Nuova Zelanda
L’Europa nei mari del Sud
A metà Ottocento gli europei in Nuova Zelanda erano un migliaio, e trecentomila gli indigeni maori. Oggi l’arcipelago ha un aspetto che si potrebbe definire europeo: la popolazione è di origine britannica, il suo stile di vita è assai vicino a quello europeo, le sue città sembrano trasferite dalla Scozia, anche se si trovano all’altro capo del mondo
Due grandi isole (del Nord e del Sud) e altre minori formano nel Pacifico sudoccidentale l’arcipelago della Nuova Zelanda, disposto alla stessa latitudine dell’Italia, cui somiglia un po’ anche come forma. Il clima, però, è molto più umido e il paese (specie nelle aree montane, che arrivano a 3.764 m) è ricoperto di foreste e di praterie dove pascolano enormi greggi. L’Isola del Nord è inoltre ricca di fenomeni vulcanici (geysers). È scarsamente popolata: Maori e Polinesiani sono un quinto del totale e i discendenti dei coloni britannici vivono soprattutto in città; la capitale Wellington ha 340.000 abitanti, più o meno quanto le altre città principali, Auckland e Christchurch. Il paese ha conosciuto di recente un notevole sviluppo economico e sociale grazie agli sforzi di modernizzazione e di integrazione internazionale attuati dai governi. Prodotti dell’allevamento e legname sono le principali risorse, ma non mancano le industrie. È soprattutto il settore terziario a essere sviluppato, sostenuto da un tenore di vita decisamente europeo.
Abitata in origine da popolazioni autoctone, la Nuova Zelanda fu raggiunta nel 14° secolo da una seconda ondata di Maori, un popolo originario della Polinesia che diede vita a una organizzazione sociale di tipo tribale, gerarchizzata e dedita all’agricoltura. Fu quindi ‘scoperta’ dal navigatore olandese Abel Tasman (1642) e poi esplorata dall’inglese James Cook (1769-72), che ne prese possesso in nome della Corona britannica. Ebbe allora inizio l’occupazione del paese, che incontrò la resistenza degli indigeni. Il 1840 segna una data storica in questo processo. In quell’anno, infatti, i Maori e i Britannici firmarono il trattato di Waitangi, che riconosceva agli indigeni il possesso delle loro terre e alla Gran Bretagna la sovranità sul paese. Nonostante questo accordo, ancora per tre decenni continuarono gli scontri tra i coloni e i Maori, che furono quasi del tutto sterminati. Tra il 1852 e il 1853 la Nuova Zelanda divenne una colonia autonoma e fu dotata di organi rappresentativi. Tra il 19° e il 20° secolo i liberali al potere (1889-1911) introdussero importanti riforme sia sul piano politico sia in materia di legislazione economica e sociale. I rapporti con la madrepatria furono ridefiniti nel 1907, quando la Nuova Zelanda ottenne lo statuto di dominion, e poi nel 1931, quando raggiunse la piena indipendenza nell’ambito del Commonwealth.
Per tutto il 20° secolo, e fino a oggi, il sistema politico della Nuova Zelanda ha manifestato una forte stabilità, con la sostanziale alternanza al governo dei conservatori e dei laburisti (1911-49) e poi, di questi ultimi e del Partito nazionale (dal 1949 a oggi). Decisiva è stata l’esperienza di governo dei laburisti negli anni Trenta e Quaranta, che ha dotato il paese di salde strutture di Stato sociale (Welfare State), in varia misura ridimensionate però dal Partito nazionale, soprattutto nel corso degli anni Novanta. La reazione a questo ridimensionamento ha riportato i laburisti al potere alla fine del secolo.