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Pochi paesi in Africa esemplificano come il Mozambico la traiettoria del continente, dalle speranze della decolonizzazione all’integrazione nell’ordine unico internazionale. Diventato indipendente nel 1975, durante l’ondata della seconda decolonizzazione, il Mozambico si trovò subito schierato nel campo delle forze anti-sistema: governato dal movimento di liberazione nazionale, il Frente de Libertação de Moçambique (Frelimo), di chiara ispirazione marxista, il Mozambico si schierò a livello internazionale nel campo socialista e a livello regionale tra i paesi della cosiddetta ‘Linea del fronte’, ovvero tra quelle nazioni dell’Africa australe che facevano muro contro i regimi razzisti di Sudafrica e Rhodesia.
Il Mozambico ha pagato carissimo questa netta scelta di campo: a partire dalla fine degli anni Settanta, il paese è stato infatti gradualmente esposto ad attacchi armati di forze di opposizione, che si sono trasformate in guerra civile. Gli appoggi dei regimi rhodesiano e sudafricano, uniti anche al supporto – forzato o di reazione rispetto ad alcune politiche del Frelimo – di parte della popolazione mozambicana, permisero in 15 anni alla Resistência Nacional Moçambicana (Renamo) di arrivare a controllare vaste aree del paese. La fine della Guerra fredda, l’avvio del processo di riconciliazione in Sudafrica e lo stallo militare a cui era giunto il conflitto portarono nel 1992 alla firma dell’accordo di pace, siglato a Roma.
Il Mozambico si è quindi tramutato in un caso di successo internazionale: in primis per le Nazioni Unite, che hanno promosso il processo di pacificazione e democratizzazione – riuscito in modo notevole, se paragonato a quanto accadde in Angola. In secondo luogo, dopo le prime elezioni democratiche del 1994, il Mozambico è diventato un beniamino dei donatori internazionali, grazie agli alti tassi di crescita e all’impegno del governo nella lotta alla povertà.
Dopo la guerra civile il paese ha ricostruito le proprie relazioni internazionali puntando sulla differenziazione, come già aveva fatto il Frelimo durante la guerra di indipendenza, avendo l’appoggio sia della Cina che dell’Unione Sovietica: oggi il Mozambico non solo ha ottimi rapporti con i donatori internazionali, ma si è attivato anche nelle organizzazioni internazionali. Già membro della Comunità dei paesi di lingua portoghese, ha aderito nel 1995 al Commonwealth ed è osservatore all’Oif (Organizzazione internazionale della francofonia). Restano importanti i legami con la ex madrepatria, il Portogallo, che mantiene un numero cospicuo di imprese che lavorano in Mozambico e presta assistenza nei settori più delicati (polizia, amministrazione della giustizia). Nel paese si registra inoltre una crescente presenza cinese, legata soprattutto ai giacimenti di carbone. Molti analisti mozambicani ritengono però che gli interessi cinesi siano sovrastimati, soprattutto se comparati all’importanza degli investimenti di altri partner, tra cui in particolare Brasile e Australia.
Il Mozambico mantiene strettissimi legami, sia di carattere politico che di carattere economico e commerciale, con il vicino Sudafrica, da cui dipende per più della metà delle importazioni. La ormai decennale crisi in Zimbabwe ha degli effetti anche sul Mozambico, sia a causa dell’ospitalità garantita ai cittadini zimbabweani (bianchi e neri), sia per la riduzione dei flussi commerciali: il porto di Beira ha infatti visto una sostanziale riduzione dei flussi commerciali in seguito alla crisi in Zimbabwe.
Il paese si trova ancora in una situazione di transizione da un regime a partito unico a quello di democrazia pluripartitica; per tale ragione, il Mozambico è considerato un paese parzialmente libero e democratico dai ranking internazionali.
Le ultime elezioni politiche e presidenziali si sono tenute nel dicembre del 2009 e hanno sancito l’ennesima vittoria del Frelimo, che si confrontava con la Renamo (ormai un partito con un consenso in caduta libera – ha ottenuto meno del 18% dei voti) e con il nuovo partito Movimento Democrático de Moçambique (Mdm), la vera novità della politica mozambicana, che ha ottenuto il 4% dei voti, pur non essendo riuscito a presentarsi in tutte le province.
Il dominio ultratrentennale del Frelimo è fonte di preoccupazione relativamente alla qualità della democrazia mozambicana: gli osservatori internazionali rimproverano infatti al partito al potere di aver cancellato la distinzione tra stato e partito (il presidente della Repubblica, ad esempio, è anche presidente del Frelimo) e di fare poco per contrastare la corruzione e i legami tra mondo imprenditoriale e politica.
L’Italia ha giocato un ruolo di primissimo piano in Mozambico. Forte di legami nati già prima dell’indipendenza con esponenti del Frelimo, è stata uno tra i principali donatori del Mozambico durante gli anni Settanta e Ottanta. L’Italia, inoltre, grazie a un primo intervento della Comunità di Sant’Egidio e poi alla collaborazione del ministero degli esteri e del sottosegretario Mario Raffaelli, è stata la sede della mediazione tra Renamo e Frelimo, che ha portato alla firma degli accordi di pace del 4 ottobre 1992 a Roma.
