lana
Fibra naturale costituita di sostanza proteica (cheratina), che si ricava dal vello di pecora e di montone o da quello di altri animali (cammello, capra, lama, vigogna eccetera).
La l. viene tolta dagli animali vivi per mezzo della tosa, che si esegue normalmente in primavera e, talvolta, anche in autunno (doppia tosa). La resa in l. varia a seconda della razza, dell’età, dell’annata. Segue l’operazione di cernita, o scarto, per effettuare la separazione delle varie regioni, o zone, del vello. La l. così ottenuta si chiama l. greggia. Il ciclo di lavorazione completo della l. comprende tutte le lavorazioni necessarie alla trasformazione del vello in tessuto finito: filatura, cardatura, tessitura, rifinitura, tintoria. A causa, però, delle trasformazioni intervenute nell’industria della l., il lanificio ha subito importanti modificazioni sia strutturali sia tecnologiche rispetto alla configurazione tradizionale in cui si svolgeva la lavorazione laniera. Infatti, nella maggior parte dei casi, in esso si realizza il solo nucleo centrale della lavorazione: ritorcitura, preparazione della tessitura, tessitura. I filati sono per lo più acquistati da filature autonome o sono trasformati da filature per conto terzi, mentre le operazioni di tintoria e rifinizione sono svolte da apposite aziende. Dal punto di vista tecnologico, lo stabilimento destinato alla lavorazione laniera si è trasformato da azienda specializzata nella lavorazione dei semilavorati o dei tessuti di l. in azienda che lavora per lo più mischie di l. e fibre artificiali. Venuta meno l’esigenza del ciclo completo, sono derivate modifiche nella stessa tecnica costruttiva del lanificio: non più stabilimenti a diversi piani, ma capannoni industriali a un solo piano, dotati di condizionamento, idonei a ricevere macchinari ingombranti, con disponibilità di convenienti spazi per magazzini e depositi intermedi.
Nella classificazione commerciale della l. si tiene conto della qualità, del luogo di provenienza, delle caratteristiche di filabilità e di quelle della fibra. Fibra e filabilità sono espresse ricorrendo a una scala di finezze di uso generalizzato. La l. si classifica anche in base agli animali da cui viene ricavata. Le razze di pecora o di montone vengono usualmente suddivise in merinos o merine, incrociate, indigene.
Esistono anche l. minerali e vegetali. Tra le prime si ricordano la l. di scoria, prodotta con scorie metallurgiche allo stato fuso trasformate in masse filamentose, usate come materiale isolante; la l. di vetro, fibra di vetro usata come materiale isolante, come fibra tessile per tessuti incombustibili e resistenti agli agenti chimici, e per rinforzare carta, laminati plastici ecc.; la l. di acciaio, acciaio ridotto in fili sottilissimi, usato come materiale filtrante di gas e come abrasivo. Per l. vegetali si intendono diverse fibre vegetali presenti nei frutti capsulari o intorno ai semi di varie piante, per lo più dotate di lucentezza serica. È una l. vegetale, per es., il kapok.
L’importanza della l. quale fibra tessile si è notevolmente ridotta a partire dalla seconda metà del 20° sec., in seguito alla realizzazione di tecnofibre di buona qualità, producibili a un costo inferiore (➔ fibra). La produzione mondiale di l. greggia supera i 2 milioni di t annui (2009). I Paesi maggiori produttori sono l’Australia (371.000 t), la Cina (364.000 t) e la Nuova Zelanda (179.000 t); seguono, a grande distanza, l’Iran (75.000 t), la Gran Bretagna (65.000 t) e l’Argentina (61.000 t). L’Italia è tra i più importanti produttori mondiali di filati e di tessuti di lana.