MARCHE (XXII, p. 219)
Popolazione (p. 223). - Secondo il censimento dell'aprile 1936 nelle Marche si aveva una popolazione residente di 1.278.071. Una stima del dicembre 1947 dava 1.377.477 ab. La densità, che nel 1931 era di 126 ab. per kmq., è salita a 132 ab. per kmq. nel 1936 e a 143 nel 1947. Tale densità è da considerarsi altissima, poiché la popolazione è in gran prevalenza sparsa con un solo centro notevole, Ancona, che supera i 50.000 ab. (nel 1936 Ancona città, contava 57.100 ab.).
La media della popolazione sparsa (543‰ nel 1936) è più che doppia di quella italiana (262‰); inoltre, è in sensibile aumento rispetto al censimento del 1931 (503,2‰) e ha portato le Marche al primo posto per aliquota di popolazione sparsa. Il comune più popoloso è Ancona (89.710 ab.) ed il meno Bolognola (il centro più elevato della regione, a 1070 m.), la cui popolazione è scesa a 196 ab. nel 1936 (255 nel 1931).
Migrazioni (p. 225). - La migrazione interna, che ha come meta quasi unica il Lazio, nel 1938 era di 16.495 ab., di cui 15.965 per lavori agricoli. Prima dell'ultimo conflitto mondiale l'emigrazione era quasi completamente cessata. Ma ha ripreso dopo la guerra. Da dati provvisorî del 1947 si avevano 4.712 emigranti verso i paesi europei e 1.358 verso quelli transoceanici.
Notevole è l'aumento della superficie destinata a frumento, estesasi di 10.000 ha. (nel 1929 era di 270.000 ha.); anche la superficie destinata alla coltura delle barbabietole da zucchero, nello stesso periodo è più che raddoppiata. La coltura del frumento segnala continui progressi: nonostante le condizioni sfavorevoli degli ultimi anni (mancanza di fertilizzanti), il rendimento medio per ha. è passato da 11,80 q. per ha. (1925) a 17,6 (1946), ponendosi al quarto posto tra le regioni d'Italia.
Anche l'allevamento, con la crescente tendenza ad estendere le irrigazioni (dal 1922 al 1940 sono stati resi irrigui 4.950 ha.), è stato ulteriomiente incrementato. Nel 1942 si contavano 473.093 bovini, 242.286 suini, 356.961 ovini. Secondo il censimento industriale 1937-40 il totale degli addetti alle industrie (soprattutto alimentari, quindi meccaniche e tessili, cartiere, manifattura di tabacchi) in tutta la regione marchigiana, era di 98.314 (su una popolazione totale di 1.249.965 ab.), con 34.530 esercizi.
Condizioni economiche (p. 225). - Si riportano in questa tabella alcuni dati relativi alle principali colture, per il quadriennio 1936-39 e per l'anno 1947:
Comunicazioni (p. 227). - Non sono state riattivate le linee secondarie Fabriano-Urbino (che funziona solo nel tratto Fabriano-Pergola) e Fano-Urbino.
Danni di guerra ai monumenti ed alle opere d'arte.
Fatta eccezione per Ascoli Piceno dove i Tedeschi hanno distrutto con le mine il ponte romano detto di Cecco e il medievale Ponte Maggiore, i danni più notevoli sono nella parte settentrionale della regione: a Fabriano dove sono già ultimati i restauri al quattrocentesco Ospedale del Bambin Gesù, a Loreto dove s'è dovuto riparare la bella cupola del santuario che s'era incendiata nelle coperture, ad Osimo dove sono stati colpiti il palazzo comunale, il duomo e la villa Soderini, a Fossombrone dove è andata perduta una parte delle collezioni archeologiche del museo e infine lungo la costa ad Ancona (v. ancona, in questa App.), a Fano e a Pesaro.
A Fano l'offesa maggiore è stata determinata dalla deformante mutilazione delle torri e dei campanili che caratterizzavano il profilo della città e che sono stati minati e fatti saltare dai Tedeschi, pochi giorni prima della liberazione. Naturalmente i campanili crollando hanno trascinato parte almeno delle costruzioni attigue. Così coi campanili è andato distrutto il coro della chiesa di S. Domenico, decorato con importanti affreschi del '300, la zona presbiteriale e il coro di S. Maria la Nova, gran parte della navata centrale e della navata sinistra del duomo, un tratto della chiesa di S. Maria di Piazza, di quella di S. Agostino e dell'altra di S. Silvestro. Anche il bel campanile di S. Paterniano, attribuito da alcuni al Sansovino, è crollato distruggendo un tratto del presbiterio della chiesa, e così è stata distrutta la torre del Palazzo della Ragione e quella della quattrocentesca rocca Malatestiana. Ovunque in questi edifici s'è lavorato a limitare i danni ricostruendo parte delle murature abbattute, ma non certo quelle dei campanili e delle torri.
Anche a Pesaro gran parte dei danni in città sono stati provocati dalle mine tedesche; tuttavia le offese maggiori a opere d'arte sono da indicare nella Villa Imperiale ove sono state danneggiate alcune decorazioni delle magnifiche sale.
Fatta eccezione per le raccolte archeologiche dei musei di Ancona e di Fossombrone e di alcuni dipinti di S. Ciriaco, ad Ancona, danneggiati o distrutti nello stesso ricovero che li aveva ospitati e che fu colpito in pieno, gli oggetti d'arte mobili della regione, tempestivamente rimossi e posti al sicuro, non hanno, nel loro complesso, subìto danni di rilievo.
Bibl.: E. Galli, P. Rotondi, R. Pacini, Danni di guerra e provvidenze per le antichità, i Monumenti e l'arte delle Marche, Ancona-Urbino 1946; E. Lavagnino, Danni di guerra ai Monumenti dell'Italia centrale e settentrionale, in Rassegna d'Italia, II, nn. 6-7-8, 1947, pp. 159-60; id., Danni di guerra e restauri al patrimonio artistico dell'Italia, in Ulisse, 2°, 1947, pp. 189-190.