OSPEDALE
L'o. medievale fu inizialmente un'istituzione dalle funzioni generiche e difficilmente definibili, con una tendenza alla selezione più che alla specializzazione. Infatti, soprattutto in Occidente, il termine o. (o spedale) era pressoché equivalente a quello di ospizio e non indicava un'istituzione finalizzata alla cura di malati e feriti - come oggi viene inteso -, ma aveva un significato assai vicino a quello suggerito dalla sua derivazione etimologica: dal lat. hospes òspite'. Ciò non toglie che nell'o. medievale si accogliessero anche dei malati, ma non in quanto tali, bensì perché sovente era lo stato di malattia a determinare quello di necessità.L'o. medievale fu innanzi tutto luogo di ospitalità, funzione che viene confermata dall'uso, specialmente in Italia e in Gallia, del termine xenodochium (nel mondo greco lo xenodochéion era il luogo dove si accoglieva uno straniero o un ospite), in alternativa a quello di hospitale, come sede di accoglienza del forestiero.Il termine o. è sopravvissuto nelle lingue europee fino a oggi e, anche in quei casi in cui ha subìto trasformazioni, si avverte la natura religiosa dell'istituzione: ne sono la prova denominazioni quali l'ingl. God's House, l'olandese Godshuis, il franc. Maison-Dieu o l'Hôtel-Dieu. Si tratta di espressioni che indicano chiaramente come l'o. sia "una casa che si trova sotto la speciale protezione di Dio e si può anche considerarla la Sua propria casa" (Leistikow, 1967, p. 10).L'Antichità non sembra aver conosciuto l'esistenza di istituzioni ospedaliere, dal momento che l'ospitalità rientrava nell'impegno morale del singolo individuo. Per quanto riguarda l'assistenza dei malati, nell'antica Grecia i luoghi destinati alla terapia vanno ricercati presso i santuari delle divinità protettrici della salute, i cui sacerdoti potevano dispensare le cure ritenute idonee. Nella Roma imperiale si potrebbero forse paragonare in qualche maniera ai moderni o. i valetudinaria, sorta di infermerie destinate alle guarnigioni militari, ma precluse alla popolazione civile.All'origine dell'o. che si affermò nel Medioevo è il sentimento cristiano dell'aiuto materiale e spirituale al prossimo bisognoso, concetto che sopravvisse fino al sec. 18°, quando finì per prevalere la funzione di luogo di cura. In questo senso sembra essere stato anticipatore il mondo islamico, dove, fin dal sec. 8°, sarebbero sorte apposite istituzioni per la cura delle malattie, con annessi servizi medici, farmaceutici e scuole di medicina.In Oriente, la più rapida affermazione del cristianesimo favorì un precoce sviluppo delle iniziative assistenziali, come dimostra per es. la tradizione ospedaliera dei monaci basiliani. Sembra certo che la propensione del mondo bizantino per le sofisticate distinzioni abbia portato all'individuazione di molteplici classi funzionali di ospedali. Nel Codex Iustinianeus (529-534), che certamente riflette in materia disposizioni più antiche, compare tutta una serie di istituzioni finalizzate a forme di assistenza ben diversificate tra loro: così, accanto al più generico xenodochio, si trovano il nosocomio per accogliere i malati, l'orfanotrofio per gli orfani, il brefotrofio per i bambini abbandonati, il gerontocomio per l'accoglienza dei poveri vecchi e altri istituti ancora. All'interno del singolo o., sia pure in epoca più tarda (sec. 12°), comparivano sezioni distinte non solo per uomini e donne, ma anche per la chirurgia, per la diversa gravità dei malati, compresi quelli cronici, oltre a un servizio di farmacia e di bagni. Dal punto di vista architettonico sembra che l'impianto preferito fosse quello a padiglioni.In Occidente, una tradizione riferita da s. Girolamo vuole che il primo o. sia sorto a Roma verso la fine del sec. 4°, per iniziativa della pia donna Fabiola, allo scopo di aiutare gli infermi abbandonati. Altrettanto avrebbe fatto Pammachio nel porto di Roma, alla foce del Tevere, ma i resti riportati alla luce lasciano dubbi in proposito (Krautheimer, 1965, p. 230, n. 54; Leistikow, 1967, p. 11). Questi contengono l'impianto di una basilica a tre navate, preceduta da un grande atrio a quadriportico e affiancata da lunghi ambienti, ma il complesso, pur appartenendo a un'architettura sacra, non si può ritenere significativo come prototipo di un ospedale.Nella diffusione delle istituzioni ospedaliere occidentali dovette risultare determinante l'esempio venuto dall'Oriente bizantino. A differenza di quanto avvenne in Oriente, dove sopravvissero o. fondati in età giustinianea, nell'Europa occidentale la disgregazione dell'autorità centrale e l'avvento del particolarismo feudale dovettero determinare nei primi secoli del Medioevo la scomparsa di molte antiche istituzioni ospedaliere.Tuttavia, quando si ricominciarono a percorrere con intensità le strade, l'o. acquistò un ruolo determinante. La ripresa dei commerci e dei pellegrinaggi fece sì che strade mediocri venissero percorse da mercanti che scambiavano le loro merci sui principali mercati europei e da pellegrini che si recavano in Terra Santa, a Roma o a Santiago de Compostela. Si trattava di un'incredibile quantità di viandanti di ogni ceto sociale, la maggior parte dei quali necessitava di ogni assistenza. Da ciò deriva lo stretto legame esistente nel Medioevo tra strade e o., più numerosi e importanti nelle grandi città oppure là dove il percorso era costretto a superare difficili ostacoli naturali, come l'attraversamento di un grande fiume o il valico di una catena di monti, per non dire di una fitta foresta o di un'area paludosa. Il numero di o. disseminati lungo le strade medievali è davvero impressionante: per fare un esempio noto si può indicare che nel tratto senese della via Francigena tra Monteriggioni e San Quirico d'Orcia (km 50 ca.), ne sono documentati nel Tardo Medioevo una quarantina, sia pure non tutti contemporaneamente, cui si devono aggiungere gli oltre trenta compresi entro le mura di Siena. L'individuazione del sito degli o. è dunque uno degli strumenti per la ricostruzione di un itinerario stradale del Medioevo.L'elevato numero di o. medievali, spesso di vita effimera, indica chiaramente che nella maggior parte dei casi si dovette trattare di istituzioni di piccole, se non piccolissime, dimensioni, capaci solo di qualche ospite. Ma in non pochi casi, soprattutto nelle grandi città, sorsero fondazioni ospedaliere che raggiunsero ben presto grandi dimensioni, sopravvissute fino a oggi. Questi grandi o. cittadini mostrarono già nel Tardo Medioevo spiccate tendenze alla selezione dei malati e all'esercizio della medicina. Tuttavia, anche per quanto riguarda i piccoli o., documenti ecclesiastici dei secc. 13° e 14° (per es. gli elenchi delle Rationes decimarum) usano termini quali