LITUANIA
(XXI, p. 288; App. I, p. 799; II, II, p. 214; v. URSS, App. III, II, p. 1043; IV, III, p. 754)
Già una delle repubbliche socialiste sovietiche, dal 1991 costituisce uno stato indipendente nell'ambito della Comunità di Stati Indipendenti formatasi in seguito alla dissoluzione dell'Unione Sovietica. Ha una superficie di 65.200 km2 e una popolazione che, al censimento del 1989, è risultata pari a 3.689.779 abitanti. Di questi l'80% è rappresentato da Lituani, il 9,4% da Russi e il 7% da Polacchi. La capitale, Vilnius, aveva 596.000 ab. nel 1992; altre città di una certa consistenza demografica ed economica sono Kaunas, Klaipeda, Šiauliai e Penevėžys. Il lituano, lingua europea del gruppo baltico, è stato proclamato lingua ufficiale nel 1989, al posto del russo. Religione dominante è quella cattolica, con minoranze luterane.
La L., assieme alle altre repubbliche baltiche con le quali il nuovo stato ha stipulato nel 1990 un accordo di cooperazione, sta tentando con molta difficoltà di rendersi autonoma sul piano produttivo, dopo quarant'anni d'integrazione nell'economia sovietica. L'attività economica prevalente è rimasta l'agricoltura: fra le coltivazioni più diffuse vanno ricordati i cereali e la barbabietola da zucchero. Intensamente praticato è pure l'allevamento del bestiame, mentre la presenza di un buon patrimonio forestale alimenta l'industria del legname. L'industria conta circa 700.000 addetti; è in gran parte collegata al settore primario, ma è sviluppata anche nei comparti metallurgico ed elettromeccanico. Nel 1990 è iniziato lo sfruttamento di un piccolo giacimento di petrolio, localizzato nei pressi di Kretinga.
Storia. - Quando nel 1944 il governo sovietico riacquistò il controllo della L. avviò un processo di omologazione, collettivizzando l'agricoltura, allargando la base industriale, mettendo al bando i partiti politici con l'esclusione di quello comunista. Ogni forma di opposizione fu duramente repressa e circa 350.000 Lituani furono deportati. Movimenti di dissenso di discreta consistenza ripresero vita negli anni Sessanta e Settanta, ma soltanto con l'avvento al potere di Gorbačëv si registrò una svolta significativa che portò alla costituzione di vere e proprie forze politiche organizzate d'ispirazione nazionalista, come il Movimento lituano per la ricostruzione (Sajudis). Queste nuove formazioni di opposizione diedero vita nel corso del 1988 a sempre più imponenti manifestazioni di massa contro la russificazione, ma, soprattutto, per il riconoscimento del lituano come lingua ufficiale. Quest'ultima richiesta fu accolta e ratificata nel novembre 1988 dal Soviet supremo, che ripristinò anche alcuni vecchi simboli dello stato lituano. La disponibilità alle riforme dimostrata dal locale Partito comunista, guidato dall'ottobre del 1988 da A. Brazauskas (furono restituiti alcuni edifici alla Chiesa cattolica, l'anniversario dell'indipendenza divenne nuovamente festa nazionale), non impedì ai rappresentanti del Sajudis di conquistare 36 dei 42 seggi disponibili nelle elezioni per il Congresso pansovietico dei deputati del popolo, svoltesi nel marzo del 1989. Questo risultato determinò un'ulteriore accentuazione delle tendenze riformiste e autonomiste del Partito comunista e il 18 maggio il Soviet supremo approvò una dichiarazione d'indipendenza che sosteneva la supremazia delle leggi lituane su quelle dell'Unione. In un clima di crescente mobilitazione, che vide più di un milione di persone partecipare alla catena umana da Tallin a Vilnius nel cinquantesimo anniversario del patto tedesco-sovietico, furono introdotte ulteriori misure a favore della libertà di culto e di associazione. Nel dicembre il Partito comunista, nonostante le pressioni di Gorbačëv e una scissione al suo interno, dichiarò la sua indipendenza dal Partito comunista dell'Unione Sovietica e