macchina a vapore
Un’invenzione che ha cambiato la storia
La macchina a vapore è un sistema per produrre lavoro meccanico a spese dell’energia termica. Anche se le attuali macchine a vapore, molto perfezionate, sono abbastanza complesse, lo schema di base è sempre lo stesso: una sorgente di calore porta all’ebollizione una certa quantità di acqua producendo vapore che, espandendosi, preme sulle pareti del contenitore mettendo in movimento un pistone. Usata per almeno due secoli come base per la costruzione di macchine industriali, per far viaggiare locomotive, navi e anche automobili e autocarri, la macchina a vapore, nella versione a turbina, trova ancora un uso importante nella produzione di energia nelle centrali nucleari o nelle grandi navi militari
Una macchina a vapore converte l’energia termica del vapore in lavoro meccanico. Molto schematicamente possiamo dire che questa macchina è costituita da un contenitore, il bollitore, al cui interno, grazie all’azione di una fonte di calore, viene riscaldata acqua fino a temperature vicine all’ebollizione. In questo modo si ottiene vapore, che tende a espandersi in tutto il bollitore, o in un secondo contenitore in cui si riversa, esercitando una pressione sulle pareti tanto maggiore quanto più alta è la concentrazione del vapore stesso.
Il vapore può venire convogliato, con tecniche molto diverse, su un pistone o una turbina, che si mettono in moto per la pressione che ricevono, producendo lavoro meccanico. Ovviamente questo schema è molto semplificato, ma rende bene l’idea di come lavora una macchina di questo genere. Nel corso degli ultimi tre secoli ne sono state costruite di tipi diversi, nell’intento di migliorarne soprattutto l’efficienza, vale a dire la quantità di energia termica effettivamente trasformata in lavoro meccanico, che in queste macchine è particolarmente bassa, specie in quelle a pistone.
Uno dei vantaggi della macchina a vapore risiede nel fatto che è possibile usare qualunque combustibile, o fonte di calore. Sono state sviluppate macchine funzionanti a carbone, legna, gasolio e altri combustibili diversi. Queste macchine fanno funzionare pompe idrauliche, forniscono potenza a macchine, specie nell’industria manifatturiera, hanno fatto o fanno marciare le navi e, naturalmente, i treni, che hanno rappresentato la maggiore applicazione pratica di questa macchina. La macchina a vapore è stata forse l’elemento fondamentale nella prima rivoluzione industriale.
Il primo esempio di macchina a vapore di cui si abbia notizia è l’eolipila, inventata e sviluppata da Erone di Alessandria, vissuto nel 1° secolo dopo Cristo. La macchina di Erone è molto semplice: è costituita da un contenitore – tipicamente una sfera – sospeso a un appoggio e quindi libero di ruotare almeno in una direzione. Dalla sfera dipartono verso l’esterno, in direzioni opposte, due tubi ricurvi come una pipa. La sfera contiene acqua che viene riscaldata fino all’ebollizione. Il vapore che si forma all’interno della sfera può uscire dai due tubi e, in questo modo, esercita una forza che fa muovere la sfera secondo il principio della dinamica di azione e reazione. La macchina di Erone era, probabilmente, una curiosità, quasi un gioco, e per certi versi il fatto che non abbia avuto un seguito può essere visto come una sorta di ‘occasione sprecata’ per il progresso. Quel che manca a questo antichissimo prototipo è infatti un aspetto essenziale, quello ‘utilitaristico’: il movimento di rotazione della sfera, generato dal vapore, non viene utilizzato per produrre lavoro meccanico. Per secoli e secoli non si ritrova nulla del genere nella storia delle invenzioni e occorre arrivare al 1690 per ritrovare una macchina a vapore, sviluppata dal fisico francese Denis Papin. La macchina di Papin è molto semplice e poco potente, ma perfettamente funzionante, tanto che trovò anche qualche applicazione per la costruzione di pompe per l’acqua. È costruita secondo uno schema veramente essenziale. Un cilindro metallico contenente un pistone serve come bollitore in cui l’acqua, che riempie il fondo, viene portata a ebollizione grazie a una sorgente di calore posta al di sotto. Il vapore, man mano che si sviluppa, preme sul pistone, che inizia a sollevarsi verso l’alto. Quando il pistone è arrivato al massimo del cammino che gli è permesso, la fonte di calore viene tolta. In questo modo la temperatura dell’acqua diminuisce e il vapore si condensa mentre il pistone, non più sostenuto dalla pressione esercitata dal vapore stesso, cala verso il fondo del bollitore. Come si può capire il funzionamento è piuttosto laborioso, lento e inefficiente, tuttavia la macchina a vapore di Papin è la prima che abbia realmente funzionato e trovato applicazioni pratiche.