domus leprosorum, domus infectorum, hospitale pauperum, hospitale alamanorum e altre espressioni che indicano una tendenza alla selezione (non sembra il caso di parlare di specializzazione) sia riguardo al tipo di malattia sia riguardo al fenomeno in atto nel monachesimo benedettino, che, in rispetto della volontà di s. Benedetto nei confronti degli ospiti, prevedeva nelle maggiori abbazie la presenza di un hospitale pauperum, di un hospitale peregrinorum e di un hospitale hospitum, regolati da precise disposizioni.Verso la fine del Medioevo nelle maggiori città sono documentati o. variamente finalizzati. A Siena, per es., pur predominando ampiamente le istituzioni di ospitalità per i pellegrini, esistevano orfanotrofi, ospizi per i giovani poveri, per le fanciulle abbandonate, per le vedove, per le donne di malaffare che intendevano ravvedersi, accanto a un ospizio riservato a personaggi di rango. Inoltre, la presenza anche di un ospizio per i tignosi e di uno per i lebbrosi sembra indicare la volontà di isolare i malati contagiosi, anticipando così i più moderni lazzaretti.Il fatto che l'o. nasca come una istituzione pia, destinata all'assistenza generica di viandanti e di bisognosi, e che l'attività sanitaria appaia inizialmente e per lungo tempo occasionale e comunque marginale, pone il problema dell'origine di quella funzione medica che finì con il tempo, nell'età moderna, per diventare predominante. Qualche forma di collegamento tra l'o. medievale e l'esercizio della medicina dovette manifestarsi assai presto, se la tradizione vuole che la celebre scuola salernitana abbia tratto origine da un ospizio che i monaci di Montecassino tenevano presso un loro monastero di Salerno, al quale facevano ricorso i malati per ricevere cure e farmaci. Del resto Montecassino, che aveva ospitato Costantino Africano, il medico di origine araba più importante del sec. 11°, fu considerato il più rilevante centro di medicina monastica fino a quando il generale progresso degli studi medici tolse ai monasteri il primato che detenevano fin dall'Alto Medioevo (Penco, 19833). L'attività medica dei monasteri, oltre allo studio della medicina e alla trascrizione dei relativi testi, "si esplicò più che altro nell'erezione e nell'amministrazione di ospedali, una volta che la netta ostilità dei Longobardi cedette a un atteggiamento conciliativo nei riguardi delle istituzioni religiose. Ed è significativo che il più importante monastero pistoiese di epoca longobardica, S. Bartolomeo, sia stato fondato, nel 767, dal medico longobardo Gaidualdo, archiatra degli ultimi re longobardi, e da esso dotato di uno xenodochio" (Penco, 19833, p. 417).Via via che si approfondiscono le conoscenze dei grandi o. cittadini emerge sempre più chiaro che, almeno nel Tardo Medioevo, essi assunsero anche i connotati del luogo di cura: basta citare l'o. di S. Maria della Scala di Siena, che si vuole sorto nel sec. 10° e per certo divenuto una delle maggiori istituzioni ospedaliere europee del Medioevo. A cavallo tra i secc. 14° e 15° si sa che esso ospitava i pellegrini, curava gli infermi, accoglieva e allevava (già dal 1298) bambini abbandonati, elargiva elemosine in pane e vitto ai 'poveri vergognosi' (Piccinni, 1990), traendo le necessarie risorse da una vasta proprietà fondiaria, organizzata in grange. Lo statuto di quest'o., all'inizio del sec. 14°, prevedeva l'ammissione di tutti coloro che vi venissero portati, con l'esclusione di alcune categorie di malati, come i lebbrosi e i paralitici. Alla fine del secolo lo statuto dello stesso o. dimostra come questo potesse ormai essere considerato quale luogo di cura, dal momento che i malati vi potevano essere ospitati fino a che non fossero stati liberati dalle loro infermità. Non solo, già esisteva la consuetudine che i medici la mattina e la sera medicassero i malati e che un chirurgo sedesse 'alla cassetta' a disposizione di questi. Inoltre, fino all'inizio del sec. 14°, all'interno dell'o. era attivo uno speziale addetto alla preparazione delle medicine da somministrare, mentre, un secolo dopo, sembra vi fosse operante una scuola di medicina.Il ruolo dei Benedettini nella promozione dell'assistenza durante il Medioevo è fondamentale; lo attesta anche il piano di San Gallo (San Gallo, Stiftsbibl., 1092), documento rilevante anche per la storia degli o., dal momento che nella quarantina di edifici che vi sono indicati si possono individuare le costruzioni destinate a ospizio e quelle per la cura dei malati (Leistikow, 1967): le prime comprendono la casa per gli ospiti di riguardo, la casa per i poveri e i pellegrini, l'abitazione per i monaci di passaggio; tra le seconde si annoverano l'o. dei monaci, con cucina e bagno e con annesse la scuola per i novizi e due chiese tra loro simmetriche, l'ambiente per i salassi, la casa dei medici con stanze per i malati gravi e la farmacia, comunicante con un giardino per la coltivazione delle piante medicinali.È interessante constatare che nel piano di San Gallo l'infirmarium, cioè l'o. dei monaci, ripete, sebbene in forma ridotta, lo schema della clausura, dal momento che è organizzato intorno a un piccolo chiostro, al centro del quale è un pozzo. Riguardo alla disposizione degli ambienti e dei servizi, sul lato occidentale sono una grande stanza e il refettorio, sul lato settentrionale l'ambiente per i malati gravi e la stanza del rettore, sul lato orientale una stanza di soggiorno riscaldabile e il dormitorio con le latrine e, infine, sul lato meridionale la chiesa. Questo schema può essere considerato il modello architettonico dell'o. del Medioevo, dal momento che durante tutto questo periodo predominò il concetto religioso dell'istituzione. Pertanto, sebbene il piano di San Gallo sia da considerare uno schema ideale, molte delle indicazioni che vi sono contenute (in modo particolare per le infermerie) possono essere riscontrate in varie abbazie di tutta Europa, come a Canterbury, a Cluny o nelle fondazioni cistercensi, da Fountains a Fossanova.Di queste infermerie monastiche rimangono ancor oggi numerose testimonianze in varie parti d'Europa, dall'Inghilterra alla Germania, che dimostrano come queste potessero raggiungere notevoli dimensioni e struttura architettonica anche a tre navate. Nell'abbazia inglese di Canterbury, della seconda metà del sec. 12°, la sala dell'infermeria, con impianto a tre navate, raggiunge la lunghezza di m 75 e la larghezza di m 21. In Francia, invece, l'unica abbazia cistercense che conserva l'infermeria medievale è quella di Ourscamps (dip. Oise), sebbene adattata a chiesa in età moderna. Anche in questo caso l'impianto della sala - capace di ospitare un centinaio di letti disposti lungo i lati - è a tre navate della stessa altezza, con la