NAZARETH
(ebraico Nazrath; gr. Ναζαϱέτ; Ναζαϱέθ; arabo al-Nāṣira)
Città oggi nello stato d'Israele (Bassa Galilea), situata in una valle a m 350 sul livello del mare e posta all'incrocio tra le strade che attualmente congiungono Tiberiade rispettivamente con Gerusalemme e Haifa, non lontano dal percorso dell'antica via Maris.Sebbene il sito ospitasse un insediamento rurale già almeno dalla media età del Bronzo (3°-2° millennio a.C.), la storia di N. è strettamente legata alla figura di Cristo; secondo alcuni passi evangelici (Lc. 1, 26-27; Mc. 1, 9) N. era la città nella quale vivevano Maria e Giuseppe e in cui Cristo trascorse la propria giovinezza. Il più importante locus sanctus in città è la casa di Maria, dove l'arcangelo Gabriele annunciò alla Vergine la nascita di Cristo.L'esistenza di N. prima dell'era cristiana è attestata soltanto da sopravvivenze archeologiche e non da fonti scritte e ciò sembra confermare la modestia dell'insediamento. I due centri confinanti, Sepphoris (od. Zippori) a km 6 verso N, e Jafia, a km 2,5 più in là, erano probabilmente più grandi e importanti e, contrariamente a N., sono menzionati nel sec. 1° d.C. da Giuseppe Flavio (De bello Iudaico, III, 2ss.).L'esistenza di un insediamento giudaico databile intorno all'epoca della nascita di Cristo è attestata dalla presenza di alcune sepolture che sono state portate alla luce nelle immediate vicinanze della chiesa crociata dell'Annunciazione, mentre il rinvenimento nella stessa area di grotte destinate alla conservazione di olio e vino, di depositi per i cereali e di diversi utensili di uso quotidiano è la prova dell'esistenza di un insediamento diversificato verso l'inizio dell'era cristiana. Caratteristica di questo tipo di insediamento è l'associazione di ambienti direttamente scavati nella roccia con stanze parzialmente o interamente edificate (Bagatti, 1967-1984, I).La fuga verso la Galilea delle popolazioni ebraiche della Giudea a seguito delle repressioni seguite alle rivolte antiromane del 70 e del 135 d.C. determinò certamente un aumento della popolazione di N.; secondo una frammentaria iscrizione, databile al sec. 3°-4° e rinvenuta a Cesarea (Avi-Yonah, 1964; Kroll, 1988, p. 83, fig. 62), dopo il 135 N. divenne il luogo di residenza della diciottesima classe di kōhanīm ('sacerdoti'), una delle ventiquattro incaricate del dovere della guardia al Tempio. Questo suggerisce che durante i primi secoli dell'era cristiana N. fosse una città sacerdotale ebraica, chiusa agli stranieri e nella quale probabilmente i sacerdoti vivevano in stretta osservanza della legge ebraica. Persino durante e dopo l'epoca di Costantino il Grande (inizi del sec. 4°) la Galilea rimase una roccaforte ebraica, apertasi soltanto lentamente al culto e alla popolazione cristiana. N. viene tuttavia menzionata nel 460 come sede di un vescovo (Descriptio Parochiae Ierusalem), mentre nel 570 l'anonimo pellegrino proveniente da Piacenza (Antonini Placentini Itinerarium) testimonia l'esistenza di una basilica sul luogo della casa di Maria. La notizia è confermata da testimonianze archeologiche: sul sito della chiesa dell'Annunciazione sono stati rinvenuti resti dei muri della basilica e due mosaici pavimentali, datati alla prima metà del sec. 5°, che mostrano caratteri stilistici protobizantini (Bagatti, 1967-1984, I; Kroll, 1988, p. 83, figg. 65-67).Secondo Eutichio, patriarca di Alessandria (m. nel 940; Annales, 212), gli ebrei di Gerusalemme, così come la maggior parte della popolazione ebraica della Galilea, aiutarono con grande entusiasmo il re sasanide Cosroe II nel suo saccheggio della Palestina, nel 