Ominidi
L’uomo attuale e i suoi antenati
La storia dell’evoluzione umana è iniziata in Africa tra 7 e 6 milioni di anni fa, quando la linea evolutiva dell’uomo si è separata da quella dello scimpanzé. Nel corso del tempo questa storia ha visto convivere e succedersi diversi generi e specie: il Sahelantropo, l’Orrorin, gli Ardipitechi, gli Australopitechi, il Keniantropo, i Parantropi e, infine, le varie specie del nostro genere Homo. I nostri antenati avevano un cervello poco più grande di quello di una scimmia antropomorfa, ma camminavano già dritti sui due arti inferiori. La produzione degli strumenti di pietra è iniziata piuttosto tardi, quando è comparso il genere Homo
Il termine Ominidi è stato usato tradizionalmente per designare la famiglia zoologica composta dall’uomo attuale, Homo sapiens, e dai suoi antenati estinti, separatasi dallo scimpanzé (Pan troglodytes e Pan paniscus) tra 7 e 5 milioni di anni fa. Lo scimpanzé è infatti la scimmia antropomorfa (dal greco ànthropos «uomo» e morfè «forma, aspetto») più simile a noi per aspetto esterno, per comportamento, per struttura genetica. Oggi però la maggior parte degli studiosi è convinta che lo scimpanzé, come il gorilla (Gorilla gorilla), l’altra grande scimmia antropomorfa africana, debbano essere inseriti nella famiglia degli Ominidi, di cui la nostra linea evolutiva è considerata una sottofamiglia zoologica: quella degli Ominini.
Ci sono alcuni caratteri che unificano tutti gli Ominini e li rendono unici rispetto alle scimmie antropomorfe. Tra i più importanti sono la postura eretta e l’andatura bipede, cioè lo stare dritti e il camminare sui due arti inferiori, capacità che hanno ‘liberato’ le mani dalla deambulazione trasformandole in uno strumento utilissimo per procurarsi il cibo e per modificare il mondo esterno. Per questo, nei tempi lunghi dell’evoluzione, i canini sono diventati piccoli come gli altri denti, dato che non servivano più per lacerare la carne cruda delle prede: c’erano ormai le mani a compiere questa operazione. Bipedismo e postura eretta sono comparsi per la prima volta nel corso dell’evoluzione circa 7 milioni di anni fa in Africa, in ambiente forestale, e all’Ominino che era caratterizzato da questi due tratti è stato dato il nome Sahelanthropus tchadensis (cioè «uomo saheliano del Ciad»). Il Sahelantropo aveva una faccia poco prognata – cioè poco proiettata in avanti – e un cervello di soli 350 cm3. Forse è stato lui il fondatore della linea evolutiva umana. Un altro carattere che ci diversifica dai nostri parenti prossimi, le scimmie antropomorfe, è la presa di precisione, cioè la capacità che solo noi abbiamo di toccare con il polpastrello del pollice i polpastrelli di tutte le altre dita e quindi di poter eseguire gesti delicatissimi (cucire, plasmare, lavorare ‘di fino’).
Un milione di anni dopo il Sahelantropo è comparso in Kenya un altro Ominino, Orrorin tugenensis, che aveva un apparato masticatore piuttosto primitivo mentre il femore era già adatto all’andatura bipede. La successiva forma umana, l’Ardipiteco, genere di cui conosciamo due specie, ha vissuto nella regione del Corno d’Africa (Somalia, Etiopia) tra 5,5 e 4,5 milioni di anni fa. A differenza degli altri, sembra che l’Ardipiteco si muovesse con un’andatura barcollante, non perfettamente equilibrata. Ciò significa che il suo scheletro aveva mantenuto alcuni caratteri primitivi e tipici delle scimmie antropomorfe. Non dobbiamo stupirci affatto di trovare nei primi Ominini caratteristiche che paiono ambigue, perché essi vivevano ancora in ambienti molto boscosi e quindi avevano conservato la capacità di muoversi sugli alberi e, in più, avevano acquisito quella di spostarsi sul terreno.