adottò un programma favorevole al multipartitismo e all'indipendenza nazionale. Il nuovo Soviet supremo, scaturito dalle elezioni del febbraio-marzo 1990 e composto in maggioranza da deputati del Sajudis, elesse come presidente V. Landsbergis, leader dello stesso Sajudis, e dichiarò l'11 marzo l'indipendenza, cambiando la propria denominazione in Consiglio supremo e ripristinando l'antico nome di Repubblica di Lituania. Il 17 marzo l'esponente comunista K. Prunskiene fu nominata primo ministro, mentre il Congresso pansovietico dei deputati del popolo condannava come incostituzionale la dichiarazione d'indipendenza e truppe sovietiche occupavano alcuni edifici del Partito comunista e le sedi dei giornali. A metà aprile l'embargo economico, con particolare riguardo alla fornitura di combustibile, venne imposto dall'URSS e si protrasse fino a giugno, quando la L. accettò di sospendere per sei mesi la dichiarazione d'indipendenza. Nel gennaio 1991, di fronte al mancato avvio delle trattative tra i due governi e trascorsi i sei mesi concordati, Landsbergis annunciò la fine della sospensione. In risposta a questa decisione truppe del ministero degli Interni sovietico occuparono immediatamente edifici pubblici e attaccarono, la notte fra il 13 e il 14 gennaio, le sedi della radio e della televisione provocando 13 morti e circa 500 feriti tra la popolazione, che si era mobilitata in massa. Nel frattempo (8 gennaio) contrasti sorti nel governo riguardo a scelte di politica interna avevano portato alle dimissioni del primo ministro che fu sostituito da G. Vignorius. L'intervento sovietico accrebbe il sostegno popolare alle scelte del Consiglio supremo e il 9 febbraio, nel referendum indetto dallo stesso Consiglio supremo, il 90% dei votanti (partecipò l'84% degli aventi diritto) si dichiarò favorevole all'indipendenza. La L. boicottò invece, insieme ad altre cinque repubbliche, il referendum sul futuro dell'Unione Sovietica, che si svolse in marzo. I mesi successivi furono contrassegnati da scontri armati tra truppe sovietiche e guardie di frontiera lituane ai confini con la Bielorussia, finché il fallimento del colpo di stato a Mosca nell'agosto del 1991 segnò la fine della controversia. Il governo mise al bando il Partito comunista e ordinò l'allontanamento delle truppe sovietiche dal territorio della repubblica, mentre oltre 40 stati annunciavano il riconoscimento della L. e l'apertura di relazioni diplomatiche. Il 6 settembre anche il Consiglio di stato dell'URSS riconosceva l'indipendenza della L., e il 17 dello stesso mese la nuova repubblica entrava a far parte delle Nazioni Unite. Nel novembre il Consiglio supremo confiscò i beni sia del Partito comunista lituano sia di quello sovietico e contemporaneamente, al fine di ripristinare un'economia di mercato, liberalizzò i prezzi anche dei prodotti di prima necessità. Sempre nel novembre scoppiarono violente polemiche al momento della piena applicazione della legge sulla cittadinanza, approvata nel novembre 1989. La nuova normativa, che riconosceva la cittadinanza solo a coloro che risiedevano in L. da almeno dieci anni, veniva considerata poco rispettosa delle minoranze etniche, soprattutto russa e polacca, già private dell'autonomia amministrativa nei distretti in cui costituivano la maggioranza della popolazione. Durante il 1992 la grave crisi economica e la crescente tensione all'interno della compagine governativa incrinarono la solidità dei consensi al Sajudis, e nel maggio un referendum bocciò la proposta di Landsbergis di costituire una repubblica presidenziale. Questo calo di consensi fu clamorosamente confermato nelle elezioni generali svoltesi nell'ottobre, che registrarono la netta affermazione del Partito democratico del lavoro (erede della frazione indipendente del Partito comunista lituano), guidato da A. Brazauskas.
