Istruzione
L'evoluzione delle strategie dell'istruzione
Fra la metà del 20° sec. e gli inizi del 21° sec., i sistemi di i., e di formazione in generale, sono andati incontro a trasformazioni di inusitata portata, in gran parte connessi alle modifiche strutturali dell'economia, ai cambiamenti intervenuti nel tessuto civile e politico delle società, alle maggiori e più avanzate aspettative delle famiglie e delle comunità. Si possono individuare almeno tre fasi in questo lungo processo di trasformazioni. La prima fase è stata contrassegnata precipuamente dai fenomeni di espansione quantitativa della scolarizzazione. Tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento, questa espansione ha riguardato dapprima i Paesi più industrializzati (Stati Uniti, Europa occidentale e Paesi scandinavi in testa), e anche quelli impegnati in quegli anni in intensi programmi di sviluppo. Successivamente il fenomeno ha coinvolto i cosiddetti Paesi emergenti nel Sud-Est asiatico, in America Latina e altrove. Infine ha interessato le aree sottosviluppate uscite dal dominio coloniale e verso le quali si sono indirizzati i piani di intervento e di assistenza degli organismi internazionali, impegnati prima di tutto a combattere il grave fenomeno dell'analfabetismo. Lo sviluppo della scolarizzazione ha coinvolto progressivamente i diversi livelli di istruzione. Dapprima è stata interessata la fascia coperta dall'obbligo scolastico, comprendente di norma otto, dieci anni di i. (in seguito estesa, in alcuni Paesi, fino a dodici anni); ha riguardato poi i due canali della formazione professionale e della scuola secondaria superiore; infine ha interessato in misura crescente l'i. superiore (universitaria e non). Ciò ha comportato una crescita esponenziale degli investimenti pubblici in termini in primis di personale docente e amministrativo, e poi di strutture edilizie, di attrezzature e servizi collegati. I risultati di questo processo espansivo sono apparsi in tutta la loro evidenza già alla fine degli anni Ottanta, quando le statistiche internazionali hanno mostrato come la percentuale della popolazione compresa tra i 25 e i 34 anni di età che aveva completato almeno l'i. secondaria era superiore all'80% in molti dei Paesi censiti dall'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
La seconda fase di trasformazione ha riguardato fondamentalmente problemi e strategie di ordine qualitativo, ed è stata in larga misura una conseguenza della precedente fase di sviluppo quantitativo. La par-tecipazione di quasi l'intera popolazione giovanile ai diversi livelli di i., infatti, non poteva non sollevare problemi complessi in ordine alla natura stessa e alle modalità dell'azione formativa. Questa è via via entrata in crisi un po' su tutti i fronti: contenuti dell'insegnamento, forme della trasmissione e della mediazione didattica, criteri di valutazione, servizi di supporto, organizzazione. È apparso in crisi, anzitutto, il profilo tradizionale dell'i. scolastica, che rifletteva il modello di una cultura di élite, assai poco flessibile e ancor meno adatto a una massa eterogenea di studenti, con bisogni, interessi, motivazioni e prospettive assai diversificati. Di qui gli sforzi della ricerca educativa volta a sperimentare obiettivi formativi meglio articolati, profili culturali e curricoli più aggiornati, nuove modalità dell'azione didattica, strumenti oggettivi di valutazione. Proliferano le sperimentazioni didattiche; nascono diverse figure di esperti (come , per es., statistici, tecnici della programmazione, esperti in docimologia ecc.); la stessa legislazione scolastica accoglie suggerimenti e si rinnova sotto la pressione dei movimenti educativi, sociali, professionali. Cresce, però, anche l'improvvisazione e si genera non poca confusione. Atteggiamenti e propensioni ideologiche hanno un'incidenza spesso eccessiva e fuorviante. Contemporaneamente, e non soltanto per effetto della cosiddetta contestazione studentesca, si sono appannate le forme istituzionali di autorità, a cominciare da quella relativa alla figura del docente.
