ordini religiosi
Comunità dedite alla preghiera o all’insegnamento religioso
Nel corso della storia gruppi di cristiani hanno deciso di abbandonare i modelli di vita sociale per seguire più fedelmente l’esempio di Cristo. Inizialmente si trattava di piccole comunità spontanee, guidate da figure carismatiche; successivamente, si sono organizzate in forme più stabili, trasformandosi in veri e propri ordini, ossia in istituzioni dotate di un centro direttivo. Alcuni ordini praticano una vita contemplativa, fondata sulla preghiera, sul silenzio e sull’ascolto della Parola di Dio; altri privilegiano la vita attiva, dedicandosi alla predicazione, all’insegnamento, all’assistenza ai poveri, ai malati e ad altre attività socialmente utili
Il Vangelo. I cristiani (come i seguaci di altre religioni) hanno cercato e cercano di avvicinarsi alla perfezione spirituale e alla santità seguendo diversi modelli di vita. Nel Vangelo Gesù chiama tutti gli uomini a seguirlo per la via stretta, ossia a rinunciare al proprio egoismo e al desiderio di potere e ricchezza per cercare soltanto il Regno di Dio, attraverso la comunione fraterna e la disponibilità a donare la propria vita agli altri. Gli Atti degli apostoli (4,32) riferiscono che i primi cristiani di Gerusalemme avevano «un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune».
Con l’aumento del numero dei convertiti divenne però necessario distinguere le norme di vita proposte a tutti i cristiani da quelle che caratterizzavano un genere di vita più rigoroso, che poteva essere proposto solamente a piccoli gruppi.
I primi monaci. Nacque così il monachesimo, una forma di vita fondata sul distacco dal consorzio civile, sulla rinuncia totale al possesso individuale di beni materiali e al matrimonio e sull’obbedienza a un padre spirituale, chiamato abate, che doveva aiutare il monaco a superare l’attaccamento al proprio io. S. Antonio abate, il celebre eremita egiziano, decise di adottare questo stile di vita dopo aver ascoltato in chiesa le parole del Vangelo (Matteo 19,21): «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e seguimi».
Ogni monaco doveva promettere di vivere in castità, povertà e obbedienza, e ancor oggi i membri dei vari ordini religiosi pronunciano questi tre voti (cioè promesse) in forma solenne. Inizialmente si trattava di piccoli gruppi, ma con il tempo essi si trasformarono in comunità più numerose, che richiedevano un’organizzazione più stabile e una regola scritta che precisasse i poteri dell’abate e organizzasse la vita quotidiana dei monaci, con l’alternanza di momenti di preghiera, lavoro e silenzio.
La regola di s. Benedetto. Per alcuni secoli i monaci seguirono regole diverse: in Oriente si diffuse la regola di Basilio, mentre in Occidente si affermarono soprattutto quelle di s. Benedetto e di s. Colombano (un monaco di origine irlandese). Nel 9° secolo la regola di s. Benedetto venne accettata ufficialmente in tutti i monasteri dell’Impero carolingio: si può dire che solo allora sia nato un vero e proprio ordine benedettino.
Da questo grande tronco si svilupparono poi vari rami, come i cluniacensi, i cistercensi, i camaldolesi, gli olivetani. I cluniacensi valorizzavano soprattutto la preghiera liturgica in coro, mentre i cistercensi insistevano sull’imitazione del Cristo povero e sul dovere del lavoro: essi accettavano nei monasteri anche alcuni frati laici, detti conversi. Quanto ai certosini, questi monaci realizzarono in forme più radicali l’ideale del distacco dal mondo, del silenzio e della contemplazione.
