cervello e sistema nervoso
Una macchina prodigiosa
Se riusciamo a pensare, muoverci, ricordare o provare un sentimento, lo dobbiamo all'attività del cervello e del sistema nervoso. Non c'è nell'organismo umano nessun tessuto che abbia raggiunto un livello di specializzazione paragonabile a quello del tessuto nervoso. E nessun ingegnere è mai riuscito a costruire una macchina che possa essere paragonata al cervello.
Il sistema nervoso ha il compito di ricevere i segnali che provengono dall'ambiente, di interpretarli e di elaborare una risposta adeguata da parte dell'organismo. È quindi un sistema di fondamentale importanza, ma anche fragile: malattie e incidenti, infatti, possono comprometterlo in modo irreparabile
Il sistema nervoso è una macchina prodigiosa. È quello che ci permette di pensare e muoverci, di provare un sentimento, oppure di guardare un panorama e sentire profumi e rumori. È anche quello che, quando assaporiamo una fetta di torta ci fa dire se ci piace, oppure ci fa tornare alla mente eventi passati o ci fa reagire a ciò che accade intorno a noi. In poche parole, se siamo esseri complessi, lo dobbiamo a questo raffinato sistema, formato da miliardi di cellule (i neuroni), che hanno la capacità di comunicare fra loro e di metterci in relazione con l'esterno attraverso gli organi di senso.
Il sistema nervoso si è specializzato grandemente nel corso dell'evoluzione, tanto da diventare così complicato negli esseri umani che la scienza non solo non ne ha ancora svelato tutti i segreti, ma non è neppure mai riuscita a costruire una macchina davvero paragonabile a esso. Infatti, nessun computer, per quanto potente, è attualmente in grado di riprodurre la complessità del cervello.
Nello sviluppo dell'embrione, il sistema nervoso si forma a partire da un ispessimento chiamato placca neurale: una specie di cresta posizionata sulla superficie più esterna. In seguito questa placca si ripiega su sé stessa formando un tubo (il tubo neurale) che gradualmente si suddivide in regioni che assumono caratteristiche diverse. A quattro settimane, nella zona in cui si svilupperà il cervello ci sono già aree con caratteristiche distinte, che col tempo genereranno le regioni cerebrali, specializzate nello svolgere vari compiti. Alla nascita, però, il cervello non è ancora del tutto sviluppato: infatti pesa solo 400 g, contro i 1.300÷1.400 g di un adulto. Lo sviluppo prosegue nei primi anni di vita (a tre anni, il cervello pesa già 1.100 g), ma si completa soltanto attorno ai 16 anni.
Dal punto di vista dell'anatomia, il sistema nervoso è diviso in due parti: il sistema nervoso centrale, che comprende l'encefalo (dal greco egkèphalos "che è dentro la testa") e il midollo spinale, e il sistema nervoso periferico, formato dai nervi che si diramano dal sistema nervoso centrale verso il resto del corpo.
In base a un'ulteriore suddivisione, possiamo distinguere tra il sistema nervoso che ci mette in condizione di compiere gli atti volontari e quello autonomo, che agisce in modo indipendente dalla nostra volontà. Quest'ultimo serve per regolare l'attività dei muscoli dei nostri organi interni (come il cuore, l'intestino, la vescica, l'utero e i vasi sanguigni) e quella delle ghiandole.
Il sistema nervoso centrale riceve gli stimoli trasportati dai nervi ed elabora una risposta che viene trasmessa attraverso altri nervi ai muscoli e agli organi coinvolti. Immaginiamo di avere appena riempito la vasca da bagno. Quando mettiamo un piede nell'acqua ci accorgiamo che è bollente! Quale sarà la nostra reazione? Attraverso i nervi che partono dal piede, il segnale di "acqua bollente" arriva al midollo spinale, che subito ordina ai muscoli della gamba di ritrarre il piede. Questa risposta è immediata, altrimenti ci ustioneremmo la pelle del piede! Il segnale di allarme raggiunge però anche il cervello, che elabora un piano più complesso per risolvere il problema di "come fare il bagno se l'acqua nella vasca è bollente". Il risultato è che la nostra mano apre il rubinetto dell'acqua fredda.
