mandarini
Antichi funzionari dell’Impero cinese
Nella Cina imperiale i mandarini erano i potenti e rispettati funzionari dello Stato che per secoli garantirono il buon funzionamento dell’impero e il controllo delle autorità sulla società. Per diventare mandarini bisognava superare un esame molto difficile che si basava sulla cultura generale e sulla conoscenza dei testi confuciani
Il termine mandarini (dal portoghese mandarim) fu coniato nel 17° secolo dai viaggiatori portoghesi per designare i funzionari civili e militari dell’Impero cinese (Cina, v. anche Cina, storia della). Probabilmente si trattò di un adattamento al portoghese del termine malese mantri, a sua volta del sanscrito mantrin, che significa «consigliere». Da allora in poi in Europa fu comunemente usato per indicare la casta dei ko-han (questo è il vocabolo cinese).
Per diventare funzionari imperiali bisognava partecipare a un rigoroso concorso pubblico e superare esami molto difficili. Il concorso era aperto ai sudditi di ogni ceto sociale, ma erano favoriti i giovani delle famiglie delle classi più elevate, che potevano garantire ai figli un’adeguata istruzione. La selezione si basava sulla cultura generale e sulla conoscenza dei testi del 6°-5° secolo a.C. del filosofo Confucio, della letteratura e della storia. La cultura era considerata, infatti, uno dei requisiti essenziali di un buon funzionario.
Ai vincitori era assegnato il governo di una provincia, dove era loro proibito avere possedimenti personali. Non potevano governare la stessa provincia per più di tre anni, per evitare che consolidassero posizioni di dominio e sviluppassero interessi personali. I mandarini erano divisi in una gerarchia articolata in nove ranghi, identificati da bottoni di diverso colore cuciti sul copricapo. Il loro compito, simile a quello dei moderni tecnocrati, era di garantire l’efficienza della macchina dello Stato e prendere decisioni sagge per il buon andamento della vita civile ed economica del territorio.
Ai mandarini erano affidati la riscossione delle imposte, l’amministrazione della giustizia, l’organizzazione della polizia e il controllo dell’ordine pubblico, la realizzazione e manutenzione delle opere pubbliche e delle infrastrutture (canali, strade, ponti, dighe, sistemi d’irrigazione). Essi dovevano attrezzare e proteggere la comunità contro i rischi di inondazioni e i periodi di siccità, molto frequenti in Cina.
Si trattava di un lavoro di natura esclusivamente intellettuale: fin dai tempi del pensatore Mencio (4°-3° secolo a.C.) la cultura cinese divideva gli uomini in coloro che ‘pensano’ e coloro che ‘faticano’. I primi devono governare e comandare, i secondi ubbidire e mantenere i governanti con il proprio lavoro. Le unghie lunghissime che i funzionari-letterati si lasciavano crescere erano il simbolo del rifiuto e disprezzo per ogni genere di lavoro manuale.
I mandarini costituivano un gruppo ristretto e privilegiato, che conduceva una vita agiata in lussuose residenze e godeva di grande prestigio sociale. Fu anche la compattezza e l’influenza di questa casta che impedì all’Impero cinese, vastissimo e tormentato da guerre civili e ribellioni, di disgregarsi. Molti ricchi proprietari terrieri cercarono di crearsi un dominio personale e i contadini organizzarono frequenti ribellioni contro un sistema che li costringeva alla miseria. In questa caotica situazione i mandarini salvaguardarono principi come il culto dello Stato e dell’ordine, il senso della disciplina e il rispetto dell’autorità, che erano l’essenza della tradizione confuciana. Essi impedirono anche che l’affermazione di religioni alternative al confucianesimo, come il taoismo, diffondesse valori pericolosi per la stabilità dell’impero.
Contribuirono anche a garantire all’impero un forte controllo su tutti i ceti della società, per cui in Cina non poté svilupparsi un capitalismo simile a quello occidentale: i ricchi mercanti erano controllati dallo Stato e non ebbero mai la libertà di cui disponevano i capitalisti in Europa. L’influenza dei mandarini sulla cultura e nella società cinese è testimoniata dal fatto che, in una nazione caratterizzata da una grande varietà di dialetti, fu proprio la loro «lingua burocratica» (in cinese guanhua) che diventò la lingua ufficiale dell’impero, da cui deriva il cinese ufficiale odierno.