logica matematica
Simboli per ragionare correttamente
Quando due amici discutono non sempre sono d’accordo: possono avere intenzioni e gusti diversi, oppure opinioni contrastanti sul mondo o su altre persone. Ma esiste un criterio oggettivo per affermare chi ha ragione e chi torto? Se parliamo di calcolo aritmetico sì: basta fare i conti rispettando le regole o usando una calcolatrice. La logica matematica cerca di ricondurre i ragionamenti a una situazione simile a quella dell’aritmetica; tenta, cioè, di procedere con i ragionamenti come con i calcoli per poter stabilire, con certezza, quando sono corretti e quando sono errati
Un ragionamento è costituito da una serie di ‘passaggi’: si parte da alcune premesse e si arriva a determinate conclusioni. Per esempio, il seguente è un ragionamento corretto anche se molto sintetico:
Se Alex è un gatto, allora ha la coda (1a premessa)
Alex è un gatto (2a premessa)
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
quindi Alex ha la coda (conclusione)
Non interessa se la prima o la seconda premessa sono vere, ciò che importa è la struttura (la logica) del ragionamento: se accettiamo le due premesse, allora dobbiamo accettare anche la conclusione. Non si pretende infatti di stabilire una verità assoluta; piuttosto si esamina la correttezza del ragionamento che ‘non deve fare una grinza’.
La logica non si occupa del contenuto di un ragionamento, di ciò di cui si parla, ma di come esso si sviluppa, della sua forma e per questo motivo è chiamata anche logica formale. Poiché interessa la forma e non il contenuto, al posto delle frasi in lingua italiana è più semplice usare simboli. Per esempio, possiamo indicare con le lettere A e B le frasi precedenti: «Alex è un gatto» (A) e «Alex ha la coda» (B).
Il ragionamento precedente viene allora scritto così:
Se A, allora B
A (che si suppone vera)
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
quindi B
Il ragionamento è valido qualunque sia il significato dei simboli A e B. La logica formale è detta perciò anche logica simbolica: con i simboli sono espressi i suoi ‘oggetti’ e le sue regole riguardano la trasformazione di simboli, indipendentemente dal loro significato. L’operare su simboli con regole determinate è tipico della matematica: ecco perché si parla anche di logica matematica.
Gli oggetti della logica sono le affermazioni per le quali si può dare un giudizio di verità, si può cioè dire se sono vere o false. Affermazioni del genere sono dette proposizioni. Sono per esempio proposizioni: «Oggi piove» (vera o falsa a seconda del giorno o del luogo),
«La Terra è piatta» (falsa, ma nel passato considerata vera), «Due più due non fa cinque» (vera nel calcolo aritmetico).
Non sono proposizioni, invece, frasi come «Stai zitto!» (è un ordine, e non si può dire se è vero o falso); «Che ore sono?» (è una domanda; esige una risposta, non un giudizio), «Il cane tornavano casa» (non è né vera né falsa, ma semplicemente sgrammaticata).
Esaminiamo le due affermazioni «Alice è bugiarda, ma bella» e «Alice è bella, ma bugiarda». Esprimono lo stesso concetto, lo stesso giudizio? No, perché in entrambe prevale l’ultima parte della affermazione: chi pronuncia la prima fa prevalere, nei suoi gusti, il giudizio di bellezza; chi adopera la seconda sottolinea che la ragazza è bugiarda. Da un punto di vista logico, però, le due proposizioni sono equivalenti. In entrambe infatti si afferma che Alice è sia bugiarda sia bella e la proposizione sarebbe scritta come «Alice è bugiarda e bella».
Per analizzare la correttezza dei ragionamenti occorre perciò prima isolarne gli aspetti puramente logici. Per esempio, nel linguaggio comune, le proposizioni vengono combinate tra loro attraverso diverse particelle, con diverse sfumature di significato: e, ma, invece, però, anche, oppure, o, se… allora, infatti, quindi, non. La logica matematica non si occupa delle numerose sfumature del linguaggio (per esempio delle intenzioni, delle ironie, o altro), ma soltanto della verità o falsità delle proposizioni. Di conseguenza le particelle utilizzate sono in numero minore rispetto al linguaggio comune e si chiamano connettivi: abbiamo la congiunzione (e), la disgiunzione (o), la negazione (non) e l’implicazione (se… allora…).
