NERI da Rimini
Miniatore nato intorno all'ottavo decennio del sec. 13° a Rimini, o in una vicina località dell'entroterra, come Santa Cristina.Allo storico Tonini (1880) va il merito d'avere documentato per primo l'esistenza di N., quando ancora non se ne conosceva l'opera. Successivamente, a partire dagli anni Trenta, l'intensificarsi degli studi e delle scoperte sul miniatore ha permesso di restituire un quadro ormai solido della sua attività. La biografia dell'artista è stata in gran parte definita in base ai documenti d'archivio, che lo qualificano anche come pittore e notaio (Delucca, 1995), e alle tante pagine da lui datate e firmate, pratica questa piuttosto rara all'epoca. Sono giunte infatti in tutto ben sette sottoscrizioni (Nicolini, 1995) che, apposte sui cartigli retti dalle figure inserite nelle iniziali o nei fregi ai margini delle carte di apertura dei volumi, coprono un arco di tempo compreso tra il 1300 (foglio di antifonario, Venezia, Fond. Cini, 2030) e il 1314 (Bologna, Mus. Civ. Medievale, 540), e rendono N. una delle figure più facilmente identificabili nella storia della miniatura gotica padana.Per quanto dispersi in varie città, i codici miniati da N. furono tutti commissionati a Rimini - tranne i corali della cattedrale di Faenza (Faenza, Arch. Capitolare) -, soprattutto dalle maggiori istituzioni religiose della città e in particolare dall'Ordine francescano. Sicuro punto di partenza per la ricostruzione del percorso stilistico del maestro è la citata pagina di antifonario datata 1300, dove entro la grande iniziale A (Aspiciens a longe), che illustra il responsorio della prima domenica di Avvento, il Redentore, assiso su un trono coperto da un drappo e retto da due angeli, benedice un personaggio supplice. La composizione essenziale e contenuta, la resa volumetrica della figura principale, la naturalezza delle pose rivelano tracce della conoscenza dell'arte di Giotto. Non si sa di preciso come N. vi si accostò così precocemente (e questo lascia spazio a considerazioni sull'esatta definizione dei tempi del soggiorno riminese di Giotto), ma si può ipotizzare che il modello per questa iniziale potesse essere stato un crocifisso del maestro fiorentino, o da lui derivato: ciò si deduce dalla presenza, ai lati del Cristo benedicente, di Maria e Giovanni stranamente in atteggiamento dolente e non orante come richiederebbe il contesto iconografico (Conti, 1981). Una certa misura si individua anche nell'organizzazione dell'ornato, costituito da un fregio interrotto dall'inserimento di figure che non prendono parte alla rappresentazione centrale e che esibiscono i cartigli con la data e la firma, e di alcune drôleries che traggono spunto dalla miniatura bolognese tardoduecentesca. Accanto ai segni del precoce apprendimento del nuovo plasticismo permane, nella linearità di certi particolari, una chiara reminiscenza bizantina, un tratto arcaizzante che non venne in seguito mai completamente superato.Ciò risulta evidente nelle opere successive, come la pagina dell'antifonario del 1308 (Cleveland, Mus. of Art, J. H. Wade Fund 53.3651), come il ricchissimo antifonario notturno in tre parti per la cattedrale di Faenza, commissionato nel 1309 e terminato probabilmente entro il 1312 (Faenza, Arch. Capitolare), e come i tre corali del 1314 provenienti dalla chiesa di S. Francesco di Rimini (Bologna, Mus. Civ. Medievale, 540; Cracovia, Muz. Narodowe, Bibl. Czartoryski, 3464; Filadelfia, Free Lib. of Philadelphia, Lewis Coll., 68.7-9). In queste opere al suo linguaggio per molti versi decisamente moderno (e aggiornato ormai sul Giotto padovano) si affianca appunto quella qualità ellenizzante, quel persistente attaccamento alla cultura figurativa duecentesca che si avverte anche in certe soluzioni del modellato, realizzato con filettature a biacca nei manti, nel panneggio, in alcuni motivi decorativi. Il sapore arcaizzante delle miniature di N. - che colloca le figure sullo sfondo blu o dorato delle iniziali - si nota appunto nel costante rifiuto di accogliere la componente architettonica e 'paesistica' giottesca (Mariani Canova, 1995), così cara ai miniatori del primo giottismo padano tra Padova e Bologna, e nei colori, che, pur naturalizzandosi, rimangono sostanzialmente quelli della tradizione gotica duecentesca (rosa chiaro, azzurro, grigio, arancio).Già