OSPEDALE (ted. anche Krankenhaus)
La parola deriva dal latino hospitale; hospitalia erano chiamate le stanze destinate agli ospiti. Ma soltanto nel periodo carolingio la voce hospitale sostituì quella greca di ξενοδοχεῖον per gli ospizî (v.) destinati ai pellegrini; e molto più tardi assunse il significato di luogo di cura per gli ammalati.
Gli ospedali nelle antiche civiltà. - L'origine di ricoveri per infermi appare collegata al determinismo della vita sociale, ed è possibile dimostrarne l'esistenza nell'età precristiana quantunque risulti evidente il loro carattere sporadico e la diversa concezione etica in rapporto alle istituzioni che il cristianesimo diffuse dappertutto largamente. Dal Mahavamsa, cronaca singalese, si ha notizia d'un ospedale eretto da Pandukābhayo, re di Ceylon, circa l'anno 437 a. C.; un lontano successore, il re Dutthagāmini, morto nel 137 a. C., enumerando al termine della propria esistenza le opere compiute, dichiara testualmente: "In diciotto luoghi diversi ho mantenuto ospedali, provvisti di mezzi necessarî, di medicine e di personale idoneo alla cura dei malati". Gl'Indiani avevano ospedali non soltanto per gli uomini, ma altresì per gli animali. Presso gli Egiziani nei templi d'Iside e di Serapide, presso i Greci e i Romani nei santuarî di Esculapio, o asclepiei, esistevano locali, talora vasti e bene attrezzati, per accogliere quei malati che dai sogni o da altri indizî ricevuti ivi dormendo speravano di trovare giovamento alle loro infermità. Tale pratica, denominata incubatio, non escludeva l'applicazione d'una medicina empirica da parte dei sacerdoti. Gli asclepiei erano situati in luoghi ameni, frequentemente in vista del mare o dei fiumi, e provvisti abbondantemente d'acqua; ad alcuni di questi templi erano annesse palestre destinate a rinvigorire gli ammalati cronici o convalescenti mediante esercizî ginnastici, bagni, frizioni. Nell'asclepieo d'Epidauro, Antonino Pio aggiunse aule separate per le donne partorienti e per i moribondi, allo scopo d'evitare che tanto i parti quanto i decessi avvenissero a cielo scoperto. L'accettazione degl'infermi era subordinata al pagamento d'una somma; perciò Luciano chiama il tempio di Esculapio in Pergamo la "bottega" del nume, cui fruttava talmente da fare invidia allo stesso Giove. Negli asclepiei in progresso di tempo si formarono vere scuole di medicina. In Grecia, almeno fino dal secolo VI a. C., i medici incaricati della cura gratuita disponevano nella propria abitazione di una stanza, iatreo (ἰατρεῖον), per le visite, le operazioni e, occorrendo, per il ricovero temporaneo dei pazienti. Gli iatrei più frequentati, come quello situato al Pireo di cui fa cenno Eschine, funzionavano anche da scuole cliniche. Platone suggeriva d' aprire al pubblico le officine dei medici in caso d'epidemia, escludendo unicamente gl'incurabili, e concludeva che soli degni di cura fossero i cittadini liberi e soprattutto quelli che potevano guarire sicuramente. Lo iatreo dei Greci imitato nel mondo romano fu denominato medicina. Plauto nei Menaechmi menziona un medico che offre la sua casa, quasi fosse un ospedale di pazzi, a un simulatore ritenuto folle, allo scopo di curarlo per un periodo di circa venti giorni. Le grandi famiglie romane nelle stesse proprietà rurali provvedevano con apposite infermerie, o valetudinaria, alla cura degli schiavi di cui si poteva sperare la guarigione poiché quelli ritenuti insanabili erano abbandonati. L'imperatore Claudio, a infrenare l'abuso, decretò che in caso di guarigione lo schiavo abbandonato fosse riconosciuto libero. I legionarî negli accampamenti avevano infermerie proprie, costituite per lo più da un corridoio disposto attorno a un cortile centrale, come si desume dai risultati di scavi.
Veri stabilimenti ospedalieri furono creati dai seguaci dell'Islām. Come primo esempio del genere gli annalisti arabi citano la fondazione sorta nel 707 per merito del califfo al-Walīd I. Al Cairo egli istituì un ospedale, sorvegliato da medici, e ne assicurò i proventi; ordinò l'isolamento dei lebbrosi e provvide alla sorte dei ciechi. Nel secolo IX presso la grande moschea della medesima città esisteva una poliambulanza aperta nei giorni festivi, e un ospedale con sezioni distinte per uomini, donne e altresì per i mentecatti. È rimasto celebre infine l'ospedale di al-Mansūr, edificato anch'esso al Cairo alla fine del sec. XIII, provvisto d'ambienti separati per febbricitanti, feriti, malati della vista, convalescenti, con servizio medico, farmaceutico e annessa cattedra per l'insegnamento dell'arte salutare. Non sarà inutile ricordare che gli Spagnoli giunti per la prima volta nella Città di Messico, identificarono a breve distanza il villaggio di Culhuacán, assegnato a dimora di veterani invalidi, bisognosi di cure.
Origini cristiane. - È inutile ricercare in epoca anteriore alla pace costantiniana esempî di ricoveri per infermi nelle diverse comunità cristiane. Ai diaconi e alle diaconesse, cui era particolarmente affidato l'esercizio della beneficenza, spettava anche il compito di visitare e soccorrere i malati poveri. A loro volta i vescovi e i fedeli provveduti di mezzi sufficienti ospitavano nelle proprie dimore i cristiani di passaggio. Tale consuetudine era così largamente diffusa da offrire talvolta buon giuoco a persone disoneste che ne abusavano, a somiglianza di Pellegrino, il famoso avventuriero, protagonista d'uno scritto di Luciano. Nelle prime fasi del nuovo incivilimento, appena cessata l'era delle persecuzioni, si moltiplicano i ricoveri e prende forma definitiva l'istituzione dei senodochi, precursori lontani degli ospedali, svolgendosi la loro diffusione secondo un piano che ha per termini fissi le residenze vescovili, le sedi diaconali, i cenobî nascenti, le case di personaggi facoltosi.
Per un'ordinata esposizione dei fatti gioverà illustrate separatamente le vicende ospedaliere nell'Oriente e nell'Occidente.
Oriente cristiano. - L'Oriente, dove il cristianesimo ebbe più rapido sviluppo, precede l'Occidente nell'espansione delle opere d'assistenza. Si citano fra i più antichi senodochi quelli fondati in Costantinopoli da S. Elena, madre di Costantino, da Zotico ed Eubulo senatori romani che avevano seguito l'imperatore nella nuova sede. Benché la storicità di tali fondazioni non sia rigorosamente provata, è innegabile il rapido incremento di opere analoghe. A cinquant'anni di distanza dall'editto di tolleranza, l'attività assistenziale dei cristiani s'era propagata con effetti notevolissimi, tali da suscitare nella mente di Giuliano l'Apostata propositi di emulazione. In una lettera scritta l'anno 362 ad Arsace, sacerdote addetto al culto della Gran Madre nella provincia di Galazia, egli consigliava come ottimo espediente nella lotta contro i cristiani d'imitarne l'austerità dei costumi e la benevolenza verso i pellegrini e gl'infermi; ordinava pertanto la fondazione di senodochi a beneficio non soltanto di coloro che professavano il paganesimo, ma di tutti indistintamente. Alcuni ospizî non tardano a mostrare evidenti tratti di carattere sanitario, specialmente nei grandi centri della cultura orientale, Cesarea, Antiochia, Alessandria. S. Basilio, vescovo di Cesarea, nel grande stabilimento paragonato a una città per le sue dimensioni e perché distribuito in sezioni con edifici separati, assegna reparti speciali agl'infermi e ai lebbrosi. Si deve ricordare che il nome di S. Basilio è legato a una gloriosa tradizione ospedaliera. I suoi monaci propagarono estesamente nell'Asia Minore le opere assistenziali, soprattutto a vantaggio dei lebbrosi. In Sicilia, presso Sciacca, sopravvive ancora un'esigua comunità di eremiti, soggetti alla regola basiliana, con sede attigua alle famose grotte sudatorie intitolate al nome di S. Calogero, un santo d'origine greca. S. Giovanni Crisostomo, vescovo di Antiochia, esortando a visitare i luoghi di sventura, fa particolare menzione d'un ricovero situato fuori della città, dov'erano accolte le vittime della lebbra e del cancro. Chiamato nel 398 alla sede di Costantinopoli, stabilisce ricoveri per infermi e pellegrini, designati con il titolo di nosocomî dal biografo contemporaneo, il quale dichiara anche le funzioni del personale addetto: medici, cuochi e inservienti, scelti fra i celibi. S. Giovanni Elemosinario stabilisce in Alessandria sette dimore in località diverse per ospitare le donne prossime al parto. Il Codice giustinianeo, emanato nell'anno 534 ma compilato in gran parte su legislazioni d'età anteriore, fa supporre già avanzata la separazione delle varie forme di soccorso, poiché, oltre il senodochio, il codice elenca una serie d' istituzioni indirizzate a fini speciali: il nosocomio, lo ptocotrofio, il gerontocomio, l'orfanotrofio, il brefotrofio. Ma non sempre al titolo corrisponde la genuina funzione dell'opera, persistendo assai spesso il carattere promiscuo. È innegabile peraltro il continuo perfezionamento delle istituzioni ospedaliere, favorite da imperatori e imperatrici, fra le quali talune si dedicano personalmente al servizio dei ricoverati come Galla Placidia e Pulcheria. La mentalità bizantina, così proclive alle distinzioni sottili, contribuisce ad aumentare il numero delle fondazioni e la complessità degli ordinamenti. Una descrizione del sec. XII fa intendere lo sviluppo raggiunto a quell'epoca dal servizio medico nell'organizzazione ospedaliera. Presso il monastero del Pantocrator in Costantinopoli l'imperatore Giovanni Comneno e la consorte Irene fondavano nel 1136 un ospedale - designato come senodochio - di cinquanta letti, diviso in cinque sezioni: una chirurgica con 10 letti, un'altra per aggravati con 8 letti; due sezioni per malati comuni con 10 letti ciascuna, e infine un reparto femminile con 12 letti. A ciascuna sezione erano addetti due medici, con infermieri e serventi, distribuiti in turni regolari e soggetti a due medici direttori o primicerî. Annesso all'ospedale si trovava un servizio di consultazione con due chirurghi e due medici; nei casi difficili si richiedeva l'intervento d'un medico dell'ospedale. Per i malati cronici esisteva apposita corsia distaccata con 24 letti. Non mancava il servizio farmaceutico, sostenuto da un farmacista capo e cinque subordinati. Nella descrizione è citata anche la stanza per bagni. I monaci del chiostro in caso d'infermità erano accolti in una sala speciale.