614, determinando la successiva vendetta dell'imperatore bizantino Eraclio I. Durante il lungo periodo della dominazione islamica sulla Palestina (secc. 7°-11°), la basilica di N. subì un processo di graduale decadimento, tipico di quasi tutti gli edifici della prima epoca cristiana in Terra Santa; la bellezza dell'edificio monastico eretto in epoca protobizantina sul luogo dell'Annunciazione era comunque ancora evidente nel 1102, secondo quanto attesta la Relatio de peregrinatione di Saewulf (Bagatti, 1967-1984, II, p. 9).Il periodo delle crociate portò alla fioritura di N. come meta del pellegrinaggio cristiano e costituì la più importante fase nella sua storia artistica e architettonica. Il cavaliere normanno Tancredi d'Altavilla, principe di Galilea, fondò il vescovado di N., Tiberiade e Tabor nel 1100-1101 (Guglielmo di Tiro, Historia rerum in partibus transmarinis gestarum, IX, 13; Mayer, 1977, p. 89). A giudicare dalle testimonianze del pellegrino russo Daniil Palomnik, che visitò N. nel 1106-1107, il vescovado appena fondato dovette svilupparsi abbastanza rapidamente in un insediamento molto fiorente (Ryan, 1988). La stessa fonte accenna anche alla forse recente costruzione, o ricostruzione, di un'alta chiesa con tre altari, posta al centro della città. Un documento del 1129 allude a N. come a una sede arcivescovile (Regesta Regni Hierosolymitani), che altre fonti attestano comunque in perenne rivalità con le sedi di Tiberiade e Tabor (Mayer, 1977, pp. 81-97). Nel 1109 il re di Gerusalemme Baldovino I, nel tentativo di unificare l'Oriente latino, concesse a Tancredi d'Altavilla anche il vescovado di Templum Domini (Gerusalemme), in aggiunta a quelli di N., Tiberiade e Haifa (Mayer, 1977, p. 225).La fine della dominazione cristiana su N. coincise con la caduta del regno latino di Gerusalemme dopo la battaglia di Ḥaṭṭīn nel 1187. Dopo una lunga serie di accordi con i nuovi dominatori musulmani, al fine di garantire l'accesso dei cristiani al luogo santo dell'Annunciazione (Rodolfo di Coggeshall, De expugnatione Terrae Sanctae per Saladinum; Bagatti, 1967-1984, II, p. 11ss.), nel 1229 N. fu inclusa, insieme con Gerusalemme e Betlemme, nel trattato di pace ottenuto da Federico II. Vi sono testimonianze sufficienti (Goffredo di Beaulieu, Vita sancti Ludovici) per ritenere che la chiesa sopravvivesse ai saccheggi che seguirono alla battaglia di Ḥaṭṭīn, per essere deliberatamente distrutta soltanto nel 1263 dal sultano mamelucco Baybars I. Anche dopo tale data, così come dopo la caduta di Acri nel 1291, la grotta dell'Annunciazione perpetuò la sua tradizione di locus sanctus e continuò ad attrarre pellegrini (Bagatti, 1967-1984, II, pp. 12-18).Le testimonianze dei pellegrini successive al 1291 descrivono la chiesa dell'Annunciazione e la città di N. in uno stato di decadenza sempre maggiore e attestano che la popolazione cristiana di N. diminuì ulteriormente sotto la dominazione turca (1517-1917). Nel sec. 18° i Francescani - incaricati insieme con i Greci ortodossi della custodia della tradizione cristiana a N. - costruirono una nuova chiesa dell'Annunciazione, di modeste dimensioni e disposta in posizione trasversale rispetto all'edificio medievale (Bagatti, 1967-1984, II, pp. 133-138), che negli anni Sessanta venne a sua volta sostituita da una nuova costruzione.Il periodo coincidente con il regno latino di Gerusalemme fu il momento più significativo nella storia artistica di Nazareth. I crociati costruirono almeno tre chiese: due dedicate rispettivamente a s. Giuseppe e a s. Gabriele, delle quali rimangono pochissime tracce (Bagatti, 1967-1984, II, pp. 