I neuroni del midollo spinale che permettono di comandare i muscoli si chiamano motoneuroni. Attraverso i loro prolungamenti (gli assoni), queste cellule sono in contatto diretto con i muscoli e a loro volta ricevono ordini dal cervello. Così, quando il cervello ha elaborato un piano di azione lo trasmette ai motoneuroni, che a loro volta dicono ai muscoli ciò che devono fare.
La natura ha dotato il sistema nervoso centrale di una serie di protezioni. Quella più esterna è lo scheletro: le ossa del cranio e le vertebre della colonna vertebrale proteggono rispettivamente l'encefalo e il midollo spinale. Sotto lo scheletro si trova poi un sistema formato da tre membrane sovrapposte chiamate meningi che servono non solo come ulteriore protezione, ma anche per portare sostanze nutritive e ossigeno attraverso i vasi sanguigni.
L'attività cerebrale è anche ciò che in termini medici distingue la vita dalla morte: la morte coincide con la 'morte cerebrale', ossia con la cessazione totale e irreversibile di tutte le attività del cervello. La morte cerebrale viene accertata con un elettroencefalogramma che si protrae per sei ore consecutive per verificare se l'attività elettrica del cervello è o non è presente.
Nel nostro encefalo ci sono circa cento miliardi di cellule nervose, alle quali si affiancano, ancora più numerose, cellule di tipi diversi che servono a sostenere i neuroni nei loro compiti, a nutrirli e a proteggerli: queste cellule, ancelle dei neuroni, sono le cellule della glia.
Il cervello è suddiviso in regioni, ciascuna delle quali svolge compiti ben precisi. Il tronco dell'encefalo è quella porzione del sistema nervoso centrale (mesencefalo, ponte, bulbo) che collega gli emisferi cerebrali al midollo spinale. Il tronco riceve segnali dal midollo e a esso invia ordini che arrivano dai centri di elaborazione superiori. Più precisamente, il tronco dell'encefalo contiene neuroni che ricevono segnali dalla pelle e dai muscoli della testa e li inviano ai centri più avanzati, che li elaborano. Arrivano qui anche i segnali relativi all'udito, al senso dell'equilibrio e al gusto. In questa regione si trova poi la sostanza reticolare, un'area che regola i ritmi del sonno e della veglia. Annessa al tronco encefalico si trova un'altra regione molto specializzata che sporge posteriormente, il cervelletto. Il cervelletto regola e coordina i movimenti del corpo. La parte superiore del tronco encefalico è il mesencefalo (composto del greco meso- "medio" ed encefalo), sede di centri importanti per la visione e l'udito.
Al di sopra del tronco c'è il diencefalo (composto del greco dia- "doppio" ed encefalo), formato da talamo (dal greco thàlamos "il locale più interno della casa") e ipotalamo ("che sta sotto il talamo"). Il primo analizza la maggior parte delle informazioni che raggiungono il sistema nervoso e le invia alla corteccia cerebrale. Il talamo, per esempio, è una tappa importante della via nervosa che porta i segnali dall'occhio alla corteccia cerebrale. L'ipotalamo, invece, coordina le attività involontarie, come la secrezione di alcuni ormoni.
Il telencefalo (composto del greco tèleos "ultimo, terminale" ed encefalo) è la parte più alta che, nell'evoluzione, si è specializzata più tardi ed è quella in cui gli stimoli ricevono le ultime elaborazioni e vengono interpretati. È formato dai due emisferi cerebrali, separati fra loro da una fessura molto profonda e ben visibile a occhio nudo. Al fondo di questa fessura si trovano fasci di fibre (chiamati corpo calloso) che collegano l'emisfero destro con il sinistro. Gli emisferi cerebrali contengono i nuclei della base e la corteccia cerebrale divisa in paleocorteccia, più antica dal punto di vista evolutivo, e neocorteccia, comparsa in tempi più recenti e particolarmente sviluppata nella specie umana. Del telencefalo fa parte l'ippocampo (così detto per la forma somigliante a quella del piccolo pesce), che ha un ruolo importante nella formazione dei ricordi.
La neocorteccia è la parte più esterna del cervello: nell'uomo è attraversata da solchi e scissure, che hanno permesso agli studiosi di anatomia di suddividerla in zone, chiamate lobi. Su ciascun emisfero si trovano: un lobo frontale (che sta davanti), uno parietale e uno temporale (che si trovano di lato) e un lobo occipitale (nella parte posteriore). Osservata al microscopio, la corteccia ha un'organizzazione molto precisa: a strati in cui sono localizzati i corpi delle cellule nervose se ne alternano altri in cui sono presenti le fibre che collegano i diversi centri fra loro.