Bibl.: St. L. Burg, The European Republics of the Soviet Union, in Current History, 1990, pp. 8 ss.; L. Genon, Roads to Baltic indipendence, in The World today, 1991, pp. 135-38; The Baltic States: a reference book, Tallin-Riga-Vilnius 1991; P. U. Dini, L'anello baltico. Profilo delle nazioni baltiche: Lituania, Lettonia, Estonia, Genova 1991; M. Ignatieff, In the new Republics, in The New York Review of Books, 21 novembre 1991.
Letteratura. - Durante il periodo dell'indipendenza (1918-40) e della dominazione sovietica (1940-41, 1944-90), ebbero risonanza le opere in poesia e in prosa di V. Mykolaitis-Putinas (1893-1967), in particolare il romanzo Altoriụ šešėly ("All'ombra degli altari", 1933) che venne segnalato per il Nobel; l'opera narrativa permeata di motivi orientali di V. Krėvė-Mickevičius (1882-1954) che poi, come molti altri intellettuali, preferì la via dell'esilio e terminò negli Stati Uniti la sua carriera; i romanzi e i racconti di K. Boruta (1905-1965) Mediniai stebuklai ("Miracoli di legno", 1938) e Baltaragio malūnas ("Il mulino di Baltaragis", 1945); quelli di A. Vienuolis (1882-1957) e di I. Simonaitytė (1897-1978). In poesia vennero invece meno le condizioni per proseguire la linea esistenzialista inaugurata negli anni Venti e Trenta dai cosiddetti poeti £Zemininkai (cioè ''terrestri'') come K. Bradūnas, V. Mačernis, A. Nyka-Niliūnas, H. Nagys, e J. Kėkštas.
Con la dominazione sovietica si assiste a un radicale mutamento negli orientamenti letterari. Il ''realismo socialista'' diviene il modello artistico dominante per buona parte degli anni Cinquanta e Sessanta.
In questo periodo acquistarono una certa popolarità scrittori disponibili a mettere in pratica i dettami di Ždanov come A. Gudaitis-Guzevičius (1908-1969) autore dei romanzi Kalvio Ignoto teisybė ("La verità di fabbro Ignazio", 1948-49), Broliai ("Fratelli", 1951-55), Samokslas ("Cospirazione", 1964-65); J. Šimkus (1906-1965) che scrisse i volumi di racconti Kova dėl Dievo ("Lotta per Dio", 1937), Ryt bus gražu ("Domani sarà bello", 1962); J. Dovydaitis (1914-1983) che celebrò le conquiste della classe operaia in Dideli ·ivykiai Naujamiestyje ("Grandi eventi a Naujamiestis", 1953); K. Korsakas (1909-1986) che fu accademico e saggista del nuovo corso. Il ''disgelo'' dell'epoca di Chruščev sbloccò finalmente dalla censura staliniana il romanzo Dievū miškas ("Il bosco degli dei", 1957) di B. Sruogà (1896-1947), ambientato nel campo di concentramento tedesco di Stutthof; in poesia riscosse notevole successo di critica il poeta E. Mieželaitis (n. 1919) che ottenne il premio Lenin per la raccolta Žmogùs ("Uomo", 1962); mentre maggiore consenso di pubblico ricevettero la poesia ''nazionale'' di J. Marcinkevičius (n. 1930) e la poesia lirica di P. Širvys (1920-1979) autore di Beržū lopšinė ("Ninnananna di betulle", 1961) e Ilgesys - ta giesmė ("Nostalgia è il canto", 1972).
