Pasteur, Louis
Il grande scienziato che inventò la vaccinazione
Nato in Francia, Louis Pasteur trascorre tutta la sua vita realizzando scoperte fondamentali per la biologia e la medicina moderne. Si occupa della fermentazione dei batteri, di malattie infettive, di come combatterle con i vaccini, di come rendere sterili i cibi attraverso la pastorizzazione. A Parigi esiste dal 1888 l’Istituto Pasteur, da lui fondato e tuttora polo mondiale della ricerca biologica
A tutti è capitato di leggere sulla confezione del latte che l’alimento è stato pastorizzato. Non si tratta di un riferimento ai pastori che si prendono cura delle mandrie: quel nome deriva invece da Louis Pasteur, forse il maggiore biologo della storia della scienza.
Louis Pasteur nacque in Francia nella regione del Giura, nel 1822, quando la scienza ancora riteneva che la vita fosse dovuta alla creazione divina o alla generazione spontanea da materiali putridi. Prima di morire nel 1895, dopo aver descritto il mondo meraviglioso dei microrganismi, aver delimitato il confine fra materia inerte e materia vivente, e aver vinto con la vaccinazione molte malattie infettive, Pasteur ha lasciato ai suoi allievi una raccomandazione che è rimasta scolpita nella storia della scienza: «Vi prego di interessarvi attivamente a quegli spazi sacri chiamati laboratori. Chiedete che ve ne siano molti altri e che siano belli perché sono i templi del futuro, della vera ricchezza e del benessere. È qui che l’umanità crescerà, si rafforzerà e si migliorerà. Qui l’umanità imparerà a interpretare l’opera nella natura come progresso e armonia individuale, mentre le opere dell’uomo portano troppo spesso alla barbarie, al fanatismo e alla distruzione».
Ancora studente, Pasteur iniziò a descrivere da un punto di vista chimico e cristallografico l’acido tartarico, contenuto nel mosto d’uva: egli intuì che alcune sue particolari proprietà ottiche e la caratteristica forma dei cristalli potevano essere attribuite alla struttura asimmetrica delle sue molecole. Questa congettura fu confermata venti anni più tardi e fu dimostrato che l’asimmetria molecolare è uno dei caratteri distintivi di molte molecole degli organismi viventi.
Dopo questi primi studi, una distilleria gli chiese di eliminare le impurità, soprattutto acido lattico e acido acetico, presenti nel vino. Allora non si sapeva come si originasse l’alcol contenuto nel vino e nella birra e fu Pasteur a osservare per primo che la produzione di questa sostanza era dovuta allo sviluppo di cellule speciali, che chiamò fermenti, oggi meglio note come lieviti. L’osservazione diretta della crescita di questi microrganismi lo portò a negare l’origine spontanea della vita e a formulare invece la teoria dell’origine germinale della vita, secondo la quale la vita nasce sempre da una cellula già esistente e che si riproduce in un numero immenso di cellule. Pasteur si accorse che i fermenti potevano riprodursi anche in assenza di ossigeno, portando alla liberazione di anidride carbonica e alla produzione di alcol etilico.
Il processo di produzione del vino tramite i fermenti, detto da allora fermentazione, è quello che possiamo osservare nei tini dove si lascia il mosto a riposare: le bolle che vengono alla superficie del liquido sono il gas anidride carbonica che si forma per la trasformazione dello zucchero glucosio contenuto nell’uva insieme all’alcol etilico, il quale però rimane nel vino in soluzione. La scoperta di questa vita senza ossigeno riguarda molti altri microrganismi che spesso causano malattie pericolose, quali la setticemia e la cancrena.
Pasteur definì batteri anaerobi quelli capaci di vivere in assenza di ossigeno, e batteri aerobi quelli che invece richiedono ossigeno per respirare e perciò sopravvivere.
Gli studi di Pasteur sulla fermentazione alcolica non si fermarono qui: a volte capitava che la fermentazione si bloccasse completamente e quindi non si arrivasse alla formazione del vino, con grave danno per l’industria produttrice. Pasteur scoprì che esistevano alcuni batteri capaci di distruggere i lieviti del vino, e osservò anche che, a differenza dei lieviti, questi batteri morivano scaldando il mosto a 55 °C per alcuni minuti. Questa tecnica, chiamata pastorizzazione, o pasteurizzazione, viene usata tuttora per conservare per alcuni giorni alimenti, come il latte, senza sottoporli al più drastico processo di sterilizzazione.
