivio storico siciliano, che iniziò le pubblicazioni nell'anno seguente; e nel 1874 fu tra i fondatori della Società siciliana per la storia patria, di cui l'Archivio divenne l'organo.
Tra le più importanti pubblicazioni di questi anni sono da ricordare: Sulle scienze occulte nel Medio-evo (Palermo 1872); Brano di un codice cefalutano inedito del sec. XIV (in Nuove Effemeridi siciliane, II[1871] e a parte, Palermo 1871); Sul monastero di S. Giovanni degli Eremiti (in Arch. stor. siciliano, I [1873], pp. 61 ss.); S. Tommaso e la Sicilia (ibid., II[1874], pp. 133-167). Sono anche di questi anni numerose brevi comunicazioni su sigilli e su iscrizioni greche e latine, che lo avviarono allo studio delle scienze ausiliarie della storia, massime dell'epigrafia.
Nel 1876 il Cusa, a cui il C. dedicava lo studio Ilprof. Cusa e gli studi moderni di paleografia e diplomatica (in Arch. stor. sic., II [1874], pp. 406-422; III [1876], pp. 83-104, 177-191 e 349-368, incompleto; e a parte, Palermo 1875), fu nominato professore di lingua e letteratura araba all'università, lasciando l'Archivio e la cattedra di paleografia e diplomatica della scuola annessa, dove aveva insegnato dalla fondazione (355). Il C. fu chiamato a succedergli. Il nuovo incarico allargò il campo delle sue ricerche, e si dedicò con passione alla scuola (iniziò i corsi il 15 nov. 1877) in cui ebbe illustri allievi.
Le prolusioni sono ancora oggi di notevole interesse per l'ampiezza delle idee e per la copia delle informazioni (Prolusione al corso di paleografia e diplomatica, in Nuove Effemeridi siciliane, s. 3, VI [1877], pp. 149-186, e a parte; Sulle materie scrittorie adoperate in Sicilia, ibid., VIII[1878], pp. 218-300, e a parte; La porpora e il colore porporino nella diplomatica specialmente siciliana, ibid., IX[1880], pp. 297-333, e X [1880], pp. 3-44, e a parte).
Per la celebrazione del VI centenario del Vespro da parte della Società siciliana di storia patria il C. pubblicò due registri di Pietro III d'Aragona, conservati a Barcellona nell'Archivio della Corona d'Aragona, già segnalati da R. Starrabba, che contenevano elementi nuovi per la conoscenza e l'interpretazione dei fatti di Sicilia. L'opera costituì il quinto volume della serie "Documenti per servire alla storia della Sicilia" della medesima Società, ed ebbe il titolo De rebus regni Siciliae (9 sett. 1282-26 ag. 1283), Palermo 1882-1883.
La trascrizione, se eseguita per via ufficiale, avrebbe richiesto la spesa di lire 5.000, giudicata insostenibile; il ministero dell'Interno, da cui dipendevano gli archivi, accettò quindi volentieri l'offerta del C. di compiere il lavoro con il solo compenso delle spese del viaggio, di lire 600. La missione durò dal gennaio al giugno 1882 e, grazie alla attività del C., la prima parte della documentazione fu puntualmente pubblicata nel giorno della celebrazione in un volume dal titolo XXXI Marzo MDCCCLXXXII - Ricordi e documenti del Vespro Siciliano…, a cura della Società siciliana di storia patria (Palermo 1882). Del lavoro del C. si giovò M. Amari per la nona edizione della sua Guerra del Vespro Siciliano, avendo il ministro dell'Interno A. Depretis autorizzato che il manoscritto fosse trasferito all'Archivio di Stato di Pisa "per dargli comodo di studiarlo prima della pubblicazione" (Starrabba).
La missione in Spagna, per interessamento di M. Tabarrini e di C. Correnti, fu prolungata di tre mesi: e in questo breve tempo il C. visitò gli archivi di Saragozza, Alcalá de Henáres, Madrid, Valladolid, Simancas, l'Escuriale, Toledo, Burgos e León. Frutto delle sue ricerche è l'opera Gliarchivi e le biblioteche di Spagna in rapporto alla storia d'Italia, 2 voll., Palermo 1884 (ma terminati più tardi da R. Starrabba).