Le famiglie, poi, si sono mostrate interessate, più e diversamente che in passato, a seguire da vicino la formazione dei figli. Ciò ha comportato il varo di forme di compartecipazione al governo delle istituzioni di tutte le componenti interessate ai processi della formazione, com-partecipazione che a sua volta ha creato nuove difficoltà, soprattutto all'esercizio della funzione docente, e ha provocato inoltre una certa burocratizzazione del lavoro interno alle istituzioni e della stessa attività didattica. Questa è stata l'esperienza dilemmaticamente vissuta nel corso degli anni Settanta e Ottanta, con strascichi ancora negli anni Novanta. Nel frattempo, le difficoltà della finanza pubblica hanno imposto a quasi tutti i Paesi la necessità di contenere o quanto meno di ottimizzare i livelli di spesa per l'istruzione. Tali difficoltà e restrizioni in termini di spesa vengono a confliggere, particolarmente proprio all'inizio del nuovo Millennio con l'opposta richiesta di aumentare gli investimenti in materia di formazione e di ricerca scientifica per sostenere lo sviluppo, in considerazione dei nuovi problemi posti dalla globalizzazione dei mercati e degli scambi e dall'accelerazione dei processi tecnologici in ogni settore.
Una terza fase di trasformazione, che è tuttora aperta, sembra contrassegnata, in parte da un ripensamento delle innovazioni più estreme, e in parte dal tentativo di affinare le iniziative apparse più significative. L'uno e l'altro orientamento nascono dalla consapevolezza dell'insufficienza e persino dei guasti prodotti dalle innovazioni didattiche e organizzative introdotte negli ordinamenti scolastici. Quasi nessuno, per la verità, né nel campo della ricerca pedagogica né in quello delle politiche educative, sembra disposto a restaurare le antiche forme dell'i. a qualsiasi livello riferite. Molti però riconoscono l'utilità di approfondire e migliorare alcuni orientamenti teorici e operativi affermatisi negli anni precedenti. Considerazioni positive meritano, infatti, le attenzioni riservate a campi diversi, come l'analisi delle condizioni ambientali e psicosociali dell'apprendimento, le tecniche della programmazione didattica e dell'insegnamento, i criteri di valutazione del profitto, gli strumenti di supporto dell'azione formativa. Tuttavia è parsa sempre più evidente la necessità di intervenire sia riguardo ai contenuti e alla qualità dell'i., sia riguardo ad alcuni metodi d'insegnamento. La preparazione fornita dall'i. primaria è risultata, in molti casi, troppo labile o poco stringente riguardo agli strumenti di base del sapere necessari per una proficua prosecuzione degli studi. Per fare un esempio non marginale, gli spazi accordati alle attività spontanee, creative, ludiche dei bambini della scuola primaria, in omaggio alla cosiddetta pedagogia non direttiva, attivistica o altrimenti ispirata, sono stati in passato enfatizzati fino al punto da pregiudicare i tempi e l'applicazione necessaria all'apprendimento delle competenze strutturate degli insegnamenti basilari (lingua, aritmetica, geometria, storia, geografia). Altri problemi si pongono a livello di i. secondaria superiore. Si discute ancora, anche in presenza di strutture consolidate dalla tradizione, del modello di ordinamento (unico, differenziato, pluricanalizzato) per tale livello di i., del tipo di formazione che esso deve assicurare, del grado di specificazione degli studi, della durata del ciclo e così via. L'ampliamento del numero delle discipline studiate, e quindi la riduzione dei tempi di esposizione agli insegnamenti fondamentali, la sollecitazione frequente verso le cosiddette molte educazioni non legate agli interessi specifici dell'i., la tolleranza in molti casi verso modesti livelli di profitto, la riduzione o addirittura la scomparsa di esami intermedi durante i corsi, l'avversione in genere per ogni forma di controllo che possa apparire selettiva, sono tutti fenomeni che minano la qualità e la serietà stessa di molti percorsi di i. secondaria superiore. Ma gli effetti si avvertono già verso il momento conclusivo dell'i. obbligatoria. Per fare soltanto l'esempio di un indicatore, la comprensione dei testi scritti, secondo i dati pubblicati nel rapporto del 2004, nei Paesi dell'OCSE, in media, solo il 10% dei giovani di 15 anni raggiunge il livello più elevato (livello 5) di competenza nella comprensione di testi scritti; una media del 12% dei giovani di tale età non ha acquisito che le competenze più elementari (corrispondenti al livello 1), e il 6% fra essi non raggiunge nemmeno tale livello minimo. In questo stesso campo, alcuni Paesi (Corea, Finlandia, Giappone) si distinguono per l'alto livello di performance raggiunto dagli studenti di quella età. Analisi del genere vanno sempre considerate con una certa cautela per la difficoltà di comparare alcuni elementi in realtà molto diversi fra loro. Lo stesso rapporto rileva come, relativamente all'indicatore considerato, sei Paesi (Germania, Stati Uniti, Grecia, Ungheria, Italia, Repubblica Ceca) hanno ottenuto risultati più elevati in una delle inchieste considerate (PIRLS, Progress International Reading Literary Study) rispetto all'altra (PISA, Pro-gramme for International Student Assessment).