copertura a volte sostenuta da eleganti pilastri; l'interno, illuminato da finestre disposte su più ordini, era riscaldato da un camino. Per quanto ridotta oggi a un grandioso quanto suggestivo complesso di rovine nel fondo valle del fiume Skell, l'abbazia di Fountains (Yorkshire), fondata nel 1132, offre ancora un'idea chiara dell'organizzazione di una struttura ospedaliera monastica. A E del monastero, e a questo collegata da un passaggio, si estende la grande infermeria per i monaci e i relativi annessi; dalla parte opposta sono i locali per i fratelli laici, mentre presso questi, ma separato, è l'hospitium, forse riservato agli ospiti di riguardo (è presumibile che l'alloggio per i viaggiatori e i pellegrini dovesse trovarsi presso l'ingresso principale del monastero). La grande infermeria dei monaci (m 5525) era anche in questo caso caratterizzata da un impianto a tre navate e aveva annessi l'abitazione dell'infirmarius, la dispensa, la cucina, la cappella e altri ambienti.In ambito tedesco, per dimensioni e stato di conservazione, si distingue l'infermeria di Eberbach (Assia), riferibile ai primi decenni del sec. 13°, la cui grande sala (m 38,516) è divisa in tre navate coperte con volte a crociera sostenute da eleganti colonne. In Italia l'infermeria dell'abbazia cistercense di Fossanova (Lazio), una delle meglio conservate, è formata da una sala (m 4811 ca.) a navata unica, anch'essa riferibile al 13° secolo.I Benedettini non furono però i soli religiosi che nel Medioevo esercitarono l'ospitalità, dal momento che molti ordini e congregazioni, anche se derivati o ispirati da essi, ebbero come obiettivo precipuo l'attività ospedaliera. Le finalità assistenziali che queste famiglie di religiosi si proponevano erano tuttavia differenziate: ci furono ordini ospedalieri cavallereschi (Cavalieri di s. Giovanni di Gerusalemme, Templari, Cavalieri Teutonici) che si dedicarono all'assistenza e alla protezione dei pellegrini in Terra Santa; altri sorti per esercitare l'assistenza su un tratto difficile di strada (per es. i Frati ospitalieri di Altopascio presso Lucca); altri infine si dedicarono a una più generica accoglienza dei bisognosi (per es. gli Ospedalieri dello Spirito Santo); non mancavano, infine, ordini che si dedicavano alla cura dei lebbrosi (Ordine di S. Lazzaro) o delle vittime del 'fuoco di s. Antonio' (i Canonici regolari di s. Agostino di s. Antonio).Cospicuo fu l'apporto all'assistenza dei vari ordini canonicali, sorti tra i secc. 11° e 12°, che adottarono in prevalenza la Regola di s. Agostino, avendo tra i loro compiti l'ospitalità in quanto parte integrante della cura animarum. Ne deriva quindi che anche le 'canoniche' inserite nei distretti plebani devono essere considerate in stretto rapporto con la viabilità medievale. Naturalmente, nel vasto e variegato contesto dell'assistenza dell'epoca, oltre alle istituzioni di matrice religiosa non devono essere trascurate le iniziative con carattere più marcatamente laico, la cui attività tende però a confondersi con l'ospitalità a pagamento e quindi ad avvicinarsi all'esercizio del moderno albergo.La prevalente natura dell'o. medievale come istituzione religiosa stabile, solitamente gestita da un ordine in ciò specializzato, unitamente al fatto che i ricoverati venissero assoggettati, durante la loro permanenza, alla stessa regola dei membri della comunità religiosa, furono elementi determinanti dello schema costruttivo. Da ciò deriva che "la struttura dell'ospedale medievale ha un carattere statico" e che "non esiste alcuna evoluzione ma un processo costruttivo che ha le sue radici da una parte nel mondo dello spirito e della religione e dall'altra nell'architettura e nell'arte" (Leistikow, 1967, p. 15). Ne consegue pertanto che la struttura materiale dell'o. medievale ebbe caratteri desunti dalla cultura architettonica religiosa localmente dominante; appare difficile, invece, cogliere indirizzi costruttivi maturati all'interno di un determinato ordine ospedaliero, come invece è possibile, per es., nelle realizzazioni cistercensi.Il tipo più diffuso di o. medievale è quello 'a sala', a un solo piano, a una o a tre navate con copertura a volte o con legname in vista, illuminato da finestre sui lati lunghi, in tutto simile a una chiesa, anche nei dettagli di arredo architettonico. Una tale struttura era infatti in grado di ospitare più persone sotto lo stesso tetto e di soddisfare le esigenze essenziali della vita umana: cibo, giaciglio e, soprattutto, ufficio divino. Ciò implicava una perfetta visibilità dell'altare dalle lunghe file di giacigli che si allineavano attestati lungo le pareti. Gli ospiti facevano vita comune in questi grandi ambienti (pellegrinai), suddivisi secondo il sesso e, in certi casi, anche a seconda delle loro necessità; solo successivamente sembra sia venuta l'usanza di separare i letti con tramezzi di legno o con tendaggi.L'o. medievale è dunque il frutto di un impegno bivalente fatto di contenuti laici e religiosi - si veda il rapporto corsia/altare, che si conservò anche nell'o. razionale del sec. 18° -, dove si riuscì a fondere il sacro e il profano in un'organizzazione architettonica, diffusa un po' ovunque in Europa, i cui connotati non sono ancora del tutto chiari, ma che sembra toccare il punto culminante tra il sec. 12° e il 13°, sopravvivendo almeno fino ai secc. 14° e 15° e talora anche dopo. Le difficoltà d'interpretazione che ancora sussistono sull'evoluzione dello schema costruttivo dell'o. medievale sono dovute sia alle perdite materiali sia alle profonde trasformazioni legate a un uso ininterrotto che in molti casi, in genere quelli più significativi, è durato fino a oggi. Lo schema che lega tra loro i vari ambienti, e quindi la distribuzione delle funzioni dell'o. medievale, restano in genere nel campo delle supposizioni basate sul modello monastico.L'area europea dove l'o. 