Le differenti zone della corteccia cerebrale svolgono compiti diversi e molto specifici. Per esempio, nella parte inferiore del lobo frontale c'è una zona che ci permette di parlare: è il centro di Broca, chiamato così dal nome dello scienziato francese che nel 1861 scoprì che se una persona subiva una lesione in quella zona diventava incapace di articolare le parole. Pierre-Paul Broca fu il primo a scoprire che una zona precisa della corteccia cerebrale era associata a una facoltà molto specifica. In seguito gli studi si sono moltiplicati e si è scoperto che ci sono aree che consentono di sentire, di vedere, di percepire e così via.
Col tempo, la mappa del cervello è diventata sempre più precisa. Tra l'altro si è visto che la sensibilità di ogni parte del nostro corpo è associata a una regione specifica della corteccia. Oppure che i diversi aspetti della visione sono elaborati in zone diverse del cervello: infatti esistono aree che identificano le forme geometriche; altre che si occupano dell'orientamento delle linee; altre ancora che permettono di interpretare le immagini. Per esempio, c'è un'area molto precisa nel lobo temporale che ci avverte se stiamo guardando il volto di una persona. Esistono casi di persone che, in seguito a un incidente oppure a un ictus, hanno subìto un danno proprio in quella regione: i loro occhi funzionano perfettamente, ma sono del tutto incapaci di riconoscere i volti. Dalla corteccia dipendono anche i movimenti volontari: la difficoltà di controllarli nei bambini spastici è dovuta proprio a lesioni nei centri motori della corteccia.
Le linee generali dell'organizzazione della corteccia sono uguali per tutti, e sono determinate dai nostri geni. Su questa base però si inseriscono caratteristiche specifiche e personali, che sono invece dovute all'esperienza di ciascuno. Il nostro cervello, infatti, ha la capacità di modificarsi in base all'esperienza e questo fenomeno è chiamato plasticità neurale. Per esempio, è stato accertato che nei ciechi, che imparano a leggere con le dita il sistema di scrittura Braille, aumenta l'estensione dell'area della corteccia che corrisponde alla sensibilità per le dita. In modo analogo, nei suonatori di violino le zone della corteccia responsabili del movimento delle dita sono più grandi.
Questi studi hanno ricevuto un enorme impulso negli ultimi anni, con lo sviluppo delle tecniche di diagnostica per immagini che permettono di analizzare dettagli anatomici sempre più piccoli e di seguire in diretta l'attività del cervello.
Nella storia dell'evoluzione (cervello, storia evolutiva del), la neocorteccia è la parte del cervello che è comparsa più tardi e il suo massimo sviluppo si raggiunge nell'uomo. Nonostante questo, però, la struttura del nostro cervello non è molto dissimile da quella degli altri Vertebrati: le grandi suddivisioni anatomiche del cervello, infatti, sono rimaste le stesse. Nonostante questa relativa stabilità sul piano dell'organizzazione generale, alcune variazioni sono presenti in certe specie. Per esempio, il cervelletto è molto sviluppato in alcuni pesci (come il pesce elefante) dotati di un organo elettrico, che emette deboli campi elettrici e di cui l'animale si serve per esplorare l'ambiente: i segnali che vengono da quest'organo, infatti, sono elaborati dal cervelletto. Al contrario, il cervelletto è quasi assente nei serpenti, che non hanno gambe né braccia, e che hanno quindi meno necessità di coordinare i movimenti.
Nel corso dell'evoluzione dei Vertebrati le regioni anteriori del cervello sono diventate sempre più complesse; parallelamente, il cervello è anche aumentato di dimensioni. Oggi il rapporto fra peso del cervello e peso del corpo è maggiore nei Mammiferi, e via via più basso nei Rettili, negli Anfibi e nei Pesci ossei.
Il sistema nervoso centrale è un organo molto delicato. Se per una malattia o per un incidente viene danneggiato, i neuroni persi non possono essere rimpiazzati per via naturale, né la medicina ha trovato ancora il modo per sostituirli. Per questo motivo non esiste una cura per le malattie cosiddette neurodegenerative, come quella di Parkinson e quella di Alzheimer, in cui vengono distrutti alcuni tipi di neuroni del cervello. Poiché queste malattie sono legate all'età, la loro incidenza sta aumentando nei paesi ricchi, dove la vita media si allunga e la popolazione è sempre più anziana.