Occidente. - A Fabiola, la penitente della stirpe dei Fabî, S. Girolamo attribuisce la fondazione del primo nosocomio in Roma verso la fine del sec. IV. Ella stessa andava in cerca degl'infermi abbandonati attraverso la città e la campagna, e ne mitigava le sofferenze con diligenti cure. Il medesimo autore ricorda anche il grande senodochio istituito a Porto, presso la foce del Tevere, dal senatore Pammachio. Sono queste le notizie più antiche sugli ospedali dell'Occidente. Ma S. Girolamo, mentre illustra con manifesto compiacimento le imprese di Fabiola e di Pammachio, non fa cenno del suo personale contributo. Alle istituzioni create dai seguaci, seguendo il suo insegnamento, S. Girolamo assegna titoli di origine greca; anzi la parola νοσοκομεῖον intercalata nell'idioma latino ad accentuare il carattere d'un ospizio destinato esclusivamente ai malati, è tra i primi esempî di tale voce nella letteratura. Nel mondo occidentale gli stabilimenti ospedalieri si diffondono nella stessa guisa accennata per il mondo orientale. Al patriarchio, la vetusta residenza dei papi in Laterano, corrisponde il venerabile ptochium lateranense, che nel titolo bizantino rivela la sua alta antichità. L'esempio vale per tutti gli episcopî, regolarmente uniti a ospizî o senodochi che, in progresso di tempo, acquistano importanza di veri ospedali nel concetto moderno della parola. In tal modo si spiega il rapporto topografico più o meno costante fra maggiori nosocomî e le antiche cattedrali. Come nell'Oriente, senodochi e ospedali sono eretti anche presso le diaconie e i monasteri. A tale proposito va ricordata una comunità di monaci irlandesi largamente diffusa nel continente europeo, la quale si rese particolarmente benemerita per numerose fondazioni ospitaliere conosciute sotto il nome di hospitalia Scotorum, d'origine assai antica, poiché un decreto del. concilio di Meaux (845) provvede al restauro degli edifizî fatiscenti. I grandi pellegrinaggi ai santuarî più venerati disseminano di ricoveri le principali vie di comunicazione. Infine L. A. Muratori fa osservare che nel Medioevo, quando s'edificava un tempio senza senodochio, spesso si legavano rendite al medesimo scopo.
Lebbrosarî. - Affatto distinti dalle altre fondazioni per infermi e bisognosi figurano i lebbrosarî. Il morbo trasportato in Europa fino dal sec. V, dopo avere raggiunto la maggiore diffusione al tempo delle crociate, declinò fino a scomparire quasi totalmente all'inizio del sec. XVI. I lebbrosarî, il cui numero è stato calcolato a cifre elevatissime, fino a 19.000 secondo G. Kurth, si trovavano sempre fuori dell'abitato. Generalmente le località intitolate a S. Lazzaro in prossimità delle antiche mura cittadine o degli scali marittimi, ricordano l'esistenza di lebbrosarî. L'ordine ospedaliero e cavalleresco ugualmente denominato, presieduto in origine da un lebbroso, aveva cura speciale di tali infermi, e dopo l'estinzione del morbo s'applicò all'incremento dell'assistenza ospedaliera, a somiglianza dell'Ordine dei giovanniti.
Ordini ospedalieri militari e religiosi. - L'ospedale di Santa Maria Latina, che mercanti di Amalfi avevano stabilito in Gerusalemme fino da epoca anteriore alle crociate, dopo la vittoria delle armate cristiane (anno 1099) accolse una congregazione dedicata all'assistenza degl'infermi e alla lotta contro gl'infedeli. Si costituì in tal modo l'Ordine gerosolimitano, detto anche dei giovanniti o dell'Ospedale. La sede primitiva raggiunse in breve proporzioni altrettanto vaste quanto l'opera di soccorso ivi esercitata, sebbene appaia esagerata la notizia di Giovanni di Weissenburg, il quale intorno alla metà del sec. XII calcola alla cifra di duemila i ricoverati, distribuiti in edifici diversi. Gli statuti promulgati nel 1182 riassumono le funzioni del pio stabilimento. La cura degl'infermi ricoverati, uomini e donne, è affidata a quattro medici sperimentati - quatuor sapientes medici -; si provvede anche per l'assistenza a domicilio. A queste funzioni principali s'aggiunge il ricovero delle partorienti e degli esposti, il conferimento di sussidî per agevolare i matrimonî, distribuzioni di nutrimento ed elemosine agl'indigenti. Usi analoghi prevalsero nei grandi ospedali d'Occidente, fino ai giorni nostri, giacché gli statuti dell'Ordine gerosolimitano, quando non furono letteralmente ricopiati, servirono di modello a tutte le altre organizzazioni ospedaliere di tipo sia militare sia religioso.
Oltre al Gerosolimitano appartengono al tipo militare gli ordini di San Lazzaro e Teutonico, mentre quello di Altopascio ha carattere misto. A questi sodalizî, sorti quasi contemporaneamente nei secoli XI-XII, risalgono numerosi ospedali.
Nello stesso clima storico germogliano le congregazioni ospedaliere di tipo più spiccatamente claustrale: i crocigeri, gli antoniani, i trinitarî, e, più notevoli fra tutti, i religiosi di Santo Spirito. Ai crocigeri vanno attribuiti numerosi ospedali in Europa, di cui taluni ancora esistenti, riconoscibili per l'insegna dell'ordine formata da tre croci. Gli antoniani, sorti a Vienna nel Delfinato verso la fine del sec. XI con missione di assistere gl'infermi di fuoco sacro o fuoco di S. Antonio, furono scelti dai papi per i servizî d'ambulanza in occasione di viaggi. Spettava loro l'ufficio di conservare i medicinali, e d'apparecchiare in ogni luogo di soggiorno della corte un ospedale, destinato prevalentemente al soccorso di tutta una clientela di miserabili per i quali la presenza del papa era un naturale richiamo. Spesso per volontà delle popolazioni seguiva la istituzione d' un ospedale stabile int) tolato a S. Antonio e servito dai medesimi frati nelle varie località, situate lungo l'itinerario dei viaggi papali: Assisi, Perugia,. Todi, Amelia, Viterbo, Orvieto, Avignone, ecc. All'Ordine di S. Spirito si unisce il ricordo del più grande movimento ospedaliero. Innocenzo III (1198-1216), inaugurando il suo pontificato, ordinava l'erezione d'un ospedale capace di trecento letti, e provvisto di locali per l'assistenza di mille poveri quotidianamente provveduti di nutrimento. A dirigere il nuovo istituto chiamava l'Ordine di S. Spirito, creato pochi anni prima in Francia da Guido di Montpellier (morto nel 1208). Il programma si completava in conformità degli ordinamenti fissati da Guido per il sodalizio, aggiungendosi alla cura degl'infermi l'assistenza alla maternità e agli esposti. L'ospedale ricevette la denominazione di S. Spirito in Sassia, perché fondato sull'area d'un vetusto senodochio sassone presso il Vaticano. Dopo l'assunzione dell'ospedale romano l'Ordine di S. Spirito si diffuse e diventò caro a tutto il mondo cristiano. Dappertutto cominciarono a sorgere opere consimili, con uguale denominazione e generalmente governate dai medesimi frati. Non soltanto i paesi latini, ma il resto dell'Europa, fino all'Inghilterra, alla Danimarca e alla Scandinavia, ebbero numerose e fiorenti istituzioni collegate con l'ospedale romano. Insieme con l'Italia la Germania si presenta come la provincia dell'ordine più ricca di fondazioni. R. Virchow ha documentato l'esistenza di 150 case per il suo paese, fino a Riga e Reval (Tallinn) sulle rive del Baltico; anzi egli ravvisa nell'ospedale romano il capostipite degli ospedali tedeschi e accentua ancora più l'importanza della fondazione pontificia mostrando la trasformazione avvenuta nei criterî di assistenza a misura che le sue ramificazioni si diffusero nel mondo. Dopo la scoperta dell'America, furono stabiliti ospedali di S. Spirito nel Perù e nel Messico.
Lazzaretti e ospedali per incurabili. - Le epidemie di peste bubbonica che a intervalli afflissero l'Europa dal 1348 fino al secolo XVII, e il morbo celtico che dilagò alla fine del secolo XV, obbligarono a introdurre utili riforme nell'assistenza ospedaliera.
La manifesta contagiosità della peste suggerì di costruire luoghi d'isolamento o lazzaretti, con medici addetti, stipendiati dall'autorità civile. Per i luetici, giudicati come incurabili, e perciò allontanati dagli ospedali comuni, furono successivamente stabilite sedi distinte, che ricevettero la denominazione di ospedali degl'incurabili. Il notaio genovese Ettore Vernazza (morto nel 1524), impietosito della sorte di tanti infelici, abbandonati miseramente nelle vie, pensò di accoglierli in un luogo speciale, il Ridotto degl'incurabili, amministrato dalla Congregazione del Divino Amore. Incoraggiato dai risultati, egli intraprese un vero pellegrinaggio attraverso l'Italia per diffondere l'opera. Così ebbero origine gli ospedali degli incurabili a Roma, Napoli, Palermo, Firenze, Bologna, Venezia, Savona, Brescia, ecc. Identiche istituzioni si diffusero all'estero.