Infine, l’Italia si è impegnata moltissimo per la ricostruzione del Mozambico postbellico, sia con risorse finanziarie e l’invio di personale civile, sia col dispiegamento di un notevole contingente militare.
Nel 2008 e nel 2010, Maputo è stata teatro di due rivolte contro il carovita (costate una decina di morti), che sono da leggere come allarmanti segnali della reale qualità del ‘miracolo mozambicano’. Infatti, mentre la retorica, soprattutto dei donatori internazionali, dipinge il Mozambico come un caso di successo nella lotta alla povertà e di crescita economica, i cittadini mozambicani percepiscono un aumento della disuguaglianza e una crescente distanza tra le loro aspettative e la realtà.
Il fatto che, agli annunci di un aumento dei prezzi dei beni primari, i giovani di Maputo abbiano ritenuto che l’unico strumento di opposizione potesse essere una rivolta violenta è il segno di quanto la democrazia mozambicana sia fragile e di quanto la politica (opposizione e forze di governo allo stesso modo) sia impreparata a raccogliere e a confrontarsi con le esigenze dei propri elettori.
Più del 60% della popolazione mozambicana ha meno di 25 anni. La struttura demografica pone quindi delle sfide importanti al governo nazionale, che in questi anni si è molto impegnato a migliorare l’offerta dei servizi sociali di base, riducendo i tassi di analfabetismo e ampliando l’accesso ai servizi sanitari. I tassi di Hiv/Aids, in crescita marcata dopo la fine della guerra civile, rischiano di avere un impatto molto negativo, indebolendo alcune delle conquiste in campo sanitario.
Il Mozambico ha sempre registrato alti tassi di emigrazione verso il Sudafrica. Secondo le statistiche, 75.000 cittadini mozambicani lavorano legalmente in Sudafrica, ma secondo altre stime, che tengono conto anche dei flussi illegali e temporanei, fino a un milione di persone lavorerebbe in Sudafrica. La maggior parte di essi proviene dalle zone meridionali del paese.
Il miracolo mozambicano della crescita (tassi di crescita del pil superiori al 5% da 10 anni) è dovuto in gran parte alla ripresa economica dopo la fine della guerra e ai flussi di aiuto, che contribuiscono alla metà del bilancio dello stato e ad almeno il 30% dei flussi di capitale per investimenti. In anni recenti, un numero ristretto di mega-progetti (tra cui si segnala la raffineria Mozal) ha contribuito all’1-2% della crescita del pil, senza però produrre risultati comparabili in termini di occupazione.
I tassi di crescita e la gestione virtuosa della finanza pubblica hanno permesso di intraprendere un ambizioso programma nazionale di lotta alla povertà (giunto al terzo quinquennio), i cui risultati sono però oggetto di dibattito. Infatti, la crescita ha anche comportato un aumento marcato della disuguaglianza, percepito soprattutto a livello urbano, in particolare a Maputo.
L’economia mozambicana, che conta un settore agricolo molto preponderante come occupati, ma più ridotto come creazione di valore aggiunto, sta per subire una profonda trasformazione: la scoperta di vasti giacimenti di carbone nella provincia di Tete, di gas nel bacino di Rovuma (nel nord), di sabbie bituminose, rame e anche diamanti sta infatti rivoluzionando il posizionamento produttivo del Mozambico, tradizionalmente ritenuto un paese povero di risorse (ad esclusione di vaste estensioni di terra fertile e dell’alto potenziale per la produzione di energia idroelettrica).
Strade e porti del paese sono vitali per garantire l’accesso al mare dei paesi confinanti senza sbocco al mare – Zimbabwe e Malawi – e per il Sudafrica settentrionale.
Il Sudafrica è però un ingombrante vicino: la composizione delle importazioni indica come le imprese sudafricane, soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’unione doganale della Sadc nel 2009, siano dei competitori temibili per le nascenti imprese industriali mozambicane.
Il Mozambico ha uno degli eserciti di dimensioni più limitate di tutta l’Africa sub-sahariana, e il paese riceve un elevato livello di assistenza internazionale anche grazie alle sue ridottissime spese militari. L’esigua spesa per la difesa ha però avuto effetti collaterali: nel 2007, l’esplosione di un arsenale alle porte di Maputo (dovuta, sembra, a incuria e alle scarse condizioni di conservazione del materiale immagazzinato, più che a un sabotaggio) ha causato più di 100 morti e circa 600 feriti.
Dispacci dall’ambasciata americana a Maputo, resi noti da Wikileaks, hanno fatto trapelare voci secondo le quali il Mozambico si troverebbe al centro di una rete internazionale di traffico di stupefacenti che dall’Asia transitano verso l’Europa.
Numeri della difesa