149-159), e quella dell'Annunciazione, che fu il fulcro della devozione di pellegrini e committenti.Edificata probabilmente subito dopo l'istituzione del regno latino di Gerusalemme, la chiesa dell'Annunciazione subì un primo sensibile rimodellamento dopo la metà del sec. 12°, come denuncerebbe lo stile della decorazione scolpita, rappresentata oggi da cinque capitelli la cui datazione oscilla tra la metà del secolo fino alla fine del regno latino (1187); una sintesi delle opinioni degli studiosi a questo riguardo è stata compilata da Folda (1986a, pp. 51-63). La basilica doveva apparire alta soprattutto a causa delle sue proporzioni inusuali: un edificio a tre navate, lungo m 72,7 e molto stretto, con muri di notevole spessore, che le indagini archeologiche (Bagatti, 1967-1984) hanno consentito di rilevare.Il primo e il terzo pilastro a partire da E erano cruciformi, mentre tutti gli altri erano semplici sostegni quadrati; i quattro pilastri cruciformi sostenevano molto probabilmente una cupola, separata dalla zona absidale mediante l'interposizione di una campata, che doveva sottolineare la posizione del locus sanctus - la grotta posta parzialmente al di sotto della navata settentrionale e che si estendeva anche sotto quella centrale - e rafforzava l'impressione di altezza data dalla chiesa nel suo complesso. Al di là delle sue proporzioni e di una certa irregolarità riscontrabile nella disposizione dei pilastri, la chiesa dell'Annunciazione venne costruita secondo uno sviluppo planimetrico destinato a divenire normativo per le chiese a pianta longitudinale nel regno latino. Il progetto non prevedeva un transetto sporgente e presentava tre absidi allineate e racchiuse da un muro rettilineo; altri esempi di questa tipologia sono stati analizzati da Kühnel (1994).Nella grotta, a cui si accedeva dalla chiesa attraverso una serie di scalini posti tra il primo e il secondo pilastro della fila settentrionale e di cui restano le importanti descrizioni di Giovanni di Würzburg (1165), di Teodorico (1172) e di Giovanni Foca (1185), viene specificamente onorata la casa di Maria: essa rappresenta la parte più antica della chiesa dell'Annunciazione ed è incorporata nell'edificio moderno. La grotta conserva inoltre i resti delle più antiche fasi del culto e della storia costruttiva della chiesa, come i tre diversi mosaici pavimentali con motivi geometrici simili, che rappresentano variazioni sul tema della Croce e sono databili probabilmente all'inizio del sec. 5° (Kroll, 1988, p. 87, fig. 66). Uno dei mosaici mostra il monogramma di Cristo entro un clipeo a ghirlanda, un secondo reca un'iscrizione greca che nomina il donatore del mosaico, il diacono Conone di Gerusalemme (Vlaminck, 1900; Kroll, 1988, p. 87, fig. 67). Sul più antico strato di intonaco conservato sul muro di questa stanza sono presenti iscrizioni dipinte che fanno riferimento a martiri cristiani, elemento che potrebbe indicare l'uso della grotta come martýrion prima della costruzione della chiesa bizantina dell'Annunciazione. Questa ipotesi è rafforzata da altri ritrovamenti all'interno della grotta, i più importanti dei quali sono una mensa martyrum e gli scalini che conducono verso una struttura inferiore scavata nella pietra, che serviva per immagazzinare il vino (Bagatti, 1967-1984, I; Kroll, 1988, pp. 88-90, figg. 68-69).La riscoperta della scultura di epoca crociata a N. ebbe inizio nel 1867, durante un'indagine archeologica (Conder, Kitchener, 1881), quando venne ritrovata in un pozzo una coppia di teste (Gerusalemme, Greek Orthodox Patriarchate) che, su base stilistica, può essere datata alla