A partire dagli anni Settanta lo schematismo e l'esemplarità dei personaggi tipici del periodo precedente vengono evitati e, soprattutto nella narrativa, si variano temi e soggetti, s'impongono il romanzo psicologico e quello filosofico. Fra gli autori spiccano J. Baltušis (1909-1991) per i romanzi Parduotos vasaros ("Le estati vendute", 1957) e Sakmė apie Juzā ("Leggenda su Juza", 1979); A. Bieliauskas (n. 1923) per Kauno romanas ("Il romanzo di Kaunas", 1966) centrato sulla intellighenzia cittadina lituana del dopoguerra; J. Avyžius (n. 1922) in Sodybū tuštėjimo metais ("L'epoca delle fattorie abbandonate", 1970) s'interroga invece sulla maturità ideologica e morale dell'intellighenzia rurale lituana; A. Venclova (1906-1971) nei suoi racconti memorialistici tenta di cogliere il mutamento dei tempi. Particolarmente interessanti sono gli scrittori ebrei lituani portatori di motivi della propria comunità, come G. Kanovičius (n. 1929) autore di romanzi in russo e lituano, e I. Meras (n. 1934) che preferisce il romanzo breve. Nella novellistica coeva occorre ricordare R. Granauskas (n. 1939) per Duonos valgytojai ("I mangiatori di pane", 1975), inoltre R. Lankauskas (n. 1932), M. Sluckis (n. 1928), J. Mikelinskas (n. 1922), V. Petkevičius (n. 1930), V. Sirijos Gira (n. 1911). La drammaturgia in questi stessi anni registra la trilogia di J. Marcinkevičius, incentrata su personaggi e soggetti storici della nazione lituana.
Chi, fra gli intellettuali lituani, scelse l'emigrazione ebbe generalmente come meta privilegiata il continente americano, spesso dopo una breve sosta in Germania. Nella letteratura prodotta negli Stati Uniti risalta dapprima il romanzo Balta drobulė ("Il sudario bianco", 1958) di A. Škėma (1911-1961) dagli echi surrealisti e ambientato all'epoca delle purghe di Stalin. In poesia si segnala l'opera inesauribile, ricca di accenti mistici, di B. Brazdžionis (n. 1907), di S. Santvaras (n. 1902), di Liūnė-Sutema (n. 1927), oltre a quella dei ''terrestri'' K. Bradūnas (n. 1917) molto attivo anche nella promozione culturale, H. Nagys (n. 1920) operante in Canada, e A. Nyka-Niliūnas (n. 1919) originale interprete dell'esistenzialismo francese nella raccolta Žiemos teologija ("Teologia d'inverno", 1985). Dal 1977 negli Stati Uniti vive e opera, esule volontario, anche il poeta e saggista T. Venclova (n. 1937), l'intellettuale forse più interessante nel panorama attuale.
Negli anni Ottanta la crescita della produzione in prosa ha determinato una più marcata differenziazione stilistica e per generi. Accanto alle opere epiche d'impianto tradizionale, s'incontrano ormai romanzi e novelle di vario orientamento: lirico-ironico, intellettuale-psicologico, simbolico-allegorico, storico-filosofico.
