NEOPOSITIVISMO
. Movimento contemporaneo (detto anche positivismo logico o empirismo logico) di metodologia della scienza e di critica della conoscenza, esplicantesi attraverso l'analisi logica del linguaggio scientifico e filosofico. In senso molto lato, il n. può collegarsi al positivismo del secolo scorso per la sua valorizzazione positiva della scienza sperimentale e matematica, considerata come una fonte di conoscenza valida, e per la sua sfiducia verso ogni forma di filosofia speculativa; ma sussistono differenze notevoli per l'importanza fondamentale attribuita al fattore linguistico, e per il modo di intraprendere l'analisi stessa della conoscenza (sia essa scientifica o filosofica). Premessa generale è lo sviluppo della logica matematica (per merito soprattutto di Russell e Whitehead, autori dei Principia mathematica) e dell'assiomatica hilbertiana; a ciò si aggiunga il gran fermento di studî e discussioni suscitato dalla teoria della relatività di Einstein, che aveva mostrato l'imprescindibile necessità di precisare le condizioni d'impiego dei concetti (simultaneità a distanza) e fornito il primo esempio concreto di applicazione delle geometrie non-euclidee. Idea centrale del n. è che per analizzare la scienza convenga analizzare il discorso scientifico, sia per quanto concerne la sua struttura sintattica sia il suo riferimento all'esperienza (e quindi, in definitiva, alla realtà di cui si parla). Un discorso è un complesso di proposizioni che vanno accuratamente discriminate tra loro, per quanto riguarda la loro forma logica, la loro concatenazione sintattica, il loro contenuto significativo, il loro rapporto con l'esperienza, tutti fattori condizionanti che determinano - in definitiva - il carattere e il valore conoscitivo del discorso medesimo.
Storicamente, il n. è nato in Europa nel terzo decennio di questo secolo ed ha avuto come suo principale centro Vienna (onde il nome di "Circolo di vienna", dove un gruppo di studiosi, soprattutto matematici e fisici, si riuniva intorno a Moritz Schlick (prof. di filosofia delle scienze induttive all'univ. di Vvienna, morto nel 1936); fra i suoi primi e più attivi rappresentanti bisogna citare Fr. Waismann, R. Carnap, O. Neurath, H. Feigl, V. Kraft, H. Hahn; altri centri si formarono a Berlino (per opera specialmente di H. Reichenbach) e in altre città europee, e numerosi congressi internazionali ebbero luogo a Praga (1934), Parigi (1935) e Copenaghen (1936). In seguito, con l'annessione dell'Austria alla Germania, il "Circolo di Vienna" si sfasciò e parecchi suoi membri emigrarono negli Stati Uniti d'America, dove esercitarono un forte influsso sul pensiero americano, e subirono a loro volta l'influsso del pragmatismo (anello di congiunzione è stato Ch. Morris). Per la formazione del n. viennese è stato di fondamentale importanza lo studio e il commento in comune del Tractatus logico-philosophicus del Wittgenstein (1921). Sono tesi centrali del Tractatus la concezione del mondo come "la totalità dei fatti", la nozione di fatti atomici distinti e indipendenti fra loro, la necessaria comparabilità delle proposizioni con i fatti, il rapporto raffigurativo (pittoriale) che intercorre fra lingua e mondo, la mancanza di senso delle proposizioni non rapportabili ai fatti, il carattere tautologico (analitico) del discorso logico-matematico, e infine la non teoreticità della filosofia, alla quale rimane peraltro l'essenziale e specifico compito della delucidazione linguistica. Queste tesi corrispondono, in gran parte, alle istanze empiristica e positivistica della scienza moderna, ma l'originalità del Tractatus è di portare queste istanze sul piano linguistico e di rielaborarle in funzione della logica matematica.
