Lamberti
Antica e potente consorteria consolare fiorentina alla quale i cronisti (Malispini XXXII; Villani IV 1) hanno assegnato origini lontanissime, in consonanza con l'analogo intento di collegare il sorgere e lo sviluppo di Firenze con i fatti remoti della storia romana, oppure con le discese in Italia degl'imperatori franchi e germanici. Il primo infatti ne afferma capostipite un mitico Arpidone, discendente da un re troiano Serpidone; il Villani, invece, ne fa risalire l'origine a un barone Lamberto, venuto in Italia al seguito di Ottone I di Sassonia. Tuttavia, per quanto sia impossibile riconoscere a queste affermazioni un qualsiasi fondamento storico, sta il fatto che la documentazione archivistica conferma almeno le parole di Cacciaguida (Pd XVI 110), il quale parla dei L. come di una fra le più potenti consorterie fiorentine del suo tempo.
Che essi fossero importanti nel gruppo magnatizio più antico lo provano il ricordo di un messer Lamberto che, con ben tre altri parenti, fu prescelto per far corte a Enrico II nella spedizione romana di quell'imperatore e nel ritorno di lui in Germania; la dignità consolare ricoperta più volte da un Lamberto (1180, 1195), da un Boncompagno (1199, 1200) e da un Tignoso (1204); la parte notevole avuta dal ben più noto Mosca (v. la voce seguente) nella vita fiorentina del primo Duecento.
In Firenze i L. erano venuti ad abitare stabilmente negli anni dell'espansione del comune nel contado circonvicino ove (a Calenzano, a Monteghisi, a Travalle) essi erano signori di castelli ed esercitavano giurisdizione feudale; in città fissarono il domicilio nel sestiere di San Pancrazio, non lungi dal Mercato, acquistandovi case, palazzi notevoli, torri munitissime. Di qui la fama di superbia alla quale accenna D. per bocca di Cacciaguida come al motivo principale del loro ‛ disfacimento '. Ovviamente fautori - anzi, capi - del ghibellinismo cittadino, i L. si logorarono intanto, in una lunga lotta senza quartiere, con i Tornaquinci, i Vecchietti, i Pigli; seguirono la buona e la cattiva sorte della loro Parte, ma anche in Siena, dove avevano trovato riparo nel 1258, vennero raggiunti dalla vendetta degli avversari, che ne chiesero instantemente la consegna, stimandoli i più pericolosi fra i fuorusciti. E non senza ragione, se un Gherardo detto ‛ Ciccia ' fu il più stretto collaboratore di Farinata degli Uberti nell'organizzazione del tentativo di rivincita del 1260. Né giovarono alle sorti della città durante il breve ritorno dall'esilio, perché nell'agitata vicenda di quegli anni li troviamo implicati ancora in tumulti, e specialmente negli avvenimenti che portarono alla cacciata del conte Guido Novello. Il bando guelfo del 1268 li dichiarò tutti ribelli, senza far distinzione di sesso o di età; né vennero perdonati nel 1280, quando, anzi, si volle dichiarare che il loro esilio restava confermato nei confronti dei principali esponenti della casata e dei loro discendenti. L'inesorabilità della condanna li spinse a schierarsi al fianco di Enrico VII, aggiungendo all'inimicizia politica con il partito al potere il tradimento verso la patria; il che, di conseguenza, provocò la rinnovazione dei bandi severissimi contro tutta la consorteria.
Per effetto di queste condanne, ripetute e durissime, la casata perdette la propria unità storica gentilizia e, inoltre, venne come annientata anche sul piano economico e sociale. Ne andarono, quindi, del tutto perdute le tracce nella storia cittadina.
Non appartenevano ai L. danteschi né il Bonaiuto che fu priore nel 1312 e nel 1322, né i L. che furono priori nei secoli seguenti. Questi ultimi portavano come stemma uno scudo d'argento al leone rampante d'azzurro tenente nelle branche un martello di rosso, mentre la grande consorteria magnatizia aveva per distintivo gentilizio il ben noto scudo d'azzurro con le palle de l'oro ricordate dal poeta. Alcuni cultori di erudizione fiorentina hanno asserito che i L. abbiano dato nome all'antica via cittadina detta Lambertesca, la quale ancora oggi è così nominata e muove da via Por Santa Maria verso gli Uffizi; ma quella denominazione- annota il Passerini - derivò alla strada dal nome di una famiglia Lamberteschi, inurbatasi da Gangalandi insieme ai Rinucci e ai Tigliamochi.
Bibl. - U. Vieri, De illustratione urbis Florentiae, II, Parigi [Siena] 1790³, 14-15, riprende le tesi care ai genealogisti e ai cronisti circa le origini dei Lamberti. Un vaglio critico delle fonti documentarie e cronistiche che riguardano la partecipazione di essi alla vita pubblica cittadina è stato fatto dal Davidsohn, Storia, ad indicem; brevi ma esaurienti genealogie dei L. in G.G. Warren lord Vernon, L'Inferno di D.A. disposto in ordine grammaticale e corredato di brevi dichiarazioni, II (Documenti), Londra 1862, 512-513, e in Scartazzini, Enciclopedia I 1100-1101.