'a sala' raggiunse le più alte espressioni di coerenza architettonica è la Francia, dove esemplare divenne il modello dell'Hôtel-Dieu di Parigi, che si vuole sorto addirittura nel sec. 6°, ma ricordato fin dalla metà del 9°, sull'isola della Senna, diventando poi il maggiore o. transalpino; nel sec. 13° esso vantava ben quattro corsie, due più antiche a una navata e due più recenti a due navate.Leistikow (1967) indica alcune sale ospedaliere europee che possono essere significative del modo di interpretare questo modello parigino, a partire dal 12° secolo. In Francia, una delle più antiche è quella dell'Hôpital Saint-Jean di Angers (dip. Maine-et-Loire), fondato e realizzato nella seconda metà del sec. 12°, dal momento che risente ancora dei modelli monastici, poiché i locali (sala, cappella, magazzino e altri annessi non più esistenti) erano distribuiti intorno a un chiostro. La sala, di notevoli dimensioni, è spartita in tre navate di uguale altezza e larghezza e sviluppata in otto campate coperte da eleganti volte a crociera.Sorto anch'esso verso la fine del sec. 12°, il Sint Janshospitaal di Bruges, in Belgio, ha assunto un'organizzazione in apparenza caotica degli organismi architettonici che hanno ricevuto numerose addizioni nel tempo. Alla sala più antica, del sec. 12°, furono collegate una cappella e una serie di corsie a una o a due navate, oltre a una torre gotica, che andarono a costituire il nucleo di un o. che raggiunse notevole importanza nel 13° e nel 14° secolo.Ancora in Francia, uno dei più suggestivi esempi di sala ospedaliera è l'Hôpital Notre-Dame des Fontenilles a Tonnerre (dip. Yonne), fondato da Margherita di Borgogna alla fine del Duecento, epoca cui è riferibile la grande navata (m 8018,5, esclusa la cappella terminale) coperta da un imponente soffitto a botte di legno, rinsaldato da tiranti lignei. La terminazione, con coro poligonale affiancato da due cappelle quadrilatere, anch'esse voltate, conferisce all'ambiente l'aspetto di una chiesa. A conferma della durata del modello della sala si ricorda che anche l'Hôtel-Dieu di Beaune (dip. Côte-d'Or), fondato nel 1443, possiede una grande sala (m 4515), coperta con una botte di legno; il principio costruttivo che anima l'impianto è però ormai quello postmedievale, che può essere definito 'a cortile', dal momento che i vari ambienti sono articolati intorno a uno spazio interno quadrilatero.L'o. della Bijloke di Gand, in Belgio, la cui costruzione - un impianto di m 5516 e con un'altezza di oltre m 20, coperto da un tetto a capriate trilobate - fu iniziata nel 1228, è invece privo di altare in quanto affiancato sulla destra da una cappella comunicante; la monumentalità dell'insieme si avverte nelle facciate affiancate dei due edifici.A Lubecca (Schleswig-Holstein), l'Heilig-Geist-Hospital, l'o. medievale meglio conservato di tutta la Germania, una fondazione documentata nella prima metà del sec. 13°, si basa anch'esso su una grande sala che, nella sua versione definitiva, raggiunse la lunghezza di m 88 circa. È interessante la collocazione della chiesa, un impianto rettangolare con coperture a volte, che ebbe al tempo stesso anche una funzione autonoma, posta tra la strada e la grande corsia, il cui tetto si spinge a coprire anche la chiesa fino al frontone della facciata, tripartita e con torretta; le campate laterali hanno invece una propria copertura a capanna. Gli altri edifici dell'o., per essere organizzati intorno a un cortile porticato su due lati, denunciano una derivazione conventuale, forse determinata dalla presenza di una confraternita collegata con l'o. da una breve presenza dei Cavalieri Teutonici.Un'altra interpretazione rilevante di o. 'a sala' del sec. 13°, la più interessante tra quelle che si conservano in Inghilterra, è il St Mary's Hospital di Chichester (Sussex), sorto nel 1269 e terminato qualche decennio dopo. La lunga sala (oggi ridotta rispetto allo sviluppo originale), singolarmente coperta da un tetto a due grandi spioventi appoggiati su basse pareti, i cui sostegni determinano uno spazio ripartito in tre navate, si innesta in una cappella separata da una transenna lignea.Il modello dell'o. 'a sala', che, nella molteplicità delle varianti, ha lasciato tantissimi esempi nell'Europa centrosettentrionale, sembra essere più difficilmente riscontrabile nella parte meridionale del continente, anche se appare verosimile che pure in Spagna e in Italia la sala a una o più navate sia stata la tipologia dominante.In Spagna, resti interessanti di o. dei secc. 12° e 13° si trovano a Burgos, a Tarragona e a Vic. Diffuso sembra essere il modello della sala scandita da archi trasversali a sostegno della copertura, dalle strutture lignee in vista; una soluzione che tocca la piena maturità nell'o. della Santa Creu di Barcellona e in altri casi del sec. 15° che indicano di aver avuto l'altare nella sala.A conferma della limitata conoscenza della realtà italiana sta un'incredibile carenza della letteratura sul tema dell'architettura ospedaliera. Oltre ai resti dell'o. romano di S. Biagio, oggi inglobato nel convento di S. Francesco a Ripa (Righetti Tosti-Croce, 1978), va ancora una volta ricordato l'o. di S. Maria della Scala a Siena, che subì continui aggiornamenti a partire dal sec. 13°, quando si ebbe anche una grandiosa espansione delle funzioni. Ma, proprio a causa delle profonde trasformazioni avvenute, sulle fasi evolutive del complesso non possono esser fatte che delle ipotesi, apparendo verosimile che lo sviluppo dell'o. abbia preso l'avvio da una cappella e da alcuni edifici posti davanti alla scalinata del duomo. Certo è che al termine della fase evolutiva medievale l'o. senese, nonostante la presenza di una cappella e di pellegrinai, assunse l'aspetto esteriore (si veda il prospetto principale), insolito per una struttura del genere, di un insieme di palazzi civili, quasi a sottolineare il carattere laico che l'istituzione finì per assumere.Non c'è dubbio che gli o. medievali più importanti e significativi anche sotto il profilo architettonico vadano ricercati di solito in ambito cittadino. La loro attività polimorfica giustifica la complessità delle strutture architettoniche, anche se all'origine c'è sempre come elemento determinante il legame con la strada, come dimostra proprio il grande o. senese.Lo studio degli o. medievali può essere affrontato anche in relazione a istituzioni con finalità particolari come i lebbrosari, che sembra siano sorti in Oriente fin dal sec. 3°-4° e in Occidente ca. un secolo più tardi e poi ampiamente diffusi per tutto il Medioevo. Poiché non si conosceva alcun rimedio medico contro la lebbra, coloro che erano affetti da questo male venivano esclusi dalle comunità dei sani e costretti a vivere isolati in piccole comunità di malati, poi sostituite da apposite strutture spesso gestite da ordini finalizzati allo scopo, come l'Ordine di S. Lazzaro di Gerusalemme, presenti in varie parti d'Europa (in particolare Francia e Inghilterra). Il lebbrosario non differiva di molto dallo schema dell'o. medievale, se non nelle abitazioni dei malati - talvolta singole e di struttura più o meno duratura -, nella presenza di un cimitero annesso e di un muro di cinta. Le strutture, di solito più precarie rispetto a quelle dell'o., rendono ancor più difficile la lettura dell'impianto.Uno dei lebbrosari meglio conservati è la Maladrerie du Tortoir presso Laon, in Francia, costruita verso la metà del sec. 14°, con un impianto quadrilatero sui cui lati sono la sala ospedaliera a due piani muniti di camini, l'alloggio del personale e la cappella, il tutto con caratteri