Mamiani Della Rovere, Terenzio
Politico e scrittore, nacque a Pesaro il 18 settembre 1799 da nobile famiglia e morì a Roma il 21 maggio 1885. Di ispirazione cattolico-liberale, fu tra i protagonisti del Risorgimento italiano.
A 16 anni il padre lo mandò a Roma per studiare in seminario, ma, dopo solo tre anni, Mamiani rinunciò a prendere gli ordini: quell’esperienza lo aveva piuttosto rafforzato nell’avversione alla curia romana e al potere temporale dei papi (lettera autobiografica a Giuseppe Zirardini del 1839; Lettere dall’esilio, raccolte e ordinate da E. Viterbo, 1° vol., 1831-1845, 1899, pp. 42-57). Per fuggire l’ambiente troppo angusto della «cittaduzza» nella quale era nato – «disgrazia gravissima» soprattutto per gli studi «i quali in tanta picciola unione di uomini non rinvengono né il vigore, né la latitudine, né l’esercizio loro conveniente» (p. 42) – si portò a Firenze, dove incontrò Giacomo Leopardi (suo parente), Gino Capponi e Giovan Battista Niccolini; poi a Torino come professore di lettere. In seguito cambiò spesso città, prendendo parte alle cospirazioni che anche in Italia fecero seguito all’insurrezione parigina del 1830. Nella citata lettera a Zirardini scriveva di avere allora gridato, «come un fanciullo: l’Italia sarà libera, sarà libera l’Italia nostra» (p. 47), e di avere appreso dai «libri di Machiavello»
[...] «che le promesse de’ Principi o dei diplomatici tanto durano quanto l’utile che indusse a far loro il comando, e però non ò fede in quel principio, perchéproclamato con piena solennità, ma solo perché necessario alla salute e alla gloria di chi il proclamava». Cosìio sentenziava con gran sicurezza e non mi sovveniva l’altra pagina di Machiavello ove si mostra che l’interesse de’ Principi nuovi non s’immedesima sempre conquello dei popoli loro (p. 47).
Durante i moti del 1831 venne nominato membro dell’Assemblea nazionale di Bologna; fu quindi imprigionato dagli austriaci a Venezia. Costretto all’esilio, nel 1832 si rifugiò a Parigi, dove frequentò il salotto artistico e politico di Cristina di Belgiojoso. Rientrato in Italia, nel 1848 ebbe parte nei governi timidamente liberali dello Stato pontificio. Dopo la caduta della Repubblica romana (alla cui costituzione non era stato favorevole) dovette riparare a Genova. Eletto deputato nel Parlamento subalpino, nel 1857 ebbe la cattedra di filosofia della storia all’Università di Torino; nel 1860-61 fu ministro della Pubblica istruzione; dal 1864 alla morte fu senatore del Regno d’Italia.
Anche a Mamiani, M. parve scrittore atto a infiammare «a libertà le menti», precursore e profeta dell’amor di patria e dell’unità d’Italia. Sostenitore di una poesia «tutta impregnata e calda di religione civile» (Lettere dall’esilio, cit., p. 53), Mamiani dedica alla fiera anima di M. uno dei dieci sonetti sulle tombe dei grandi in S. Croce (Sulla tomba di Nicolò Macchiavelli, in Poesie di Terenzio Mamiani, 1843, p. 389). Nei suoi carteggi, più volte Mamiani allude all’autore del Principe e dei Discorsi come a colui che aveva colto nella Chiesa romana l’ostacolo all’unificazione della penisola italiana. Così in una importante missiva a Vincenzo Gioberti del 29 ottobre 1840, nella quale – dissentendo dal suo corrispondente, che difendeva la politica pontificia – osserva:
occorre di confessare con gran franchezza le colpe, i vizi, l’ignoranza, l’ostinazione e la cecità della corte papale [...] confessare infine che per noi Italiani il dominio temporale dei papi è stato poco meno che la somma cagione di tutte le nostre sventure, la pietra ficcatasi, dice Machiavello, tra i labbri delle nostre ferite a impedire che mai non potessero rimarginare (Lettere dall’esilio, cit., pp. 67-68).
L’immagine della ‘pietra nella ferita’ è – assai liberamente – ispirata dal famoso passo di M. (Discorsi I xii) nel quale si rimprovera la Chiesa di Roma per avere impedito l’affermazione di un unico potere politico in Italia. Tale enfatica comparazione si trova ribadita nel discorso Del senso morale degli italiani del 1868:
Nella Penisola non fu fattibile la politica unità, perché fra le labbra dolorose delle ferite di lei si ficcò per tempo una pietra che le mantenne aperte sempre ed inciprignite; e la pietra à nome potestà temporale dei papi.
Nel 1869, come presidente del comitato per le celebrazioni del quarto centenario della nascita di M., Mamiani sostenne l’assegnazione di un premio al monumentale studio di Oreste Tommasini (→) che dette un impulso decisivo agli studi sulla figura storica del Segretario fiorentino.
Bibliografia: Poesie di Terenzio Mamiani. Per la prima volta unite e ordinate con aggiunta di molte inedite, Parigi 1843; Poesie di Terenzio Mamiani, nuova edizione con ammende dell’autore e aggiunte di parecchie composizioni, Firenze 1857; Carlo Troya. Discorso del Conte Terenzio Mamiani, letto alla Reale Accademia della Crusca nell’adunanza solenne del 2 di settembre 1860, «Archivio storico italiano», n.s., 1860, 12, 2, pp. 75-84, in partic. pp. 79-80, poi in Prose letterarie di Terenzio Mamiani, Firenze 1867, pp. 389-401, in partic. p. 395; Del senso morale degli italiani. Discorso letto nel palazzo delle Belle Arti in Firenze, li 10 maggio, Milano 1868, in partic. pp. 19-20; Lettere dall’esilio, raccolte e ordinate da E. Viterbo, 1° vol., 1831-1845, Roma 1899.
Per gli studi critici si vedano: S. Martini, Il patriottismo nell’opera lirica di Terenzio Mamiani, in L’identità nazionale nella cultura letteraria italiana, Atti del 3° Congresso nazionale dell’ADI, Associazione degli italianisti italiani, Lecce-Otranto 20-22 settembre 1999, a cura di G. Rizzo, 1° vol., Galatina 2001, pp. 411-40; A. Brancati, G. Benelli, Divina Italia. Terenzio Mamiani Della Rovere cattolico liberale e il risorgimento federalista, Ancona 2004, in partic. p. 72 e passim; A. Brancati, Mamiani Della Rovere Terenzio, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 68° vol., Roma 2007, ad vocem.