marmo
Dalla cava al museo
Il marmo appartiene alla famiglia delle rocce metamorfiche, ma la sua origine primaria è di natura organica. Le trasformazioni chimiche e fisiche lo hanno reso un materiale particolarmente duro e compatto, adatto a essere levigato. Per queste caratteristiche, e per la grande varietà di colori, è stato utilizzato fin dall’antichità per la realizzazione di opere architettoniche e scultoree
Passeggiando per le nostre città possiamo facilmente renderci conto di quanto il marmo sia per noi familiare: lo ammiriamo nelle facciate delle chiese, nei rivestimenti esterni dei palazzi antichi, nelle statue che abbelliscono piazze e giardini. Eppure, queste imponenti opere sono state realizzate con un materiale che nasce dall’infinitamente piccolo: infatti il marmo è all’origine una roccia calcarea organogena, che deriva cioè dall’accumulo di gusci e di apparati scheletrici di minuscoli organismi, saldati insieme da una sabbia di calcare e frammenti minuti dei gusci stessi. È anche una roccia metamorfica, la cui struttura originaria si è profondamente trasformata a seguito di una serie di reazioni chimiche e fisiche.
Il calore sprigionato dal magma (la massa fusa che si forma nelle profondità della Terra), che risale la crosta terrestre, modifica la struttura delle rocce con cui viene a contatto: i minuscoli frammenti di carbonato di calcio si trasformano in grossi cristalli delle dimensioni dei granuli dello zucchero in un processo detto di ricristallizzazione. Nasce così il marmo, una roccia compatta, dura, che è possibile tagliare e levigare, con grandi varietà di colori e sfumature (bianco niveo, nero-azzurro, verde, rosso e giallo).
L’Italia è ricchissima di giacimenti di marmo, sfruttati sin dall’antichità; i più importanti si trovano in Piemonte, Veneto, Liguria e Toscana. I pregiati marmi di Carrara, provenienti dalle Alpi Apuane, sono apprezzati in tutto il mondo.
Anche la Grecia ha una lunga tradizione nella produzione e nella lavorazione del marmo; marmi di buona qualità provengono inoltre dalla Francia, dal Belgio, dal Portogallo e anche dagli Stati Uniti, dal Messico e dal Brasile. L’estrazione avviene in cave a cielo aperto e solo raramente aprendo gallerie sotterranee. Dopo essere stato estratto, il marmo viene levigato, stuccato e lucidato. Al termine di queste operazioni è pronto per essere impiegato in opere artistiche (statue, decorazioni, monumenti funerari), nell’edilizia (rivestimenti esterni o interni di edifici), nella produzione di arredi (caminetti, colonne, fontane, vasi, tavoli).
La storia del marmo come materiale da costruzione dura da 2.500 anni, dalla Grecia antica fino ai moderni grattacieli, passando per la Roma imperiale, la Firenze rinascimentale e la Roma dei papi. Dal marmo hanno preso corpo alcune tra le più grandi opere di arte scultorea: è stato il materiale prediletto di artisti come Fidia, Michelangelo Buonarroti, Gian Lorenzo Bernini, Auguste Rodin. L’Empire State Building, il più famoso grattacielo di New York, è rivestito da 46.000 m2 di marmo.
La visita a una cava di marmo è un’esperienza affascinante: bianche colate di pietra, su cui si riflette la luce del sole, spiccano tra le rocce brune della montagna. Ma per chi ci lavora, la cava significa sudore, fatica e pericolo. Un tempo il marmo si estraeva abbattendo le pareti della montagna con l’esplosivo. Alla fine dell’Ottocento, l’esplosivo fu rimpiazzato dal filo elicoidale, un dispositivo costituito da una fune formata da tre fili d’acciaio avvolti a elica. Oggi la cava è cambiata e le nuove tecnologie l’hanno resa più accessibile e meno pericolosa. Al posto del filo elicoidale si usa il filo diamantato (piccoli diamanti artificiali distanziati da piccole molle), che permette di tagliare interi pezzi di montagna con grande facilità. Ruspe, pale meccaniche ed escavatori su cingoli hanno preso il posto delle braccia umane e della forza dei buoi, mentre a dirigere i lavori non è più un operaio esperto, il capocava, ma un ingegnere minerario.