Il n. ha accettato questa impostazione linguistica della metodologia, le cui conseguenze più importanti sono la possibilità di una considerazione autonoma del linguaggio e la distinzione fra problema del significato e problema della verità. Questi due problemi non sono sufficientemente distinti nella metodologia tradizionale, per l'interesse predominante e assorbente del secondo. Ma ora, prima di chiedere se una proposizione è vera o falsa, conviene chiedere se essa ha o non ha significato, per cui - alla bipartizione fra vero e falso - va sostituita la tripartizione fra vero, falso e privo di senso. In effetto, data la negazione dei giudizî sintetici a priori (connessa con il riconoscimento del carattere tautologico della matematica e della logica), ne consegue che le proposizioni possono essere solo o analitiche (logiche) o sintetiche (empiriche): le prime non ci dànno nessuna informazione sulla realtà, ma solo sulla struttura interna, regole o convenzioni del nostro linguaggio, le seconde contengono invece un diretto riferimento alla realtà. Il loro significato è il loro contenuto potenziale di informazioni concernenti la realtà (da un punto di vista logico, l'insieme di tutte le proposizioni logicamente conseguenti dalla loro affermazione): ma la loro verità o falsità dipende dall'esperienza, che conferma o confuta sul piano dei fatti le loro asserzioni, e da cui dipende - in definitiva - il loro valore conoscitivo e la loro incorporabilità nell'organismo delle scienze reali (distinte dalle scienze formali, contenenti solo proposizioni analitiche). L'analisi dei significati si propone la compiuta esplicitazione delle condizioni sperimentali da cui dipende la verità o falsità delle proposizioni: e da questo punto di vista essa ha una funzione pregiudiziale in ordine a ogni chiarificazione linguistica e a ogni critica della conoscenza. Secondo il principio di verificazione, il significato di una proposizione è determinato dal metodo della sua verifica, dalla enucleazione delle circostanze sperimentali (anche se non materialmente realizzabili, almeno logicamente e concettualmente possibili) da cui risulti la sua verificazione o falsificazione. Senonché questo criterio di significanza è troppo ristretto, perché molte proposizioni teoriche, a cominciare dalle stesse leggi della fisica (le quali contengono implicitamente un numero indefinito di asserzioni), non sono mai completamente verificabili e dovrebbero quindi essere dichiarate prive di senso. Al posto della completa verificabilità, si è andato così sostituendo un criterio di semplice confermabilità: l'essenziale - ad ogni modo - per la significanza di una proposizione sintetica è la possibilità di un suo accordo con l'esperienza, mediante un diretto confronto o l'intervento di altre proposizioni più semplici (elementari) direttamente confrontabili con i fatti.
Una precisa analisi dei significati non è tuttavia possibile che mediante una compiuta esplicitazione delle regole costitutive di un linguaggio. A questo scopo il Carnap ha elaborato la sua sintassi logica del linguaggio, la quale si pone da un punto di vista puramente formalistico, considera cioè un linguaggio come un calcolo, vale a dire come un insieme di segni le cui combinazioni sono disciplinate da regole. La prima tappa consiste nel dare una classificazione dei segni, i quali possono essere di due tipi: segni logici (costanti o particelle logiche, come per es. "se", "e", "non", o variabili, come "x", "y" ...) e segni descrittivi (come nomi, predicati, relazioni ...). Bisogna poi indicare le regole di formazione che determinano come i segni possono combinarsi fra loro in modo da formare gli enunciati (o delle proposizioni possono essere costruite con delle parole o altri simboli linguistici); e infine le regole di trasformazione, che stabiliscono come una proposizione può essere dedotta formalmente da altre (queste ultime regole corrispondono praticamente alle cosiddette regole del ragionamento). L'analisi sintattica (malgrado il suo carattere astratto) è ugualmente importante perché permette di comprendere a fondo la struttura logica del linguaggio, nonché di discriminare tra loro i varî tipi di proposizioni, e il loro posto funzionale nel tessuto del discorso. La sintassi logica si distingue dalla sintassi ordinaria, perché mentre quest'ultima si limita a fornire le regole di concordanza delle parole nel discorso in vista della formazione di frasi grammaticalmente corrette, la sintassi logica stabilisce quali combinazioni di segni possano considerarsi legittime in ordine alla costruzione di proposizioni dotate di senso. Inoltre la sintassi logica determina la forma delle proposizioni elementari (atomiche o protocollari), che si riferiscono direttamente ai fatti e possono essere confrontate con essi, costituendo in tal modo la base sperimentale dell'intero edificio conoscitivo. In seguito, lo stesso Carnap (sviluppando le importanti ricerche del Tarski) ha fornito una corrispondente elaborazione logica della semantica, la quale considera, oltre i rapporti dei segni fra loro, anche i rapporti dei segni agli oggetti designati, e implica quindi la questione della verità (che restava esclusa in una prospettiva puramente sintattica). A questo scopo, alla classificazione dei segni e alle regole di formazione, devono aggiungersi le regole di designazione, che collegano i segni agli oggetti, e le regole di verità, che stabiliscono le condizioni di verità delle proposizioni (cioè la loro corrispondenza alle situazioni di fatto da esse designate).