Dalla Spagna il C. inviò al giornale Sicilia cattolica alcuni articoli, ripubblicati anonimi in Il Vespro siciliano e la questione angioina, Palermo 1882 (vedi Miraglia, p. 56, n. 127). Non sembra che il volume pure anonimo I papi e i Vespri Siciliani, con documenti inediti o rari, Roma 1882 (ripubbl. presso la Stamperia Vaticana nel 1885) sia opera di lui, com'è stato supposto (C. D. Fonsega, in Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII, Roma 1961, p. 237), non essendo menzionato nell'elenco autografo dei suoi scritti; e probabile però che egli vi abbia collaborato - benché lo stile polemico sia più acre e l'autore dimostri una dimestichezza con i registri dell'Archivio Vaticano e con altri archivi che il C. non poteva avere - perché il solerte ed attento commissario di Borgo, nelle sue memorie, ne annotò le ripetute visite al papa nel 1882, a proposito della polemica del Vespro (G. Manfroni, Sulla soglia del Vaticano, 1870-1901, II, Bologna 1920, p. 75).
Leone XIII aveva aperto alla pubblica consultazione l'Arch. Vaticano nel 1881, aveva istituito una Commissione cardinalizia per gli studi storici, ed ora intendeva promuovere l'edizione delle antiche lettere papali. Nel suo piano di fare dell'Archivio un centro internazionale di ricerche storiche, in connessione con la politica culturale intrapresa, volle affidare al C. nel 1884 una parte importante. Il nome dello studioso era noto al pontefice, che aveva saputo di lui quando, ancora arcivescovo di Perugia, aveva intrattenuto rapporti amichevoli con suo padre, di stanza a Perugia dal 1871 al 1877 come generale comandante della divisione militare.
Con lettera del 26 maggio (pubblicata in Librino, p. 113) il C. comunicò a G. Silvestri, sovrintendente degli Archivi siciliani, di aver ricevuto la nomina a sottoarchivista della S. Sede e a consultore della Commissione cardinalizia: gli era proposto di dedicarsi, con l'abate L. Tosti, "alla pubblicazione, tanto desiderata, dei Regesti Pontifici e servire la scienza in un campo sinora nuovo ed inesplorato". Lasciava perciò il servizio degli archivi e la cattedra.
L'opera fu compiuta solo in parte. Il nome del C. figura, con la qualifica di "subarchivista adiunctus", fra i dirigenti dell'Archivio che sottoscrivono la dedica al papa, in occasione del suo giubileo sacerdotale, di una importante collezione di facsimili dei registri (Specimina palaeographica ex Vaticani Tabularii Romanorum Pontificum Registris selecta…, con la data 1º genn. 1888). Fra le carte del C. si conservano 64 pagine (già stampate su carta di buona tiratura) di un'edizione del registro di Martino IV, il papa del Vespro, preparata da lui, che non vide mai la luce. Tra le carte è pure rimasta la trascrizione del registro. L'edizione era stata annunziata nella premessa agli Specimina insieme con quelle dei registri di Onorio III e di Clemente V, cominciate a stampare rispettivamente nel 1880 e nel 1885, e terminate nel 1895 e nel 1892; non sorprende perciò che, dilungatasi la stampa anche per il volume del C., l'opera sia rimasta incompiuta per la sua morte.
Sempre nel 1884 il C., che a Palermo aveva dimostrato particolare capacità didattica nella scuola di paleografia, ebbe anche incarico d'insegnare nella scuola di paleografia e critica storica istituita da Leone XIII presso l'Archivio Vaticano con lo stesso motu proprio del 19 maggio 1884 (Saepe numero)con cui veniva dato all'Archivio il primo Regolamento.