Nel periodo compreso tra 4 e 2,5 milioni di anni fa, l’Africa è stata abitata dagli Australopitechi e dal Kenyantropo: dei primi conosciamo cinque specie, del secondo una sola. Erano animali piccoli, di un metro e mezzo al massimo, pesanti dai 35 ai 45 kg. Il loro bacino era simile al nostro, basso e largo come si conviene a chi cammina dritto e ha bisogno quindi di un’ampia superficie su cui far attaccare muscoli glutei robusti (i muscoli delle natiche), al contrario del bacino delle scimmie antropomorfe che, invece, è alto e stretto, e infatti queste non hanno quasi il ‘sedere’. Anche la forma della mascella e della mandibola si avvicinava a quella dell’umanità attuale, con arcata dentaria di forma quasi parabolica, canini piccoli, molari abbastanza grandi. Diversamente da noi, gli Australopitechi possedevano braccia lunghe e scatola cranica piccola, avendo un cervello di soli 500 cm3, proprio come quello di una scimmia antropomorfa. Tuttavia, se si considera il volume cerebrale relativo, cioè il rapporto tra la massa del cervello e quella del corpo intero, è come se quegli Ominini avessero avuto un cervello più grande rispetto alle antropomorfe di ben il 25 per cento. Tuttora non abbiamo prove che gli Australopitechi fabbricassero utensili in pietra o di altro materiale (legno, osso, corno) ma ciò non si può escludere. Il Kenyantropo, Kenyanthropus platiops, è un altro Ominino comparso nelle stesse regioni degli Australopitechi, ma che si distingueva da essi per avere la faccia molto più piatta.
Col passare del tempo il processo evolutivo ha prodotto altri due nuovi generi Ominini: Paranthropus e Homo. Attorno a 2,5 milioni di anni fa, dagli Australopitechi si sono evoluti i Parantropi, molto simili ai predecessori fatta eccezione per l’apparato masticatore, più robusto e idoneo a consumare noci, bacche e radici. Il genere Homo, invece, si è distinto soprattutto per essere stato l’inventore della tecnica di produzione degli utensili in pietra. Le prime tre specie di Homo erano anch’esse africane. Il primo fu Homo rudolfensis, vissuto tra 2,4 e 1,9 milioni di anni fa e dal cervello già abbastanza sviluppato (7504800 cm3). Il successivo, Homo habilis, aveva la stessa capacità cranica, ma ebbe vita piuttosto breve (tra 1,9 e 1,6 milioni di anni fa). Infine, Homo ergaster (la cui capacità cranica era di 900 cm3 e che è vissuto tra 1,9 e 1,5 milioni di anni fa) fu il primo Ominino ad avere il nostro stesso modello corporeo. Egli fu capace di conservare il fuoco, se non addirittura di produrlo, e fu anche il primo a esplorare l’Europa e parte dell’Asia.
Tra le specie non africane, si trovano Homo georgicus –, i cui resti sono stati rinvenuti in Georgia, nel Caucaso – vissuto 1,8 milioni di anni fa e il cui cervello arrivava ad appena 6004800 cm3 e Homo erectus. Questo aveva un cervello di dimensioni comprese tra 750 e 1.200 cm3, popolò l’Asia tra 1,8 milioni e 200.000 anni fa, e alcuni sostengono che la sua specie visse fino a 30.000 anni fa. Sempre in Asia visse tra 95.000 e solo 12.000 anni fa Homo floresiensis che, con il suo metro di altezza e i suoi 420 cm3 di cervello, rappresenta il primo caso a noi noto di nanismo insulare umano. L’Europa preistorica è stata abitata da quattro specie: Homo antecessor, vissuto 800.000 anni fa in Spagna e con un cervello di 1.000 cm3; Homo cepranensis (trovato nelle vicinanze di Ceprano, nel basso Lazio), vissuto anch’esso 800.000 anni fa in Italia e dal cervello di 1.200 cm3; Homo heidelbergensis che, partendo dall’Africa in cui visse 600.000 anni fa, popolò l’intero continente europeo tra 500.000 e 250.000 anni fa – questo Ominino aveva una capacità cranica uguale a quella dell’uomo di Ceprano; e Homo neanderthalensis (il famoso uomo di Neandertal), che visse tra 300.000 e 30.000 anni fa, colonizzando anche il Medio Oriente e le terre del;l’Asia occidentale. È considerato l’uomo del ‘grande freddo’, perché fu presente durante le due ultime glaciazioni, e aveva una capacità cranica tra i 1.250 e i 1.750 cm3, uguale se non superiore alla nostra (che è di circa 1.400 cm3).
La nostra specie Homo sapiens è nata in Africa più o meno 200.000 anni fa e da quel continente è poi migrata in tutto il resto del mondo. Diversamente da quanto ritenuto fino a qualche anno fa, l’analisi del DNA ha dimostrato che l’umanità attuale non discende né è direttamente imparentata con i Neandertaliani.
A differenza degli altri Ominini, il nostro cranio si è sviluppato molto in altezza, assumendo una forma rotondeggiante, e con una zona anteriore ampia (la fronte) per contenere i lobi frontali, che nel nostro cervello sono assai grandi e controllano i movimenti volontari e la capacità critica e di progettazione. La nostra specie ha perso la cosiddetta visiera ossea posta sopra le orbite (il toro sopraorbitario) e ha sviluppato il mento.