Artista concettuale serba (n. Belgrado 1946), attiva nell'ambito della body-art. La sua ricerca l'ha portata ad indagare i limiti fisici e mentali della propria persona (Rhythms, 1970-74), creando produzioni che hanno poi conosciuto una nuova complessità grazie al contatto con culture diverse.
Formatasi presso le accademie di Belgrado e di Zagabria, si pose subito nell'ambito sperimentale della body-art, svolgendo la sua ricerca sui limiti fisici e mentali della propria persona (serie Rhythms, 1970-74). Stabilitasi ad Amsterdam, dal 1975 al 1988 ha lavorato con il suo compagno Ulay (nome d'arte di Uwe Laysipen, Solingen 1943- Lubiana 2020) all'elaborazione, attraverso sofferte esperienze fisiche, psichiche e spirituali, di performance che permettono ai due artisti di suscitare insieme una nuova "energia", che resta tuttavia indipendente dalle loro singole individualità (Relation in movement, Biennale di Venezia, 1976; Anima mundi e Modus vivendi, dal 1983). Una nuova complessità hanno raggiunto le loro performance attraverso il contatto con culture diverse, dopo lunghi viaggi in India, Australia, Tibet, Cina (serie Nightsea crossing, 1981-84). Dopo The Great Wall walk (1988), dove i due artisti percorrevano, partendo dagli estremi opposti, la Grande Muraglia cinese, A. ha proseguito da sola la sua ricerca, incentrata anche sull'energia segreta sprigionata da pietre e metalli, con una serie di sculture che coinvolgono lo spettatore (Green dragon, 1988; Black dragon, 1990). Ha realizzato installazioni e performances sempre più complesse: Biography (1989-94), intreccio tra la sua vita e la produzione artistica; The public body (2001); Balkan erotic epic (2006), dedicato all’erotismo nella cultura popolare della sua terra; The artist is present (2010), performance radicale sul tempo e sullo sguardo da cui nel 2012 il regista M. Aker ha tratto una pellicola. Nel marzo 2012 il PAC di Milano ha ospitato la performance The Abramović method, in cui A. stimola il pubblico alla compartecipazione all'esperienza artistica attraverso installazioni interattive; da questo evento è stato tratto il film omonimo, girato da G. Colagrande e presentato alla 70a edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, mentre per la promozione del "metodo Abramović" inteso come integrazione di diverse forme di arte immateriale A. ha progettato il MAI (Marina Abramović Institute), al 2013 in via di realizzazione presso Hudson (New York). Ancora del 2012 è lo spettacolo teatrale The life and death of Marina Abramović, per la regia di B. Wilson. Insegnante presso la Hochschule für bildende Künste di Braunschweig, A. ha presentato le sue opere nelle più importanti rassegne internazionali, ottenendo prestigiosi riconoscimenti (Gran premio della Biennale di Venezia, 1997; Niedersachsischer Kunstpreis, 2003; New York Dance and Performance Award, 2003). Nel 2016 il regista M. Del Fiol ha girato il documentario biografico The space in between: Marina Abramović and Brazil, intenso resoconto del viaggio in Brasile effettuato dall'artista per indagare le relazioni tra creatività e spiritualità; è dello stesso anno l'autobiografia Walk through walls (trad. it. 2016), scritta in collaborazione con J. Kaplan. Tra le mostre più recenti dell'artista occorre citare Marina Abramović. Estasi, allestita nel 2020 nella Sala delle carceri di Castel dell'Ovo (Napoli), la mostra site-specific Gates and portals presentata nel 2022-23 alla Modern Art Oxford e la rassegna presentata nel 2023-24 alla Royal Academy of Arts di Londra, che ne ripercorre i momenti fondamentali della carriera.