Lo sviluppo sistematico della sintassi e della semantica ha reso possibile una crescente consapevolizzazione logica del linguaggio, e ha fornito così la piattaforma adeguata per una nuova trattazione della metodologia scientifica. Proprio l'analisi logica deve consentire l'enucleazione più precisa delle basi empiriche delle teorie scientifiche; le teorie sono - in effetto - complesse costruzioni logiche, che si edificano su dati sperimentali (traducibili linguisticamente in enunciati protocollari), e che conducono a fare previsioni che servono a controllare la loro validità. Le leggi logiche, essendo delle tautologie, non costituiscono criterî conoscitivi, ma servono semplicemente a inquadrare i dati forniti dall'esperienza. Compito dell'analisi è esaminare il processo di costruzione e l'architettura logica delle teorie, i rapporti che connettono i concetti e le leggi più generali agli enunciati più elementari, che devono direttamente confrontarsi con l'esperienza, per confermare o infirmare la validità (o anche semplicemente la maggiore o minore probabilità) delle asserzioni teoriche. Leggi e teorie scientifiche (delle scienze reali) sono prodotti della generalizzazione e hanno perciò sempre un carattere ipotetico. Il momento propriamente empiristico del n. si esprime essenzialmente nella preoccupazione di definire la forma e il carattere delle proposizioni elementari a cui si riduce o in cui si assomma tutta la nostra conoscenza della realtà. Molte polemiche ci sono state per stabilire se queste proposizioni siano esse stesse completamente verificabili o falsificabili (constatazioni), o rivestano a loro volta un carattere ipotetico ineliminabile da tutta la nostra conoscenza. Altra importante polemica si è avuta circa la base di costituzione delle scienze: se tali enunciati debbano riguardare le nostre sensazioni o invece le forme strutturali (spazio-temporali) delle situazioni di fatto. Nel primo caso, le pietre ultime di ogni nostra conoscenza sarebbero soggettive e incomunicabili, nel secondo caso invece intersoggettive e comunicabili, e in tal modo verrebbe assicurato anche il carattere intersoggettivo, di scambio delle informazioni e di controllo reciproco, proprio delle scienze positive. I neopositivisti hanno in generale optato per questa seconda tesi. Il fisicalismo consiste nell'assumere il linguaggio della fisica (che considera soltanto enunciati concernenti strutture spazio-temporali) come linguaggio universale della scienza: questo vuol dire che tutti i concetti della scienza, anche quelli della psicologia e della sociologia, devono essere riconducibili ai concetti del linguaggio fisico; così per es. proposizioni concernenti stati o atteggiamenti psichici devono essere traducibili in proposizioni concernenti stati o processi corporali, o il comportamento dell'organismo nel suo ambiente. Il fisicalismo si trova alla base del programma neopositivistico di unificazione delle scienze, che ha ispirato la Encyclopedia of unified science, pubblicata a Chicago a partire dal 1938, e alla quale hanno collaborato anche studiosi di tendenze non strettamente neopositivistiche. Molti neopositivisti hanno espressamente notato che il fisicalismo deve considerarsi come un programma metodologico e non come una tesi filosofica di carattere materialistico; ma proprio dal punto di vista metodologico numerosi critici hanno replicato come l'adozione di un linguaggio universale della scienza di tipo fisicalista oggettivo non possa essere adeguata alla totalità dell'esperienza umana, e alla maniera stessa di articolarsi e manifestarsi della nostra soggettività. Per quanto valida l'esigenza intersoggettiva formulata dal fisicalismo, essa non può sopprimere l'esigenza complementare delle singole discipline di scegliere ciascuna la propria forma espressiva e il proprio linguaggio, per conformarsi alla natura dei proprî oggetti specifici.
La elaborazione della metodologia scientifica ha avuto, fin dagli inizî, come sua controparte, la critica della metafisica: in quanto proprio i caratteri peculiari, che definiscono strutturalmente il discorso scientifico e determinano il suo diretto raccordo con l'esperienza, vengono a mancare nel caso del discorso metafisico. Le proposizioni metafisiche, in effetto, sottraendosi a ogni possibile controllo sperimentale, non sono né verificabili, né falsificabili, e devono considerarsi perciò prive di senso (ove, con questa parola, si intende "senso conoscitivo", non escludendosi ovviamente per esse un significato emotivo, come espressioni soggettive del sentimento). Analogamente, molti problemi filosofici (come per es. la polemica fra idealismo e realismo) devono considerarsi pseudoproblemi, o problemi apparenti, perché qualunque soluzione se ne dia, tali soluzioni non comportano conseguenze sperimentali distinte, e sono quindi praticamente equivalenti fra loro. Le proposizioni metafisiche sono generate da illusioni o confusioni linguistiche, e sono dovute principalmente al fatto di scambiare per proposizioni genuine (verificabili o almeno confermabili in linea di principio) delle pseudoproposizioni, cioè delle combinazioni di segni formate contravvenendo alle regole di formazione della sintassi logica. Particolarmente importanti sono le cosiddette proposizioni pseudooggettive, in cui si crede di parlare di oggetti, mentre si parla solo del nostro modo di parlare degli oggetti, confondendo fra loro questioni oggettive e linguistiche, e combinando fra loro segni appartenenti a diverse categorie o livelli linguistici. Molte proposizioni metafisiche sono ottenute oggettivando e assolutizzando parole del linguaggio ordinario, astraendole dal contesto in cui esse sono significanti, e intessendo su di esse un discorso che non ha più alcun nesso definito con la nostra esperienza. Così per es. le operazioni logiche di affermazione o negazione ("è", "no"), d'applicazione corrente nel linguaggio quotidiano, dànno luogo a discorsi astratti sull'essere e sul nulla, a cui non corrisponde più alcun significato determinabile. È ovvio come una simile critica della metafisica possa apparire arbitraria e inadeguata, perché considera solo il suo aspetto formale ed estrinseco, e perché inoltre - per dichiarare delle proposizioni prive di senso - deve partire da un criterio ben circoscritto, ma sempre discutibile, di significato e di esperienza; ma non si deve d'altro lato sottovalutare l'importanza della esigenza chiarificatrice contenuta in questo tipo di analisi linguistiche.