medesima epoca dei cinque capitelli (Barasch, 1971, pp. 165-186, figg. 44, 45) che costituiscono il più importante ritrovamento di N. (Viaud, 1910). Nel corso di ulteriori scavi condotti tra il 1955 e il 1966, Bagatti (1955, p. 39ss.; 1967-1984, II, pp. 89-132) rinvenne altri frammenti scolpiti nel medesimo stile, che sono conservati insieme ai capitelli nel Mus. of Franciscans. Infine Boase (1967) attribuì alla scultura di epoca crociata a N. un monumentale torso (Chatsworth, Devonshire Coll.) che appare molto simile a un altro frammento di statua-colonna proveniente da N., raffigurante S. Pietro che tiene le chiavi e il modellino di una chiesa (Nazareth, Mus. of Franciscans; Bagatti, 1967-1984, II, tavv. 42-43; Jacoby, 1981, p. 157ss.).I cinque capitelli vennero trovati sepolti in una grotta situata all'esterno dell'ingresso settentrionale della chiesa crociata. Questo fatto, insieme al loro eccellente stato di conservazione, ha condotto alla supposizione che essi non siano mai stati posti in opera e che fossero destinati a un'impresa architettonica interrotta da qualche improvviso disastro, quale per es. una gravissima sconfitta militare delle truppe crociate, evento temuto già diversi anni prima della battaglia di Ḥaṭṭīn.Il gruppo consta di quattro capitelli poligonali - pressoché identici tra loro per misure (altezza media cm 43; larghezza massima cm 54) e con una comune iconografia - e di un quinto rettangolare più grande (altezza cm 60,7; larghezza massima cm 72,5; profondità massima cm 35) con un'iconografia distinta ma correlata ai precedenti. Il comune denominatore nell'iconografia dei quattro capitelli poligonali è la Missione degli apostoli in Oriente (Terra Santa ed Etiopia), essendo ogni capitello dedicato alle azioni di un apostolo, rappresentate da una singola scena caratteristica, come nel capitello di Tommaso, o da due scene, come in quello di Pietro, o da una sequenza di scene, come in quelli di Giacomo e di Matteo.Il grande capitello rettangolare mostra un personaggio femminile coronato, che sostiene nella mano destra un pastorale sormontato da una croce e nella sinistra la mano di una figura maschile nimbata, che viene così sottratta ai quattro demoni armati e minacciosi, che affiancano la coppia sulle facce laterali del capitello. Si tratta probabilmente di una scena costruita secondo la formulazione bizantina delle due figure centrali dell'Anastasi: Cristo che afferra Adamo per la mano e lo conduce fuori dell'inferno (Barasch, 1971, p. 153). La figura femminile è stata identificata di volta in volta con le personificazioni di Fides o Ecclesia o anche con la Vergine (Folda, 1986a, p. 43ss.), mentre vi è generale accordo nel riconoscere un apostolo nella figura maschile.Le diverse opinioni degli studiosi riguardo allo stile dei capitelli di N., formulate a partire dalla loro scoperta e pubblicazione, sono dettagliatamente riassunte da Folda (1986a, pp. 51-63). Nel corso degli oltre settant'anni di indagini su questi pezzi sono state avanzate numerose ipotesi circa il luogo d'origine del loro artefice, probabilmente francese. Il contrasto tra l'intaglio - profondo e differenziato e dotato di un forte effetto plastico - e l'aspetto delle figure, delicato e talvolta fragile, tra il movimento di gesti, corpi e indumenti e la drammatica monumentalità raggiunta è forse l'elemento più caratteristico dello stile di questi capitelli. Comunque, non vi possono essere dubbi sul fatto che la bottega di N. appaia attualmente così isolata soltanto a causa dello stato di conservazione estremamente frammentario della scultura del sec. 12° in Galilea. Il