Si presume gratuito il lavoro familiare, cioè quello svolto nell’ambito della famiglia dai componenti di questa, salvo che sia prestato in modo continuativo nell’impresa familiare, poiché, se non ricorrono gli estremi di un altro rapporto, si determina un rapporto associativo espressamente disciplinato dall’art. 230 bis del c.c. (introdotto dalla l. n. 151/1975). Tra le forme tipiche di lavoro gratuito, prestato da parenti e affini entro il terzo grado, ci sono le attività agricole, limitatamente alle prestazioni svolte in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, sempre che non vi sia corresponsione di retribuzione, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione (art. 74 d. lgs. n. 276/2003). L’impresa familiare rimane individuale nei rapporti con i terzi, sicché il rapporto associativo riguarda soltanto il versante interno. Il legislatore ha inteso tutelare i familiari che prestano in modo continuativo il lavoro all’interno dell’impresa, senza avere peraltro stipulato alcuno specifico contratto. Per quanto concerne la gestione dell’impresa, la legge prescrive i seguenti diritti per il familiare che partecipa con il proprio lavoro: diritto al mantenimento; diritto agli utili (al collaboratore spetta la quota calcolata su utili e incrementi solo all’atto di cessazione, il che avviene al momento dello scioglimento del rapporto); diritto di partecipare alle decisioni su alcune materie. La legge non prescrive particolari formalità per la votazione e l’adozione delle suddette decisioni e ciascun familiare può quindi esprimersi ed essere interpellato nel modo ritenuto più idoneo. Il diritto di partecipazione all’impresa è intrasferibile, sia per atto tra vivi, sia per testamento, salvo che avvenga a favore di altri familiari e con il consenso di tutti i partecipanti. La titolarità dell’impresa spetta esclusivamente all’imprenditore. In caso di divisione ereditaria o di alienazione dell’azienda i familiari che vi prestano il lavoro hanno il diritto di prelazione sulla stessa. Ciò significa che, qualora l’imprenditore decida di vendere l’azienda, spetta in primo luogo ai familiari partecipanti il diritto di poterla acquistare.