Irti, Natalino. – Giurista italiano (n. Avezzano 1936). Allievo di E. Betti, ordinario dal 1968, ha insegnato diritto civile nelle univ. di Sassari, Parma, Torino, e dal 1975 all’univ. di Roma La Sapienza. Socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, presidente dell’Istituto italiano per gli studi storici. I suoi studi, muovendo dai problemi e dalle dinamiche del diritto civile, si sono sempre più orientati verso l’analisi critica dei fondamenti del diritto. Già nel volume L’età della decodificazione (1979) – punto di riferimento di un ampio dibattito – analizzava la fenomenologia della progressiva erosione del codice civile, sempre più emarginato per l’insorgere di veri ‘statuti di gruppo’, risultato di un ‘policentrismo legislativo’ che ha reso possibile il proliferare di leggi speciali dettate dagli interessi dei soggetti diversi (parti sociali, centri di potere economico e politico) che strutturano la società civile. Di qui il problema, centrale nei più recenti volumi, dei fondamenti del diritto nell’età attuale, caratterizzata dai grandi processi di globalizzazione dei mercati e dal prevalere delle più moderne tecnologie della comunicazione. In questo contesto, I. mette in luce il definitivo tramonto di ogni fondamento trascendente del diritto (tanto di carattere teologico, metafisico o di natura): le norme giuridiche sono l’espressione della volontà di gruppi di potere economico, politico, tecnologico, la cui ‘razionalità’ non ha altro referente che la funzionalità delle norme in rapporto a determinati scopi. Di qui la pura ‘artificialità’ nel diritto, tutta risolta nella sua tecnicità, la tecnicità della forma, che si afferma in uno spazio globale secondo i rapporti di forza che si vengono storicamente definendo. Le leggi non hanno più alcun rapporto con fondamenti metastorici, con confini territoriali o statuali, si delocalizzano nella loro ‘sconfinatezza’ e si impongono di volta in volta secondo le richieste e le volontà prevalenti in uno spazio globalizzato retto dalle dinamiche del mercato e della tecnica. L’unica validità delle norme – ogni norma è possibile – sembra ricondursi alla tecnicità delle forme procedurali, all’‛ordine delle procedure produttive’ (‛nomodotti’ che veicolano le norme giuridiche), indifferenti a tutti i contenuti. Il nichilismo giuridico si salda con il più radicale formalismo: privato di ogni fondamento ontologico, affidato al prevalere della volontà di potenza, il diritto ‘trova un punto di appoggio nel funzionalismo della forma’ e questa si afferma come l’‛essenza stessa del diritto’. Fra le opere successive: La cultura del diritto civile (1990), Testo e contesto (1996), Studi sul formalismo negoziale (1997), L’età della decodificazione (19994), Dialogo su diritto e tecnica (con E. Severino, 2001), L’ordine giuridico del mercato (20043), Nichilismo giuridico (20053), Codice civile e società politica (20057), Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto (2006), Il salvagente della forma (2007), La tenaglia. In difesa dell'ideologia politica (2008), Diritto senza verità (2011), L'uso giuridico della natura (2013), Del salire in politica. Il problema tecnocrazia (2014), I "cancelli delle parole". Intorno a regole, princìpi, norme (2015), Un diritto incalcolabile (2016), Elogio del diritto (con M. Cacciari, 2019) e Viaggio tra gli obbedienti (2021).