lana
Vestirsi con il pelo degli animali
La lana, ricavata da pecore, capre e altri animali, è stata probabilmente la fibra più ampiamente utilizzata nel corso della storia: dagli antichi Greci e Romani all’età comunale, dalla rivoluzione industriale alla globalizzazione, ogni epoca ha fatto
i conti con un uso differente dei tessuti
fatti con questa fibra
La lana è una fibra naturale e si ricava dalla pelliccia di alcuni animali, soprattutto capre e pecore, ma anche cammelli, lama e conigli. La lana proveniente da pecore e capre è però la più diffusa, soprattutto nell’area eurasiatica, dove è lavorata da millenni. È stato infatti il primo rivestimento protettivo contro i rigori del freddo. L’uomo del Paleolitico mancava di tecniche per ricavare dalla lana i filati da tessere, ma si serviva delle pelli, con annessa pelliccia, prelevate dagli animali che uccideva. Già nel 4000 a.C. i Babilonesi erano in grado di filare le lane ricavate dagli ovini che allevavano.
Da bene di autoconsumo, cioè prodotto solo per sé stessi, la lana divenne ben presto merce di scambio in ogni civiltà. Importanti testimonianze ci sono state tramandate da tutti i popoli mediorientali e mediterranei dell’antichità, ma soprattutto da Greci e Romani. La lana divenne quasi un simbolo distintivo di queste aree, a tal punto che i Romani, fra i tratti caratteristici con cui indicavano i barbari, includevano l’uso di pelli e pellicce, piuttosto che di indumenti di lana.
La civiltà europea dell’Alto Medioevo si fondò principalmente sull’allevamento di pecore e capre, da cui traeva gran parte degli elementi di sussistenza: carne, latte e lana. Già agli albori del secondo millennio alcune aree si erano messe in luce per gli allevamenti di razze particolarmente importanti per la resa di lana. Molto richieste erano le lane provenienti da alcune zone dell’Inghilterra, della Germania (Sassonia e Slesia, soprattutto), della Francia (Brie) e dell’Italia (Puglia, Basilicata, Lazio), e specie dalla Spagna, già famosa nell’11° secolo per le pecore merinos, che danno lane di particolare pregio e morbidezza.
Fu però nel 12° secolo che la lana lavorata divenne merce di scambio assai preziosa. Per restare in Italia, furono i lanaioli toscani a fare del prodotto finito un genere ricercato su tutte le piazze europee. Firenze e Prato furono i centri principali, anche se non gli unici, di questa attività. Prese il via un fenomeno rapido e progressivo, che si estese anche ad altre regioni come Lombardia e Veneto. Lo sviluppo di una nuova borghesia mercantile ebbe tra i suoi effetti la nascita delle arti, ossia le corporazioni che si riconoscevano in una identica attività. In Toscana (e soprattutto a Firenze) le arti furono dominate proprio dai mercanti iscritti all’arte della lana. Francia, Fiandre e Inghilterra furono gli altri grandi centri della lavorazione delle lane; i primi due si specializzarono soprattutto nella creazione di arazzi.
Il grande potere in mano ai ‘signori della lana’ durò fino all’avvento dei primi telai meccanici. Fu l’inizio di una nuova era, che si inserì nel più ampio e complesso fenomeno della rivoluzione industriale. I metodi di lavorazione sempre più standardizzati, che necessitavano di minore manodopera, portarono nella prima metà dell’Ottocento a forme di dura rivolta in Inghilterra (con i moti del cosiddetto luddismo, durante i quali gli operai distrussero i telai meccanici delle grandi fabbriche tessili), e anche in Francia, Belgio e Slesia, una regione dell’odierna Repubblica Ceca.
Oggi la produzione di lane è diffusa in moltissimi paesi. Tra quelle di alta qualità si è imposto il cashmere, lana molto morbida e calda, ricavata da una razza di capre allevate in una ristretta zona del Tibet.
Con l’inizio del 21° secolo, a causa dei bassi costi di produzione, sui mercati mondiali si stanno imponendo, i prodotti cinesi, e i produttori europei lamentano la perdita di forti quote di mercato.