PAESI BASSI
. Col nome di Paesi Bassi è designata la regione che abbraccia gli attuali regni di Olanda e del Belgio; e sotto le voci che riguardano questi stati si troverà la descrizione geografica delle due parti in cui è politicamente divisa la regione. Però, siccome i Paesi Bassi formarono, dal loro affacciarsi nella storia sino a metà del sec. XVI, un'unità politica, economica e culturale, le vicende di questo lungo periodo di tempo saranno esposte sotto questo nome complessivo, mentre per i fatti del periodo successivo si rimanda a belgio e olanda nelle quali voci è anche la trattazione relativa all'arte, alla lingua e alla letteratura dei due paesi (v. anche: fiamminga, arte; fiamminga, letteratura; fiamminga, musica; fiamminghi).
Nel momento in cui il territorio dei Paesi Bassi cominciava a prendere l'aspetto che, nelle sue grandi linee, ha conservato fino ai nostri giorni, cioè nell'epoca olocenica, una nuova popolazione, che comunemente vien detta dei neolitici, sostituì le razze più antiche di cui si sono ritrovate le tracce (razze di Spy e di Cro-Magnon). Quei neolitici usavano strumenti di pietra levigata, praticavano l'allevamento del bestiame e l'agricoltura e verso il secolo XIX a. C. appresero a conoscere il bronzo. L'uso del ferro si diffuse solo verso l'850 a. C., vale a dire duecento anni più tardi che in Italia. Le prime popolazioni indoeuropee, Celti e Galli, invasero il paese verso il 600 a. C.; verso il 300 a. C. un nuovo gruppo gallico, i Belgi, si sovrappose al primo strato celtico, e i due gruppi si mescolarono alle popolazioni neolitiche preesistenti.
Verso la metà del sec. I a. C. il territorio dei Paesi Bassi a sud del Reno e del Waal era occupato da diverse tribù celtiche appartenenti al gruppo dei Belgi: Morini, Menapî, Nervî, Treviri, Eburoni e Aduatici. Queste due ultime tribù erano fortemente mescolate con elementi germanici. Il paese a nord del Reno e del Waal e le isole alle foci di questi due fiumi erano occupati da Germani: Batavi, Cannenefati e, più a nord, Frisoni.
Le operazioni militari nel Belgio furono una delle tappe più difficili nella conquista della Gallia compiuta da Giulio Cesare; tali operazioni si svolsero tra il 58 e il 50 a. C. e furono contrassegnate specialmente dalla disfatta dei Nervî sulla Sambra nel 57 e dall'espugnazione dell'oppidum degli Aduatici, al confluente della Sambra e della Mosa. Il soggiogamento delle regioni settentrionali, tra il Waal e il Reno da una parte, la Vlie e, per qualche tempo, l'Ems dall'altra, avvenne sotto i regni d'Augusto e di Tiberio.
Le popolazioni assoggettate, almeno i Belgi e i Batavi, trassero larghi benefici dalla civiltà romana. Al riparo della frontiera renana, Roma diede loro una sicurezza e una pace che fu interrotta solo dal 68 al 70 d. C. per la rivolta delle truppe batave sollevate da Claudio Civile.
Roma facilitò alle popolazioni il contatto con l'orbis romanus mediante una rete di strade. La via principale andava da Boulogne-sur-Mer a Bavai (Bagacum) e da Bavai, per Tongres (Atuatuca) e Maastricht (Traiectum ad Mosam), fino a Colonia (Colonia Agrippina). Un'altra strada congiungeva Bavai a Reims e da Tongres se ne diramava una verso Nimega (Noviomagus), dove essa raggiungeva la strada che da Colonia, per Xanten (Vetera) e Utrecht (Traiectum), andava a Leida (Lugdunum Batavorum), presso la foce del Reno. La parte meridionale del Belgio odierno era traversata dalla strada da Reims al Reno, passando per Arlon (Orolaunum) e Treviri (Augusta Treverorum).