architettonici che richiamano l'immagine di un castello. Un altro esempio ben conservato è il Gutleuthaus ('lebbrosario') di Mosbach (Baden-Württemberg), sulla strada di Würzburg; entro un recinto murato si trovano due edifici per la ricezione dei poveri e dei malati, la cappella e il cimitero. Nella stragrande maggioranza dei moltissimi altri casi di lebbrosari conosciuti in varie parti d'Europa, i pochi resti sopravvissuti sono in genere relativi alla cappella, dai caratteri romanici o gotici; comune a tutti è soltanto la posizione appartata rispetto ai centri abitati.Già prima dello scadere del Medioevo, sorsero o. per malati contagiosi, come quelli costruiti nei porti del Mediterraneo per isolare temporaneamente (quarantena) i viaggiatori che venivano dall'Oriente, cioè da quelle aree da cui solitamente prendevano avvio le grandi epidemie, come la peste nera della metà del 14° secolo. A Venezia, a Pisa, a Genova si sa dell'esistenza di tali istituzioni ospedaliere intorno alla metà del 15° secolo.Una delle componenti che svolse un ruolo di primo piano nella storia dell'o. medievale è rappresentata dagli ordini cavallereschi ospedalieri, la cui origine è di solito legata all'assistenza e alla protezione dei pellegrini in Terra Santa. L'Ordine per eccellenza di questo genere, il più antico, è quello dei Cavalieri di s. Giovanni di Gerusalemme (detto anche di Rodi o di Malta), fondato alla fine del sec. 11° e riconosciuto nel 1113 da papa Pasquale II. L'o. di Rodi, dove l'Ordine giovannita si stabilì verso il 1310 dopo la perdita della Terra Santa, per quanto rinnovato a cavallo della metà del sec. 15°, rappresenta una sintesi delle tendenze costruttive dell'o. medievale, anche nei caratteri architettonici. La grande struttura quadrilatera si sviluppa su due piani ed è organizzata intorno a due cortili di diversa ampiezza. Alla maniera dei caravanserragli orientali, al piano terreno erano ubicati i magazzini e le botteghe, mentre al piano superiore erano gli ambienti ospedalieri con la grande corsia a due navate (m 5112,5), capace di un centinaio di letti, con altare entro un'abside pensile visibile all'esterno, varie stanze per ospiti di riguardo, il refettorio (anch'esso a due navate) e la cucina. Le robuste arcate dei due ordini del cortile principale, le profonde incassature delle aperture verso l'esterno, i caratteri dell'arredo architettonico, che sintetizzano esperienze medievali occidentali ed elementi della cultura orientale, conferiscono alla fabbrica un aspetto di grande originalità.Riprende in parte certi schemi dell'o. di Rodi l'o. giovannita di S. Giovanni di Pré a Genova, costruito verso la fine del sec. 12°, costituito da due dormitori sovrapposti (m 3010), collegati alla facciata della chiesa e con accesso diretto a un pontile d'imbarco. Esso si può considerare la più antica stazione marittima ancora esistente, nella quale convergevano i pellegrini diretti in Terra Santa (Mannoni, 1994).Uno dei molti ospizi giovanniti sparsi in varie parti d'Europa, quasi sempre illeggibili nell'impianto originale, del quale si può ricostruire l'organizzazione intorno al 1200, è a Schwäbisch Hall (Baden-Württemberg), sorto su una strada di pellegrinaggio, presso un ponte alla confluenza di due corsi d'acqua. Per dimensioni e disposizione delle componenti architettoniche esso può essere preso a modello del tipo più diffuso di o. di strada del Medioevo. Con questo o. tedesco presenta strette analogie un'altra istituzione giovannita: l'o. di S. Giovanni in Jerusalem alla Magione presso Poggibonsi (prov. Siena), appartenente all'Ordine prima dello scadere del 12° secolo. Sono infatti simili per la posizione presso un ponte documentato nel Medioevo su una strada importante, quale nel caso italiano la via Francigena, per la somigliante disposizione delle strutture di ospitalità rispetto alla cappella, nell'o. toscano con eleganti caratteri romanici, e forse anche per le dimensioni.Numerose furono le fondazioni ospedaliere dell'Ordine dei Templari, fondato da Ugo da Payns nel 1119, ma il loro passaggio, in genere, ai Giovanniti, dopo la tragica soppressione di inizio Trecento, rende difficile lo studio delle architetture, che dovettero talora assumere connotati simbolici, come sembra dimostrare, per es., il doppio portale nella facciata della cappella monoaula della loro magione di S. Pietro in Siena.Terzo in ordine di tempo dopo i Giovanniti e i Templari, l'Ordine dei Cavalieri Teutonici prese l'avvio verso la fine del sec. 12° da un o. fondato da mercanti tedeschi ad Acri, in Terra Santa, e mantenne in seguito un forte connotato a carattere nazionale, spostando la sfera di interesse verso l'Oriente europeo, dove sorse la maggior parte delle loro istituzioni ospedaliere, avendo come principali punti di riferimento i castelli di Königsberg (Prussia orientale, od. Kaliningrad, Russia) e di Marienburg (Prussia occidentale). Ma anche delle fondazioni ospedaliere di quest'Ordine poco si conosce sotto il profilo architettonico e forse qualche dato in proposito potrebbe provenire da ricerche sulle infermerie dei relativi castelli.Tra gli ordini non cavallereschi che si dedicarono all'assistenza dei viandanti, molti dei quali di origine francese, ebbe notevole importanza quello di Santo Spirito, una confraternita laica fondata da Guido di Montpellier verso il 1175, specialmente dopo che il papa Innocenzo III gli consegnò nel 1203 il grande o. romano di S. Maria in Sassia, poi rinnovato nell'architettura a partire dal Rinascimento. Alla fine del sec. 13° l'Ordine possedeva un centinaio di case, per la maggior parte ubicate in Italia, Francia e Germania, spesso sulle grandi strade presso le città, ma in molti casi poi inglobate entro queste.Case del Santo Spirito si trovano anche in area scandinava, sebbene non in chiaro rapporto con il filone principale dell'Ordine, specialmente in Danimarca, ma poche sono anche qui le strutture anteriori al sec. 15° adeguatamente studiate. Un esempio eloquente è costituito in Svezia dai ruderi dell'o. del Santo Spirito di Visby (Gotland), ridotto a una suggestiva rovina, dove una costruzione ottagonale a due piani, con le scale ricavate nello spessore dei muri e con addossata una cappella quadrilatera, sembra essere quanto rimane di un ospedale.Una certa diffusione ebbe anche l'Ordine di S. Antonio (Antoniti), sorto alla metà dell'11° secolo. Quest'Ordine ha lasciato in Italia l'o. di S. Antonio di Ranverso presso Torino, sulla strada per Susa, del quale rimane l'originale facciata, essendo andata perduta la sala, che aveva copertura a capriate.In qualche occasione a dar vita a un ordine di frati ospitalieri con un certo seguito è stato un grande o., come quello di S. Jacopo di Altopascio, sorto sulla via