dall'inizio del secondo decennio del secolo, N. si circondò di numerosi collaboratori, la cui presenza è evidente in codici non firmati, ma stilisticamente ascrivibili al maestro riminese, come i corali provenienti dal convento di S. Domenico di Urbino (Pesaro, Bibl. Oliveriana, B 24-12-1, B 21-12-3, B 24-12-4, B 34-12-5) e i corali a Venezia nella chiesa di S. Maria della Consolazione (Lit. 1, Lit. 2a, Lit. 2b); in essi ritornano le iconografie e le soluzioni formali delle opere precedenti, ma le immagini sono talora ripetitive e, nel caso dei collaboratori, l'esecuzione è spesso debole.L'attività di N. come miniatore sembra chiudersi con un grande codice commissionato da Ferrantino Malatesti (Roma, BAV, Urb. lat. 11), contenente un commento ai Vangeli, agli Atti degli Apostoli e all'Apocalisse, e decorato non molto tempo dopo il 1322-1323. A differenza delle precedenti opere, qui le scene diventano più complesse, accolgono architetture e paesaggi, mentre il volume delle figure si fa più articolato e corposo. Per quanto si tratti di un'opera a più mani, come lasciano supporre gli evidenti scarti stilistici e qualitativi delle numerose vignette, la critica concorda nel rintracciare la presenza di N. almeno nella prima parte del codice. Qui egli si mostra aggiornato sui modi di Pietro da Rimini, che alcuni (Medica, 1995) indicano come miniatore della seconda parte del manoscritto. Del resto le affinità dell'arte di N. con quella dei 'pittori riminesi', essenzialmente Giovanni (1292-1336), Giuliano (1307-1324), Giovanni Baronzio (1345-1362), e appunto Pietro (prima metà sec. 14°), sono stringenti. Con loro, oltre che con l'opera di Giotto, è da mettere in relazione la saldezza di impostazione in certe figure neriane, anche se N. rimane essenzialmente miniatore e dunque meno incline a un'adesione totale all'arte del maestro fiorentino.
Bibl.: L. Tonini, Storia civile e sacra riminese, IV, Rimini nella signoria de' Malatesti, Rimini 1880, p. 397; P. Toesca, Monumenti e studi per la storia della miniatura italiana, I, La collezione Ulrico Hoepli, Milano 1930, pp. 31-34; M. Salmi, Intorno al miniatore Neri da Rimini, La Bibliofilia 33, 1931, pp. 265-286; A. Corbara, Due antifonari miniati del riminese Neri, ivi, 37, 1935, pp. 317-331; La pittura riminese del Trecento, a cura di C. Brandi, cat., Rimini 1935, pp. XV-XVI, 2-8; M.C. Ferrari, Contributo allo studio della miniatura riminese, BArte 31, 1938, pp. 447-461; W.M. Milliken, Illuminated Pages by Neri da Rimini and his School, The Bulletin of the Cleveland Museum of Art 40, 1953, pp. 184-190; C. Volpe, La pittura riminese del Trecento, Milano 1965; G. Mariani Canova, Miniature dell'Italia Settentrionale nella Fondazione Giorgio Cini, Venezia 1978; A. Conti, La miniatura bolognese. Scuole e botteghe 1270-1340, Bologna 1981; M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, All'origine del rinnovamento della miniatura italiana del Trecento, in Francesco d'Assisi. Documenti e archivi, codici e biblioteche, miniature, cat. (Perugia-Todi-Foligno 1982), Milano 1982, pp. 385-389; A. Corbara, Sulle giunzioni miniatura pittura nel Trecento riminese. A proposito di Neri da Rimini autore dell'antifonario notturno del Duomo di Faenza, Romagna arte e storia 4, 1984, 12, pp. 73-84; S. Nicolini, La miniatura, in Storia illustrata di Rimini, IV, Milano 1990, pp. 1009-1024; O. Delucca, Un codice miniato da Neri per l'ospedale riminese di san Lazzaro del Terzo, Romagna arte e storia 12, 1992, 35, pp. 31-38; F. Lollini, Postilla a Neri da Rimini, ivi, pp. 39-42; S. Nicolini, Per la ricostruzione della serie degli antifonari riminesi di Neri, Arte a Bologna. Bollettino dei Musei Civici d'arte antica 3, 1993, pp. 105-113; A. Emiliani, L'officina scrittorio, il miniatore e il mondo dell'arte, in Neri da Rimini. Il Trecento riminese tra pittura e scrittura, a cura di A. Emiliani, cat. (Rimini 1995), Milano 1995, pp. 11-18; O. Delucca, Materiali per una biografia di Neri, ivi, pp. 19-30; G. Mariani Canova, Neri da Rimini miniatore, ivi, pp. 31-36; P.G. Pasini, Fra scrittura e pittura: fortuna e arte di Neri da Rimini miniatore, ivi, pp. 37-50; S. Nicolini, Le firme di Neri, ivi, pp. 51-59; M. Medica, in Il Trecento riminese. Maestri e botteghe tra Romagna e Marche, cat. (Rimini 1995-1996), Milano 1995, pp. 190-193 nr. 19.G.M. Fachechi