Vedi Lituania dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Lituania è la più grande e popolosa tra le repubbliche baltiche, divenute indipendenti dall’Unione Sovietica nel 1991. Caratteristica principale della sua politica estera è la stretta relazione con gli Usa, consacrata dall’appartenenza all’Alleanza atlantica, nella quale il paese è entrato nel 2004. Già dai primi anni successivi all’indipendenza, gli Usa hanno sostenuto Vilnius nel campo delle riforme politico- economiche con aiuti per più di 100 milioni di dollari. Dal 1998 si è poi concretizzata una partnership strategica tra Washington e i tre stati baltici nei settori della sicurezza e della difesa. Oggi, la base lituana di Zokniai ospita diversi caccia americani e funge da avamposto per la difesa dello spazio aereo dell’intera regione. Inoltre, nel 2004, la Lituania è divenuta membro dell’Unione Europea (Eu): è stato così raggiunto l’obiettivo di Vilnius di integrarsi con i paesi europei. In tale ambito, Vilnius è convinta sostenitrice di una politica estera e di sicurezza comune, coordinata con le priorità della Nato, che punti a garantire la sicurezza degli stati prossimi alla Federazione Russa e che si estenda anche alla sicurezza energetica. Obiettivi, questi, ribaditi durante la presidenza di turno del Consiglio dell’Eu che Vilnius ha assunto nella seconda metà del 2013.
Il governo di Algirdas Butkevičius, eletto nell’ottobre 2012, ha annunciato di voler seguire un nuovo approccio nelle relazioni con i paesi vicini, in particolare con Russia e Polonia. Con Mosca i rapporti sono altalenanti: ai momenti di distensione sono seguite le tensioni per gli approvvigionamenti energetici russi e gli scambi commerciali. Dietro i diktat doganali (nell’ottobre 2013 Mosca ha bloccato l’importazione di prodotti caseari lituani) si cela anche la tendenza del Cremlino a imporre i propri interessi Un esempio è rappresentato dalla crisi del 2006, quando la Russia decise di sospendere le forniture di petrolio dirette al complesso di Mazeikiu in risposta alla decisione lituana di vendere l’impianto a una compagnia polacca, rifiutando le offerte russe. A rendere complessi i rapporti russo-lituani è anche la questione di Kaliningrad, exclave russa in territorio lituano.
Altro stato con cui Vilnius intrattiene relazioni importanti è la Polonia. Sin dal 1994 e dalla stipula di un Trattato bilaterale di amicizia e cooperazione, Varsavia è divenuta uno dei principali partner del paese. Per questo ha sostenuto fermamente il processo di integrazione nelle strutture di cooperazione euro-atlantiche. Negli ultimi anni si sono tuttavia verificate diverse incomprensioni tra i due interlocutori, frutto della mancata attuazione da parte lituana delle previsioni del Trattato del 1994, soprattutto in riferimento agli investimenti infrastrutturali ed energetici previsti per rafforzare i legami bilaterali. Tuttavia, alcuni eventi recenti come l’inclusione nella maggioranza di governo del Lithuanian Poles’ electoral action (Llra), partito della minoranza polacca, e la recente visita di stato del presidente della Repubblica polacca Bronislaw Komorowski, hanno confermato che la direzione intrapresa da Varsavia e Vilnius sembra essere orientata a una distensione nei rapporti. Resta una diffidenza culturale antica che spinge la Lituania a rimuovere il ricordo del passato comune nella Confederazione polacco-lituana (1569-1795).
Sul piano istituzionale, la Lituania è una repubblica parlamentare di tipo unicamerale. Il parlamento è composto da 141 membri eletti per quattro anni. Il presidente della repubblica è eletto direttamente dai cittadini ogni cinque anni ed ha un ruolo essenzialmente cerimoniale. Nel maggio 2009, per la prima volta, è stata eletta presidente una donna: Dalia Grybauskaitė, già vice ministro degli Affari Esteri e titolare delle Finanze. La Grybauskaitė ha potuto godere del sostegno dell’Unione della patria e del Partito cristiano moderato, fusi in un’unica entità politica in occasione delle elezioni parlamentari del 2008, sotto la guida del conservatore Andrius Kubilius. Il premier, inizialmente eletto con un ampio margine, ha dovuto affrontare la progressiva erosione della propria maggioranza a causa del passaggio di diversi deputati all’opposizione. Nelle elezioni dell’ottobre 2012 la maggioranza è così passata ai socialdemocratici di Algirdas Butkevičius.
Dal 1990 la popolazione lituana è diminuita di oltre mezzo milione di abitanti, in conseguenza sia dell’emigrazione sia del calo delle nascite. Tra il 2005 e il 2010, la Lituania ha registrato il più alto tasso di emigrazione a livello europeo (2,3%). Non è un caso che oggi le rimesse dall’estero costituiscano più del 4% dell’intero pil lituano.
La Lituania è il paese etnicamente più omogeneo tra le repubbliche baltiche. La principale minoranza etnica è costituita dai Polacchi, che rappresentano il 6% del totale della popolazione, mentre i Russi non superano il 5%.
Il paese garantisce le libertà civili e politiche. Alcune difficoltà, tuttavia, si frappongono tra il riconoscimento formale di alcuni diritti e la loro effettiva tutela. La principale piaga è la corruzione, ampiamente diffusa tanto a livello politico che amministrativo. Barriere sociali e culturali ostacolano inoltre l’effettivo esercizio della parità tra i generi e l’uguaglianza delle minoranze, in particolare nel mondo del lavoro.
Il pil lituano è superiore in termini assoluti a quello dei vicini baltici, ma a livello pro capite è leggermente inferiore a quello estone. Dopo un duro periodo di crisi e assestamento nella prima metà degli anni Novanta, dovuto alla separazione dal mercato dirigistico sovietico e alla perdita di forniture energetiche a prezzi fortemente sussidiati, a partire dal 1995 l’economia lituana ha mantenuto un tasso di crescita superiore al 6% annuo. Nel 2008 la crisi internazionale è tuttavia tornata a provocare una contrazione della crescita, precipitata l’anno successivo (-15% del pil, la più grave recessione in Europa). Nel periodo tra le due crisi si è potuto assistere alla crescita del settore dei servizi, che ha trainato l’economia diventando sempre più rilevante in termini di pil, soprattutto grazie allo sviluppo del commercio, dei servizi alle imprese e dei trasporti. La Lituania beneficia inoltre di rilevanti entrate fiscali dal commercio di transito, particolarmente nel settore dei prodotti petroliferi che passano attraverso l’exclave di Kaliningrad. Nonostante il crollo dei consumi e degli investimenti del biennio 2008-09, dal 2011 l’economia lituana è tornata a crescere, sebbene a tassi inferiori rispetto a quelli precedenti la crisi.
Obiettivo strategico della politica economica lituana è l’ingresso nell’area euro. In questa prospettiva, la necessità di rispettare i parametri europei e di contenere un deficit di bilancio ancora troppo elevato (-5,5% del pil nel 2011) anche se in costante diminuzione, lasciano tuttavia presagire tempi non brevi.
La Lituania è un importatore netto di energia e in particolare di gas, i cui approvvigionamenti provengono esclusivamente dalla Russia. Con la chiusura della centrale nucleare di Ignalina, imposta da Bruxelles perché il paese potesse fare il suo ingresso nell’Eu, la Lituania è diventata importatore anche di energia elettrica, i cui costi si sono quintuplicati. Per risolvere il problema, Vilnius mira anzitutto ad approfondire la propria integrazione con il mercato elettrico europeo. Per ridurre la dipendenza energetica – che attualmente si aggira attorno al 60% dei consumi interni – l’unica alternativa di medio periodo contemplata dal governo è lo sviluppo di una nuova centrale nucleare: esiste un progetto di quasi 4 miliardi di dollari per un nuovo sito a Visaginas, che però si scontra con l’opposizione popolare.
Componenti cruciali della politica di difesa lituana sono l’appartenenza alla Nato e la cooperazione
con gli Usa. Sebbene il paese non riesca a raggiungere la soglia minima di spesa per la difesa richiesta dalla Nato (il 2% del pil), Vilnius mira tuttavia a contribuire in modo crescente alle missioni internazionali, così da creare un legame sempre più stretto tra la sicurezza del paese e quella degli stati occidentali. La Lituania ha mantenuto fino al 2007 un contingente in Iraq (con una punta massima di 120 soldati) e in Kosovo ed è oggi parte della missione Isaf in Afghanistan.
Il vanto delle forze armate lituane è la Brigata di fanteria motorizzata ‘Iron Wolf’, composta da cinque battaglioni capaci di agire sul territorio nazionale come all’estero. La Brigata partecipa a rotazione alla Nato Responce Force (Nrf), il dispositivo Nato di primo intervento che in pochi giorni può essere dispiegato ovunque nel mondo. A livello navale il paese coopera con Estonia e Lettonia e all’inizio del 2010, proprio all’interno della Nrf, ha costituito con questi due paesi il Battaglione Baltico, a comando lituano. Altro settore su cui il paese sta investendo per incrementare la sicurezza nazionale è l’intelligence: problemi di coordinamento, di risorse umane ed economiche hanno reso fino ad oggi i servizi lituani strutturalmente fragili.
La più occidentale propaggine della Russia, eredità della Conferenza di Potsdam del 1945, sede della flotta russa nel Baltico e centro dei traffici illeciti regionali: questo ed altro è Kaliningrad (Königsberg prima dell’arrivo dell’Armata rossa), exclave russa dal 1991, grande la metà del Belgio e incastonata tra Polonia e Lituania.
A partire dal 1946, l’Unione Sovietica occupò quello che durante la Seconda guerra mondiale era stato uno dei punti nevralgici del sistema difensivo della Germania. Dopo aver espulso gran parte della popolazione di etnia tedesca, per tutto il periodo della Guerra fredda l’URSS ne fece la regione con la maggiore concentrazione di mezzi militari al mondo, schierandovi più di mezzo milione di truppe. La dissoluzione dell’URSS ha portato Kaliningrad alle soglie del collasso: disoccupazione, diffusione dell’HIV, traffici illeciti, inquinamento e crimine sono stati i tratti distintivi della regione tra il 1992 e il 1996, anno in cui il Cremlino ha ridotto drasticamente le tasse che esigeva dai residenti dell’exclave e ha cercato di attrarre investimenti e migliorare le condizioni socio-economiche della regione.
Per Mosca, Kaliningrad resta un caposaldo strategico: è l’unico porto russo che si affaccia direttamente sull’Europa, che rimane navigabile tutto l’anno e che ospita la flotta russa del Baltico. Il processo di integrazione europea ha reso più complicata la gestione dell’exclave, in particolare da quando, nel 2004, a fare il loro ingresso nell’Unione Europea sono state Polonia e Lituania, i due paesi confinanti. Da quel momento, per viaggiare via terra verso la Russia i cittadini di Kaliningrad devono attraversare una frontiera europea, con l’obbligo di presentare un visto. Nell’ottica di Vilnius facilitare la circolazione delle persone o delle merci rappresenterebbe una minaccia: a livello commerciale il porto di Kaliningrad compete con quello lituano di Klaipeda, mentre molti lituani sono attratti dai risparmi garantiti dalle merci a basso costo vendute sul mercato nero dai contrabbandieri russi. Ad alimentare le tensioni vi è il fatto che, nel 2018, la città ospiterà alcune partite del Mondiale di calcio che si terrà nella Federazione Russa: a seguito di questa decisione, il presidente Putin ha dichiarato che sarà necessario un collegamento ferroviario ad alta velocità tra Kaliningrad e il resto del territorio russo.