Il regolamento della scuola, insieme con il programma delle lezioni, approvato dal papa, fu pubblicato nel Moniteur de Rome (15 febbr. 1885) e in altri giornali; l'inizio delle lezioni ebbe luogo il 16 marzo con una prolusione che, stampata, ebbe quattro edizioni (Prolusione al corso di paleografia e critica storica, Roma 1885, 1886, 1887 e 1888). In funzione dell'insegnamento il C. pubblicò, tra il 1886 e il 1894, una serie di opuscoli su diversi argomenti, che ebbero pure più edizioni (Sommario brevissimodelle lezioni di paleografia…, Roma 1885, ediz. accresciute nel 1886, 1888 e 1889; Piccolo manuale di sigle ed abbreviazioni dell'epigrafia classica, ibid. 1886; Epigrafia e paleografia di papa Damaso, ibid. 1887; 2 ediz., 1889; Argomenti di paleografia e critica storica trattatinegli anni 1885, 1886, 1887, s. l. né d.; Il "signum Christi" nei monumenti del Medio Evo, Roma 1888; 2 ediz., 1890; Lapubblicazione de' librinell'antichità, due fascicoli, Roma 1888 e 1889; Il papiro, Roma 1888; 2 ediz., 1890; I correttori [dei codici], Roma 1894).
Tra i nomi dei primi diplomati della scuola figurano quelli di F. Gasparolo, G. P. Kirsch, S. F. L. Korzeniowski, F. Steffens, e di A. Melampo che successe al C. nell'insegnamento.
La permanenza romana del C. fu feconda anche in altri campi. Divenne subito membro ed assiduo collaboratore dell'Arcadia e delle accademie Tiberina, di Religione cattolica e di Archeologia (di questa sarà nominato censore il 28 dic. 1894); nel 1888 fondò la Società romana per gli studi biblici. Numerosi furono i suoi contributi e le comunicazioni. In Arcadia tenne nel 1888-89 un corso di otto conferenze sulla storia della Chiesa; alla Pontificia Accademia di archeologia trattò Sul dialetto greco di Sicilia (1887), su Le catacombe di S. Giovanni (1890) e Sul codice epigrafico di fra' Giocondo (1894). Partecipò, dopo la morte di M. Amari, alle assemblee dell'Istituto storico italiano come rappresentante della Società siciliana di storia patria (1890-1892). Continuando l'antica collaborazione a riviste isolane, pubblicò una serie di ricerche (Aneddoti siciliani)nell'Archiviostorico siciliano e numerosi brevi articoli in Sicilia cattolica; collaborò anche a molte altre riviste letterarie, storiche e religiose, nonché assiduamente a L'Osservatore romano. Merita un particolare ricordo L'Arcadiadal 1690 al 1890, di cui uscì solo il primovolume, Roma 1891.
Canonico vaticano, dal 1890 fu "primo custode" della Biblioteca Vaticana, che Leone XIII andava trasformando con l'apertura della nuova sala di consultazione e con il trasferimento dei manoscritti in locali più adatti. Il C., che aveva già dimestichezza con i codici vaticani per i suoi studi precedenti, ne acquistò ora una conoscenza profonda: il gran numero di brevi appunti conservati fra le sue carte sono il documento delle ricerche quotidiane, non solo per sé, ma ancor più per gli studiosi che gli si rivolgevano.
Tra gli scritti relativi si possono ricordare: Libri e manoscritti lasciati alla Biblioteca vaticana dal march. G. Ferraioli (Roma 1890); Alcuni lavori ed acquisti della Biblioteca vaticana nel pontificato di Leone XIII (Ibid. 1892); Saggio bibliografico dei lavori compiuti nella Biblioteca vaticana durante il pontificato di Leone XIII, in Nel giubileo episcopale di Leone XIII. Omaggio della Biblioteca Vaticana (Ibid. 1893).Riapertasi una polemica di stampa circa i diritti dello Stato italiano sulle raccolte artistiche dei palazzi vaticani, il C. redasse uno studio per dimostrare il carattere ecclesiastico della Biblioteca Vaticana, e perciò la pertinenza in proprietà al papa in quanto capo della Chiesa (La Biblioteca Vaticana proprietà della Sede apostolica, Roma 1892: 2 ediz., corretta, 1893);e quindi una seconda memoria dal titolo La Biblioteca Vaticana è proprietà della Sede apostolica? (s. l. né d.).
