Uomo politico sudafricano (Qunu, Umtata, 1918 - Johannesburg 2013). Partecipò nel 1944 alla fondazione della lega giovanile dell'African national congress (ANC), di cui divenne nel 1950 presidente. Tra i promotori degli scioperi contro le leggi sulla segregazione dei neri, subì numerosi arresti; convintosi in seguito della necessità di passare alla lotta armata, fondò (1961) un'organizzazione clandestina. Fu condannato all'ergastolo nel 1964 e divenne il simbolo della lotta al segregazionismo in tutto il mondo. Liberato nel 1990, svolse un ruolo di primo piano nel processo di democratizzazione del paese. Premio Nobel per la pace insieme a F.W. de Klerk (1993), è stato poi presidente della Repubblica (1994-99).
Figlio di un capo della tribù Thembu, dopo la laurea in giurisprudenza M. svolse attività legale per la difesa dei diritti della popolazione, sottoposta al regime dell'apartheid. Fra i fondatori (1944) della lega giovanile dell'African national congress (ANC) e ne divenne presidente nazionale nel 1950. Nell'esecutivo nazionale dell'ANC dal 1949, ne fu vicepresidente negli anni 1951-52, segnandone la svolta in senso radicale; pronunciatosi per la lotta armata contro il potere razzista, nel 1961 diede vita all'organizzazione clandestina Umkhonto we sizwe ("Lancia della nazione"). Ripetutamente imprigionato a partire dal 1952, nel 1964 fu condannato all'ergastolo. Liberato nel febbr. 1990 e dal luglio 1991 nuovamente presidente dell'ANC, M. condusse lunghi negoziati con il governo per la democratizzazione del regime. Nel maggio 1994 venne eletto presidente della Repubblica. L'impegno di M. durante la sua presidenza si concentrò su tre questioni centrali per la vita politica della Repubblica Sudafricana: la riconciliazione nazionale, la risposta all'estrema povertà di larghissima parte della popolazione nera, la nuova collocazione internazionale del paese. In questo contesto M. promosse la creazione della Commissione per la verità e la riconciliazione (1995-98), che assunse un ruolo estremamente importante anche per le sue valenze simboliche. Essa ebbe il compito di stilare un elenco di coloro che, tanto tra la popolazione nera quanto tra quella bianca, avevano subito violenze durante il regime di apartheid, di individuare i colpevoli dei crimini e di amnistiarli nel caso in cui avessero reso piena confessione e dimostrato che il reato era stato commesso per motivi politici e non personali. Consentendo così a un intero paese di specchiarsi nel suo passato recente, la commissione permise alle vittime di non sentirsi dimenticate e di non considerare le proprie sofferenze annullate dalla politica di compromesso istituzionale con gli esponenti del vecchio regime e incanalò al tempo stesso sul terreno dell'ammissione delle colpe, del riconoscimento delle vittime e di una consensuale condanna morale molte tensioni e molte lacerazioni. Alla scadenza del mandato presidenziale nel 1999, M. decise di non ricandidarsi, esprimendo così ancora una volta la sua convinzione che solo il superamento di una visione personalistica del potere fosse la premessa per continuare in un reale processo di democratizzazione. Negli anni successivi M. continuò sia nel suo impegno internazionale per rafforzare il legame della Repubblica Sudafricana con l'area dei paesi occidentali, sia nell'opera di mediazione per la soluzione dei diversi conflitti che contrassegnavano la vita politica dell'Africa. La lunga carcerazione, ma soprattutto la costante lotta per l'abolizione dell'apartheid e per il riconoscimento dei diritti politici dei neri gli hanno procurato rispetto e notorietà internazionali e ne hanno fatto il simbolo della lotta contro ogni forma di razzismo. Nel 1993 ha ricevuto il premio Nobel per la pace con F. W. de Klerk.
Nel 1994 ha M. pubblicato la sua autobiografia, Long walk to freedom (trad. it. 1995).