La sclerosi multipla è una malattia che compare di solito fra i venti e i quarant'anni e che comporta la distruzione degli avvolgimenti che proteggono le fibre nervose nel sistema nervoso centrale e poi delle fibre stesse: questo provoca una perdita progressiva della capacità di muoversi. La sclerosi laterale amiotrofica colpisce invece i motoneuroni e provoca una progressiva paralisi (impossibilità di muoversi). La sclerosi multipla e, ancora meno, la sclerosi laterale amiotrofica hanno tuttora limitate possibilità di cura.
L'attenzione e la prevenzione possono invece fare molto per evitare alcuni tipi di incidenti che spesso danneggiano gravemente il sistema nervoso: quelli della strada. Le lesioni del midollo spinale sono spesso legate a questo tipo di evento e non possono essere curate. Come abbiamo visto, è nel midollo spinale che si trovano i neuroni che comandano ai muscoli di muoversi. Per questo, una lesione a tale livello può provocare una paralisi irreversibile.
Un'altra conseguenza degli incidenti stradali è il trauma cranico che, nei paesi industrializzati, è più frequente tra i giovani di età compresa fra i 16 e i 24 anni. Negli ultimi anni l'obbligo di usare le cinture di sicurezza in macchina e il casco in motorino ha fatto diminuire il numero di morti in seguito a trauma cranico. Tuttavia, sul lungo periodo un trauma cranico può provocare epilessia, alterazioni della vista, difficoltà a parlare, disturbi dell'equilibrio e problemi a coordinare i movimenti. Inoltre, può ridurre le capacità mentali (per esempio, può provocare difficoltà a concentrarsi, oppure a imparare) e causare crisi di ansia.
Umore nero, sensi di colpa, ma anche un'avidità eccessiva nei confronti del cibo (bulimia), oppure il suo totale rifiuto (anoressia). E ancora: crisi di ansia e di panico e lunghi periodi di depressione, che a volte si alternano a fasi di esaltazione ed euforia. Sono tutte manifestazioni di quelli che i medici definiscono disturbi affettivi. Ne soffrono circa due italiani su dieci. Le cause sono in parte genetiche (infatti, la probabilità di ammalarsi è maggiore se c'è già in famiglia qualcuno che ne soffre) e in parte dipendono da ciò che ci accade. La ricerca ha accertato che alla base dei disturbi affettivi ci sono anomalie nella trasmissione nervosa che coinvolgono alcune molecole (in particolare la serotonina) che hanno il compito di propagare il messaggio da un neurone all'altro. Non sono malattie incurabili: oggi, infatti, con la psicoterapia e i farmaci si ottengono ottimi risultati.
Psicoterapia e farmaci permettono di ottenere risultati discreti anche nei casi di schizofrenia. Questa malattia colpisce lo 0,5% della popolazione e, almeno in parte, ha base genetica. La schizofrenia si manifesta con deliri (interpretazioni errate della realtà: per esempio, deliri di grandezza o di persecuzione) e allucinazioni (visioni a volte anche paurose di cose che non esistono), ma anche con apatia, difficoltà di concentrazione e deficit della memoria.
Il peso del cervello rispetto al corpo non deve essere considerato in assoluto un parametro per valutare l'intelligenza di una specie: il cervello del primitivo uomo di Neandertal pesava infatti più del nostro, ma la sua corteccia era probabilmente meno sviluppata. Un altro parametro da tenere in considerazione è la complessità della corteccia e in particolare la presenza, sulla sua superficie, di quei solchi e canali che sono il risultato del processo di accrescimento: durante l'evoluzione infatti la corteccia è cresciuta e, poiché non entrava più nella scatola cranica, ha dovuto ripiegarsi su se stessa. Nell'uomo la superficie del cervello presenta una complessità maggiore rispetto a quella che si riscontra negli altri animali. Abbondanti solchi e scissure si trovano anche nei delfini; nei primati sono un po' meno abbondanti e risultano sempre meno sviluppati via via che si considerano animali più semplici: il cervello di un topo, per esempio, è quasi completamente liscio.