Il più importante progresso nel campo delle macchine a vapore è dovuto a James Watt, uno scienziato scozzese che operò tra la fine del 18° e l’inizio del 19° secolo.
Watt iniziò migliorando la macchina costruita all’inizio del 18° secolo da un altro inventore inglese, Thomas Newcomen, e che era chiamata anche motore atmosferico. Questa macchina a vapore era costituita da un recipiente cilindrico nel quale era inserito un pistone a sua volta dotato di contrappeso esterno. Il vapore veniva prodotto esternamente al cilindro e iniettato dentro dalla base del cilindro stesso: in questo modo faceva salire il pistone man mano che la quantità di vapore, e quindi la pressione, aumentava. Una volta giunto alla fine della corsa, il pistone apriva una valvola che permetteva a un getto d’acqua di entrare nel cilindro stesso raffreddandolo. La diminuzione improvvisa di temperatura faceva condensare il vapore, diminuendo quindi la pressione con il conseguente abbassamento del pistone. La novità interessante di questa macchina, sebbene poco efficiente, era costituita dal fatto che il braccio che collegava il pistone al contrappeso continuava oltre e funzionava anche da leva, che alternativamente si alzava e si abbassava. Questa particolarità lo rese molto utile per sviluppare pompe idrauliche da usarsi nelle gallerie delle miniere per prosciugarle dall’acqua che colava all’interno dalle fessure delle rocce.
Watt sviluppò una serie di modifiche alla macchina di Newcomen che portarono alla realizzazione di quella che può essere considerata come la prima vera macchina a vapore moderna. La prima portò a un motore dotato di camera di condensazione del vapore separata, mediante la quale si riuscivano a ridurre le perdite di vapore che si verificavano nel continuo alternarsi di riscaldamenti e raffreddamenti dell’unico cilindro della macchina di Newcomen.
Con l’introduzione della seconda camera, inoltre, si ottiene il risultato che è la stessa pressione del vapore a svolgere il lavoro, e non quella atmosferica che nella macchina di Newcomen era responsabile dell’abbassamento del cilindro.
Questa modifica introdotta da Watt fu importante, tuttavia la maggiore innovazione della sua macchina era costituita da un particolare miglioramento che forse oggi può sembrarci banale. Egli riuscì infatti a realizzare un semplice meccanismo che trasformava il moto del pistone, rettilineo dal basso verso l’alto e viceversa, in un moto circolare continuo, grazie a un volano e a un meccanismo a biella simile a quello delle macchine a vapore più moderne. Infine, aumen;tò notevolmente l’efficienza del motore a vapore inserendo una seconda valvola che permetteva di introdurre vapore nel cilindro sia dal basso, durante il moto del pistone verso l’alto, sia dall’alto, quando il pistone era giunto al massimo della sua corsa, per agevolarne il ritorno verso il basso della camera.
Fra la metà del 18° secolo e il 1830 circa si sviluppò, a partire dall’Inghilterra, un cambiamento epocale per l’umanità: la prima rivoluzione industriale. Prima di allora il mondo aveva come unica possibile fonte di forza meccanica, per qualunque lavorazione (agricola o artigianale) o per la trazione di mezzi destinati al trasporto di persone o cose, solo le braccia dell’uomo o qualche animale domestico, come il cavallo o il bue. È proprio la macchina a vapore, perfezionata da Watt, a determinare un cambiamento epocale che ha permesso all’umanità per la prima volta nella storia di svincolarsi dalla fatica fisica con un mezzo in grado di fornire, con continuità, potenza e lavoro meccanico.
Il cambiamento iniziò con le prime applicazioni della macchina a vapore alle pompe idriche usate per le miniere e alle macchine associate ai telai per la produzione tessile, ma ben presto investì e trasformò radicalmente ogni aspetto della vita economica e sociale, dalla produzione di beni ai trasporti. La rivoluzione industriale si espanse in brevissimo tempo dall’Inghilterra all’Europa occidentale prima e negli altri paesi in seguito. Il cambiamento fu così importante e capillare, oltre che rapidissimo, che molti storici paragonano questo periodo al Neolitico, la remota epoca della preistoria in cui avvenne la prima rivoluzione agricola con il passaggio dalla vita nomade alla coltivazione stanziale dei campi.
La locomotiva, il veicolo che fornisce la potenza per la trazione di un intero treno, è forse la macchina a vapore più nota, anche se, dopo essere stata utilizzata per quasi due secoli, è oggi praticamente scomparsa dalle ferrovie moderne. Le prime locomotive, abbastanza rudimentali, vennero sviluppate a partire dal 1804 e per produrre il vapore utilizzavano carbone, ma anche legno od olio combustibile. La prima locomotiva in Italia entrò in servizio il 3 ottobre 1839 sulla linea Napoli-Portici, una delle prime ferrovie europee. La massima velocità raggiuntada una locomotiva a vapore, che trainava un con;voglio standard di 6 vagoni passeggeri, è stata di ben 203 km all’ora, record che venne stabilito in Inghilterra nel lontano 1938.