Il n. deve considerarsi come una corrente particolare nell'ambito più vasto della cosiddetta filosofia analitica, la quale si propone la chiarificazione dei concetti e l'analisi critica delle teorie attraverso l'esplicita consapevolizzazione del linguaggio, nel cui contesto i concetti vengono usati e le teorie vengono formulate. Mentre altre correnti analitiche (ispirate soprattutto dal Moore, e dal Wittgenstein stesso nella seconda fase del suo pensiero, rappresentata dalle Philosophische Untersuchungen, pubblicate postume nel 1953) esaminano soprattutto il complesso funzionamento del linguaggio ordinario, i neopositivisti vogliono ottenere la consapevolizzazione del linguaggio mediante la sua formalizzazione e l'applicazione sistematica della logica matematica. A questo proposito non v'è dubbio che la determinazione o progettazione di un linguaggio ideale della scienza (come nel caso del fisicalismo), o la costruzione di linguaggi artificiali, possano costituire criterî molto utili nel campo della metodologia della scienza, per discriminare gli aspetti logico-sperimentali delle teorie e il processo di costruzione delle medesime. Certamente, molte riserve possono farsi circa il modo in cui il n. considera la scienza e la filosofia, ma non bisogna tuttavia trascurare il suo apporto fondamentale all'acquisto di un atteggiamento più maturo, critico e consapevole nei confronti del linguaggio, nel senso di un maggiore autocontrollo linguistico e di una più adeguata disciplina della comunicazione.
Bibl.: L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, Londra 1922 (trad. it. di C. Colombo, Milano 1954); R. Carnap, Logische Syntax der Sprache, Vienna 1934 (trad. ital., 1961); id., Introduc. to semantics, Cambridge, Mass., 1942; id., Meaning and necessity, Chicago 1947; id., Einf. in die symb. Logik, Vienna 1954; Ph. Frank, Das Kausalgesetz und seine Grenzen, Vienna 1932; K. Popper, Logik der Forschung, Vienna 1935; M. Schlick, Gesammelte Aufsätze, Vienna 1938; H. Reichenbach, Experience and prediction, Chicago 1938; id., The rise of scientific philosophy, Berkeley e Los Angeles 1954; Readings in philosophical analysis, a cura di H. Feigl e W. Sellars, New York 1949; Readings in the philosophy of science, a cura di H. Feigl e M. Brodbeck, New York 1953; R. von Mises, Kleines Lehrbuch des Positivismus, l'Aia 1939 (trad. it. col titolo Manuale di critica scientifica e filosofica, Milano 1950). Della International Encyclopedia of unified science (Chicago 1938 seg.) sono tradotti in it.: Ch. Morris, Lineamenti di una teoria dei segni, Torino 1954; R. Carnap, Fondamenti di logica e matematica, Torino 1956; Neurath e altri autori, Neopositivismo e unità della scienza, Milano 1958. Sul neopositivismo in generale: J. Weinberg, An examination of logical positivism, Londra 1936 (tard. it. col titolo Introduzione al positivismo logico, Torino 1950); L. Geymonat, Studi per un nuovo razionalismo, Torino 1945; F. Barone, Il neopositivismo logico, Torino 1953; L. Rougier, Traité de la connaissance, Parigi 1955; Rivista critica di storia della filosofia, 1955, n. 5-6, dedicato a Carnap; P. Filiasi Carcano, La metodologia nel rinnovarsi del pensiero contemporaneo, Napoli 1958.