La romanizzazione fu abbastanza profonda da determinare nella popolazione locale l'abbandono dei suoi dialetti celtici per il latino volgare. Sotto l'aspetto politico, il territorio dei futuri Paesi Bassi faceva parte di tre provincie; Germania Secunda (capoluogo: Colonia), Belgica Secunda (capoluogo: Reims) e Belgica Prima (capoluogo: Treviri). Dalla prima dipendevano le civitates Batavorum (capoluogo incerto) e Tungrorun (capoluogo: Tongres); dalla seconda, le civitates Nerviorum (capoluogo: Bavai, e nel secolo IV Cambrai, Cameracum), Menapiorum (capoluogo: Cassel, Castellum, e nel sec. IV Tournai, Tornacum), Morinum (capoluogo incerto); dalla terza, la civitas Treverorum. Il paese conservava un carattere soprattutto agricolo e le rare città romane erano tutte piccole.
La crisi del sec. III vide le prime invasioni germaniche veramente importanti che abbiano devastato il territorio dei futuri Paesi Bassi. Tali invasioni ebbero per conseguenza la sparizione delle città dei Batavi e della linea della Vlie. Nel corso del sec. IV Roma abbandonò tutta la parte settentrionale del paese, sotto la pressione dei Franchi, dei Frisoni e dei Sassoni. I Franchi Salî penetrarono nella Toxandria (l'attuale Campine olandese e belga) e nel 358 l'imperatore Giuliano li autorizzò a rimanervi; la difesa romana si concentrò sulle fortificazioni avanzate della strada Boulogne-sur-Mer-Bavai-Colonia. In un secolo i Franchi Salî colonizzarono progressivamente le regioni della Lys e della Schelda, mentre alle loro spalle incominciava l'espansione dei Frisoni che colonizzavano il paese dei Batavi e dei Cannenefati e finirono con l'estendersi, nel sec. VII, fino a sud della foce della Schelda occidentale. Fin dal sec. V altri gruppi franchi, tra cui i Ripuarî, erano intanto venuti colonizzando il territorio tra il Reno, la Mosa a valle della confluenza con l'Ourthe e le Ardenne.
Verso il 446 Clodione, re dei Franchi Salî, s'impossesò di Tournai e di tutta la parte meridionale del Belgio romano. Mentre però le popolazioni franche avevano colonizzato la parte occidentale del territorio e dovevano ben presto colonizzarne il centro, che è il Brabante, tutta la regione a sud della grande strada romana fu semplicemente conquistata e occupata. Da ciò deriva che essa ha conservato un linguaggio - i dialetti piccardi e valloni - originato dal latino volgare, mentre la parte settentrionale assunse la lingua dei nuovi abitanti, ossia un insieme di dialetti franchi che hanno dato origine alla lingua olandese; ancora più a nord si stendeva il dominio linguistico frisone.
Sotto Childerico e Clodoveo, Tournai fu per qualche tempo la capitale del principale regno salico, fino a quando la spedizione del 486 contro Siagrio seguì gl'inizî della marcia del re franco verso la Gallia centrale. Da allora, l'antica Gallia belgica seguì le sorti della monarchia merovingia.
Fu durante questo periodo che il territorio dell'attuale Belgio venne cristianizzato. Le invasioni franche avevano infatti compromesso i pochi risultati ottenuti dai primi sforzi di evangelizzazione, specialmente per opera di S. Servais, vescovo di Tongres, nel sec. IV. La vera evangelizzazione del paese fu compiuta nel sec. VII da missionarî venuti dal sud: primissimo S. Amand, che fu vescovo di Tongres, ma evangelizzò soprattutto il paese della Schelda e della Lys; in seguito, e come S. Amand aquitani, S. Eligio e S. Remacle, e il neustriano S. Omer. Nel sec. VIII la loro opera fu continuata e compiuta da S. Lamberto e S. Uberto. Tutti furono, oltre che predicatori, fondatori di monasteri, i quali dovevano costituire centri permanenti di diffusione del cristianesimo e che la pietà dei fedeli dotò presto di grandi dominî.
Nello stesso tempo si riorganizzava la gerarchia episcopale sconvolta dalle invasioni. Un vescovo, residente a Noyon, governò anche la diocesi di Tournai che si estendeva sull'antica Civitas Menapiorum; il vescovo di Cambrai, che dirigeva anche la diocesi di Arras, esercitò la propria autorità spirituale sull'antica Civitas Nerviorum. A Terouanne un vescovo "dei Morini" estese la propria giurisdizione religiosa sul paese a sud dell'Yser.
