Scrittore latino di agronomia (sec. 1º d. C.), nativo di Cadice, tribuno militare in Siria e in Cilicia forse nel 36 d. C., nel 41 era a Roma presso la quale, ad Albano (come anche in Etruria), possedeva delle terre. Del suo primo trattato in 4 libri, De re rustica, è rimasto solo un libro: De arboribus; mentre ce ne è pervenuto integro il rifacimento e ampliamento in 10 libri, con l'aggiunta di due libri supplementari. L'opera, dedicata a Publio Silvino, è in prosa (tranne il 10º libro sui giardini, che in 430 esametri di accurata ma fredda tecnica vuole attuare il programma espresso da Virgilio, Georgiche IV, 148); è un completo trattato di tecnica ed economia agricola, ottima fonte per la conoscenza dell'agricoltura in Italia nel 1º secolo dell'Impero, diligente raccolta di precetti e d'informazioni, ispirata a sincero amore per la terra, nello stile semplice della precettistica tecnica tradizionale, duro talvolta, ma spesso scorrevole ed equilibrato. C. servì di modello agli scrittori di agronomia dei secoli successivi ed è per noi utile fonte per la conoscenza di autori perduti, come Magone cartaginese.