Problemi ancora diversi pone l'i. superiore o terziaria. Più spe-cificamente, quella di livello universitario risente in modo a volte sen-sibile delle insufficienze o inadeguatezze della preparazione conseguita negli studi precedenti, per cui è costretta in molti casi a dare più spa-zio agli insegnamenti di tipo orientativo e propedeutico almeno in un primo stadio (fenomeno cosiddetto di secondarizzazione dell'i. universitaria), e a spostare di conseguenza a uno stadio più avanzato gli studi specialistici. D'altra parte, l'introduzione del numero chiuso, utile per contenere il numero degli iscritti e garantire una maggiore efficienza di alcuni corsi accademici, non risolve il problema della preparazione pregressa degli studenti e nel contempo fa correre il rischio di escludere dai corsi migliori giovani altrimenti dotati di qualità e potenzialità, specie quando le prove di accesso si basano sul sistema dei questionari. Meno problemi sembra presentare l'accesso e la frequenza degli istituti di formazione tecnico-scientifica non universitaria (specie nei Paesi che danno più spazio a tale tipo di istituti, come Belgio, Canada, Stati Uniti, Irlanda, Corea, Francia), per la continuità e coerenza che di solito sussiste fra questi istituti e l'i. tecnico-professionale del livello precedente. Diverso è il problema del collegamento tra università e ricerca scientifica. In passato tale rapporto sussisteva in buona misura, favorito dal limitato numero di studenti e dal fatto che gli insegnamenti potevano essere svolti su un piano specialistico. Inoltre, i ritmi della ricerca scientifica e tecnologica erano molto più lenti, i loro campi di applicazione erano meno estesi, e anche gli impianti tecnologici e la strumentazione di supporto richiesta erano più limitati. In conseguenza di tutto ciò, la ricerca scientifica, e ancor più quella tecnologica, sebbene non del tutto assente dalle normali istituzioni accademiche, si è venuta sviluppando in alcuni limitati centri di eccellenza universitaria, ma per la maggior parte in sedi diverse (centri di ricerca pubblici o privati, istituti gestiti da organismi internazionali, istituzioni militari, ospedali di eccellenza eccetera).
I sistemi di istruzione e di formazione
In senso tecnico, per sistema di i. e di formazione si intende il complesso dei corsi ordinari di studio previsti dall'ordinamento scolastico e formativo di un determinato Paese. Cogliere le linee essenziali dei sistemi di i. contemporanei non sarebbe difficile, anche perché tra la fine del 20° e gli inizi del 21° sec. si sono venute attenuando le differenze più macroscopiche, in ragione fra l'altro degli stimoli esercitati da organismi comunitari e internazionali e del problema della equiparazione dei titoli di studio fra i diversi Paesi. Tuttavia differenze, talvolta notevoli, sussistono ancora, e discendono dalle diverse tradizioni culturali e sociopolitiche delle rispettive comunità nazionali. In linea di massima si riconoscono almeno tre distinti livelli di i., disposti in progressione ascendente: il primo livello è costituito dall'i. primaria o di base, della durata che varia da quattro a sette anni, comune a tutti i bambini della fascia di età fra i 6 e i 12 anni; il secondo livello riguarda l'i. secondaria, della durata fra sei e otto anni, per lo più articolata in una fascia inferiore e una superiore (anche a tempo parziale), anch'essa, almeno in parte, coperta da obbligo di frequenza; il terzo livello concerne l'i. superiore, divisa fra i. universitaria (di quattro, cinque o sei anni) e i. cosiddetta terziaria non universitaria (della durata di tre, quattro anni). Alla base e al vertice di tale sistema si collocano, ormai quasi dovunque, due nuovi livelli di formazione, di regola meno istituzionalizzati degli altri. Alla base si è venuta affermando ed estendendo la scuola dell'infanzia, non obbligatoria, a volte intesa come di formazione prescolastica. Al vertice si collocano i corsi di tipo postuniversitario, di formazione specialistica, sia di natura scientifica sia tecnico-manageriale. Entrambi questi tronconi, per così dire extrascolastici, sono un'acquisizione relativamente nuova almeno per buona parte degli ordinamenti vigenti, e presentano caratteristiche ancora più differenziate nei diversi Paesi. Sarebbero da considerare, inoltre, le attività di aggiornamento e di riconversione professionale, strettamente legate ai processi del mondo del lavoro, nonché le iniziative di educazione ricorrente e permanente, e quelle specifiche per la cosiddetta terza. Nell'impossibilità di disegnare un quadro unico dei sistemi di i., conviene prendere in considerazione (sulla base delle schede riportate nel rapporto OCSE del 1996) alcuni sistemi appartenenti a Paesi a diverso titolo significativi.
