Chimico (Rouen 1645 - Parigi 1715). Fu uno dei maggiori esponenti della chimica francese nell'ultimo quarto del sec. XVII. Ebbe una farmacia a Parigi, ma, essendo protestante, dovette nel 1683 rifugiarsi in Inghilterra. L'anno seguente rientrò in patria e, convertitosi al cattolicismo, riprese la sua occupazione. Esercitando la farmacia ebbe modo di fare importanti osservazioni e fu un abile sperimentatore. Nel 1675 pubblicò un Cours de Chimie, più volte ristampato. Nel campo delle teorie generali accostò modelli interpretativi meccanicistici a elementi della tradizione iatrochimica e alchemica.
Figlio di un avvocato protestante al parlamento di Normandia, si interessò, sin dagli inizi della carriera scientifica, alla farmacia. Dopo studî a Rouen, Parigi (presso il Jardin du Roi) all'università di Montpellier, nel 1672 si stabilì nella capitale francese dove divenne apotecario del re, proprietario di una famosa farmacia e insegnante privato di chimica. I suoi corsi conobbero un grande successo sia tra i farmacisti sia tra i nobili e i borghesi interessati alla sua brillante esposizione dei contenuti di una scienza emergente come la chimica. Il clima antiprotestante instaurato in Francia da Luigi XIV costrinse tuttavia L. a rinunciare alle sue cariche e ad abbandonare Parigi. Dopo un breve soggiorno a Londra, si recò a Caen dove conseguì la laurea in medicina e rientrò quindi a Parigi. Nel 1686, l'anno successivo alla revoca dell'editto di Nantes, L. si convertì al cattolicesimo e poté così riaprire il suo negozio e laboratorio. Con la riforma del 1699 L. fece il suo ingresso, come "chimiste pensionnaire", all'Académie royale des sciences di Parigi. La sua elezione all'Académie rappresentò, nell'ambito francese, la sanzione istituzionale della rilevanza della chimica come disciplina specifica. Due figli di L., Louis, detto Lémery le fils (1677-1743), e Jacques, detto Lémery le jeune (1677/78-1721), divennero membri dell'Académie parigina e fornirono contributi di rilievo alla chimica e alla medicina.
La fama di L. è storicamente legata al suo fortunatissimo Cours de chymie, pubblicato nel 1675, ristampato innumerevoli volte sino al 1756 e tradotto in latino e nelle principali lingue europee. L'opera rispecchia a pieno la struttura dei testi del tempo: una breve parte teorica e un'ampia parte pratica, costituita da ricette e resoconti di esperimenti volti alla preparazione di medicine. La parte teorica rivela che L. fece propria una concezione meccanicista della materia: particelle di forme diverse, ipotizzate sulla base degli effetti osservati, dovevano spiegare le caratteristiche macroscopiche delle sostanze. Ma L. non rinunciò ad utilizzare i principi qualitativi della tradizione iatrochimica (sale, zolfo, mercurio, acqua e terra) anche se riconobbe che non potevano essere considerati i principi universali delle cose. Di conseguenza nel Cours si ritrovano concezioni meccanicistiche inserite in una struttura di tipo tradizionale. L. fece ricorso a modelli interpretativi diversi e contrapposti e, nella parte pratica del Cours, adottò un atteggiamento pragmatico-sperimentale. La fortuna conosciuta dal Cours di L. non va dunque ascritta ad una marcata originalità teoretica, ma a due fattori: l'insistenza del chimico francese sulla necessità di utilizzare principî o "elementi" chimici sperimentalmente osservati e il ricorso ad un linguaggio chiaro, accessibile, privo delle oscurità tipiche della tradizione alchemico-paracelsiana. Nel 1697 apparve la sua Pharmacopée universelle e nel 1698 il suo Traité universel des drogues simples, tradotto in diverse lingue. Tra le altre opere si ricordano il Traité de l'antimoine (1707) e diversi lavori di chimica pubblicati nei Mémoires dell'Académie.