Tutti furono alle dipendenze del vescovo titolare della sede metropolitana di Reims. Invece il vescovo di Tongres dipese dalla provincia ecclesiastica di Colonia, risiedette a Maastricht, poi, dall'inizio del secolo VIII, a Liegi e fu a capo della Civitas Tungrorum. Il sud delle Ardenne fu sottoposto al vescovo di Treviri.
L'evangelizzazione dei Frisoni riuscì assai più lunga e difficile: fu opera di missionarî anglosassoni e si svolse dalla fine del sec. VII alla fine del sec. VIII. Nel 695 il papa creò vescovo dei Frisoni S. Willibrord, con residenza a Utrecht; e fu durante un viaggio d'evangelizzazione tra i Frisoni pagani che S. Bonifacio trovò la morte nel 754. La cristianizzazione della Frisia procedette, del resto, di pari passo con la sua conquista. Quando questa fu compiuta del tutto, sulla fine del sec. VIII, venne resa definitiva anche l'organizzazione episcopale: la maggior parte del paese frisone fu incorporata al vescovato d'Utrecht; solo la parte orientale fu unita a quello di Münster. Bisogna però osservare che, il paese frisone conservò istituzioni e struttura sociale che differivano in parecchi punti dallo stato di cose esistenti nei paesi franchi.
Gli antenati della casa carolingia erano appartenuti all'aristocrazia fondiaria della regione compresa tra la Schelda e il Reno; in questa regione e in quella di Metz essi possedevano la maggior parte dei dominî familiari. I palatia che vi sorgevano (il principale sembra essere stato Herstal) erano tra le loro residenze favorite.
Carlomagno, quando risiedeva ad Aquisgrana, visitava questi palatia e si recava a caccia nella foresta delle Ardenne. L'organizzazione carolingia delle contee, con i loro tribunali di scabini, mise nel paese radici particolarmente profonde. Le abbazie della regione furono affidate a familiari della corte: Eginardo, il biografo di Carlomagno, fu abbate di Saint-Pierre e di Saint-Bavon, a Gand, e di Saint-Servais a Maastricht; Arno, il celebre vescovo di Salisburgo, fu abbate di Saint-Amand. Tutti questi sono tra i più attivi centri della rinascita carolingia. Anche economicamente, questi paesi, lambiti dalla Schelda, dalla Mosa e dal basso Reno, costituirono uno dei rari focolai d'attività commerciale dell'epoca. Grazie ai battellieri frisoni, il porto di Duurstede, non lontano dalla foce del Reno, entrò in relazione da una parte con tutti i paesi rivieraschi dei tre fiumi e dall'altra con l'Inghilterra e la Scandinavia. A tener viva quest'attività contribuirono alcune fabbriche di drappi nelle campagne della regione della Schelda e della Lys, e la lavorazione dell'ottone.
Si comprende quindi che tali paesi fossero tra i più disputati durante la divisione dell'impero carolingio. Il trattato di Verdun (843) assegnava tutta la Frisia dai dintorni del Weser fino al golfo di Zwijn, a sud della foce della Schelda occidentale, a Lotario I; poi la frontiera fu segnata dal corso della Schelda. A ovest si formò la Francia Occidentalis, che doveva divenire l'attuale Francia; a est venne costituito il paese che, dopo l'avvento di Lotario II (855) prese il nome di Lotharingia (Lorena): ne facevano parte tutta la regione orientale del Belgio odierno e tutto il territorio dell'attuale regno dei Paesi Bassi. Dopo aver formato oggetto di divisioni, avere appartenuto successivamente alla Francia Orientalis (la futura Germania) e alla Francia Occidentalis, e dopo aver anche goduto d'una larga autonomia sotto il regno di Sventiboldo, figlio di Arnoldo di Carinzia (895), la Lotaringia fu finalmente riunita nel 925 al regno germanico da Enrico I l'Uccellatore.
