indipendentisti, movimenti
indipendentisti, moviménti locuz. sost. m. pl. – Organizzazioni che si battono per il diritto all'autodeterminazione dei popoli, la cui matrice è solitamente ideologica, di stampo religioso, culturale o politico, e il cui principale fattore di aggregazione risiede nell'affermazione della comune radice identitaria. I numerosi movimenti i., diffusi in tutto il mondo, si dividono tra quelli che ricorrono alla violenza e quelli che hanno scelto la via del dialogo e della soluzione pacifica. A livello europeo, l'IRA (Irish republican army) nata in Irlanda nel 1919 come organizzazione paramilitare, ha annunciato nel 2005 di voler porre fine alla lotta armata ricercando una soluzione pacifica per ottenere l'indipendenza dell'Irlanda del Nord dalla Gran Bretagna e la costituzione di un unico Stato irlandese. In Spagna l’ETA, l'organizzazione separatista terrorista basca, ha dichiarato nel 2011 di aver deposto le armi: l'annuncio è stato accolto in Spagna con alcune riserve poiché l’ETA aveva già formulato in precedenza tali intenzioni senza darvi tuttavia seguito con azioni concrete. È lo ius soli il principio alla base delle rivendicazioni autonomistiche catalane che hanno condotto, nell'aprile 2011, a un referendum consultivo per pronunciarsi sull’indipendenza della Catalogna: nonostante la bassa affluenza alle urne, il 90% ha detto sì a un governo nazionale della Catalogna indipendente da Madrid. In Turchia il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK, Partîya karkerén Kurdîstan), con basi in Iran, Iraq e Siria, ha scelto dagli anni Ottanta del 20° sec. la strada della clandestinità e della lotta armata nell'intento di creare uno Stato autonomo curdo (v. ), popolo vittima di sanguinose repressioni al quale è stato negato il diritto all'autonomia nazionale. Dopo il crollo del Muro di Berlino, sulla scia dell'indipendenza rivendicata dagli albanesi del Kosovo nei Balcani, la causa nazionalista e indipendendista ha conosciuto un forte impulso in Europa centrale e orientale, determinando un complesso stato di crisi nel Caucaso e alle frontiere della Federazione russa: nel primo decennio del 21° secolo Cecenia, Abcasia, Ossezia e Inguscezia hanno costituito un problematico focolaio di conflitto, degenerato anche in guerra aperta che ha visto coinvolte Russia e Georgia. Sanguinosi scontri si sono verificati anche nel Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian. In Europa occidentale si è risvegliato un movimento nazionalista in Belgio, dove i contrasti tra le diverse comunità linguistiche e le regioni del Paese (Fiandre e Vallonia) hanno continuato a persistere, ed è tornata ad accendersi anche la questione dell'indipendentismo e dell'autogoverno scozzese che tra il 2011 e il 2012 ha conosciuto nuovi sviluppi per il rinnovato impegno di una nuova generazione politica e anche per il fallimento delle riforme federaliste. Motivazioni economiche sono alla base sia del movimento autonomo della Vojvodina, la provincia settentrionale della Serbia, sia della politica della Lega Nord italiana (v. ). Nello Sri Lanka, in Asia, la mancata soluzione dei contrasti etnici tra la maggioranza singalese e la minoranza tamil, che rivendica l'indipendenza dei territori nord-orientali, ha continuato a condizionare la vita del Paese generando un crescendo di violenza sulla popolazione civile. In questo contesto agiscono le Tigri tamil (Liberation tigers of Tamil Eelam, LTTE), un gruppo militante nazionalista che ha condotto una violenta campagna secessionista contro il governo dello Sri Lanka a partire dal 1970. Nel 2011 è stato stilato un rapporto da parte della commissione delle Nazioni Unite incaricata di svolgere un'indagine preliminare sui crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Sri Lanka nelle ultime fasi del conflitto tra governo e indipendentisti tamil. Il rapporto contiene un durissimo atto di accusa nei confronti dei governanti dello Sri Lanka ma anche contro i guerriglieri delle Tigri tamil, responsabili di aver usato i profughi tamil sia come scudi umani sia come forza lavoro e di combattimento coatta.