Età moderna. - I rivolgimenti politico-religiosi che agitarono l'Europa a partire dal sec. XVI, modificarono le forme tradizionali della beneficenza introducendo le nuove dottrine della carità legale, concepita come funzione dello stato. Nella revisione cui furono sottoposte le antiche istituzioni furono compresi anche gli ospedali, giungendosi talvolta a decretarne la soppressione, perché ritenuti dannosi, come per esempio nell'Inghilterra sotto il dominio di Enrico VIII. Più tardi, nel secolo XVIII, non risparmiarono aspre censure gli enciclopedisti, fautori dell'assistenza a domicilio. Fra queste vicende gli ospedali, come vedremo, si perfezionavano, tornavano a fiorire nei luoghi dov'erano stati soppressi e, eliminato il tipo caritativo, assumevano in prevalenza il carattere d'istituzioni pubbliche.
Ordinamenti interni e primato italiano. - Al servizio degl'infermi nei primi secoli dell'era cristiana si dedicano spontaneamente persone dei due sessi, talora appartenenti ad alti gradi sociali. Altre volte individui riluttanti ad avvicinare gl'infermi destinano in loro vece personale mercenario, che divenuto assai numeroso, negli ospedali d'Oriente, acquista talora funzioni direttive. Le organizzazioni cavalleresche e gli ordini religiosi in precedenza ricordati forniscono i propri sodali, coadiuvati da serventi. In seguito diventa comune l'ufficio dell'infermiere salariato.
Con grande probabilità il più antico ed esteso commentario della vita ospedaliera è contenuto nel Liber Regulae S. Spiritus, un superbo codice miniato d'età trecentesca. Il testo e le miniature permettono di ricostruire con vivacità d'immagine gli usi dell'ospedale romano in quel tempo. Una volta la settimana i religiosi di S. Spirito dovevano percorrere la città alla ricerca di infermi abbandonati, i quali venivano trasportati all'ospedale mediante carriole, antesignane delle moderne ambulanze. A ciascun malato era riservato un letto speciale, mentre altrove, come nell'Hôtel-Dieu di Parigi, uno stesso giaciglio serviva per due malati almeno. Anche i nobili erano accolti nell'ospedale ed esisteva per tale ufficio un reparto apposito. Si scorge tra le miniature un personaggio intabarrato, disceso da cavallo, avviarsi alla porta dell'ospedale accompagnato dal medico, riconoscibile per il vestito interamente di color rosso, cui il religioso portinaio rende omaggio con profonda genuflessione. Si può arguire da ciò l'esistenza d'un regolare servizio medico. Ciascun malato entrando doveva consegnare quanto possedeva, per evitare in caso di perdita inutili proteste e reclami. Un religioso espressamente incaricato riceveva gli oggetti di valore e ne prendeva nota. L'Ordine di S. Spirito, oltre che di frati laici, era costituito anche di monache, le quali dovevano attendere alla pulizia dei malati: un quadretto rappresenta appunto la pulizia della testa e dei piedi. Il capitolo che regola la pulizia dei malati stabilisce anche il cambio della biancheria, senza termini fissi, bensì ogni volta che sia necessario. Sono previste opportune sanzioni per i serventi che manchino ai proprî doveri: scorgiamo infatti la fustigazione a dorso nudo e la cacciata, mediante un calcio bene assestato, d'un servente colpevole d'essersi azzuffato con un compagno. Oltre all'assistenza ai malati l'ospedale provvedeva, come s'è detto, anche ai poveri: sopravviveva quindi nella fondazione innocenziana la consuetudine degli antichi senodochi. L'assistenza materna è illustrata da due miniature relative all'accettazione d'una gestante con il successivo allattamento e il riposo del neonato nella culla. In questa forma d'assistenza è compreso il brefotrofio, ossia il ricovero dei bambini abbandonati. Nella settimana santa potevano essere ospitate nel pio luogo le donne traviate che avessero mostrato desiderio d'emendarsi. Non mancava infine nell'ospedale un ordinamento amministrativo: esisteva l'ufficio di cassa con religioso destinato quale camerarius. Risulta da quanto precede che l'Ospedale di S. Spirito nelle sue origini esercitava una complessa funzione di beneficenza, oltre al soccorso agl'infermi. Allo stesso programma s'ispirò l'infinito numero di case filiali e poco dissimile doveva essere in quel tempo l'attività degli altri ospedali. Ma già dal secolo XIV si può notare una limitazione dei compiti assistenziali. Innanzi di restringere l'accettazione ai soli malati si stabilisce che la permanenza di qualsiasi altra persona non possa superare la durata di tre giorni.
Sulle condizioni dei nosocomî italiani all'inizio del sec. XVI fornisce singolari notizie Martino Lutero, il quale visitò l'Italia nel gennaio del 1511. "Gli ospedali in Italia - egli dice nei suoi Discorsi conviviali - sono ben provveduti, hanno splendide sedi, forniscono cibi e bevande ottime, il personale è assai diligente, i medici dottissimi. Appena entra un infermo, questi depone il vestiario e quanto altro gli appartiene; di tutto viene presa nota per un'ordinata custodia. Poi l'infermo indossa un bianco camice, e gli viene apprestato un buon letto con biancheria di bucato. Subito dopo sopraggiungono due medici e inservienti che portano cibi e bevande, contenute in vetri tersi, che non vengono toccati nemmeno con un dito, ma presentati sopra vassoi. Anche matrone velate per alcuni giorni servono gl'infermi, quindi non conosciute tornano alle loro case". Lutero trova soltanto a ridire sul principio di carità che induceva gl'Italiani a sostenere le magnifiche istituzioni. È superfluo infatti ricordare che l'assistenza era ancora concepita come un'opera di carità spontanea, anche se integrata da iniziative sempre più numerose dei comuni e in genere dell'autorità civile.
Nella seconda metà del sec. XVI, in epoca di grande rilasciamento della vita ospedaliera, S. Camillo De Lellis fondava l'Ordine dei ministri degl'infermi che cooperò efficacemente a migliorare l'opera d'assistenza con l'altro dei Fatebenefratelli, stabilito precedentemente in Spagna da S. Giovanni di Dio. Il servizio degli ordini religiosi femminili, quantunque rimonti a età antichissima, si diffuse e generalizzò solamente nel secolo XIX, dopo la ricostituzione delle comunità derivate dalla predicazione di S. Vincenzo de Paoli, che la rivoluzione francese aveva disperse. Attualmente l'ammissione del personale, sia religioso sia laico, è subordinata alle condizioni d'un esame dopo un corso di studî.
Assistenza medica e incremento scientifico. - Nessun argomento nella storia della medicina si presenta così misterioso come il servizio medico ospedaliero durante il Medioevo in Occidente.
A ogni modo si deve ritenere che anche negli antichi senodochi non mancasse del tutto l'assistenza medica. Il Liber diurnus, silloge delle formule maggiormente usate nel protocollo pontificio, contiene a tale riguardo indicazioni precise. In taluni capitoli relativi alla disciplina dei senodochi e la cui redazione sembra non posteriore al sec. VIII, oltre a distinguersi nettamente la condizione di povero da quella d'infermo, non si tralascia di raccomandare quanto sia necessario ai malati, compresa l'assistenza medica: "confectionem oleorum infirmantibus atque indigentibus annue facias, atque prepares vel omnia quae infirmantium necessitati sint utilia, medicos introducens et curam egris impendes, ... si neglexeris divine indignationi incurras ...".
Come più lontano esempio in Europa di vero ospedale, cioè di ricovero con servizio sanitario proprio, viene citata l'istituzione fondata dal vescovo goto Masona (573-606) in Emerita Augusta (Mérida, prov. di Badaioz, Spagna), provvista di medici, infermieri e organizzazione idonea per l'assistenza dei malati. All'infuori di questo caso ignoriamo quale parte abbia avuto l'arte salutare nelle istituzioni anteriori al millennio. Certamente nelle infermerie monastiche la tecnica nosocomiale avanzò i primi passi. Si giunge a tale conclusione riflettendo anzitutto che la regola benedettina impone come precetto fondamentale la cura dei monaci infermi. È noto altresì che nelle grandi abbazie, centri dell'insegnamento preuniversitario, insieme con gli studî filosofici, teologici e legali fu coltivata l'arte salutare; basti citare a tale riguardo l'abbazia di Montecassino e l'insegnamento del monaco Costantino Africano, ispirato alle dottrine mediche delle scuole alessandrina e araba. Dal magistero di Costantino traeva le sue origini la più antica scuola medica d'Europa, quella di Salerno. Infine è conservata memoria di un'infermeria claustrale stabilita, come vedremo, con regolare piano edilizio e intenti sanitari, annessa al monastero di S. Gallo in Svizzera, fondato al principio del sec. IX. Tutto ciò è quanto sappiamo per l'età più antica. Essendo allora generale il costume di ritenere e curare i malati in famiglia, gli ospedali servivano di rifugio agl'infermi abbandonati, per i quali era il più delle volte sufficiente il consiglio del flebotomo o barbiere, e solamente nei casi più gravi si faceva ricorso ai medici stipendiati per l'assistenza dei poveri a domicilio. K. Sudhoff ammette che tale indirizzo perdurò in Germania e in Francia fino all'inizio del sec. XVI; per l'Italia egli non formula alcuna conclusione. Pnssiamo affermare con sufficienza di prove che in Italia l'istituzione di medici ospedalieri si rende manifesta, in un periodo anteriore di due secoli almeno. Innocenzo III, stabilendo nell'ospedale di S. Spirito un reparto per nobili, non poteva prescindere da un'assistenza adeguata al rango sociale. Nella miniatura del codice trecentesco dov'e rappresentata l'accettazione d'un nobile, è messo in particolare evidenza il medico che l'accompagna. Negli affreschi che adornano la grande aula del medesimo ospedale eseguiti negli anni 1479-84 figura un medico a colloquio con Sisto IV precisamente nel cortile del reparto assegnato ai nobili. L'ospedale di S. Maria Nuova in Firenze fu istituito da Folco Portinari, il padre di Beatrice. Nell'atto di fondazione redatto il 23 giugno 1288 si legge il nome del medico Bonaguida subito dopo quello del vicario vescovile. Nei capitoli del 28 febbraio 1374 si fa chiara menzione dei salarî ai medici. Ma la prova più decisiva è contenuta negli statuti degli ospedali di Altopascio (Valdinievole) e di Siena. Leggiamo nel primo: "... ad la bisogna delli poveri infermi dello Ospitale d'Altopascio, si conducano quattro savi medici, et due cirurgici, li quali sempre servano ad l'infermi, et cognoscano le qualità dell'orine, et le varietà dell'infermi sappiano conoscere, et possano dare loro li rimedi delle medicine opportune". Il testo volgare deriva dall'originale latino compilato nel 1239, che a sua volta ricopia integralmente le norme dell'Ospedale dei giovanniti in Gerusalemme. Altri sodalizî, benché imitassero lo stesso schema, come già si è accennato, tralasciarono nei loro statuti la clausola, notevolissima, dell'ordinamento sanitario. Lo Statuto dello Spedale di Santa Maria di Siena, redatto nel 1318, conferisce al servizio medico un'organizzazione più agile e completa, e anche più originale, quindi di più sicura applicazione. "E che in adiuto de li infermi li quali vegnono a giacere nel detto Ospitale, esso Ospitale degga avere a le sue spese duo medici, cioè lo uno fisico e lo altro cirurgico et uno spezieri, li quali siano frati del detto Ospitale, se quelli si potranno avere; e se no deggano avere dal detto Ospitale convenevoli salarii, si che volentieri e graziosamente medichino. Li quali medici deggano essere electi per lo rectore e per quelli frati li quali piaceranno a lui; e ciò che sarà ordinato per loro del salario di quelli medici, così sia facto". Tali regole erano già contenute nel precedente statut0 dell'anno 1265, redatto in lingua latina.