Promotore di iniziative editoriali di documenti, testi e studi dell'Archivio e della Biblioteca, prima in collaborazione con G. Palmieri "secondo custode" dell'Archivio (Spicilegio vaticano, I, Roma 1890, unico volume uscito), poi con un periodico (Il Muratori: raccolta di docc. stor. inediti o rari tratti dagli archivi pubblici o privati, di cui uscirono solo due volumi, nel 1892 e nel 1894), il C. si era proposto di dar vita ad una rivista di più ampio respiro che doveva intitolarsi Rivista di scienze ecclesiastiche e storiche.Ilprogramma, stampato e distribuito a pochi amici con la data del 24 dic. 1894, appena un mese prima della sua morte (pubblicato in Salvadori, p. 19), dichiarava: "Il periodico vuol essere anzitutto d'indole critica. Accetterà volentieri qualsiasi risultato positivo, nella ricerca scientifica, purché veramente tale…".
Come il C. partecipò, con l'opera di ricerca e didattica, al movimento di rigorosa erudizione efilologia storica suscitato da Leone XIII nell'ambiente cattolico, allo stesso modo condivise la nuova apertura di interessi politici e sociali (questi connessi anche al suo profondo sentimento della carità) destata dall'azione di quel pontefice. Dopo la repressione del movimento popolare dei Fasci in Sicilia, il C. pubblicò tre articoli nella Rivista internazionale di scienze sociali diretta da G. Toniolo (marzo-maggio 1894) e raccolti nel volume La questione sociale in Sicilia (Roma 1894), dove denunciava le misere condizioni dei contadini e degli operai delle miniere. Nello stesso anno ebbe una parte importante nelle trattative segrete intercorse tra il papa e il presidente del consiglio F. Crispi (che, venticinquenne, era stato padrino di battesimo del C.), circa l'istituzione di una prefettura apostolica in Eritrea e la concessione del regio exequatur alla nomina a patriarca di Venezia di G. Sarto e degli arcivescovi di Milano e di Bologna.
Nel diario del Crispi (T. Palamenghi Crispi, F. Crispi: politica interna. Diario e documenti, Milano 1924, pp. 132 ss.) sono annotati i frequenti incontri avuti col C. tra il febbraio e l'ottobre 1894: cinque volte solo nella seconda metà di agosto. Le trattative ebbero buon esito; ma la fiducia dimostratagli dal papa e le idee conciliatoriste pubblicamente dichiarate posero il C. al centro di opposte accuse, sia di parte liberale sia di parte cattolica intransigente. L'amico F. Magani, vescovo di Parma, pubblicò una lettera accorata in cui il C. dava sfogo al dolore per tali accuse.
Generoso e fiducioso, il furto commesso ai danni della Biblioteca Vaticana da una persona da lui autorizzata alla frequenza lo addolorò talmente, da fare ritenere che la morte, sopravvenuta a Roma il 25 genn. 1895, fosse causata dallo sconforto.
Gli echi della vicenda sono emblematici dei rapporti sospettosi e polemici tra classe politica italiana e mondo cattolico intransigente. Nel giugno 1894 tale professor Giacomo Pardo, qualificatosi siciliano e studioso di letteratura, si presentò al C. per essere ammesso nella Biblioteca Vaticana, e dopo le pratiche d'uso ebbe, sembra, anche il permesso di studiare in ore di chiusura al pubblico. Tempo dopo un funzionario del ministero della Pubblica Istruzione mostrò al C. un gruppo di preziose miniature che un professor Giacomo Sardi (la stessa persona del Pardo) voleva vendere allo Stato. Riconosciute dal C. come rubate alla Vaticana, la questura riuscì a rintracciare il ladro (il vero nome era Giovanni Rapisardi) e a ricuperare la refurtiva quasi per intero (le miniature e parte di un manoscritto del Petrarca). I giornali si impadronirono della notizia (tra gli altri, IlPopolo romano del 29 e 31 dic. 1894 e L'Italie del 29 dic. 1894). L'Osservatore romano del 30 dicembre la riportò anch'esso con una breve lettera del C., che si chiudeva con le seguenti parole: "Di più non mi consente di aggiungere l'agitazione dell'animo". La stampa scrisse poi di un'inchiesta disposta dal papa per accertare le circostanze ed eventuali responsabilità di scarsa vigilanza, di un aspro rimprovero del papa, di un colloquio tempestoso col cardinal Mazzella, della volontà espressa dal papa di chiedergli le dimissioni pur riservandosi di destinarlo ad altra alta carica, forse alla diocesi di Catania (La Tribuna e Il Giornale del 27 gennaio).