Francigena presso Lucca nel sec. 11°, che annoverava una sua casa anche a Parigi. Per quanto esso conservi importanti strutture medievali (cappella romanica, torre campanaria, apparati difensivi e altri resti) e sebbene le tre piazze su cui si articola l'od. abitato corrispondano ad altrettanti cortili (o chiostri), esso fu trasformato in fattoria granducale in età moderna e poi in borgo rurale ed è pertanto assai arduo fissarne oggi lo schema organizzativo dei vari ambienti in un determinato momento medievale, magari quello della maggior fortuna dell'istituzione. Questo o. può essere additato a esempio di quanto sia difficile ricostruire l'impianto di un'istituzione medievale del genere, nonostante l'apparente ricchezza dei resti architettonici d'epoca.Gli o. sorti nei punti dove la strada incontrava più forti difficoltà di transito per l'inospitalità dei luoghi, come i valichi di alte catene di monti, assumevano un più marcato carattere di alloggio per viandanti e si è spesso portati a usare in certi casi il termine di ospizio. Nei tempi più remoti pare ci si contentasse di semplici vani senza servizi accessori e solo in un secondo tempo tali strutture di ospitalità assunsero un carattere più vicino agli o. che sono stati ricordati. L'o. del Gran San Bernardo, in Svizzera, posto a quasi m 2500 di altitudine, per quanto molto rimaneggiato in più epoche, ai tempi di Bernardo di Mentone (m. nel 1081) era un edificio (m 1813,5 ca.) con cucina, refettorio e ambiente per i pellegrini al piano terreno, dormitorio, cappella e luogo comune per i religiosi al piano superiore.Se maggior fama hanno acquistato gli ospizi in corrispondenza dei grandi valichi delle Alpi, dei Pirenei (si pensi solo a Roncisvalle), degli Appennini e di qualsiasi altra catena montuosa d'Europa, lungo le strade che risalivano le vallate numerosi erano piccoli o., dei quali oggi non rimane altra testimonianza architettonica che quella dell'antica cappella. Come si è già accennato, sono queste chiesette i resti più diffusi degli o. che nel Medioevo erano disseminati lungo tutte le strade di una qualche importanza. I caratteri architettonici di certi piccoli edifici per consistenza e qualità costruttiva sono in genere paragonabili a quelli delle semplici chiese che, nelle aree di diffuso popolamento delle campagne - come è provato per la Toscana -, erano pertinenti ai vari 'populi' dipendenti dalle pievi. In questi casi, che rappresentano la stragrande maggioranza, lo studio e l'interpretazione dei caratteri architettonici rientrano a pieno titolo nel più vasto e generale contesto dell'architettura religiosa romanica o gotica, a seconda della cronologia della costruzione e dei caratteri culturali dominanti nella regione.Altrettanto si può dire nei casi in cui nell'o. medievale assume carattere preminente l'aspetto fortificatorio, come negli esempi toscani di Spedaletto presso Pienza e di Cuna presso Monteroni d'Arbia, che furono anche sedi di grange dipendenti dall'o. di S. Maria della Scala di Siena. In questi casi le strutture dei complessi, oltre a rientrare nel filone della cultura architettonica religiosa duecentesca e trecentesca per quel che concerne la cappella annessa, diventano campo d'indagine dell'architettura militare del Tardo Medioevo, perché in talune circostanze resta difficile leggere gli aspetti strutturali più propriamente legati alla funzione ospedaliera.
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Il persiano bīmāristān, o māristān, è il termine più correntemente usato per designare l'o. nel mondo islamico; si possono ricordare anche i termini persiani tīmārkhāna e khastakhāna e l'arabo dar al-shifā ᾽ 'casa della guarigione', da cui il turco darüşşifa, ma anche dār al-marḍā, 'casa del malato'.Le culture che fornirono all'Islam i modelli di riferimento dell'o., sia come istituzione sia come struttura, furono quella bizantina e quella sasanide. La cultura sasanide, in particolare, avrebbe esercitato il suo magistero nell'arte medica attraverso il famoso centro di Gundeshāpūr (Iran), in cui erano raccolti medici greci, nestoriani e indiani. Manca, tuttavia, qualsiasi testimonianza concreta che possa, con una qualche sicurezza, dar conto della tipologia dell'o. sasanide, né le fonti a disposizione sembrano al riguardo sufficientemente esaustive; come ha puntualizzato Dols (1987), peraltro, la reputazione della scuola medica di Gundeshāpūr, decaduta nel sec. 8°, è stata senza dubbio sopravvalutata, così come frutto di una leggenda sembra essere anche la tradizione che vuole il primo o. fondato a Baghdad modellato direttamente su quello di Gundeshāpūr. In linea generale, tuttavia, in base alle fonti di cui si dispone si può supporre che nell'Islam l'o. si sia effettivamente sviluppato nel contesto dell'istituzione caritativa siriaca orientale dello xenodochio annesso al convento (Dols, 1987).Malgrado le fonti ricordino l'esistenza di numerose fondazioni ospedaliere, non resta nessuna testimonianza monumentale anteriore al 12° secolo. Peraltro, della prima epoca islamica anche i testi trasmettono solo rarissimi e inadeguati cenni descrittivi. L'informazione più antica è fornita da alJāḥiẓ relativamente al periodo che va dall'837 all'842: in essa si allude al fatto che il bīmāristān fosse generalmente dotato di una corte. Di grande interesse è la notizia posta in relazione con il famoso medico al-Rāzī (865-925), secondo la quale l'o. di Baghdad risulta avesse singole unità cellulari per la degenza: tale caratteristica si trova registrata anche dal viaggiatore Ibn Jubayr (1184), il quale definisce l'o. di Baghdad, probabilmente l'o. 'Aḍūdī - fondato nel 982 in una collocazione ritenuta climaticamente ottimale dal principe buwayide 'Aḍūd al-Dawla, su un'ansa del Tigri e servito dall'acqua del fiume -, "un gran palazzo, contenente camere e celle e tutte le comodità delle dimore regali".In effetti, caratteristica generale e comune del bīmāristān era l'articolazione di ambienti intorno a una corte, struttura polifunzionale a carattere ospitativo propria in realtà di un gran numero di tipologie architettoniche, dal palazzo al caravanserraglio, alla moschea, alla madrasa. Lo spazio intorno alla corte, che poteva essere porticata ed era quasi sempre fornita di un bacino, era organizzato in ambienti di varia grandezza, stanze e celle destinate alla degenza, ma anche agli ambulatori e all'insegnamento dell'arte medica, quando quest'ultimo non veniva esercitato in un corpo di fabbrica all'uopo destinato, la madrasa, contiguo all'o. vero e proprio.Oltre all'ipotesi, già ricordata, della derivazione dell'impianto ospedaliero islamico dallo xenodochio bizantino o, più probabilmente, da quello elaborato dai cristiani nestoriani della Siria orientale (Dols, 1984; De Maio, 1993), si è pure supposta una derivazione del bīmāristān dai vihāra buddisti, dove è presente un'analoga distribuzione delle celle intorno a una corte centrale. Una derivazione culturale indiana sostiene, fra gli altri, anche Sayılı (1980).Gli o. islamici noti possono essere suddivisi in due categorie, relative l'una all'ambito orientale, ovvero ai territori di Siria, Anatolia, Egitto, e l'altra all'ambito occidentale, di fatto limitata agli esempi andalusi. Il gruppo orientale è caratterizzato da una corte in cui elemento distintivo è la presenza dell'īvān; negli esempi più antichi le facciate sulla corte sono scandite da quattro īvān assiali, impianto simile a quello della madrasa; ma si trovano anche, specialmente nella Turchia selgiuqide, corti a tre, a due o a un solo īvān, in rapporto a una matrice architettonica iranica.In Siria, il māristān Nūrī di Damasco, fondato da Nūr al-Dīn b. Zankī e completato nel 1154, è il più antico o. esistente finora conosciuto. Di tutto il complesso, che comprendeva anche una madrasa, si conserva solo l'impianto ospedaliero vero e proprio: un edificio quadrato, a quattro īvān assiali, con largo bacino nella corte. A O, in un grande avancorpo asimmetrico, si apre l'ingresso monumentale, con catino a muqarnas, il quale immette in un vestibolo con copertura a cupola, anch'essa a muqarnas; da tale ambiente si passa, a S, nelle latrine, con piccola corte coperta a lucernario. Sempre dal vestibolo si accede alla corte mediante un īvān, che serve due dei quattro grandi ambienti angolari in comunicazione con la corte, i quali probabilmente erano utilizzati per le degenze. In asse con l'ingresso è collocato l'īvān principale, sulla cui parete sud è ricavato un miḥrāb. Gli altri due īvān assiali, di luce leggermente minore e meno profondi, si aprono sulle pareti sud e nord, inquadrati da due porte (Herzfeld, 1942-1946; Cantay, 1992).Il māristān al-'Aṭīq, ad Aleppo, fu costruito anch'esso da Nūr al-Dīn fra il 1150 e il 1154, forse per le cure di un governatore di Aleppo, 'Aṭīq ibn As'ad al-Mawṣilī, da cui il complesso deriverebbe il nome, sebbene il termine 'aṭīq possa essere inteso anche nel significato di 'antico'. Semidistrutto, ne restano in buone condizioni solo il portale e una piccola porzione della facciata; la pianta sarebbe stata del tutto simile a quella del māristān di Nūrī di Damasco (Herzfeld, 1956).Nelle vicinanze di Damasco, a Ṣāliḥiyya, sorge il māristān al-Kaymārī, anch'esso con impianto cruciforme a quattro īvān, fondato nel 1248 dall'emiro ayyubide Sayf al-Dīn al-Kaymārī (m. nel 1256), il cui mausoleo è posto di fronte al complesso ospedaliero (Herzfeld, 1942-1946; Cantay, 1992). L'ingresso, aperto su un corpo aggettante, immette direttamente nell'īvān, che funge da vestibolo alla corte interna; singolare è la pianta degli ambienti che affiancano i due īvān laterali, i quali, condizionati dalla forma a nicchia di questi, si articolano in un impianto a L.Il māristān Arghun (o māristān al-Jadīd, ò. nuovo') di Aleppo fu fondato nel 1354 dal viceré di Aleppo, Arghun al-Kāmilī, all'epoca del sultano mamelucco al-Ṣāliḥ b. al-Nāṣir Muḥammad b. Qalāwūn, che trasformò in o. un palazzo principesco; fu poi rinnovato e ampliato, nel 1407, e ancora successivamente. Formato da sei corpi di fabbrica, si presenta con un perimetro irregolare derivato, oltre che dalle caratteristiche dell'area urbana a disposizione, dai vari interventi promossi nel corso del tempo in ottemperanza alle nuove esigenze di maggiore articolazione e differenziazione dei reparti, nonché di ampliamento delle possibilità di degenze, a imitazione di quanto già si era realizzato nel grande e famoso o. cairota di Qalāwūn. La parte più antica, la più grande, anch'essa rimaneggiata, si compone di una corte con a S una grande sala cupolata; lungo i lati lunghi della corte corrono due ali di portici colonnati su cui affaccia una serie di piccole celle. Un ingresso secondario conduce, mediante uno stretto corridoio, a tre corpi di fabbrica: il primo di questi è formato da una corte su cui affacciano un īvān e piccole stanze; contigua a questo si sviluppa una struttura caratterizzata da un impianto quadrato con corte centrale ottagonale a lucernario, da cui si dipartono dodici celle munite di inferriate, destinate agli alienati; a N, un piccolo corpo di fabbrica, che un corridoio isola dal nucleo centrale, è formato da una sala cupolata da cui si accede a camerette (Issa Bey, 1928; Herzfeld, 1956).In Anatolia, la Çifte Medrese (anche şifaiye medresesi o Giyasiye medresesi) di Kayseri rappresenta il più antico o. conservato dei Selgiuqidi di Rum. Fu costruito nel 1205-1206, durante il regno di Giyāth al-Dīn Kay-Khusraw I, in esecuzione del testamento della sorella Nehver Nesibe; la scuola annessa fu eretta fra il 1204 e il 1210. Entrambi gli edifici presentano la tipica planimetria a quattro īvān, con corte porticata e un bacino al centro. Il māristān a O, secondo un recente rilievo (Cantay, 1992, tav. 2), attesterebbe un'organizzazione degli spazi in funzione della creazione del maggior numero possibile di ambienti riservati alla degenza individuale; si tratta, in particolare, della serie di stanze, di modeste dimensioni, che si sviluppano intorno alla corte, dominata a N da un īvān più grande degli altri, ma anche della doppia serie di piccole celle, servite da un corridoio, che si dispongono lungo il lato ovest, alle spalle della corte stessa. Gli īvān e alcuni degli ambienti più grandi potevano ospitare gli ambulatori. Nell'angolo nord-est della corte è collocato il mausoleo del fondatore, a pianta ottagonale. Contigua, a E, è la scuola medica, alla quale si accede direttamente dall'o., ma anche da un ingresso indipendente aperto sulla strada (Gabriel, 1931-1938, I; Cantay, 1992).La şifaiye medresesi ('scuola della salute') di Sivas, sempre in Turchia, fu fondata nel 1217 dal sultano selgiuqide Kay Kā'ūs I. La corte è a tre īvān con un portico su tre lati. L'ingresso, aggettante, immette in un vestibolo a T. Come nell'o. di Kayseri, si nota il frazionamento degli spazi a fini ricettivi e similmente un corridoio serve una serie di celle disposte lungo il lato nord, cui si accede da un īvān della corte; sul lato opposto, in asse, dietro l'īvān, è collocato il mausoleo del fondatore, che emerge con alto tamburo dodecagonale a copertura piramidale, secondo il modello delle tombe torri (Gabriel, 1931-1938, I; Cantay, 1992).L'o. di Divriği, costruito nel 1228-1229 a spese di Turan Malik, figlia dell'emiro Bahrām Shāh, della dinastia dei Menguceqidi, è contiguo al muro qibli della Grande moschea (Ulu Cami), eretta dall'emiro Aḥmad Shāh, con la quale forma un complesso unico. Realizzato in pietra da taglio, con