Infine Lutero stesso, nel discorso sopra accennato, informa che all'inizio del sec. XVI il servizio medico negli ospedali italiani, specialmente a Firenze cui egli si riferisce, si presentava perfettamente organizzato, tanto da suscitare nel riformatore tedesco un senso d'ammirazione e di sorpresa. Nel Cinquecento appariscono in Italia ricoveri per mentecatti. Risulta primo in ordine cronologico quello di Roma, intitolato a S. Maria della Pietà, stabilmente costituito da Pio IV con bolla del 1561, dalla quale apprendiammo che già era impiegata l'opera dei medici "ad insaniem curandam". Roma ugualmente offre uno dei primi esempî di convalescenziarî nell'ospedale della SS. Trinità dei convalescenti e pellegrini, la cui origine viene attribuita a S. Filippo Neri, nella seconda metà del sec. XVI. Il progresso scientifico e l'instaurazione del metodo sperimentale attirano anche gli ospedali nell'orbita del movimento, per cui alla tradizionale missione di carità s'aggiungono i fini dello studio e della ricerca. L'insegnamento teorico professato nelle università riceve la sua integrazione dall'osservazione clinica negli ospedali che, a partire dal sec. XVII, assumono nelle grandi città fisionomia di vere scuole di medicina, chirurgia, farmacia. Non raramente vengono assunti come infermieri gli studenti medesimi, cui si offre in tal modo la possibilità d'un eccellente addestramento professionale. Riavvicinati gli studenti al letto degl'infermi, la fecondità dei risultati suggerisce di elevare il tirocinio a sistema autonomo, e ne deriva l'istituzione delle cliniche universitarie. Ad A. Knipps-Macoppe (1662-1748), professore dell'università di Padova spetta il merito d'avere per primo sostenuto la necessità d'inserire nel programma dell'insegnamento universitario l'osservazione diretta dell'infermo. Le cliniche situate già presso gli ospedali delle città universitarie diventano in seguito istituzioni separate e indipendenti. Il poderoso incremento delle scienze biologiche nella seconda metà del sec. XIX conferisce particolare impulso alla tecnica nosocomiale. I malati vengono progressivamente selezionati secondo il genere della malattia, e si formano reparti distinti, talvolta si costituiscono anzi veri ospedali, per le singole specialità. I nuovi mezzi d'indagine diagnostica e di terapia sono prontamente accolti nei pubblici ospedali e nelle case di cura che possono affrontare il gravame d'impianti dispendiosi. In tal modo le istituzioni ospedaliere, limitate in origine al ricovero degli infermi più miserabili, diventano luoghi di cura preferiti da ogni classe sociale.
Decoro artistico e tecnica edilizia. - Indagini archeologiche hanno messo in luce alcuni tipi di costruzione usati nei più antichi senodochi dell'Oriente. I ruderi dell'ospizio fondato nel 398 del senatore Pammachio a Porto, presso lo scalo marittimo di Roma, scoperti nel 1866, permisero d'identificare un vasto atrio con fontana nel mezzo e un'aula spaziosa di tipo basilicale, interpretata come il triclinio. L'edificio era circondato da lunghi corridoi che servivano di ricovero ai pellegrini. L'infermeria monastica di S. Gallo, appartenente al sec. IX, e di cui già si è fatto cenno, risultava di corsie che si svolgevano in forma di corridoi attorno a un cortile, con sale speciali per aggravati, stanze per medici e annesso giardino per la coltivazione di piante medicinali. I comuni senodochi o ospedali medievali non dovevano presentare caratteristiche speciali. Generalmente di piccole proporzioni figuravano, come già si è detto, quali dipendenze degli episcopî, delle abbazie, dei presbiterî o risiedevano nelle stesse dimore dei benefattori; più numerosi sorgevano alle porte della città per agevolare ai bisognosi la ricerca del luogo. Il sistema delle grandi aule nosocomiali si diffonde nel Rinascimento quando ai piccoli ospizî vengono sostituiti edifizî monumentali, splendidi per concezione d'arte. Nel 1400 Bartolomeo Bosco con i disegni di Andrea Orsolino innalza lo stabilimento di Pammatone in Genova; nel 1419 Filippo Brunelleschi inizia l'ospedale degl'Innocenti a Firenze, che Andrea della Robbia adorna delle famose maioliche; a Siena dal 1440 al 1444, nel trecentesco ospedale di S. Maria della Scala restaurato e ampliato, Domenico di Bartolo esegue gli affreschi del Pellegrinaio, meritamente famosi per l'eccellenza dello stile e la fedele rappresentazione dei costumi ospedalieri; nel 1456 Francesco I Sforza commette al Filarete la costruzione dell'Ospedale Maggiore in Milano. Si deve ricordare che frattanto Leon Battista Alberti, nel libro De re aedificatoria, stabiliva i canoni per la costruzione di ospedali. La magnificenza delle opere non era soltanto il riflesso del secolo ma espressione altresì dell'idea cristiana che considera nell'infermo povero l'immagine del Redentore. Tale concetto, palese nei regolamenti delle varie istituzioni e nei progetti delle fabbriche, sollecita gli uomini del Rinascimento a elevare gli ospedali come dimore sovrane. Generalmente in questi edifici per tutta la lunghezza della facciata si estende un arioso porticato, di solito accecato per avidità di spazio in periodi posteriori. Dietro il portico si svolge l'ampia sala in forma di parallelogramma con altare nel mezzo. Altre volte la pianta dell'edificio è in forma di crociera con altare al centro.
L'ospedale di S. Spirito, riedificato da Sisto IV nel periodo 1473-1476, superò tutti gli altri nel fasto della decorazione interna. Anche qui vediamo applicato il motivo dell'atrio frontale. La porta d'ingresso è la più bell'opera di quadro e d'intaglio che esista in Roma: nessuna chiesa, nemmeno la Cappella Sistina, presenta un ingresso altrettanto magnifico. Varcata la soglia, ci troviamo nella Corsia Sistina, vasta navata in forma di aula rettangolare, lunga m. 121, larga m. 12,39, alta m. 13,40. Nel centro, sormontata dal tiburio ottagono, si eleva l'edicola disegnata da Andrea Palladio. I letti in origine erano disposti su predelle e coperti da baldacchini a somiglianza di piccoli troni. Corami arabescati e dorati interrompevano la nudità delle pareti, ravvivate alla sommità da un grande fregio pittorico, con rappresentazioni storiche. Il soffitto ligneo a rosoni e intagli s'accordava bene nel conferire al luogo l'aspetto d'una reggia o d'un tempio. Un grande organo in giorni e ore determinate diffondeva un'armonia pacata nell'ampia corsia.
A prescindere dal significato ideale e dal valore artistico, in questi massicci edifici, costituiti da immense aule, dove i malati erano distribuiti, in caso d'affollamento, anche su quattro file di letti fino a raggiungere il numero di 200-300, le condizioni generali non potevano essere troppo soddisfacenti per difetto di ventilazione e di riscaldamento e per facilità di contagi. A tutto ciò si aggiungevano le complicazioni della decorazione e dell'arredamento. Inoltre ambienti di tal genere, collocati spesso nei centri della vita cittadina, rappresentavano pericolosi focolai d'infezione.
L'Inghilterra offrì i primi esempî di ospedali in forma di costruzioni distaccate: l'ospedale di S. Bartolomeo a Londra, riedificato nel 1730, e l'altro nella base navale di Plymouth, terminato nel 1764. I vantaggi del nuovo sistema non sembra fossero abbastanza conosciuti e apprezzati. L'incendio divampato il 30 dicembre 1772 nell'Hôtel-Dieu di Parigi, dove perdettero la vita numerosi infermi, impose lo studio di una riforma edilizia. Il fisico J.-B. Le Roy riuscì meglio d'ogni altro a dimostrare l'inferiorità delle antiche costruzioni in confronto del tipo a padiglioni, dove gl'infermi erano distribuiti in aggruppamenti isolati. In tal modo oltre a essere eliminato il pericolo di nuove stragi in caso di sinistri, si largiva ai malati il beneficio di un'abbondante provvista d'aria, coefficiente necessario alla guarigione. "Gli uomini sani - egli concludeva - trovansi in procinto d'ammalare quando risiedano numerosi in uno stesso luogo; se malati e riuniti in ospedali, infinitamente maggiore sarà il pericolo. Io propongo quindi un ospedale con sale interamente separate, come le tende di un accampamento; ogni sala dev'essere come un'isola nell'aria, avvolta da una quantità considerevole di questo fluido in perpetuo movimento". A un secolo di distanza Guido Baccelli, nelle discussioni preliminari per l'erezione del Policlinico in Roma, completando il pensiero di Le Roy riassumeva l'ideale della tecnica edilizia nel concetto dell'"isola navigante nell'aria". Nella relazione all'Accademia di Francia, Le Rov dichiarava che, avendo compilato la memoria fino dal 1773, era stato obbligato a ritardarne la lettura fino al 1777 per le opposizioni d'un ministro tenace fautore dell'antico sistema. In seguito la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche fecero dimenticare il progetto che tornò in considerazione dopo i favorevoli risultati degli ospedali improvvisati in baracche durante le guerre di Crimea (1855-1856) e di secessione in America (1860-65). La minore mortalità constatata nelle ambulanze in confronto dei grandi ospedali determinò un rivolgimento di opinioni.
