Gratuita è la prestazione di lavoro resa alle dipendenze e sotto la direzione di altro soggetto, ma in assenza di una corrispondente retribuzione. Caratteristica fondamentale del lavoro subordinato, in base all’art. 2094 c.c., è il nesso tra la prestazione resa dal lavoratore e l’obbligo, per il datore di lavoro, di corrispondere una retribuzione. Poiché, inoltre, il lavoro dipendente si presume oneroso, nell’ordinamento italiano la figura del lavoro gratuito non è, in via generale, ammessa. In tal senso si esclude l’ammissibilità del lavoro gratuito poiché l’eventuale accordo volto a eliminare qualsiasi tipo di compenso per l’attività prestata dal lavoratore subordinato è invalido. Conseguentemente si verifica la sostituzione della clausola nulla con il diritto alla retribuzione minima garantita dal contratto collettivo. Un accordo del genere si considera legittimo solo se ricorra un interesse rilevante del prestatore, che eventualmente può consistere nella solidarietà, ovvero in un vincolo di cortesia. Esempio tipico di lavoro gratuito è quello prestato nell’ambito dell’attività familiare (Lavoro familiare), sebbene la norma di riferimento, contenuta nell’art. 230 bis c.c., riconosca determinati diritti a contenuto economico-patrimoniale a coloro che collaborino nell’impresa familiare. Un’altra forma importante di lavoro gratuito, che va prendendo sempre più piede nel nostro ordinamento, è quella del lavoro volontario. Lo svolgimento di questo tipo di prestazione nell’ambito di apposite strutture organizzative è disciplinato dalla l. n. 266/1991, che all’art. 2 definisce l’attività di volontariato come «quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà».