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La Lituania è la più grande e popolosa tra le repubbliche baltiche divenute indipendenti dall’Unione Sovietica nel 1991. Caratteristica principale della politica estera lettone è la stretta relazione con gli Stati Uniti, consacrata dall’appartenenza all’Alleanza atlantica, nella quale ha fatto il suo ingresso nel 2004 assieme ai vicini baltici. Già dai primi anni successivi all’indipendenza dall’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno sostenuto Vilnius nel campo delle riforme politico-economiche con aiuti per più di 100 milioni di dollari. Dal 1998 si è poi concretizzata una partnership tra Washington e i tre stati baltici, finalizzata a migliorare i settori della sicurezza e della difesa. Ad oggi, la base lituana di Zokniai ospita inoltre diversi caccia americani e funge da avamposto per la difesa dello spazio aereo dell’intera regione.
Nel 2004 la Lituania è divenuta membro anche dell’Unione Europea (Eu), portando così a compimento l’obiettivo di Vilnius di approfondire l’integrazione con i paesi europei. In ambito europeo, Vilnius è convinta sostenitrice di una politica estera e di sicurezza comunitaria, coordinata con le priorità della Nato, che punti a garantire la sicurezza degli stati prossimi alla Federazione Russa. Il tentativo di ottenere maggiori garanzie di sicurezza attraverso l’azione multilaterale in ambito comunitario si estende anche alla sicurezza energetica. Fortemente dipendente dagli approvvigionamenti russi, Vilnius sostiene la necessità di una ‘voce unica’ europea in materia energetica e della predisposizione di meccanismi di solidarietà intereuropea. L’energia resta infatti una delle principali fonti dei periodici attriti con Mosca, che ha mostrato la tendenza a utilizzare la leva energetica per avanzare i propri interessi nel paese. Un esempio di questa tendenza è rappresentato dalla crisi del 2006, quando la Russia decise di sospendere le forniture di petrolio dirette al complesso di Mazeikiu in risposta alla decisione lituana di vendere il suddetto complesso ad una compagnia polacca, frustrando con ciò le offerte russe. Ulteriore rilevante questione che caratterizza i rapporti bilaterali russo-lituani è inoltre quella di Kaliningrad, exclave russa in territorio lituano.
A partire dal 1946, l’Unione Sovietica occupò quello che durante la Seconda guerra mondiale era stato uno dei punti nevralgici del sistema difensivo della Germania e, dopo aver rimosso gran parte della sua popolazione di etnia tedesca, per tutto il periodo della Guerra fredda ne fece la regione con la maggiore concentrazione di mezzi militari al mondo, schierandovi più di mezzo milione di truppe. Il collasso dell’Urss ha portato Kaliningrad alle soglie del collasso: disoccupazione, diffusione dell’Hiv, traffici illeciti, inquinamento e crimine sono stati i tratti distintivi della regione tra il 1992 e il 1996, anno in cui il Cremlino ha ridotto drasticamente le tasse che esigeva dai residenti dell’exclave, al fine di attrarre investimenti e migliorare le condizioni socio-economiche della regione.
Per Mosca, Kaliningrad resta un caposaldo strategico: è l’unico porto russo ad affacciarsi direttamente sull’Europa, che rimane navigabile tutto l’anno, e che ospita la flotta russa del Baltico. Dal 2004 il processo di integrazione europea ha reso ancora più complicata la gestione dell’exclave, quando a fare il loro ingresso nell’Unione Europea sono state Polonia e Lituania, i due paesi con essa confinanti. Da quel momento, per viaggiare via terra verso la Russia i cittadini di Kaliningrad devono necessariamente attraversare una frontiera europea, con l’obbligo di presentare un visto.
Nell’ottica di Vilnius facilitare la circolazione delle persone o delle merci rappresenterebbe una minaccia: a livello commerciale il porto di Kaliningrad compete infatti con quello lituano di Klaipeda, mentre molti lituani sono attratti dai risparmi garantiti dalle merci a basso costo vendute sul mercato nero dai contrabbandieri russi. Ad aggiungere tensione a tensione, nel 2018 la città ospiterà alcune partite del Mondiale di calcio che si terrà nella Federazione Russa: sull’onda della decisione, il presidente Putin ha dichiarato che sarà necessario un collegamento ferroviario ad alta velocità tra Kaliningrad e il resto del territorio russo.
Altro stato con cui Vilnius intrattiene relazioni importanti è la Polonia. Sin dal 1994 e dalla stipula di un Trattato bilaterale di amicizia e cooperazione, Varsavia è divenuta uno dei principali partner del paese, sostenendo fermamente il suo processo di integrazione nelle strutture di cooperazione euro-atlantiche. Negli ultimi anni si sono tuttavia verificate di;verse incomprensioni tra i due interlocutori, frutto principalmente della mancata piena attuazione da parte lituana delle previsioni del Trattato del 1994, soprattutto in riferimento agli investimenti infrastrutturali ed energetici previsti per rafforzare i legami bilaterali.
Sul piano istituzionale, la Lituania si presenta come una repubblica parlamentare di tipo unicamerale. Il Parlamento è composto da 141 membri eletti per quattro anni, mentre il presidente della repubblica è eletto direttamente dai cittadini ogni cinque anni ed ha un ruolo essenzialmente cerimoniale. Nel maggio 2009, per la prima volta nella storia del paese, è stata eletta presidente una donna: Dalia Grybauskaitė, di origini operaie e già vice ministro agli affari esteri e ministro delle finanze, si è imposta con una larga maggioranza, sollecitando il paese a intraprendere la strada della ripresa economica. La Grybauskaitė ha potuto godere del sostegno dell’Unione della patria e del Partito cristiano moderato, fusisi in un’unica entità politica in occasione delle elezioni parlamentari del 2008 sotto la guida dell’attuale primo ministro Andrius Kubilius. Nonostante sia stato eletto con ampio margine, quest’ultimo ha dovuto affrontare la progressiva erosione della propria maggioranza a causa del passaggio di diversi deputati all’opposizione. Il precario equilibrio dell’attuale maggioranza di governo è causa oggi di una moderata instabilità politica.
Dal 1992 la popolazione lituana è decresciuta, in conseguenza sia del calo delle nascite che dell’emigrazione. Tra il 2005 e il 2010, infatti, la Lituania ha fatto registrare il più alto tasso di emigrazione a livello europeo (2,1%). Non è un caso che oggi le rimesse dall’estero costituiscano quasi il 4% dell’intero pil lituano.
Con l’85% della popolazione di origine autoctona, la Lituania è il paese etnicamente più omogeneo tra le repubbliche baltiche. La principale minoranza etnica è costituita dai Polacchi, che costituiscono il 6% del totale della popolazione, mentre i Russi non superano il 5%.
Il paese garantisce le libertà civili e politiche. Alcune problematiche, tuttavia, si frappongono ancora tra il riconoscimento formale di alcuni diritti e la loro effettiva tutela. La prima di esse è la corruzione, piaga ampiamente diffusa tanto a livello politico che amministrativo. Barriere sociali e culturali ostacolano inoltre l’effettivo esercizio della parità tra i generi e l’uguaglianza delle minoranze, in particolare nel mondo del lavoro.
Il pil lituano è superiore in termini assoluti a quello dei vicini baltici, ma a livello pro capite è leggermente inferiore a quello estone. Dopo un duro periodo di crisi e assestamento nella prima metà degli anni Novanta, dovuto alla separazione dal mercato dirigistico sovietico e alla perdita di forniture energetiche a prezzi fortemente sussidiati, a partire dal 1995 l’economia lituana ha mantenuto un tasso di crescita superiore al 6% annuo. Nel 2008 la crisi internazionale è tuttavia tornata a provocare una contrazione della crescita, precipitata l’anno successivo (−15% del pil, la più grave recessione in Europa). Nel periodo tra le due crisi si è potuto assistere alla crescita del settore dei servizi, che ha trainato l’economia diventando sempre più rilevante in termini di pil, soprattutto grazie allo sviluppo del commercio, dei servizi alle imprese e dei trasporti. La Lituania beneficia inoltre di rilevanti entrate fiscali dal commercio di transito, particolarmente nel settore dei prodotti petroliferi che passano attraverso l’exclave di Kaliningrad. Nonostante il crollo dei consumi e degli investimenti verificatosi nel biennio 2008-09, a partire dal 2011 si stima che l’economia lituana tornerà a crescere, sebbene a tassi inferiori rispetto a quelli precedenti la crisi.
Obiettivo strategico della politica economica lituana è quello dell’ingresso nell’area euro. In questa prospettiva, la necessità di rispettare i parametri europei e di contenere un deficit di bilancio particolarmente elevato (−9,3% sul pil nel 2009) lasciano tuttavia presagire tempi non brevi.
La Lituania è un importatore netto di energia e in particolare di gas, i cui approvvigionamenti provengono esclusivamente dalla Russia. D’altra parte, con la chiusura della centrale nucleare di Ignalina, imposta da Bruxelles perché il paese potesse fare il suo ingresso nell’Eu, la Lituania è diventata importatore anche di energia elettrica, i cui costi di produzione si sono quintuplicati. Per ovviare a tale criticità, Vilnius mira anzitutto ad approfondire la propria integrazione nel mercato elettrico europeo. Per risolvere il problema della dipendenza energetica – che attualmente si aggira attorno al 60% dei consumi interni – l’unica alternativa di medio periodo contemplata dal governo è lo sviluppo di una nuova centrale nucleare: ad oggi esiste un progetto del valore di quasi 4 miliardi di dollari per un nuovo sito a Visaginas che però, con ogni probabilità, necessiterà di almeno dieci anni prima di poter entrare in funzione.
Componenti cruciali della politica di difesa lituana sono l’appartenenza alla Nato e la cooperazione con gli Stati Uniti. Sebbene il paese non riesca a raggiungere la soglia minima di spesa per la difesa richiesta dalla Nato (il 2% del pil), Vilnius mira tuttavia a contribuire in modo sempre maggiore alle missioni internazionali, così da creare un legame sempre più stretto tra la sicurezza del paese e quella degli stati occidentali. Fino al 2007, infatti, la Lituania ha mantenuto un suo contingente in Iraq (con una punta massima di 120 soldati) ed è oggi parte delle due missioni Nato in Kosovo e in Afghanistan.
Le forze armate lituane sono essenzialmente terrestri: la loro punta di diamante è la Brigata di fanteria motorizzata ‘Iron Wolf’, composta da cinque battaglioni capaci di agire sul territorio nazionale come all’estero. La Brigata partecipa a rotazione alla Nato Responce Force (Nrf), il dispositivo Nato di primo intervento che in pochi giorni può essere dispiegato ovunque nel mondo. A livello navale il paese coopera con Estonia e Lettonia e all’inizio del 2010, proprio all’interno della Nrf, ha costituito assieme a questi due paesi il Battaglione Baltico, a comando lituano. Altro settore su cui il paese sta investendo al fine di incrementare la sicurezza nazionale è l’intelligence: problemi di coordinamento e di risorse umane ed economiche hanno infatti reso fino ad oggi i servizi lituani strutturalmente fragili.