Al concentramento dei malati in unico edificio monumentale venne sostituito il decentramento in edifici separati, o padiglioni, con infermerie di 30-32 letti, ridotti progressivamente di numero nelle costruzioni più recenti, largheggiandosi invece nella disposizione di camere a uno o pochi letti.
Un nuovo tipo edilizio si è sviluppato in America. Abbandonata la tecnica dei padiglioni isolati, si costruisce un edificio unico a molti piani, da 4-5 fino a 20 e più, con stanze capaci di 1-4-16 letti.
Ordinamento economico. - Gli antichi ospedali, mantenuti dalla carità dei fedeli, e generalmente sottoposti all'autorità ecclesiastica, vanno considerati come istituzioni di beneficenza. Le ricchezze talora cospicue non mancano di suscitare cupidige; e fino dal periodo carolingio si manifesta la tendenza alla concessione in benefizî e commende delle opere elemosiniere, con effetto di trasferire l'usufrutto dei patrimonî all'arbitrio di singoli titolari. Gli abusi, altamente deplorati da personaggi austeri come S. Bernardo, formarono oggetto di provvedimenti repressivi nel concilio di Vienna (1311), e due secoli dopo nel concilio di Trento.
A misura che il ricovero degl'infermi rientra nell'ambito delle funzioni sociali, il potere civile assume l'ingerenza amministrativa degli ospedali, ma perdura a lungo il sistema della gratuità, poiché la clientela ospedaliera continua a essere formata di soli poveri. Gli ospedali di Roma, che fino alla seconda metà del sec. XIX primeggiarono per dovizia di rendite, emulando le istituzioni di Londra, furono gli ultimi ad abbandonare il carattere di beneficenza assoluta. Attualmente in Italia la legge provvede al ricovero gratuito degl'infermi poveri, e stabilisce per gli abbienti adeguati rimborsi. Il regime delle assicurazioni sociali disciplinerà in modo definitivo l'assistenza ospedaliera.
Bibl.: L. A. Muratori, Antiquitates italicae Medii Aevi, IV, diss. xxxvii, Milano 1738-42; N. Ratti, Sopra i stabilimenti di pubblica beneficenza degli antichi Romani, in Atti dell'Accademia romana d'archeologia, III (1829), pp. 375-425; G. De Matthaeis, Sulle infermerie degli antichi e loro differenza dai moderni ospedali, in Atti dell'Accademia romana d'archeologia, III (1829), pagg. 427-451; H. Haeser, Geschichte christlicher Kranken-Pflege und Pilgerschaften, Berlino 1857; P. Fanfani, Regole pei frati di S. Iacopo d'Altopascio, in Scelta di curiosità letterarie, LIV, Bologna 1864; L. Banchi, Statuto dello Spedale di S. Maria di Siena, in Collezione di opere inedite o rare dei primi tre secoli della lingua, VI, Bologna 1877; R. Virchow, Über Hospitäler und Lazarette, in Sammlung gemeinverständlicher wissenschaftlicher Vorträge, s. 3ª, LXXII, Berlino 1868-1869; C. Tollet, Les édifices hospitaliers depuis leur origine jusqu'à nos jours, 2ª ed., Parigi 1892; J. Delaville, Le Roulx, Cartulaire général de l'Ordre des Hospitaliers de Saint-Jean de Jérusalem (1100-1310), I, parigi 1894; F. Azzurri, Il ricovero degl'infermi dalla più remota antichità fino al Cristianesimo, in Rassegna delle Opere pie, I, Roma 1894, fasc. 3-4; L. Le Grand, Statuts d'Hôtels-Dieu et de Léproseries, Parigi 1901; L. Lallemand, Histoire de la charité, Parigi 1902-1912; E. Buonaiuti, Pammachio e il più antico ospedale cristiano, in La Crociata, II (1925), pp. 135-38; K. Sudhoff, Die geschichtliche Entwicklung der Beziehungen zwischen Beruf und dem Krankenhause, ed. in Nosokomeion, II (1931), pagine 1-20; A. Canezza, Gli arcispedali di Roma nella vita cittadina, nella storia e nell'arte, Roma 1933.
Architettura.
Sotto l'aspetto costruttivo gli ospedali si distinguono in permanenti e provvisorî e, secondo l'uso a cui sono destinati, in generali e speciali. Gli ospedali permanenti provvedono alla ordinaria assistenza degli infermi, mentre gli ospedali provvisorî, per ragioni impellenti o transitorie, come guerre, epidemie, terremoti, ecc., di solito si allogano in edifici d'uso pubblico come scuole, caserme e simili, oppure in tende o costruzioni provvisorie. Gli ospedali generali accolgono gli affetti di qualsiasi morbo, escluse le malattie mentali che vengono curate negli ospedali psichiatrici. Dato che per necessità pratiche ogni branca dello scibile umano va dividendosi e suddividendosi in rami diversi che, pur dipartendosi da un comune tronco fanno parte a sé, si sono creati istituti distinti per determinate forme morbose, pei ragioni di età, di sesso, di classe e via dicendo.
Così si costruiscono ospedali di isolamento per malattie contagiose, che più propriamente si dovrebbero chiamare di segregazione; ospedali ostetrici per donne partorienti; ospedali pediatrici per la cura dei bambini; ospedali oftalmici per la cura degli occhi; ospedali sanatoriali e sanatorî per ammalati di tubercolosi polmonare; ospedali militari, ospedali per cronici, ospedali clinici a uso didattico, ecc.
Tipi fondamentali di costruzione. - Possono essere ridotti a quattro: massiccio, a padiglioni, monoblocco e misto.
Al tipo massiccio appartengono gli antichi ospedali monumentali costruiti in Italia fino al sec. XVIII, dei quali l'Ospedale Maggiore di Milano e l'Ospedale di S. Spirito in Roma sono esempî cospicui. Si tratta di edifici costituiti, in generale, d'un solo edificio o di più corpi di fabbrica aventi lo stesso carattere, suddivisi da cortili, e di forma rettangolare, a doppio T, a croce, ecc., a diversi piani, nei quali sono allogati tutti i servizî, con grandi corsie unite da corridoi e disimpegni ma non sempre rese indipendenti.
Il tipo a padiglioni, che è stato adottato ovunque in larga scala, è costituito di diversi padiglioni (quasi sempre a due o tre piani) aventi la sala malati a corpo di fabbrica semplice, nettamente staccati o congiunti mediante pensiline chiuse o aperte, le quali mettono in comunicazione le varie sezioni dei singoli padiglioni fra loro e con i servizî generali. Questo tipo, fondato sul decentramento, ha lo scopo di suddividere i malati in diversi centri secondo il genere della malattia, il sesso, l'età, ecc., di modo che ogni sezione, dovutamente orientata, abbia la migliore insolazione e ventilazione, i contatti fra i diversi malati siano diminuiti e gli stabilimenti siano in tutto più rispondenti alle migliori esigenze dell'igiene.
Il tipo di ospedale a padiglioni ha avuto il suo grande sviluppo nel sec. XIX, e uno dei suoi primi e più celebrati esempi è l'ospedale Lariboisière di Parigi. In Germania esso ha trovato le sue massime applicazioni nel senso del decentramento, tali che ne sono risultate quasi costantemente abolite le comunicazioni tra edificio ed edificio, perfino nella modesta forma della pensilina, ed è stata assegnata a tutto l'insieme un'area enorme, che nel grande ospedale di Amburgo-Eppendorf supera i 400 mq. per malato. In Italia una delle opere più interessanti di questo tipo è il Policlinico Umberto I di Roma, in cui l'ospedale risulta innestato alle grandi cliniche e queste assumono un aspetto quasi monumentale. Il concetto di assicurare l'aerazione da ogni lato ha portato a disporre le sale dei malati su loggiati aperti (che in seguito le pratiche esigenze hanno fatto chiudere e utilizzare), mentre le comunicazioni tra edificio ed edificio sono relativamente chiuse. Due esempî italiani notevoli e recentissimi di questo tipo si hanno nell'ospedale Principessa di Piemonte di Bergamo e nell'ospedale Costanzo Ciano di Livorno.
Il tipo monoblocco, adottato da poco tempo anche in Italia, ritorna a un edificio unico a varî piani con corpi di fabbrica sporgenti, ma uniti direttamente al nucleo principale.
Come il tipo a padiglioni ha rappresentato una reazione ai vecchi tipi massicci, contrarî a ogni criterio d'igiene, così il blocco rappresenta una reazione contro il tipo a padiglioni, troppo costoso, esteso su aree enormi, di gestione difficile ed antieconomica nei riguardi dei servizî. Ma anche in questo campo si è giunti subito alle esagerazioni con gli ospedali americani, costituiti da un numero troppo grande di piani, privi di buone condizioni di ventilazione per l'addensamento dello schema planimetrico, ma aventi corsie assai ripartite con pochi malati per ciascuna.
In Italia il sistema si è innestato ai non pochi esempî che se ne avevano nel sec. XIX, tra cui di notevole interesse è l'Ospedale Galliera in Genova; e tra le diverse forme dell'edificio, risultanti dall'innesto su indicato, una che oggi sembra preferita è quella a pettine. In questo tipo le sezioni e i servizî si trovano situati in varî piani sovrapposti in modo che l'ospedale assume uno sviluppo prevalentemente verticale: perciò il diagramma di lavoro in essi si svolge in altezza e in base al concetto che le distanze in senso verticale si superano più facilmente e in tempo minore di quelle orizzontali; per tale ragione questa disposizione è favorita, oltre che dai mezzi meccanici, dai nuovi dettami dell'igiene e dalla tecnica nosocomiale.