Gli ordini mendicanti. I monasteri (abbazie) si trovavano generalmente in luoghi isolati e i monaci potevano uscirne solo per motivi eccezionali. Lo sviluppo di un’economia cittadina fece però nascere nuove esigenze: gruppi di cristiani si riunivano per pregare e per ricercare una vita cristiana più vicina all’ideale della santità, fondata sull’imitazione dello stile di vita di Gesù e degli apostoli. Intorno alle figure di s. Francesco e s. Domenico sorsero nuovi movimenti, che dopo la loro morte si trasformarono in veri e propri ordini, detti mendicanti in quanto richiedevano la rinuncia non soltanto alla proprietà individuale (come gli ordini monastici), ma anche a quella collettiva. I frati – così si chiamavano i membri di queste nuove comunità – dovevano vivere del lavoro delle loro mani, oppure di quanto veniva loro donato con l’elemosina, ma non potevano accettare denaro, e i conventi dovevano essere semplici e poveri. Essi si spostavano da una città all’altra e rispetto ai monaci tradizionali valorizzavano maggiormente i momenti di discussione comunitaria. Queste caratteristiche si ritrovano anche in altri movimenti, come quello dei servi di Maria, sorto presso Firenze intorno al 1233.
Dopo la morte di s. Francesco (1226) i suoi discepoli si divisero in due gruppi: gli spirituali, che insistevano sulla totale povertà materiale, e i conventuali, che attenuarono il rigore originario e accettarono le direttive dei pontefici. In generale quasi tutti i movimenti religiosi, inizialmente poveri ma ricchi di fervore spirituale, si sono trasformati con il tempo in strutture più complesse grazie alle donazioni dei benefattori, con qualche inevitabile compromesso.
Nei secoli successivi dal tronco francescano si diramarono vari ordini, come gli osservanti e i cappuccini; le seguaci di Chiara d’Assisi divennero un ordine contemplativo con l’obbligo della clausura (per cui le clarisse ancora oggi non possono uscire dal monastero), e sorse anche il terz’ordine, composto da laici sposati che, pur vivendo nel mondo, seguono alcune pratiche spirituali dei francescani.
Si diffusero anche i carmelitani, che si dedicarono soprattutto alla contemplazione, e gli agostiniani, comunità di preti che seguivano la cosiddetta regola di s. Agostino di Ippona.
Nel Cinquecento e nel Seicento nacquero nuovi ordini, tra cui: i gesuiti, caratterizzati da un dovere speciale di obbedienza al papa e da un forte impegno nella predicazione e nell’attività missionaria; i barnabiti, gli scolopi e le dorotee, che crearono importanti scuole per l’educazione dei giovani delle diverse classi sociali; i camilliani, che si dedicarono all’assistenza ai malati. Questi e altri ordini di vita attiva avevano una struttura centralizzata, che faceva capo a un superiore generale, il quale dipendeva direttamente dal papa: essi ottennero spesso l’esenzione, ossia l’autonomia rispetto all’autorità dei vescovi locali, e svolsero ruoli importanti all’interno della Chiesa e della società.
Negli ultimi due secoli sono sorti altri ordini, come i passionisti, i dehoniani e le oblate dello Spirito Santo, che ponevano l’accento su alcuni temi spirituali: la sofferenza di Cristo, il Sacro Cuore di Gesù, lo Spirito Santo. La società industriale e il confronto con le culture non europee hanno fatto emergere nuove forme di vita comunitaria, come quella dei piccoli fratelli di Charles de Foucauld, che visse presso la popolazione dei Tuareg del deserto nordafricano: tale comunità diffuse un nuovo modello di attività missionaria, fondato sulla condivisione della vita di povertà delle popolazioni interessate. In tal modo i missionari cercano di stabilire un’amicizia spirituale che col tempo apra uno spazio per l’ascolto della parola di Cristo.
Sono sorti anche gli Istituti secolari, che raggruppano laici impegnati nel lavoro e nella vita sociale. Dopo il Concilio vaticano II, che ha riscoperto il ruolo dei laici nella Chiesa, molte attività un tempo svolte dagli ordini di vita attiva (i cui membri sono notevolmente diminuiti di numero) vengono esercitate dai laici, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza ai poveri e ai malati. In questo campo operano comunque, in situazioni anche molto difficili, le suore di madre Teresa di Calcutta e altre comunità religiose sorte di recente, che rispetto agli ordini del passato presentano in genere strutture più agili e snelle. D’altra parte i monasteri di clausura continuano ad attirare quei giovani che sono insoddisfatti dell’attuale società consumistica e si sentono attratti dalla vita contemplativa.