L'Australia, pur con differenze dovute a una struttura politica federale, presenta un sistema di i. così articolato: due anni di educazione prescolastica (normalmente a tempo parziale); sette o otto anni di i. primaria; cinque o sei anni di i. secondaria (divisa in due livelli); l'obbligo scolastico va dai 6 ai 15 anni; il settore terziario comprende i colleges di technical and further education, con corsi, nella maggior parte brevi, di formazione professionale; l'i. universitaria comprende corsi di laurea (di tre o cinque anni) e di specializzazione post lauream (di due o quattro anni). Il Canada, pur con differenze in ogni provincia, presenta in generale un sistema contrassegnato da: uno o due anni di scuola preparatoria; l'i. primaria, che dura fra i 6 e gli 8 anni; il livello secondario, che presenta una grande varietà di corsi, i primi due anni dedicati alle discipline obbligatorie, gli ultimi due o tre anni dedicati o a corsi professionali o a corsi specifici di preparazione per accedere ai colleges o all'università; il livello terziario, che comprende colleges di tipo tecnico-professionale e altri istituti tecnologici; le università, che propongono titoli di tre differenti livelli: bachelor (tre o quattro anni), master (altri uno o due anni), doctorate (tre o cinque). La Corea ha una struttura scolastica che prevede: la scuola materna per bambini da 3 a 5 anni; l'i. obbligatoria che va dai 6 ai 14 anni e ha luogo nella scuola elementare (durata sei anni) e nella scuola media (durata tre anni), entrambe affiancate da scuole speciali; l'i. secondaria superiore (durata tre anni), che può essere di formazione generale, professionale o anche mista; gli istituti superiori e le università con periodi di studio che vanno dai quattro ai sei anni. I Paesi scandinavi (Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia) hanno sistemi scolastici non molto dissimili, caratterizzati da un lungo percorso di formazione comune o poco differenziata. La Finlandia, per es., ha una prescuola di quattro anni per bambini dai 3 ai 6 anni; l'i. primaria e secondaria inferiore, obbligatoria per tutti, viene impartita in scuole comprehensive della durata di nove anni (la decima classe è facoltativa); l'i. secondaria superiore e quella professionale hanno la durata di circa tre anni; l'i. terziaria va da due a quattro anni, quella universitaria dai tre ai sei anni, seguiti dal dottorato di quattro anni. La Francia, caratterizzata da un sistema scolastico fra i più centralizzati, e ormai interessata a forme di limitato decentramento, presenta la seguente articolazione: scuola materna di tre anni; scuola elementare di cinque anni; colleges (per ragazzi dagli 11 ai 16 anni) della durata di quattro anni, l'ultimo dei quali differenziato, corrispondente al primo ciclo della secondaria. Il secondo ciclo di scuola secondaria si realizza in licei (triennali), licei professionali (da due a quattro anni), scuole specializzate (biennali). L'i. superiore, assai differenziata, comprende gli Istituti universitari di tecnologia (durata tre anni), le Grandes écoles (cinque anni), le università, con un primo ciclo (per il diploma di studi universitari), un secondo ciclo (per la licenza o la laurea) e un terzo ciclo (diploma di studi avanzati, di studi superiori specializzati, di dottorato). Nella struttura federale della Germania, l'i. dipende in larga misura dai singoli Länder. Il sistema, in generale, comprende: l'i. preprimaria facoltativa dai 3 ai 6 anni, che si attua nei Kindergarten; l'i. obbligatoria per dodici anni (di cui nove o dieci a tempo pieno), che si attua nella scuola primaria (Grundschule), della durata di norma di quattro anni, e nella scuola secondaria, della durata di sei (con carattere orientativo nei primi due). La secondaria può essere di quattro tipi differenti: Hauptschule (precede l'ingresso nell'i. professionale), Realschule (fornisce un'educazione generale e dà diritto a continuare gli studi nelle scuole professionali avanzate), Gesamtschule (tipo di scuola comprensiva