È importante poi notare che il tipo monoblocco risponde nel miglior modo a quanto esigono i sanitarî, poiché la vicinanza fra i reparti e la facilità delle comunicazioni agevolano i rapporti fra i medici, i chirurghi, gli specialisti; offrono facili vie fra le sezioni per le cure e le indagini volute, rendendo vantaggioso, in tutti i sensi, l'uso in comune di mezzi terapeutici e diagnostici, anche costosi e delicati. Infine è degna di considerazione la notevole e ormai dimostrata economia di costruzione, e specialmente di gestione, che si ottiene con il raggruppamento a blocco.
Il tipo misto risulta intuitivamente dalla combinazione dei tipi su descritti, con prevalenza o riunione delle varie caratteristiche, contenendole tuttavia entro limiti stabiliti in maniera da contemperare i vantaggi dell'economia di gestione con altri che possono variare per diverse esigenze.
Un ospedale di tipo misto moderno è il nuovo Ospedale Maggiore di Milano, che consta di varî padiglioni a cinque piani, in parte riuniti fra loro secondo concetti particolari e in parte collegati mediante loggiati che li allaceiano anche ai servizî generali.
Positura. Area. - Gli ospedali devono essere collocati in un'area lontana da rumori e da stabilimenti; devono trovarsi in località non battuta dai venti, in terreno alquanto elevato e tale da assicurare il pronto smaltimento delle acque meteoriche e di rifiuto. In generale si computa una superficie di 75 metri quadrati per letto, ma attualmente non sono più in vigore regolamenti, onde si adotta e si richiede il maggiore quantitativo possibile rispetto alla configurazione dell'ospedale, alla natura delle malattie curate, tenendo presente che gli stabilimenti sanitarî devono essere circondati da una vasta zona di rispetto e che occorre un'ampiezza tale da consentire che i malati nei padiglioni, nelle corsie o nelle stanze possano godere il massimo d'insolazione, escludendosi l'orientamento a tramontana che è riservato ai locali di servizio. La questione dell'orientamento è stata argomento di lunghe discussioni tra gl'igienisti, specialmente nei riguardi dei padiglioni in cui lo schema di corpo di fabbrica semplice fa sì che le finestre delle corsie siano disposte in due orientazioni opposte; e le conclusioni più accettate sono state quelle di adottare una disposizione intermedia rispetto ai punti cardinali e in particolare un'inclinazione di circa 250 rispetto al N. per le pareti delle sale malati, cioè per gli assi dei padiglioni.
Corsie e loro annessi. - La capacità delle grandi corsie che negli ospedali massicci del Medioevo raggiungeva perfino 70 e 80 letti, nel sec. XIX è andata via via diminuendo fino a 20 o 25 (Ospedale del Celio di Roma, Ospedale Mauriziano di Torino) e attualmente è ridotta a un massimo di 13 letti nell'Ospedale C. Ciano di Livorno e di 10 letti nell'Ospedale Principessa di Piemonte di Bergamo. Nelle corsie di recentissima costruzione il numero è stato ancora ridotto a un massimo di 6 letti, destinando le camere separate per le capacità di uno, due, tre e quattro letti.
Alle corsie, in generale, sono annessi: le camere di isolamento per malati deliranti o gravi; il refettorio e la stanza di soggiorno (questi ultimi sono talora due ambienti separati ma spesso si riuniscono in un solo locale per ragioni di economia); verande o terrazze, che negli ospedali sanatoriali e nei sanatorî sono usate per la cura dell'aria e negli ospedali comuni per cure elioterapiche; la cucinetta per la preparazione delle tisane e per altre minute e diverse faccende; la stanza di servizio per uso degli infermieri; e il deposito della biancheria sporca, il ripostiglio, la stanza di visita o di medicazione e il gabinetto per i medici o per ricerche estemporanee. Le sezioni chirurgiche comprendono: le sale operatorie con annessi locali per sterilizzazioni, per la preparazione dei malati, per la toletta del chirurgo, ecc. La sezione di ostetricia comprende le camere da parto con relativi annessi, simili alle camere operatorie.
Ripartizione dei malati. - Di solito gli ospedali sono costituiti dalle sezioni fondamentali: medicina, chirurgia, ostetricia e ginecologia, pediatria e infettivi, alle quali si aggiungono le cosiddette specialità formate dalle sezioni: oculistica, otorinolaringoiatria, dermosifilopatia e talvolta una sezione di tubercolotici sebbene questi malati, attualmente, si alloghino in separati stabilimenti, ospedali sanatoriali o sanatorî. Per lo più molti ritengono opportuna anche una sezione per malati in osservazione. Gl'infermi, poi, sia per sesso sia per genere di malattia, possono essere ripartiti in sale, in piani o in padiglioni. Si noti che la sezione di chirurgia deve essere suddivisa, oltre che per sesso, in due parti distinte: settica e asettica. Per la cura degli esterni occorrono varî locali ad uso ambulatorî e pronto soccorso.
Servizî. - Si distinguono in direttivi, di approvvigionamento e diversi. I direttivi sono costituiti dagli uffici amministrativi e di direzione sanitaria; quelli di approvvigionamento dalla cucina generale per la preparazione degli alimenti per i malati e il personale; dalla lavanderia e relativa stazione di disinfezione annesse al guardaroba nel quale si lavora, conserva e distribuisce la biancheria; e dalla farmacia con locali accessorî per la eventuale fabbricazione e per la preparazione e distribuzione dei medicinali.
Gli altri servizî comprendono: il padiglione per cure fisiche, anche per gli esterni, al quale quasi sempre unito il reparto radiologico (terapia e diagnostica); la cappella per l'esercizio del culto; la camera mortuaria con la sala per autopsie e i laboratorî per ricerche cliniche; lo stabulario per animali da esperimento e infine gli alloggi per le suore e per il personale.
Dati igienici e costruttivi. - Per rispondere alle moderne esigenze dell'igiene e specialmente dopo l'esperienza acquisita con la cura dei malati e dei feriti durante la guerra mondiale, le norme per la costruzione degli ospedali sono state molto ridotte e rese più pratiche. Così l'altezza dei piani, da pavimento a soffitto, è stata limitata a metri 4; la superficie e il volume d'aria per camere a più letti, a metri quadrati 7,50 e metri cubi 30 per letto; per camere a un letto mq. 10 e mc. 40; per i bambini sotto i 14 anni, mq. 5 e mc. 15 per letto; abbondando ovviamente quando si tratti d'infettivi. La superficie finestrata non deve essere inferiore a un quinto di quella del pavimento. Quanto alla distribuzione degli apparecchi sanitarî, premesso che una sezione è suddivisa in due: maschile e femminile, e che ognuna contiene dai 25 ai 30 malati, si dovrà provvedere alle seguenti dotazioni: un bagno ogni 15 letti; un bidè e uno smaltitoio ogni 10 letti e non meno di uno per ogni sezione; un cesso ogni 10 malati; un lavabo ogni 5; e nella sezione maschile due orinatoi.
Caratteristiche esteriori. - Negli ospedali, in relazione all'odierno indirizzo psicofisico della medicina, si è andato valorizzando il fattore psicologico. Pertanto per rendere il luogo più accogliente e suggestivo, in omaggio al clima, all'indole e alla tradizione, sono sorti in Italia ospedali aggiardinati (Bergamo, Como, Milano) dove i parchi e i giardini formano parte integrante dello stabilimento, quasi annessi alle corsie. Gli edifizî sono varî e semplici, quali le correnti estetiche predominanti richiedono e le ragioni economiche impongono. L'occhio è soddisfatto per la diversità dei colori risultanti dai materiali impiegati, per l'armonica ripartizione dei vani e dei pieni, e per il movimento delle masse derivanti dalla specifica conformazione delle piante. Abbandonato, all'interno, il bianco conventuale di fronte all'aperta varietà del colore, tutto è studiato perché l'infermo si trovi in un ambiente sereno e tranquillo, sì da creargli uno stato d'animo che ne agevoli la guarigione.
Impianti tecnologici. - I principali sono: riscaldamento, ventilazione e distribuzione dell'acqua calda; stazione di disinfezione; provvista dell'acqua e impianti sanitarî; inpianto dell'energia elettrica; depurazione delle acque di rifiuto; impianto di gas per riscaldamento, ecc. Gl'impianti di riscaldamento ad acqua calda e a vapore per gli ospedali sono ormai tutti a sistema centrale. Le caldaie sono collocate in apposita officina, posta ordinariamente accanto alla lavanderia e alla cucina: da esse il fluido riscaldante, a mezzo di tubazioni, viene distribuito ai varî locali. Per quanto si riferisce alla ventilazione, attualmente è preferia quella che si effettua mediante la differenza di temperatura fra interno ed esterno attraverso vani di finestre e di porte provviste di apposite imposte. Gli architetti modemi prediligono le finestre panoramiche con telai a saliscendi, munite nella parte superiore di sportello ribaltabile (vasistas), sportello che si adotta anche sopra le porte. La ventilazione artificiale è applicata soltanto nelle sale per le autopsie, nei gabinetti, nelle cucine e in tutti quei locali in cui occorre un notevole ricambio d'aria. Per la provvista d'acqua si calcola un consumo giornaliero non minore di 350 a 400 litri per letto. Gl'impianti sanitarî devono essere eseguiti nel miglior modo tenendo presente la distribuzione degli apparecchi indicata nei dati igienici. Ora il solo tipo d'illuminazione ammesso negli ospedali è quello elettrico per ragioni igieniche, pratiche ed economiche. L'intensità luminosa necessaria è fissata in relazione all'uso a cui i varî ambienti sono destinati, e nei trattati speciali si troveranno le chiarezze volute, espresse in lux. In vista delle eventuali interruzioni di corrente, impianti di riserva provvedono all'illuminazione delle sale di operazione e di natalità. L'energia elettrica serve pure ad azionare motori, ascensori e montacarichi; apparecchi radiologici e medicali, nonché apparecchi per uso di cucina, telefoni, segnalazioni luminose, radio, ecc. Il gas è usato, oltre che per le cucine (a complemento del vapore), anche per sostituire l'energia elettrica quando è troppo costosa. S'impiega pure nelle cucinette, nei laboratorî e nelle ordinarie sterilizzatrici. La depurazione biologica artificiale e la disinfezione delle acque di rifiuto potranno essere richieste dall'autorità sanitaria a tutela della pubblica igiene.