maestosi portali ornati da sculture, esibisce una notevole varietà di coperture a volta, eseguite con grande perizia litotomica. La pianta è quella caratteristica a quattro īvān, malgrado l'īvān corrispondente all'ingresso assiale sia in realtà simulato da una nicchia cieca; la corte è coperta da una volta su archi trasversi impostati sulle colonne dei due porticati laterali. Al centro della copertura si apre un oculo, soluzione - questa della riduzione dello spazio aperto della corte al solo elemento allusivo dell'oculo - che, presente anche nella moschea, è sicuramente da connettersi al clima dell'altopiano anatolico (Gabriel, 1931-1938, II; Cantay, 1992).La Dār al-Shafiyya ('casa della salute') di Çankirı venne fondata nel 1285 dall'atabeg Jamāl al-Dīn Farrukh sotto il sultano 'Alā' al-Dīn Kay Qubād I. Oggi in rovina, ne resta il blocco d'ingresso con il grande portale aggettante e il vestibolo cupolato che si apriva in origine a īvān sulla corte (Cantay, 1992).La Gök Medrese di Tokat deve il suo nome alle ceramiche policrome che decoravano le facciate della corte, ma è anche chiamata Bīmarkhāna e Dār al-Shīfā'. Manca l'iscrizione, ma si suppone che la sua costruzione sia stata iniziata da un grande funzionario selgiuqide, Mu'īn al-Dīn Parvāna, prima del 1277, anno in cui il funzionario fu giustiziato dal sovrano ilkhanide Abaqa (1265-1282), e finita dal figlio. L'impianto è disposto su due piani, con corte porticata lungo tre lati, mentre il lato opposto all'ingresso è dominato da un grandioso īvān. È il più antico esempio di o. a due piani; si accedeva al piano superiore, anch'esso porticato, da una scala a due ali posta sul lato orientale d'ingresso. Nell'angolo nord-ovest è situato un mausoleo cupolato alto due piani e la stessa elevazione ha il vasto ambiente accanto al grande īvān. Contigui a N sono i resti di un edificio coevo a īvān, con tutta evidenza la scuola medica annessa all'o. (Gabriel, 1931-1938, I; Cantay, 1992).Il māristān di Kastamonu fu fondato nel 1272 da 'Alī Parvāna, figlio di Mu'īn al-Dīn Parvāna, cui si attribuisce, come si è detto, la Gök Medrese. Resta soltanto il portale con modeste decorazioni scolpite (Cantay, 1992).La Tīmārkhāna (ospizio per alienati, ma nell'iscrizione definita Dār al-Shifā') di Amasya fu fatta edificare dalla principessa Yıldız nel 1308-1309, sotto il sovrano ilkhanide Muḥammad Khudābanda Öljaytü (1304-1317). La tipologia è quella a corte porticata sui due lati lunghi, con un grande īvān in asse con l'ingresso. Quest'ultimo è fornito di un grandioso portale aggettante, aperto su una facciata inquadrata da due contrafforti angolari cilindrici. In questo caso lo spazio risulta diviso solo in grandi ambienti: quattro sale angolari, ai lati del vestibolo e del grande īvān, e due allungate, ai lati della corte, a mo' di vere e proprie corsie (Gabriel, 1931-1938, II; Cantay, 1992).La şifaiye, l'o. di Yıldırım Bayazid I a Bursa, fu fondata da quel sultano (1389-1402). L'edificio, oggi in rovina, è considerato il più antico manicomio ottomano. Rispetto agli esempi citati presenta una pianta rettangolare allungata e l'abbandono, nella corte, del partito dei grandi īvān a favore di facciate porticate, le quali schermano sui lati lunghi una serie di piccoli ambienti per le degenze individuali. I lati brevi sono occupati da ambienti più grandi destinati ad ambulatori, fra cui in posizione elevata, in asse con l'ingresso, una grande sala con miḥrāb (Aslanapa, 1971; Cantay, 1992).In Egitto l'esempio più significativo è rappresentato dal māristān di al-Manṣūr Qalāwūn al Cairo. Costruito nel 1284-1285 come parte di un complesso comprendente il monumentale mausoleo del fondatore e una madrasa, fu senza dubbio uno dei più ricchi e moderni o. dell'Islam; l'efficiente organizzazione di cui godeva è nota attraverso i resoconti degli storici mamelucchi Nuwayrī e Maqrīzī (Creswell, 1959, pp. 204-205). Malgrado il māristān sia andato in gran parte distrutto ai primi del Novecento, è possibile ricostruirne l'assetto tramite le piante del 1818-1825 di Pascal Coste e del 1913 di Hezr Bey (Jetter, 1961). L'o. fu eretto utilizzando quanto restava di un antico palazzo fatimide, al cui impianto si può ricondurre almeno la grande corte, caratterizzata al presente da quattro profondi īvān originariamente dotati di fontane collegate da altrettanti canaletti a un bacino centrale; ognuno degli īvān era destinato a un reparto medico; intorno si distribuivano vari corpi di fabbrica, in gran parte serviti dall'acqua corrente, in cui erano ambulatori e cliniche, con numerosi posti letto distribuiti sia in corsie sia in stanze separate; una sezione era riservata ai convalescenti che venivano allietati da musiche (Issa Bey, 1928; Creswell, 1959; Jetter, 1961; De Maio, 1993).Pochi e mal noti sono gli o. nell'Occidente islamico, in cui almeno nel sec. 14° è attestato il tipo a planimetria rettangolare allungata, privo di īvān e sviluppato su due o più piani, con una distribuzione degli ambienti sempre molto semplice.In Tunisia rimangono pochi resti - attribuiti al sec. 13° da Saladin (1907; Marçais, 1954) - del māristān di Sīdī Mahrez a Tunisi, mentre in Marocco risalgono al sec. 14° l'o. di Sīdī Fredj a Fez, attribuito a epoca merinide (Marçais, 1954), e il māristān al-'Azīzī di Rabat, situato di fronte alla moschea Jāmi' al-Kabīr, con corte porticata su tre lati (Caillé, 1949).Per quanto concerne la Spagna, solo alcuni rilievi ottocenteschi conservano memoria del māristān di Granada, fondato dal sultano nasride Muḥammad V fra il 1365 e il 1367 e, dopo varie riutilizzazioni, demolito nel 1843. Edificio a due piani, di pianta rettangolare allungata, presentava una corte porticata fornita di un grande e profondo bacino, alimentato da fontane con leoni accovacciati (ora ai giardini del Partal nell'Alhambra); non chiara è la partizione degli ambienti nelle quattro ali che componevano il complesso, forse anche dotato di lunghe corsie; la planimetria allungata e la semplice distribuzione degli ambienti, lontana dalla complessità dell'o. di Qalāwūn, sembrano tuttavia mostrare analogie con il quasi contemporaneo o. di Yıldırım Bayazid I di Bursa (García Granados, Giron Irueste, Salvatierra Cuenca, 1989). Per il Corral del Carbón, sempre a Granada, risalente anch'esso a epoca nasride (secc. 14°-15°) e ritenuto generalmente un funduq, si è proposta un'identificazione come ospedale. È un blocco quadrato di tre piani, con ingresso monumentale aggettante che dà accesso a una corte porticata anch'essa su tre piani, ai quali si sale mediante due scale poste al centro dei due lati ortogonali a quello d'ingresso (García Granados, Giron Irueste, Salvatierra Cuenca, 1989).
Bibl.:
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