Frattanto, tutti i territorî che dovevano più tardi costituire i Paesi Bassi avevano terribilmente sofferto, come del resto tutta l'Europa occidentale, per le incursioni normanne. La facilità di accesso offerta dagli estuarî dei fiumi, la celebrità di cui godeva nei paesi scandinavi il porto frisone di Duurstede, le ricchezze accumulate nei monasteri costituivano altrettante attrattive per i pirati. Le incursioni cominciarono a verificarsi dall'820 e si fecero più numerose e regolari a sud del delta dei tre fiumi. Nell'879 cominciò le proprie operazioni un grande esercito normanno che non risparmiò nulla, e le incursioni non cessarono se non dopo la vittoria che Arnoldo di Carinzia, re dei Germani, riportò sui Normanni a Lovanio nell'891. In Frisia le devastazioni sistematiche erano cominciate più presto: dall'834 all'837 Duurstede fu saccheggiata quattro volte, e un'altra volta nell'863. Dall'841 all'885 la maggior parte della Frisia rimase sotto l'autorità di capi normanni. Queste incursioni avevano arrestato la fioritura della civiltà carolingia e interrotto lo sviluppo dell'attività commerciale.
Fu durante le invasioni normanne che, nei territorî a ovest della Schelda, si costituì la contea o il marchesato di Fiandra. Il conte della contea di Bruges (pagus flandrensis), Baldovino I, detto più tardi Braccio di ferro, si trovò a capo di un gruppo di contee di quella regione, dove, come genero di Carlo il Calvo, gli era stato affidato fin dall'862 il comando dei confini militari del regno di Francia Occidentalis. I suoi successori, Baldovino II (879-918) e Arnoldo I il Grande (918-964), non governarono più come agenti del potere regio, ma come principi territoriali ed estesero il loro dominio a sud fino al di là della Canche, incorporando nel loro marchesato specialmente l'Artois. L'autorità che, in qualità di abbati laici o di alti avvocati, essi assunsero sulle grandi abbazie, quali Saint-Bertin o Saint-Vaast d'Arras, costituì il complemento del loro potere e una cospicua fonte di rendite. Del resto, essi riconoscevano in teoria l'autorità del re di Francia Occidentalis, al quale erano uniti dai legami del vassallaggio.
In Lotaringia la situazione era alquanto diversa: l'autorità effettiva era esercitata da un'aristocrazia di conti che detenevano i poteri regi e di grandi proprietarî terrieri. I re, dai quali il paese nominalmente dipendeva, vi godevano minor credito che non i capi di tale aristocrazia, quali, all'inizio del sec. X, un Ranieri o suo figlio Gisleberto, riconosciuto come duca di Lotaringia. Solo dopo che il re dei Germani, Ottone I, ebbe vinto Gisleberto ad Andernach (939), l'autorità germanica venne effettivamente esercitata nel ducato. Autorità che rimase, tuttavia, abbastanza debole: nel 953 il duca tedesco della Lotaringia, Corrado il Rosso, si sollevò contro Ottone I e, irritato per il proprio insuccesso, guidò egli medesimo, attraverso il paese, una devastatrice invasione d'Ungheri (954).
L'autorità regia, divenuta imperiale dopo l'incoronazione di Ottone I a Roma nel 962, fu stabilita saldamente in Lotaringia solo per opera degli ecclesiastici fautori dell'impero a cominciare dal 953, quando il governo del ducato venne confidato a Brunone, arcivescovo di Colonia e fratello d'Ottone. Alle sedi episcopali di Cambrai, Liegi e Utrecht furono preposti uomini fidati ed energici, scelti dal re in base alle loro capacità amministrative e militari non meno che per le loro virtù ecclesiastiche. A ogni sede episcopale si attribuirono non solo terre, ma anche diritti regi (regalia) e, a cominciare dal regno di Ottone III (983-1002), perfino l'autorità pubblica sopra intere contee. Si costituirono così i principati ecclesiastici di Cambrai e soprattutto di Liegi e d'Utrecht i quali furono fino al sec. XII le difese avanzate del potere imperiale in Lotaringia. A capo di questi principati si trovano personalità notevoli, come a Liegi il dotto Raterio che, espulso dalla sede di Verona, ebbe quella di Liegi nel 954; e Notgero (972-1008), uno svevo che si adoperò più d'ogni altro per imporre nel paese l'autorità tedesca.