V. tavv. CXI e CXII.
Bibl.: G. M. Belli, ordinamento dei servizi negli ospedali, Milano 1914; id., Costruzioni degli ospedali, ospizi e stabilimenti affini, ivi 1914; G. Marcovigi, Un ospedale militare di guerra, Bologna 1917; La rivista d'ingegneria sanitaria, dal 1917 al 1920; E. Ligorio, Manuale di igiene e tecnica ospedaliera, Torino 1922; G. Marcovigi, Il fattore psicologico nell'edizilia ospitaliera, in L'avvenire sanitario, 1 dicembre 1927; L. Martin e Dujarric de la Rivière, Hygiène hospitalière, Parigi 1927; L. L. Secchi, Il fattore psicologico nell'edilizia ospedaliera, in Il politecnico, 1929; Maison Schaerer, La construction des hôpitaux modernes et leurs installations, Berna 1930; H. Ritter, Der Krankenhausbau der Gegenwart, Stoccarda 1930; H. Schmieden, Krankenkausbau in neuer Zeit, Kirchhain 1930; Nosokomeion (rivista trimestrale degli ospedali), 1930 segg.
Ospedale militare.
Il primo ospedale militare, stabilimento destinato esclusivamente al ricovero e alla cura dei militari malati e feriti, fu aperto a Pinerolo nel 1629, durante l'assedio della città di Casale, per consiglio e opera del cardinale Richelieu. La creazione degli eserciti permanenti trae con sé nuovi tentativi d'istituzione d'un servizio sanitario militare, che rimasero però isolati e incompleti. Napoleone, che per il primo organizzò un vero e proprio servizio sanitario in guerra, curò anche l'istituzione di ospedali militari territoriali. Sia questi, sia quelli provvisorî al seguito delle truppe combattenti, si perfezionarono sempre più negli anni e nelle guerre successive fino a raggiungere l'alto grado di organizzazione odierna.
Ospedali militari territoriali. - Nel regno di Sardegna al principio del secolo XIX esistevano ospedali reggimentali. Re Carlo Alberto, con r. v. del 24 dicembre del 1831, in sostituzione di essi, che divennero infermerie, istituì gli ospedali militari divisionali. Questi furono poi adottati per il regno d'Italia, e sussistono tuttora. In essi vengono ricoverati e curati i militari delle forze armate in servizio attivo, e - con alcune limitazioni - gl'impiegati civili delle amministrazioni militari, gli ufficiali in congedo per malattie di breve durata, i militari di truppa in congedo da sottoporre a provvedimenti medico-legali, gl'iscritti di leva e i parenti di essi da sottoporre a un periodo d'osservazione, i non militari feriti o comunque bisognevoli di pronto soccorso. Gli ospedali militari territoriali, oltre a rispondere ad ovvie esigenze di disciplina, sono anche la sede più adatta per la risoluzione delle questioni medico-legali interessanti le forze armate dello stato. È infatti più agevole ai medici vissuti fra le truppe e aventi dimestichezza con l'ambiente militare, decidere con giusto criterio se il ricoverato possa dopo la malattia riprendere senz'altro servizio oppure se occorrano per lui provvedimenti sospensivi o la definitiva esenzione.
I più moderni degli ospedali militari territoriali sono costruiti in Italia a padiglioni, comunicanti fra loro, con fabbricati speciali per gli uffici di direzione e di amministrazione, per la biblioteca, per la farmacia, per il medico di guardia, per l'accettazione e spogliatoio dei nuovi entrati, per i gabinetti e laboratorî scientifici, per le commissioni di visite collegiali, per la cucina e dispense, per la camera mortuaria, per l'alloggio del direttore, dell'aiutante maggiore, del cappellano, della truppa di sanità, delle suore di carità addette all'ospedale. Gli ospedali militari in Italia sono tutti generali, cioè accolgono malati e traumatizzati di ogni specie. L'esercito non possiede ospedali speciali, nemmeno per malattie infettive (lazzaretti), perché i militari da curare nei lazzaretti (per vaiolo, colera, peste, ecc.) sono ricoverati negli ospedali civili. Negli ospedali militari i malati sono distribuiti, secondo la malattia in diversi reparti (di medicina, di chirurgia, per venerei cutanei, oftalmico, otorinolaringoiatrico, neuropsichiatrico, per infettivi) oltre un reparto ufficiali, ecc.
Ospedali provvisorî. - Sono quelli che vengono allestiti dall'autorità militare in guerra o in pace in tempo di epidemia. In tempo di guerra si impiantano al seguito delle truppe (ospedali da campo, autoambulanze chirurgiche, ospedali da guerra, ospedali improvvisati, ospedali contumaciali, lazzaretti) e all'interno del territorio (ospedali di riserva).
Gli ospedali da campo sono formazioni mobili costituite allo scopo di prestare cura e ricovero temporanei ai malati e feriti delle unità combattenti. Per solito se ne assegna un certo numero a ogni corpo d'armata; e altri vengono messi a disposizione dell'armata, che l'impianta nel territorio immediatamente retrostante a quello occupato dai corpi d'armata (zona delle retrovie). Prima della guerra mondiale l'esercito italiano disponeva di ospedali da campo da 200 e da 100 letti, e di ospedaletti da campo da 50 letti, parte carreggiabili, parte someggiabili. Ora è stato adottato un solo tipo d'ospedale da campo, da 50 letti, aumentabili. Gli ospedali da campo non hanno letti, ma pagliericci che vengono riempiti di paglia e collocati per terra. Fra i materiali di cui l'ospedale da campo è dotato vi sono (oltre gli effetti di biancheria, ecc.) sterilizzatrici, letto operatorio, letto di medicazione, medicinali, e oggetti di medicatura, barelle, tendericovero, tenda medicazione. Tale materiale, approntato fin dal tempo di pace, è conservato nei magazzini di mobilitazione degli ospedali territoriali, chiuso in appositi colli (casse, sacchi, gabbie, ceste, involti), che sono ciascuno di dimensioni, forma e peso tali da essere trasportabili non solo in ferrovia, su autoveicoli e carri a cavallo, ma anche a dorso di mulo. L'ospedale da campo viene impiantato, se è possibile, in fabbricati o in baracche, altrimenti sotto le tende-ricovero di cui è dotato, il cui numero può essere aumentato, prelevandole dai magazzini di materiale sanitario dell'armata, dai quali possono essere prelevati anche tutti gli oggetti occorrenti per aumentare la capacità in letti dell'ospedale. L'esercito italiano ha adottato le tende tipo Baumann e Moretti. Rispondono bene anche quelle del tipo Roma. L'ospedale da campo funziona come quello territoriale in pace. Deve avere sempre una tenda o una o due camere d'isolamento, per tenervi ricoverati provvisoriamente i malati e feriti sospetti d'essere affetti da malattie contagiose. I malati di medicina saranno ricoverati in reparti diversi da quelli dei malati di chirurgia e dei feriti. Negli ospedali di maggiore capacità e più importanti del corpo d'armata saranno allestiti anche reparti per infettivi, per venerei, per cutanei, per oftalmici, per malati e feriti di orecchio, naso e gola, per feriti del viso e per feriti del sistema nervoso, per ufficiali, per prigionieri. Qualcuno dei più avanzati sarà adibito al ricovero e cura dei feriti cavitarî. Nella zona delle retrovie parte degli ospedali da campo saranno specializzati, destinandone alcuni al ricovero dei soli feriti osteoarticolari, altri dei feriti del viso, dei feriti e dei malati agli occhi, dei malati e feriti di orecchio, naso e gola, dei neurolesi, dei malarici, dei malati di tubercolosi polmonare, di quelli di tubercolosi chirurgica, dei venerei e cutanei, de convalescenti di malattie infettive; altri saranno specializzati per ufficiali, e altri per prigionieri, ecc. La caratteristica degli ospedali da campo è quella di potersi spostare al seguito delle truppe cui sono stati assegnati. Perciò, specie quelli di corpo d'armata, devono avere sempre pochi letti occupati e sgombrare giornalmente, secondo le istruzioni del direttore di sanità d'armata e con i mezzi da esso forniti, i malati e feriti trasportabili sugli ospedali retrostanti. In caso di avanzata aspetteranno l'arrivo delle unità destinate a sostituirli, e, consegnati ad essi i malati e feriti rimasti, perché intrasportabili, raggiungeranno col proprio materiale e personale le truppe cui sono addetti. Se queste si ritirano lasceranno sul posto, sotto la protezione della convenzione di Ginevra, col personale e materiale indispensabile, i feriti e i malati intrasportabili, e seguiranno le proprie truppe nella ritirata valendosi, per il trasporto del materiale, dei mezzi di cui sono dotati o che saranno ad essi forniti.
Gli ospedali da guerra sono allestiti fin dal tempo di pace dalla Croce Rossa e dall'Ordine di Malta. Sono simili agli ospedali da campo e sono destinati a funzionare nella zona delle retrovie. Gli ospedali improvvisati vengono allestiti dalla direzione di sanità d'armata nella zona delle retrovie in fabbricati o sotto baracche. Gli ospedali contumaciali sono ospedali improvvisati il cui scopo è quello di accogliere malati e feriti, i quali per la loro provenienza, o perché fra essi si svilupparono casi di malattie infettive contagiose (colera, ecc.), sono sospetti e non possono essere sgombrati subito sugli ospedali territoriali; costoro vengono trattenuti negli ospedali contumaciali per un periodo di tempo corrispondente a quello d'incubazione della malattia temuta, e vi subiscono tutti gli esami di laboratorio indispensabili e tutte le misure di bonifica personale con disinfezione e disinfestazione delle loro robe. Trascorso il periodo di contumacia senza che si sia manifestato nessun caso della malattia temuta, i malati e feriti vengono sgombrati sugli ospedali territoriali.
I lazzaretti in tempo di pace sono di spettanza delle autorità civili, ma in guerra rappresentano una necessità militare e vengono impiantati, di norma, nella zona dei corpi d'armata, in fabbricati, o sotto baracche. Hanno un'organizzazione analoga a quella degli ospedali contumaciali, ma disposizioni più rigorose, specialmente per quanto riguarda isolamento e disinfezione, trattandosi non più di sospetti ma d'individui realmente affetti dalle più gravi malattie infettive (colera, vaiolo, peste, ecc.). In caso d'urgenza uno o più ospedaletti da campo vengono sgombrati dei malati e feriti ricoverati e trasformati in lazzaretti.
Gli ospedali di riserva sono impiantati allo scoppio della guerra dall'autorità sanitaria militare rimasta in territorio nelle varie città del regno, situate sulle grandi reti ferroviarie, allogandoli in fabbricati già prenotati fino dal tempo di pace (caserme, scuole, collegi, ecc.), oppure in baracche. La loro capacità in linea generale può oscillare dai 300 ai 500 letti. Sono destinati a ricoverare e curare i malati e feriti che vengono sgombrati dagli ospedali della zona di guerra. Il personale ufficiali e truppa di sanità è tratto dalle classi richiamate dal congedo più anziane e dai dichiarati inabili alle fatiche di guerra di quelle giovani. Il materiale è prelevato dai magazzini militari o è acquistato dal commercio. Finita la guerra gli ospedali di riserva cessano gradatamente di funzionare, e il materiale viene riversato nei magazzini o venduto, i locali restituiti. Gli ospedali di riserva d'ogni corpo d'armata funzionano come succursali di quello militare esistente in ogni divisione fin dal tempo di pace e sono da esso allestiti. Tutti dipendono dal direttore di sanità del corpo d'armata, che provvederà alla loro specializzazione, come è stato accennato per quelli da campo della zona delle retrovie e come fu fatto nella guerra mondiale, nella quale i più importanti funzionarono anche da centri di raccolta rispettivamente per storpî, per neurolesi, per ciechi, per sordi, per mutilati del viso, ecc., che vi vennero trattenuti fino al conseguimento della guarigione chirurgica, dopo di che quelli che ne avevano bisogno passarono alle sezioni di terapia fisica e ortopedica, e da queste nelle case di rieducazione. Tutti infine furono affidati all'Opera nazionale per l'assistenza agli invalidi e mutilati di guerra.
Ospedali psichiatrici.
La materia manicomiale è presentemente disciplinata dalla legge 14 febbraio 1904, n. 36, che fu integrata poi dal regolamento 16 agosto 1909, n. 615, nel quale sono contenute nuove norme che rappresentano un'audace estensione delle disposizioni della legge. Importa notare che queste disposizioni non soddisfano tuttavia le esigenze degli alienisti, esigenze esposte in un progetto di legge in preparazione, nel quale si rileva la necessità d'abbandonare il vieto concetto per cui la funzione del manicomio s'informava sul criterio della difesa sociale, ritenendo che il malato di mente fosse anzitutto individuo pericoloso, e sul concetto di protezione della libertà individuale. Per ciò gl'infermi che possono o debbono essere ricoverati nei manicomî non sono solo quelli pericolosi o di pubblico scandalo, ma tutti i malati di mente, e i manicomî, divenuti innanzi tutto luoghi di cura e d'assistenza per i malati di mente in genere e secondariamente luoghi di custodia per quei malati che risultino pericolosi, vanno sempre più trasformandosi in veri ospedali.
Questi ospedali debbono quindi essere forniti di tutti i mezzi suggeriti dalla scienza, di notevoli sussidî terapeutici, laboratorî per ricerche cliniche, speciale organizzazione di personale, ecc.
Manicomî sono, per conseguenza, quegli stabilimenti adibiti alla custodia e assistenza dei cronici. Questa suddivisione è importante anche per l'economia sociale, perché per i cronici è sufficiente assicurarne la custodia e l'assistenza con molto minore dispendio d' energia e di spesa di quanto richieda la cura dei malati acuti.
In Italia, al principio del secolo XIX, si cominciarono ad erigere i manicomî con gli stessi concetti degli ospedali comuni di vecchio tipo, cioè costituiti da un unico grandioso edificio come, p. es., i manicomî di Torino e di Genova. Verso la fine del secolo ebbe preferenza il tipo a padiglioni comunicanti fra loro per mezzo di loggiati, dove i pazzi sono ripartiti a seconda del sesso, delle malattie da cui sono affetti e della classe sociale a cui appartengono; così negli ospedali psichiatrici di Ancona, provinciale di Bologna, in Imola, ecc. Ora per la spedalizzazione dei pazzi si va preferendo l'ospedale tipo villaggio (per esempio quello di Gorizia), in cui i varî edifizî ond'è composto sono di forma e d'aspetto diverso; staccati l'uno dall'altro, in modo che il malato non abbia l'impressione di trovarsi in un'abitazione coatta.
Il prevalere della teorica del no-restraint (v.) fa sì che oggi il pazzo goda d'una relativa libertà; e però padiglioni d'aspetto gaio, con stanze alte, ariose e variopinte, con finestre prive d'inferriate, aperte verso giardini che li circondano, i cui termini non sono più segnati da muri ma da reti metalliche opportunamente mascherate da siepi sempreverdi. Si ritiene che un ospedale psichiatrico non debba accogliere più di 500 a 600 alienati al massimo fra i due sessi, suddiviso, per le diverse categorie, in altrettante piccole costruzioni della capacità media di 50 persone, le quali debbono servire per gruppi omogenei di malati caratterizzati dal loro contegno, conforme al criterio clinico dell'eventuale pericolosità immediata e al prognostico della malattia.
L'ospedale sorge, d'ordinario, in una larga estensione di terreno di non meno di 20 ettari, con caratteristiche tali da togliere la spiacevole impressione d'uniformità, specialmente ai malati che spesso hanno degenza assai lunga. Detto terreno ha sempre varie possibilità di coltura e ha delle accidentalità. Ogni padiglione ha al centro un cortile-giardino alberato. Nella parte mediana del terreno è collocato il padiglione destinato ai malati che è opportuno non abbiano contatto con il pubblico e, alla periferia, gli altri.
I padiglioni dei malati che non debbono avere contatto col pubblico sono recinti da robuste siepi vive, in mezzo alle quali è posta una rete metallica alta non meno di m. 2. I padiglioni, di qualunque conformazione, sono disposti con una regolarità mascherata dalle accidentalità del terreno, e, con viali alberati, si collegano fra loro e con i fabbricati dei servizî generali, con i padiglioni d'isolamento, con la sala mortuaria e con l'abitazione del personale.
Riguardo alla distribuzione dei degenti, gli specialisti A. Tamburini, G. C. Ferrari e G. Antonini propongono che le due sezioni, maschile e femminile, siano suddivise ciascuna in quattro padiglioni indipendenti, ciascuno dei quali ha bisogno d'una assistenza speciale e di particolari disposizioni edilizie, rispettivamente:
1. per alienati in osservazione (da 8 a 10% del numero complessivo dei malati);
2. di trattamento e vigilanza per gli ammalati affetti da psicosi acute per episodî intercorrenti e per malati pericolosi per sé stessi, con annessa infermeria (il 25%);
3. per malati a impulsi contro altri e perciò pericolosi come individui, in osservazione giudiziaria o criminali prosciolti (dal 10 al 15%);
4. diviso in due parti, o due padiglioni: a) sezione per alienati che, senza necessitare del ricovero come al secondo e terzo padiglione, hanno bisogno d'un'assistenza particolarmente attiva da parte degli infermieri per non diventare malproprî (senili, idioti, emiplegici); b) sezione di transizione per cronici e convalescenti non adibiti alla colonia agricola, ma che possono essere applicati in qualche occupazione (cosiddetti semiagitati).
Si devono poi aggiungere i seguenti locali: colonia agricola, dal 15 al 20% circa del totale dei malati, e locali separati per lavori industriali (officine); mezzi indispensabili per la cura degli alienati; locali d'isolamento per malattie infettive; camera mortuaria e locale per autopsie; sala per i divertimenti, cappella, abitazione per il direttore, medici e impiegati.
Nella parte anteriore del terreno, vicino alla direzione e ai servizî generali, si trovano padiglioni d'osservazione, di cura e di vigilanza e, più distanti, quelli di semplice ricovero e assistenza quasi a formare un secondo stabilimento coloniale e per cronici. In ogni padiglione i dormitorî contengono oltre i 20 malati per la parte agricola, 10 per quelli in cura, e hanno qualche cameretta individuale. Per quanto riguarda la costruzione e l'igiene, si seguono le norme per gli ospedali comuni, salvo qualche particolare che è indicato nei relativi trattati.
Esistono manicomî per criminali e per cronici gestiti da enti e da privati, ma sempre sottoposti ai requisiti di legge.
Bibl.: Disposizioni sui manicomi e sugli alienati, legge 14 febbraio 1904, n. 36 e regolamento relativo r. decr. 16 agosto 1990, n. 615; A. Tamburini G. C. Ferrari, G. Antonini, L'assistenza degli alienati in Italia e nelle varie nazioni, Torino 1918; Il nuovo schema di legge sui manicomi e sugli alienati, in La voce sanitaria, Venezia 7 giugno 1923; E. Ciarla, L'ospedale psichiatrico e il nuovo progetto di provincializzazione degli ospedali, in Rassegna di studi psichiatrici, nov.-dic. 1929; G. Santangelo, Il problema del decentramento dell'assistenza psichiatrica alla stregua dei dati dell'ufficio statistico delle malattie mentali, Ferrara 1931; Rivista delle provincie, giugno-luglio 1932; E. Ciarla, L'ospedale psichiatrico di Reggio Calabria, in Ospedale psichiatrico, I (1933), n. 2; G. Kolb, Sammelatlas für den Bau von Irrenastalten, Halle; L'ospedale provinciale psichiatrico di Gorizia, luglio 1933.