con studenti di tutte le capacità) e Gymnasium. Complessa appare la situazione riguardo alla formazione professionale: a parte le scuole di apprendistato, vi è la scuola professionale a tempo pieno (Berufsfachschule) e la scuola professionale avanzata (Fachoberschule) che accoglie gli studenti della Realschule e che consente di accedere all'i. tecnica superiore. L'i. superiore comprende l'università (della durata di sei anni, più due per il dottorato), gli istituti tecnici superiori (Fachhochschulen, di quattro anni) e altre istituzioni simili. Il Giappone ha un sistema scolastico organizzato in modo uniforme nei primi livelli di scolarità obbligatoria: dopo la scuola materna (yōchien) per bambini fra 3 e 5 anni, l'obbligo comprende la scuola elementare (shōgakkō), della durata di sei anni, e la secondaria inferiore (chūgakkō), della durata di tre anni; le scuole secondarie superiori sono invece molto differenziate fra loro e provvedono in genere agli studenti fra i 15 e i 18 anni di età; l'i. superiore comprende corsi universitari normalmente di cinque anni (2+3), scuole superiori biennali o triennali, scuole di tecnologia quinquennali. Molto variegata è la situazione dell'i. nel Regno Unito, dato il complesso gioco di autonomie e tradizioni che caratterizza tale Paese, dove comunque il governo centrale ha sostenuto un insieme di 'traguardi nazionali' per l'i. e la formazione. Per lo più il sistema comprende una scuola primaria (dai 5 agli 11 anni) e una secondaria (dagli 11 ai 16 anni); tuttavia alcune aree prevedono un'articolazione su tre livelli (scuola primaria, media e secondaria); la maggior parte delle scuole è di tipo comprehensive, ma in alcune aree si trovano anche scuole classiche (grammar) e moderne (secondary modern) e non mancano scuole con indirizzo tecnologico (city technology colleges) o linguistico; al termine della scuola dell'obbligo, gli studenti possono frequentare la sesta classe (sixth form) di una scuola oppure uno dei molti istituti di educazione avanzata (further education); l'i. universitaria prevede il titolo di bachelor dopo circa tre anni di studio a tempo pieno, ma anche corsi di specializzazione che portano alla laurea dopo un altro anno (masters) e corsi di ricerca per il dottorato. La Federazione Russa ha una struttura amministrativa complessa, ma lo Stato ha un ruolo preminente nell'istruzione. Alla scuola prepri-maria, non obbligatoria, segue l'i. primaria (di tre o quattro anni) e l'i. secondaria inferiore (di cinque anni), entrambe obbligatorie; la secondaria superiore dura quattro o cinque anni, in scuole a due sta-di o in ginnasi, e porta alla licenza di norma a 16 o 17 anni. Una particolarità russa può essere considerato l'abbinamento di ciclo secondario superiore e i. professionale inferiore all'interno di scuole professionali spesso denominate licei. Nella Federazione Russa l'i. superiore, largamente frequentata, si svolge in istituzioni diverse (scuole superiori, istituti, università, accademie) ed è articolata in più stadi. Negli Stati Uniti l'i. è di competenza dei singoli Stati; il governo federale svolge un ruolo limitato di indirizzo e fornisce parte dei finanziamenti necessari. L'i. primaria e secondaria si svolgono in istituti pubblici, che sono la maggioranza, e in istituti privati; nel campo dell'i. superiore, invece, sono in maggioranza le istituzioni private. La scuola primaria durain media sette anni; l'i. secondaria comincia di norma all'età di 12 anni e dura complessivamente sei anni; tra i 18 e i 20 anni si possono frequentare junior colleges (di preparazione universitaria) o technical institutes (generalmente di formazione professionale); le università offrono per lo più corsi universitari completi di quattro anni che portano al titolo di baccelliere (bachelor's degree), come pure corsi professionalizzanti avanzati; istituti superiori professionali e tecnici preparano a carriere specializzate; gli studi possono proseguire per conseguire master (di due o quattro anni) e il dottorato (dopo due anni).
