OSPEDALE (XXV, p. 673; App. I, p. 910)
Negli ultimi anni si nota grande fervore di studio nel campo dell'architettura concernente gli ospedali. In quasi tutti i paesi si sta sviluppando un piano nazionale di sanità pubblica che porterà alla definizione di tipi di ospedali adatti alle diverse regioni con uno studio appropriato della composizione dei diversi servizi per ciascun tipo.
Circa l'ospedale generale, abbandonato ormai il tipo a padiglioni che, pur essendo innegabilmente il migliore dal punto di vista igienico e dello stato d'animo del degente, risulta troppo costoso sia per l'impianto sia per l'esercizio, si è generalmente adottato quello a blocco, che meglio risponde alle esigenze economiche. Tuttavia si sta attualmente reagendo agli eccessi di questa tendenza. Negli S. U. dove il blocco aveva raggiunto grande sviluppo in altezza (il Medical Center di New York è di 22 piani), si tende ad abbandonare l'ospedale verticale inteso come sovrapposizione di padiglioni. Infatti, constatatasi la necessità di portare allo stesso livello la spedalizzazione e i servizî di diagnostica e terapia, i servizî operatorî e quelli di spedalizzazione corrispondenti, i laboratorî e i servizî di spedalizzazione e di consultazione di medicina generale, si è giunti a edifici con limitato numero di piani (generalmente non più di dieci) e con forme planimetriche ad H e a T, che risolvono bene il problema.
Le forme planimetriche rimangono in ogni modo piuttosto accentrate con corpi di fabbrica di dimensioni trasversali considerevoli, lasciando in situazione perimetrale tutti gli ambienti che hanno imprescindibile necessità di affacciarsi all'esterno (camere di degenza, soggiorni, parlatorî, ecc.) e all'interno i servizî, provvedendo alla loro illuminazione e aerazione con impianti adeguati di illuminazione artificiale e di condizionamento d'aria. Così si è fatto, ad esempio, per le camere operatorie, le cui dimensioni sono ridotte al minimo indispensabile; il loro numero peraltro è stato moltiplicato, e la loro disposizione è tale che i relativi ambienti accessorî servano contemporaneamente più d'una di esse. Materiali speciali e suppellettili razionali sono continuamente sperimentati per rendere sempre più igienico e confortevole il soggiorno dei degenti. Molto usate le pavimentazioni in materiali plastici senza commessure, non porose e afone.
In Europa, partendo dalle stesse necessità di funzionamento suddette si è giunti a forme planimetriche più estese con disposizioni longitudinali delle costruzioni e numero di piani generalmente inferiore a dieci (ospedale Soder di Stoccolma, ospedale cantonale di Zurigo, ospedale cantonale di Basilea). Un blocco siffatto realizza, rispetto a un complesso equivalente costituito da padiglioni, considerevoli economie per le fondazioni, per la copertura e, soprattutto, per le spese di esercizio. Quando si riesce a limitare il numero di letti a 400 si raggiunge la migliore utilizzazione e ripartizione dei servizî di cura e generali; inoltre con 40-50 letti per piano, situando gli ascensori al centro, i percorsi massimi risultano di 50 metri circa; e su otto piani il rendimento degli ascensori è ottimo. L'ospedale di Saint-Lô è stato studiato secondo tali principî.
È stata ultimamente posta sul tappeto la questione se il problema dell'ospedale debba essere impostato dal punto di vista dell'architettura o non piuttosto da quello dell'urbanistica. In altri termini nello studio dell'ambiente del malato, oltre il lato terapeutico, dovrebbero tenersi presenti anche gli stadî successivi alla malattia e cioè: della convalescenza e della riassuefazione alla vita normale. Ne risulterebbero veri e proprî villaggi-ospedale. Sarebbe, in certo qual modo, la rivincita del tipo a padiglioni. Tale impostazione è senza dubbio suggestiva e, socialmente, desiderabile; purtroppo il fattore economico la rende proibitiva. Essa, tuttavia, è richiesta per talune specialità, come per esempio, per l'ospedale psichiatrico, basandosi la terapia moderna dei malati mentali sulla necessità di sviluppare con il lavoro le loro residue possibilità di vita sociale. Il progetto dell'ospedale di Northville è ispirato a questi concetti.
Anche per la cura della tubercolosi sono applicabili i principî suesposti. Il sanatorio è senza dubbio l'elemento fondamentale per la cura, ma non può far fronte completamente alle esigenze del malato, che, uscito da esso guarito o stabilizzato, deve riprendere la vita normale in condizioni d'inferiorità dipendenti dallo stesso soggiorno in sanatorio che, con tutte le limitazioni necessariamente imposte, influisce profondamente sulla psicologia dell'individuo. Di qui la moderna tendenza a ridurre, da una parte, la permanenza in sanatorio del soggetto al minimo indispensabile; dall'altra, a ricoverarlo poi in un centro "dopo-cura", dove abbia contemporaneamente luogo la cura di consolidamento e la riassuefazione al lavoro.
Per quanto riguarda in particolare i sanatorî occorre tener conto del fatto che negli ultimi anni l'intervento chirurgico nella tubercolosi è divenuto sempre più frequente: ciò rende molto più costosa la dotazione di questi edifici. Comunque essi dovranno essere situati nei pressi di ospedali generali per potervi ricorrere per gli interventi d'urgenza.