Ormai affermatosi nella comunità scientifica francese, a partire dal 1860 Pasteur chiamò nel suo laboratorio molti giovani e brillanti scienziati. Fra questi divennero celebri Claude Bernard ed Émile Roux che lo aiutarono a portare avanti l’attività sperimentale, anche quando egli cominciò a soffrire di una grave malattia cerebrale. Gli esperimenti compiuti nel suo laboratorio furono molto importanti per la medicina, soprattutto per vincere le malattie infettive, che erano state – e in parte lo sono ancora – la principale causa di morte dall’inizio della storia umana.
Le prime osservazioni compiute da Pasteur sulle epidemie furono rivolte alle malattie che colpivano gli animali. Assieme all’industria del vino, la produzione della seta a mezzo dei bachi era allora una delle maggiori attività produttive in Europa. La crescita dei bachi da seta, però, era spesso ostacolata da malattie che sorgevano d’improvviso e che si trasmettevano da una filanda all’altra, proprio come avviene nelle epidemie umane. Pasteur identificò alcuni ceppi di batteri che infettavano le uova dei bachi da seta, riuscendo a isolarli e a distruggerli, e arrestando così le pericolose epidemie di questi preziosi insetti.
Nel corso dei suoi studi Pasteur osservò che in genere i batteri potevano essere eliminati in tre modi: mediante il passaggio dei liquidi contenenti i batteri attraverso filtri molto fini, mediante l’ebollizione a 100 °C, oppure utilizzando sostanze per loro tossiche. Un chirurgo inglese, Joseph Lister, che lesse di queste scoperte, mise a punto dei metodi per ottenere l’asepsi (la perfetta sterilizzazione) del materiale chirurgico, riuscendo così ad arrestare le infezioni, allora assai frequenti e spesso mortali, che si potevano contrarre per le cattive condizioni igieniche in cui si svolgevano le operazioni chirurgiche.
Le ricerche di Pasteur sulle malattie degli animali posero le basi degli studi sull’immunità (immunitario, sistema), cioè su quel fenomeno che rende gli organismi resistenti a ripetute infezioni prodotte dallo stesso tipo di microrganismi.
Studiando l’infezione del colera nei polli, per errore un suo allievo ne contagiò alcuni con una coltura di batteri conservati male e quindi meno attivi. Non solo questi polli non si infettarono, ma quando Pasteur tentò di infettarli di nuovo con una coltura fresca di batteri, osservò che i polli erano diventati resistenti (oggi diciamo immuni) all’infezione. Pasteur concluse che il contatto dell’organismo con microrganismi meno vitali genera in esso una resistenza e che, se l’organismo sopravvive a una prima infezione, tale difesa tende a diventare permanente.
Fu chiaro che, per ottenere resistenza (immunità) alle infezioni, era necessario diminuire la capacità infettiva dei batteri e poi inoculare quei batteri inattivi negli organismi da proteggere. Questo metodo, definito da Pasteur stesso vaccinazione, fu utilizzato subito e con successo per vincere l’antrace delle mucche. Successivamente Pasteur fu capace di attenuare la capacità infettiva del tetano e iniettò quel batterio attutito in uomini sani, ottenendone così l’immunizzazione.
Le successive ricerche del laboratorio di Pasteur riguardarono la vaccinazione contro il virus della rabbia: il suo allievo Èmile Roux aveva osservato che infezioni ripetute del tessuto nervoso del coniglio con questo virus ne attenuavano la virulenza. Riprendendone le osservazioni, Pasteur riuscì a salvare la vita di un bambino che era stato morso da un cane rabbioso.
A ricordo di quella scoperta Pasteur fondò un istituto di ricerca nel 1888 a Parigi per lo studio e la cura delle malattie infettive, e lo diresse fino alla morte avvenuta nel 1885. Dalla sua fondazione l’Istituto Pasteur è un polo mondiale della ricerca biologica e tuttora dà contributi importanti per la conoscenza e la sconfitta delle vecchie e nuove malattie infettive.