Il sistema di istruzione italiano
Anche il sistema italiano presenta analogie e differenze con quello degli altri Paesi. Tra la fine degli anni Novanta del 20° sec. e i primi anni del 21° sec., l'ordinamento dell'i. è stato oggetto di diverse innovazioni e aggiornamenti. Con legge emanata nell'anno 2000 sono state definite le condizioni per il rico-noscimento della parità delle scuole private, ed è stato affermato, nell'occasione, per la prima volta il principio che le scuole paritarie private e degli enti locali fanno parte, insieme con le scuole statali, del 'sistema nazionale di istruzione' (v. parità scolastica).
Tutti gli istituti di i., inoltre, a partire dall'anno 1999-2000, sono stati interessati a un processo di organizzazione interna, basato sul riconoscimento di un'ampia autonomia organizzativa e didattica (v. autonomia). Gli esami di riparazione o seconda sessione, già aboliti nella scuola elementare e media, nel 1995 sono stati soppressi anche negli istituti e scuole di i. secondaria superiore. L'esame di maturità, al termine di tale ciclo di i., è stato sostituito nel 1998 da un esame di Stato conclusivo dei corsi di studio di i. secondaria superiore. Un riordinamento generale dei cicli di i., previsto in un primo momento da una legge-quadro del 2000, successivamente abrogata, è stato delineato dalla legge delega 28 marzo 2003 nr. 53. Il sistema educativo di istruzione e di formazione, come viene definito da detta legge, si articola: a) nella scuola dell'infanzia; b) in un primo ciclo, che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado; c) in un secondo ciclo, comprendente il sistema dei licei e il sistema dell'i. e della formazione professionale. A questi tre primi livelli ne segue un quarto, d) quello degli istituti di i. superiore (in parte funzionanti da antica data, in parte nuovi), rappresentato dalle università, dai politecnici, dagli istituti dell'i. e formazione tecnica superiore, dalle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale.
Scuola dell'infanzia. - Con questa denominazione, la l. 53/2003 sostituisce la precedente scuola materna statale (istituita nel 1968) per i bambini dai 3 ai 6 anni, aggiornandone il profilo educativo anche sulla base dei positivi risultati di tale scuola e degli aggiornamenti successivi degli orientamenti didattici. Una novità di non poco conto è che la scuola dell'infanzia viene per la prima volta inquadrata esplicitamente all'interno del sistema generale dell'i. (v. infanzia).
Primo ciclo di istruzione. - Come già detto, questo ciclo è costituito dalla scuola primaria e dalla scuola secondaria di primo grado. La scuola primaria, nuova denominazione conferita alla tradizionale scuola elementare, mantiene la durata di cinque anni e viene riordinata in un primo anno, teso al raggiungimento delle abilità strumentali di base, e in due periodi didattici biennali (schema: 1+2+2). Essa è diretta a promuovere lo sviluppo della personalità dei bambini e ha l'obiettivo di far acquisire le conoscenze e le abilità di base. La scuola secondaria di primo grado ha la durata di tre anni, articolati in un primo biennio e in un terzo anno di completamento del percorso disciplinare e di orientamento e raccordo con il secondo ciclo (schema: 2+1). Questa scuola è finalizzata, attraverso le discipline di studio, alla crescita delle capacità autonome di studio e delle attitudini all'interazione sociale; promuove l'organizzazione, anche attraverso l'alfabetizzazione informatica, delle conoscenze e delle abilità, in relazione alla tradizione culturale e all'evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea; introduce allo studio di una seconda lingua dell'Unione Europea; orienta alla scelta del percorso relativo al secondo ciclo di i. e formazione. Il primo ciclo di i. si conclude con un esame di Stato. Le norme di attuazione della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di i. sono contenute nel d. legisl. 19 febbr. 2004 nr. 59.