Con una certa approssimazione possono essere indicati come esempi del primo indirizzo J. Aputis (n. 1936) del quale si ricorda la raccolta di novelle Gegužė ant nulūžusio beržo ("Il cuculo sulla betulla spezzata", 1986), R. Šavelis (n. 1942), S. Šaltenis (n. 1945) e D. Mušinskas (n. 1951); del secondo indirizzo ricordiamo B. Radzevičius (1940-1980) autore dell'opera incompleta Priešausrio vieškeliai ("Le vie prima dell'alba", 1985 postumo), V. Martinkus (n. 1943) e R. Gavelis (n. 1950); del terzo indirizzo si segnala T.S. Kondrotas (n. 1953) passato in Occidente nei primi anni Ottanta; esponente dell'ultimo indirizzo è invece P. Dirgela (n. 1941). Fini voci femminili sono B. Baltrušaitytė (n. 1940) e B. Vilimaitė (n. 1943), autrici di novelle e romanzi brevi. In poesia V. Bložė (n. 1930) di cui si menziona la raccolta Polifonijos ("Polifonie", 1981), e J. Juškaitis (n. 1933) hanno espresso una meditazione filosofica a lungo relegata ai margini dell'ufficialità. Nella varietà degli esiti personali, fra i poeti della generazione successiva si sono imposti M. Martinaitis (n. 1936) nelle Kukučio baladės ("Ballate di Kukutis", 1977) molto attento ai motivi folclorici, J. Vaičiūnaitė (n. 1937), J. Strielkūnas (n. 1939), S. Gedà (n. 1943), G. Patackas (n. 1951), K. Platelis (n. 1951); all'ultima generazione appartengono invece A. Marčenas e D. Kajokas. Ricca e meritevole è la letteratura lituana per l'infanzia. Nella critica letteraria si devono menzionare J. Lebedys (1913-1970), V. Kubilius (n. 1928), V. Areškà (n. 1927), K. Nastopka (n. 1940) per la poesia, A. Zalatorius (n. 1932) per la prosa, J. Lankutis (n. 1925) per il teatro e tra i critici dell'emigrazione R. Šilbajoris (n. 1926).
Negli ultimi anni Ottanta nella narrativa emergono tematiche nuove che procedono di pari passo con le tappe della montante protesta per una propria identità, definita dal critico Zalatorius "la rivoluzione che canta". Il primo segnale del mutato orientamento proviene da Gyvenimas po klevu ("Una vita sotto l'acero", 1986) di Granauskas, riflessione sulla collettivizzazione forzata nelle campagne lituane nel secondo dopoguerra. Aiutata dal tipico fenomeno delle cooperative editrici emerge anche una letteratura che affronta tematiche della deportazione lituana in Siberia come per es. in Nubaustieji ("I puniti") di Gavelis o in Upė i̧ šiaurę ("Fiume verso il nord") di E. Ignatavičius (n. 1935); inoltre vengono pubblicate, spesso per la prima volta in patria, opere di autori della diaspora. Le riviste letterarie sorte in epoca sovietica come Literatųra ir menas ("Letteratura e arte") continuano a uscire, ma accanto a esse ne sono apparse molte altre dalla tiratura e dalla durata assai varia; si ricordano il mensile letterario Metai ("L'anno"), Santara ("Conciliazione") rivolta al dialogo con l'emigrazione e Sietynas ("Pleiade") pubblicata a lungo nella clandestinità.
Bibl.: V. Kubilius, Šiuolaikines lietuvių literatųros bruožai "Caratteristiche della letteratura lituana contemporanea", Vilnius 1969; Perfection of exile: fourteen contemporary Lithuanian writers, a cura di R. Šilbajoris, Oklahoma 1970; R. Šilbajoris, La literatura lituana, in G. von Wilpert, I. Ivask, Literatura mundial moderna, Madrid 1977, pp. 821-27; V. Areška, Lietuvių tarybinė lyrika "Lirica lituana sovietica", Vilnius 1983; Mind against the wall: essays on Lithuanian culture under Soviet occupation, a cura di R. Šilbajoris, Chicago 1983; K. Nastopka, Lietuvių eilėraščio poetika "Poetica del verso lituano", Vilnus 1985; A. Zalatorius, Prozos gyvybė ir negalia "Vitalità e impotenza della prosa", ivi 1988; La nostalgia dei terrestri. Cinque poeti lituani, a cura di P.V. Dini, Viareggio 1989; F. Scholz, Die Literaturen Baltikums: Ihre Entstehung und Entwicklung, Wiesbaden 1990; P.U. Dini, L'anello baltico. Profilo delle nazioni baltiche, Genova 1991; Poesía lituana contemporánea, a cura di B. Ciplijauskaitė, Barcellona 1991.