Per esempio, la proposizione «Alice è bugiarda e bella» (C) è la congiunzione delle due proposizioni «Alice è bugiarda» (A) e «Alice è bella» (B). Ognuna può essere vera (V) o falsa (F) e naturalmente esistono tutte le combinazioni possibili. La proposizione C nel suo complesso è vera soltanto se sono vere sia A sia B e per esprimere questo si costruisce uno schema come il seguente chiamato tavola della verità:
A B A e B
V V V
V F F
F V F
F F F
In modo analogo si costruisce la tavola di verità per la disgiunzione o. La tavola esprime il fatto che l’affermazione «Alice è bugiarda o bella» è falsa soltanto nel caso in cui Alice non è né bugiarda né bella.
A B A o B
V V V
V F V
F V V
F F F
Un altro connettivo logico fondamentale è l’implicazione, il cui scopo è quello di esprimere i ragionamenti del tipo «se A allora B», come nella frase «Se piove, allora porto l’ombrello».
L’implicazione è un connettivo particolarmente importante perché in questa forma, generalmente, si propongono i teoremi matematici: «Se un triangolo ha due lati uguali, allora ha due angoli uguali» e «Se un numero è multiplo di 4, allora è multiplo di 2».
Quest’ultima proposizione è formata da due parti: «un numero è multiplo di 4» (A) e «un numero è multiplo di 2» (B). La proposizione «Se A, allora B» è complessivamente vera perché non può verificare il fatto che un numero multiplo di 4 non sia anche multiplo di 2. Una implicazione è falsa soltanto nel caso in cui la premessa è vera e la conseguenza è falsa.
La sua tavola di verità è pertanto la seguente:
A B se A allora B
V V V
V F F
F V V
F F V
La logica matematica ha regole ferree, spesso trascurate nel linguaggio quotidiano. Quando si afferma «Se A, allora B» nulla si dice di cosa succederà nel caso in cui A non si verifichi. Per esempio il proverbio «Se son rose fioriranno» può essere riscritto così: «Se una pianta è di rose, allora fiorirà». Non si dice nulla di cosa accadrà nel caso in cui la pianta non sia di rose: essa potrebbe fiorire come non fiorire. Non è dunque vero che «Se non son rose, non fioriranno».
La logica, intesa come analisi della correttezza dei ragionamenti, è una disciplina molto antica fondata dal filosofo greco Aristotele, vissuto nel 4° secolo a.C. Per secoli Aristotele fu considerato un’autorità indiscussa e insuperabile e fu solo nel 17° secolo che il matematico e filosofo tedesco Gottfried W. Leibniz introdusse un linguaggio simbolico universale (da lui chiamato characteristica universalis) per i ragionamenti. In tale modo, scriveva Leibniz, due persone in disaccordo avrebbero potuto dire: «Ebbene, calcoliamo!».
La logica matematica vera e propria nasce però alla metà del 19° secolo con il matematico inglese George Boole, che fa ricorso ai simboli dell’aritmetica e dell’algebra per trattare sia le proposizioni sia le operazioni eseguite su di esse, e adopera il segno 3 per la congiunzione e il segno 1 per la disgiunzione. Per primo, inoltre, Boole utilizza i numeri 1 e 0 per indicare vero e falso, anticipando così il sistema binario che sta alla base del funzionamento dei moderni computer (linguaggi di programmazione).
I proverbi sono sentenze popolari che spesso assumono la forma logica «se… allora…».
Come esempio traduciamo in forma logica alcuni proverbi:
«Chi la fa l’aspetti»: se ci si aspetta una ritorsione allora si è commesso qualcosa di illecito.
«Rosso di sera bel tempo si spera»: se il cielo al tramonto è rosso, allora si prevede bel tempo per il giorno successivo.
«Tra i due litiganti il terzo gode»: se fra tre persone ce ne sono due che litigano, allora il terzo che non litiga ne trae profitto.
«Non c’è due senza tre»: se accadono due episodi dello stesso tipo, allora ne accadono tre.
«L’amore non è bello se non è litigarello»: se non si litiga, allora l’amore non è bello.