Il solenne funerale richiamò una folla di amici ed estimatori, personalità ecclesiastiche e civili, italiani e stranieri. Si disse che il papa ne fosse molto addolorato, e celebrasse per il C. una messa nella sua cappella privata. Ma la morte improvvisa e le circostanze (un malore mentre era, in quanto canonico, nel coro di S. Pietro) alimentarono polemiche dicerie. IlGiornale del 29 gennaio in un articolo di V. Morello (Rastignac) avanzava il sospetto di una morte procurata, con una violenta invettiva contro pretese trame degli intransigenti e dei gesuiti. G. Manfroni, commissario di Borgo, annota nelle memorie (Sulla soglia del Vaticano, II, p.235) che "Si è sparsa subito la voce che sia morto avvelenato", ma egli ha fatto personalmente una "delicatissima inchiesta" e tutto lo induce a credere "che un assassinio, materialmente parlando, non sia avvenuto".
La famiglia, nel ringraziamento agli intervenuti al funerale scrisse di cogliere "quest'occasione per dichiarare che al caro Estinto non fu mai rivolto nessun appunto nel disimpegno delle sue funzioni e che il Santo Padre, anche recentissimamente, come sempre per lo avanti, ebbe per Lui delle parole di stima e di ogni fiducia" (Il Popoloromano, 29 genn. 1895).
Fonti e Bibl.: Le carte ("Schede") del C., donate dalla famiglia alla Biblioteca Vaticana nel 1912, contengono soprattutto appunti di ricerche erudite e note per le lezioni (indice analit. nel Vat. lat. 14196); un gruppo di lettere sono nella Biblioteca comunale di Palermo nel fondo Di Giovanni. La fonte principale è costituita dalle numerose commemorazioni, alcune delle quali riportano lettere del C. ed altri documenti. Fra le più importanti: R. Starrabba, Mons. I.C., in Arch. stor. sic., n.s., XX (1895), num. sep.; E. Salvadori, Mons. I.C., in L'Arcadia, VI(1894), pp. 881-913; F. Magani, Degli scrittidi mons. I.C., in La Scuola catt. e la scienza italiana, IX(1895), pp. 163-177, 281-293, 502-509, 571-580; X, pp. 576-593; XI (296), pp. 79-93, e a parte; G. Silvestri, I. C. e la sua missione arch. in Spagna, Palermo 1895; P. Miraglia Gullotti, Sulla tomba d'I.C., Palermo 1895, con l'elenco degli scritti tratto da una nota autografa (487 numeri comprese le recensioni e le lettere pubblicate su riviste e giornali). Breve cenno di G. Gentile, in La Critica, XIII(1915), p. 221. Vedi anche: N. Vian, Figlio di camicia rossa alla Vaticana, in Almanacco dei bibliotecari italiani 1956, Roma 1956, pp. 66-74; E. Librino, Un illustre archivista siciliano: I.C., in Rass. degli Arch. di Stato, XVII(1957), pp. 211-219; Aspetti della cultura catt. nell'età di Leone XIII. Atti del Convegno tenuto a Bologna il 27-28-29 dic. 1960, a cura di G. Rossini, Roma 1961, pp. 129, 235 ss., 283, 471, 481, 506, 509, 742; J. Bignami Odier, LaBibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI, Città del Vaticano 1973, pp. 238, 250.