Secondo ciclo di istruzione. - Tale ciclo prevede un doppio canale, uno costituito dai percorsi liceali e l'altro dai percorsi dell'i. e formazione professionale, definiti entrambi sistemi. I licei hanno durata quinquennale, la loro attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno di approfondimento (schema: 4+1), si concludono con un esame di Stato, che dà accesso a diversi percorsi di i. superiore (v. liceo). Il sistema dell'i. e della formazione professionale comprende corsi di durata quadriennale, che danno accesso all'i. e formazione tecnica superiore; con la frequenza di un successivo corso annuale consentono di sostenere l'esame di Stato e di accedere quindi all'università e all'alta formazione artistica e musicale (v. formazione e ricerca).
Lo schema di d. legisl. relativo al secondo ciclo di i. e formazione è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 27 maggio 2005.
Istruzione superiore. - A partire dal 1999, il sistema di i. superiore viene a comprendere anche in Italia, oltre alle università e ai politecnici della tradizione, anche due nuovi canali di i. superiore non universitari, che sono gli istituti di i. e formazione tecnica superiore e gli istituti di alta formazione e specializzazione artistica e musicale.
Gli istituti di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), il cui quadro istituzionale è stato definito nell'art. 69 della l. 17 maggio 1999 nr. 144, si configurano come un nuovo canale di formazione postsecondaria a carattere professionalizzante (v. formazione: Istruzione e formazione tecnica superiore). Il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale, definito dalla l. 21 dic. 1999 nr. 508, comprende le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica, gli Istituti superiori per le industrie artistiche, gli Istituti superiori di studi musicali e coreutici (v. formazione e ricerca: Formazione artistica e musicale). Le università, in base a disposizioni emanate negli anni 1999-2000 (v. Università), presentano una nuova disciplina dei corsi e dei titoli di studio che possono rilasciare. I titoli sono: la laurea (L), che si consegue al termine di un corso triennale di primo livello; la laurea specialistica (LS), che si ottiene al termine di un successivo corso biennale o di secondo livello; il diploma di specializzazione (DS), per conseguire il quale occorre essere già in possesso della laurea e aver conseguito un determinato numero di crediti; il dottorato di ricerca (DR), per il quale occorre essere in possesso della laurea specialistica.
bibliografia
Scuole d'Europa. Sistemi a confronto, a cura di M. De Lucia, Roma 1989.
UNESCO, International forum on scientific and technological literacy for all. Final report, Paris 1993.
G. Bocca, Istruzione, formazione e cultura. Una politica della Comunità europea per l'educazione, Milano 1995. OECD (Or-ganisation for Economic Cooperation and Development), CERI (Center for Education Research and Innovation), Education at a glance. Indicators, Paris 1996 (trad. it. Roma 1996).
S. Brint, Schools and societies, Pine Forge 1998 (trad. it. Bologna 1999).
D. Checchi, Istruzione e mercato: per una analisi economica della formazione scolastica, Bologna 1999.
ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori), Rapporto ISFOL 2000: formazione e occupazione in Italia e in Europa, Milano 2000.
L.M. McNeil, Contradictions of school reform, New York-London 2000.
L'énigme de la compétence en éducation, éd. J. Dolz, E. Ollagnier, Paris-Bruxelles 2000.
G. Alessandrini, Risorse umane e new economy: formazione e apprendimento nella società della conoscenza, Roma 2001.
L. Gallino, Globalizzazione e disuguaglianze, Roma-Bari 2001.
C. Laneve, Derive culturali e critica pedagogica, Brescia 2001.
Pedagogia e formazione nella società della conoscenza, Atti del Convegno nazionale 2001 della Società italiana di pedagogia, a cura di G. Alessandrini, Milano 2002.
OECD, Pisa 2003. Assessment framework, Paris 2003 (trad. it. Pisa 2003. Valutazione dei quindicenni, Roma 2004).
Istruzione e formazione. Processi in atto e prospettive, a cura di M. Tiriticco, Napoli 2003.
OECD, CERI, Education at a glance. OECD indicators, Paris 2004.