Le locomotive a vapore vennero sostituite, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, dalle motrici diesel-elettriche, più efficienti e che richiedono meno personale e minore manutenzione per funzionare correttamente. Infatti si calcola che il costo di esercizio di una locomotiva a vapore sia almeno tre volte maggiore di quello di una diesel-elettrica. Qualcuna esiste ancora in Europa e viene utilizzata per brevi viaggi speciali, riservati ai turisti che vogliono rivivere il fascino dei vecchi treni.
Un caso a parte è rappresentato dalla Cina, dove le locomotive a vapore sono tuttora di uso comune. In questo paese infatti il costo del carbone è molto basso, dato che ne esistono grandi giacimenti e i costi di estrazione sono molto contenuti, a causa soprattutto dei bassi salari pagati ai minatori.
Locomotive a vapore sono tuttora in uso, oltre che nei paesi in via di sviluppo, in particolari linee ferroviarie ad alta quota, come quelle sulla catena delle Ande in America meridionale. La produzione di vapore infatti non risente della diminuzione di ossigeno nell’aria che si ha man mano che l’altitudine delle montagne aumenta, come invece avviene per i grossi motori diesel ferroviari, basati sulla combustione di nafta più o meno raffinata, che ad alta quota diventano praticamente inservibili.
L’idea di applicare la macchina a vapore al trasporto sull’acqua è vecchia tanto quanto la sua stessa invenzione. I primi tentativi, infruttuosi, risalgono infatti allo stesso Papin. È però con lo sviluppo della macchina a vapore di Watt, sufficientemente efficiente e affidabile, che iniziano la costruzione e l’utilizzo di natanti e navi di tutte le dimensioni in cui la propulsione è assicurata da una macchina a vapore.
Il cambiamento fu della massima importanza per la navigazione, fino ad allora costretta ad affidarsi a remi e vele per far viaggiare le navi su fiumi, laghi ma soprattutto mari: finalmente si disponeva di una riserva di potenza utile per far viaggiare comunque una nave senza dover dipendere dai venti. Ancora oggi molte navi che fanno servizio, per esempio sui laghi, vengono chiamate vapori anche se viaggiano grazie a motori diesel. A Venezia i mezzi di trasporto pubblico, grandi motoscafi da 150 a 300 posti che nella città lagunare svolgono le funzioni proprie degli autobus nelle altre città, vengono familiarmente chiamati vaporetti.
La più famosa nave a vapore fu probabilmente il grande e lussuoso Titanic, tristemente noto per il suo naufragio causato dall’urto con un iceberg nel suo viaggio inaugurale nel 1912. L’ultima nave a vapore che solcò l’oceano fu l’inglese Queen Elizabeth 2, nel 1986, anno in cui fu trasformata con motore diesel. Le navi azionate da macchine a vapore sono state chiamate spesso anche piroscafi, parola che contiene la radice greca piro «fuoco». In queste navi, infatti, erano necessari grandi forni per scaldare gli enormi bollitori delle macchine a vapore che costituivano il ‘cuore’ dei motori di quelle imbarcazioni.
Come per le locomotive, anche per quanto riguarda le navi gli attuali esemplari a vapore sopravvivono in esercizio per uso soprattutto turistico.
Anche se può apparire come un ricordo del passato la macchina a vapore è ancora oggi molto importante in situazioni particolari, e rappresenta un sistema di locomozione ancora praticato. Le navi militari molto grandi, come per esempio le portaerei nucleari, ma anche molti sommergibili, possono muoversi proprio grazie al vapore. Il reattore nucleare, su di esse installato come elemento fondamentale di produzione di energia, può infatti soltanto produrre calore. Questo calore viene utilizzato per generare vapore e azionare una turbina, che è quella che effettivamente produce la forza motrice. Tale forza viene trasmessa alle eliche del sommergibile o della nave.
Macchine a vapore particolari, a turbina, sono poi fondamentali nella produzione di energia tramite le reazioni nucleari. Nelle centrali nucleari infatti nel cuore del reattore si produce una reazione di fissione nucleare. Questa energia, di per sé, sarebbe inutilizzabile se non fosse convertita. È a questo punto che nelle centrali interviene la turbina a vapore: l’energia prodotta dalle reazioni nucleari viene utilizzata per produrre vapore che mette in movimento una turbina che, girando, può produrre energia elettrica, un po’ come fa la dinamo di una bicicletta.