Anderson, Lindsay
Regista cinematografico e teatrale, critico e teorico inglese, nato il 17 aprile 1923 a Bangalore (India) e morto ad Angoulême (Francia) il 30 agosto 1994. Alternò il lavoro di critico e di teorico con la regia di documentari, di numerose opere teatrali (dal 1957 alla fine degli anni Ottanta) e di un numero limitato di lungometraggi (nove, compresi alcuni lavori televisivi). A. è una delle figure fondamentali del cinema inglese degli ultimi cinquant'anni. La sua passione e la sua indomabile foga polemica, infatti, illuminarono spesso i momenti più bui della vita culturale del suo Paese, in particolare attraverso la partecipazione ai movimenti degli Angry Young Men e del Free Cinema, dei quali fu uno dei principali esponenti. È dal connubio dei termini poesia (ricorrente nelle sue elaborazioni critiche) e rabbia, che prende forma il cinema di A., sospeso tra una costante ricerca di forme non ovvie, di ellissi puramente visive e di ritmi inconsueti, e un bisogno etico di scavare nelle contraddizioni della realtà. Due tra i suoi documentari ottennero importanti riconoscimenti a livello internazionale: il premio Oscar nel 1955 Thurs-day's children (1953), diretto con Guy Brenton, e il Gran premio del documentario alla Mostra del cinema di Venezia Every day except Christmas (1957), mentre il film If (1968; Se…) venne premiato con la Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1969.Sia suo padre, un generale allora di stanza in India, sia sua madre erano di origini scozzesi: A. rivendicò sempre con orgoglio tali radici, cui faceva risalire il proprio rigore morale e la propria estraneità al carattere nazionale e alle tradizioni culturali inglesi. Dopo il divorzio dei genitori, a dieci anni ritornò con la madre in Inghilterra e nel 1948 si laureò a Oxford in letteratura inglese. Nel 1947 era frattanto diventato redattore e teorico militante, insieme a Gavin Lambert e Penelope Houston, di "Sequence", rivista fondata l'anno prima a Oxford (e spostatasi a Londra dal 1948) da John Boud e Peter Ericsson, che rappresentò uno dei momenti più vitali nell'elaborazione della critica e della teoria cinematografica in Inghilterra. Fu infatti una delle prime riviste 'di tendenza' europee: si contrappose, con accenti polemici e battaglieri, sia al sociologismo della critica britannica sia all'intellettualismo di quella francese; fu aggressiva verso il cinema nazionale, che considerava statico e letterario, e sostenne la necessità di un cinema poetico, sulla scia di registi come Jean Vigo, John Ford e Humphrey Jennings. Sugli ultimi due A. avrebbe poi scritto rispettivamente un libro appassionato del 1981, About John Ford (trad. it. 1985), e un importante saggio del 1982, Only correct. La rivista chiuse nel 1952; ma A., insieme agli altri redattori, trasferì la sua battaglia sulle pagine di "Sight and sound", "The observer" e "The new statement". Nel 1948 A. diresse il primo documentario, Meet the pioneers. I suoi documentari risentono della lezione di Ford e Jennings (dei quali A. sottolineò sempre l'afflato poetico e l'intima adesione ai valori della cultura di un popolo), e sono spaccati crudeli della società britannica, soprattutto O dreamland (1953), Thursday's children e il capolavoro Every day except Christmas. Essi fondono l'attenzione per i luoghi e la gente comune con la capacità di elaborare il senso della narrazione attraverso il montaggio poetico delle immagini e dei suoni. Nel febbraio del 1956, A. fu tra gli estensori del manifesto del Free Cinema, e organizzò (con Karel Reisz, Tony Richardson, Lambert e altri) la famosa prima serata del Free Cinema, durante la quale furono presentati al National Film Theatre O dreamland e lavori di Lorenza Mazzetti e Richardson. Nell'autunno dello stesso anno, pubblicò su "Sight and sound" il saggio Stand up! Stand up!, nel quale riaffermava l'esigenza di un'attività critica basata sull'impegno così come di un'arte ricca di significato. La data segnò l'inizio di un periodo di grande fervore artistico e politico, caratterizzato dall'intreccio creativo costante tra Angry Young Men, New Left e Free Cinema. Impegnato soprattutto nelle regie teatrali, A. fu l'ultimo, tra i cineasti aderenti al Free Cinema, a esordire nel film a soggetto con This sporting life (1963; Io sono un campione). Tratto dal romanzo di D. Storey (un giovane scrittore dell'Inghilterra del Nord, di estrazione operaia), This sporting life, ricognizione di una ruvida, insanabile alienazione proletaria, poté essere realizzato solo grazie al successo che avevano riscosso i film di analogo 'umore' e ambientazione diretti negli anni immediatamente precedenti da Richardson, Reisz e gli altri. Costruito a flashback, ellittico, persino sgradevole nella descrizione del suo protagonista, è un film difficile e tormentato, e probabilmente lo fu anche per il suo autore. Ma l'alternanza sofferta tra un irresolubile pessimismo e l'amore per l'universo descritto rappresentò il cuore di tutti i film di A.: l'aspro If..., l'unico film inglese 'del Sessantotto', su un gruppo di studenti di college che si ribella agli insegnanti e alle autorità, l'irrisolto O lucky man! (1973), un film musicale che annuncia il crollo delle utopie e l'avvento della barbarie. E lo stesso The whales of August (1987; Le balene d'agosto), che stilisticamente sembra rimandarci un A. pacificato, ribolle, nella sua descrizione della vecchiaia (è interpretato da due 'mostri sacri' ottuagenari, Bette Davis e Lillian Gish), di rabbie, desideri, sogni mai sopiti.
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