tentativo, operato da diversi studiosi, di collegare i capitelli di N. al c.d. capitello di Salomone nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme (Borg, 1982; Folda, 1995, p. 437ss.), ai frammenti provenienti dal castello di Belvoir in Israele (Gerusalemme, Israel Mus.; Rockefeller Mus.) e a quelli dalla basilica del Salvatore sul monte Tabor (Gerusalemme, Flagellation Mus. and Lib.), non risulta convincente.Tra le regioni francesi più spesso proposte come luogo di origine per i capitelli vi sono la Borgogna, l'Ile-de-France, il Viennois e la Provenza. Deschamps (1932) ha proposto un confronto con un capitello nella chiesa di Saint-Martin a Plaimpied nel Berry, ipotesi che ha trovato largo consenso tra gli studiosi di arte crociata per spiegare la provenienza dell'artista di Nazareth. Sebbene siano state notate differenze di intaglio tra i capitelli di N. e quello di Plaimpied (Barasch, 1971, p. 160), quest'ultimo rimane il più vicino e il più importante parallelo sin qui proposto per i capitelli palestinesi. I confronti, che pure potrebbero essere indicati nella scultura di Chartres, Etampes e Avignone (Borg, 1982, pp. 100-102), mostrano soltanto una generica rassomiglianza nei motivi (per es. il baldacchino) e sono quindi di secondaria importanza. Lo stesso valga per alcuni capitelli provenienti dalla chiesa di Saint-Maurice a Vienne, come per es. quelli che mostrano i Tormenti dell'inferno o Davide e Salomone, anche recentemente proposti come strettamente correlati a quelli di N. (Folda, 1995, p. 439). Al contrario dei capitelli della navata di Saint-Maurice, la figura monumentale di S. Pietro del Mus. Lapidaire di Vienne, così come quella di S. Giovanni e quella, dubitativamente identificata con S. Paolo, nella stessa chiesa di Saint-Maurice, presentano buoni paralleli stilistici con il torso della Devonshire Coll. e con quello di S. Pietro proveniente da Nazareth. La connessione dei capitelli di N. con la cultura artistica borgognona è rafforzata, oltre che dai collegamenti con Vienne e con il capitello di Plaimpied, dai parallelismi, sottolineati da Jacoby (1981), con la scultura di Saint-Julien a Donzy-le-Pré e dell'abbazia di Charlieu.In ogni caso, nessuno di questi pur validi paragoni stilistici copre tutti gli orientamenti espressi dalla scultura di N., ove gli studiosi hanno anche colto differenti accenti stilistici di stampo locale, per la maggior parte associati con la scultura di epoca paleocristiana in Medio Oriente (Siria) o con influenze islamiche (Folda, 1986a, pp. 8, 62). Le soluzioni proposte per l'identificazione degli scultori attivi a N. hanno oscillato tra l'importazione dalla Francia (Enlart, 1928), l'incontro tra artisti di differenti estrazioni in una bottega di N. (Barasch, 1971) o l'opera di un singolo artista, di notevole longevità, partito da Vienne e spostatosi nell'Ile-de-France, in Borgogna, a Gerusalemme per finire poi la sua carriera a N. (Borg, 1982). Pace (1984) ha infine proposto di riconoscere nella personalità attiva a N. un artista francesizzante che espresse, soltanto in modo indiretto, le influenze dell'Europa romanica: prenderebbe così corpo la figura di un artista crociato che probabilmente studiò la scultura dei migliori maestri del Viennois e della Borgogna e che infine produsse opere proprie, rispondendo ai bisogni e alle richieste della sua Chiesa. In questa prospettiva l'arte crociata può essere dunque riconosciuta come un'originale scuola artistica, debitrice, al pari di ogni altra scuola, di una varietà di fonti e impulsi (Kühnel, 1994).
Bibl.:
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