FLORO, Lucio Anneo (Lucius Annaeus Florus)
Epitomatore latino, nato in Africa; svolse la sua attività lontano dalla patria. Pare che abbia passato la giovinezza in Roma sotto Domiziano, essendo del tutto infondata l'opinione di chi lo faceva contemporaneo di Augusto. Partecipò al certame capitolino, ma non avendo riportato la vittoria, si ritirò nella Spagna, dove attese, a Tarragona, a scrivere i suoi libri; più tardi, poi, ritornò a Roma ed ebbe rapporti di amicizia con l'imperatore Adriano. A giudicare da quello che Floro stesso scrive nella prefazione della sua Epitome, si è indotti a riportare questa al principio piuttosto che alla fine dell'impero di Adriano.
F. è il panegirista per eccellenza del popolo romano; e l'epitome che riproduce in brevi quasi tabella l'immagine di tale popolo, tende a renderlo oggetto dell'ammirazione universale per la sua incomparabile grandezza. Per quanto vi sia in proposito divergenza di opinioni, è plausibile pensare che l'epitome di F. abbia avuto finalità didattiche, e in ogni modo è certo che fu prestissimo introdotta nelle scuole come libro di esercitazione e di lettura. Il lavoro non è un vero e proprio compendio liviano: infatti le due inscriptiones di esso non paiono rispondenti al titolo genuino, sia perché l'epitome nei codici è variamente attribuita, a un Iulius Florus e a un L. Annaeus Florus, sia perché le parole de Tito Livio si ritengono ormai un'aggiunta tardiva. F. ha attinto, oltre che a Livio, anche ad altre fonti: così per l'episodio della conquista di Capsa a opera di Mario, ha avuto presente Sallustio. Bene spesso, però, avvenimenti e particolari storici che in Sallustio sono ampiamente svolti, in F. si riducono a una fuggevole notazione. Anche Cesare fu sfruttato da F. Quanto poi ai rapporti fra Livio e F., giova osservare che quest'ultimo corregge talvolta il primo, e se ne discosta addirittura, come a proposito dell'uccisione di Remo, della presa di Veio, ecc. Per quel che concerne il metodo di compendiare, F. ora riduce eisdem paene verbis il modello, ora sostituisce un nuovo giro di parole, ora innesta nel racconto digressioni più o meno fantastiche. Curiosa la maniera di trattare la storia del popolo romano divisa in quattro età: dell'infantia, o periodo dei re; dell'adulescentia, che va fino alla conquista d'Italia, della iuventus, che arriva fino a Cesare Augusto; della senectus, che abbraccia uno spazio di circa due secoli, durante i quali inertia Caesarum quasi consenuit atque decoxit. Del resto, anche Seneca il Vecchio s'era servito dell'immagine delle varie età del popolo romano. Lo stile di F. è stato variamente giudicato; a parte il colorito retorico, la lingua è piuttosto pura e adorna. Per quanto il Sigonio affermi essere l'opera di F. declamatoris, non historici, non si possono negare a F. dottrina e spirito.
Con F. epitomatore si è voluto identificare anche l'altro Floro, autore del dialogo Vergilius orator an poeta. La questione si è dibattuta a lungo, e ancora se ne discute. Effettivamente non mancano riscontri di espressioni simili fra l'epitome e il dialogo; e se l'autore del dialogo adopera il nunterus coscientemente e con senso d'arte, non si può negare l'esistenza del numerus anche nell'epitome, sebbene essa appaia solo in qualche momento. D'altra parte bisogna pure tener conto dell'indole diversa dei due componimenti.
Ediz.: L. Annaei Flori epitomae libri II et P. Annii Flori fragmentum de Vergilio; ed. Rossbach, 1896; Epitome of Roman history. With an English translation by E.S. Forster, Londra 1929.
Bibl.: L. Spengel, Über die Geschichtsbücher des Florus, in Abh. der Münchener Akad., IX (1851); C. Morelli, Floro e il certame capitolino, in Atene e Roma, 1916; E. Griset, Contributi alla critica del testo della Epitome di Floro, Torino 1913; N. Festa, Estratti di Floro negli Scolii all'Africa del Petrarca, in Riv. di fil. e di istr. class., 1923; C. Tosatto, De ablativo apud Velleium et Florum et Iustinum, Padova 1922; id., De accusativi usu apud Florum et Iustinum, Padova 1924-1925; S. Lilliedahl, Florus Studien, Beiträge zur Kenntniss des rhetorischen Stils der silbernen Latinität, in Acta Univ. Lundensis, n. s., Lund 1928; M. Galdi, L'epitome nella letteratura latina, Napoli 1922, p. 44 segg.