D'altra parte, i vescovi favorevoli all'imperatore esercitarono anche un profondo influsso civilizzatore, testimoniato ancora dalle numerose ehiese romaniche di tipo renano conservate nell'est del Belgio e nell'est e nel centro degli attuali Paesi Bassi. Le scuole di Liegi, favorite da Notgero, valsero alla città l'appellativo di Atene del nord. E anche nell'ambiente ecclesiastico favorevole all'impero vanno ricercati i fattori di sviluppo delle arti minori che durante il sec. XII produssero in paese mosano meraviglie nel campo dell'oreficeria e del cuoio lavorato, con Ranieri de Huy, Godofredo de Claire, Nicola de Verdin. Gli artisti mosani erano, del resto, in stretti rapporti eon quelli di Colonia, metropoli religiosa e grande centro, la cui azione si faceva sentire a Liegi come a Utrecht.
In definitiva, però, gli ecclesiastici fautori dell'impero non poterono vincere le resistenze dell'aristocrazia indigena: i discendenti di Gisleberto, che erano conti a Mons, a Lovanio, a Namur; altri dinasti che primeggiavano a Looz, a Limburgo, a Lussemburgo; infine, nelle regioni paludose intorno a Vlaardingen, tra le foci della Mosa e della Vlie, i conti talvolta detti di "Vestfrisia". Tutti costoro, appoggiati sopra una linea di castelli, esercitavano di fatto, sempre più per conto proprio e nel proprio interesse, i poteri pubblici che detenevano in una o in più contee, da loro trasformate in principati territoriali. Così si formarono gradatamente nel sec. XI il Hainaut, il Brabante, le contee di Namur, Looz, Limburgo, Lussemburgo e quella che poi nel sec. XII prese il nome di Olanda (v. queste voci). I loro capi erano in continua lotta contro i vescovi imperiali: i Ranieri di Mons, i Lamberti di Lovanio, gli Alberti di Namur, contro i vescovi di Liegi; i Thierry e i Florent di Vlaardingen contro quelli di Utrecht. Alla metà del secolo finì anche la fedeltà della casa di Ardenne, che aveva fornito all'imperatore alcuni duchi della Bassa Lotaringia (separata nel 959 dall'Alta Lotaringia) di provata devozione: dal 1044 al 1049 Goffredo il Barbuto, figlio del defunto duca Goffredo I, guidò terribili sollevazioni dell'aristocrazia di Lotaringia, durante le quali fu bruciato il palazzo imperiale di Nimega.
Ma la scossa più profonda contro l'autorità imperiale in Lotaringia provenne dalla Chiesa stessa: l'azione riformatrice di Riccardo di Saint-Vannes e di Poppone nei monasteri agl'inizî del sec. XI; più tardi la diffusione delle idee cluniacensi e la coscienza, generalizzatasi negli ambienti ecclesiastici di Lotaringia, della superiorità del potere religioso su quello civile. Queste correnti di pensiero, che penetrarono anche alcuni dignitarî della Chiesa imperiale, come il vescovo di Liegi, Wazone (1042-1048), dovevano, a lungo andare, rendere impossibile il mantenimento del sistema instaurato dagli Ottoni, il quale fu profondamente scosso dalla lotta per le investiture. Dopo il fedele Otberto, che nella sua città episcopale di Liegi difese l'imperatore Enrico IV inseguito dai suoi nemici, e fino alla morte dell'imperatore stesso nel 1106, la Chiesa di Lotaringia passò gradatamente alle dottrine gregoriane. Le parole violente con cui il celebre cronista e polemista Sigeberto di Gembloux condannò tali dottrine non ne impedirono il trionfo. Del resto, esse ebbero l'appoggio dei principi e dell'aristocrazia, i quali le consideravano un mezzo per sostituire a quella dell'imperatore la loro influenza sulla Chiesa e specialmente sulla designazione dei vescovi. Inoltre, principi e aristocratici furono spiritualmente penetrati, in misura abbastanza larga, dello spirito gregoriano.
La più palese manifestazione di quest'orientamento religioso della nobiltà fu la larghissima partecipazione dei suoi membri alla prima crociata, almeno per quanto riguarda i principati posti sul territorio attuale del Belgio. La maggior parte di questi principi parteciparono alla crociata con parecchi dei loro vassalli. L'ultimo duca della Bassa Lotaringia appartenuto alla casa d'Ardenne, Goffredo di Buglione, divenne uno dei capi dei crociati. La Lotaringia fu la sola parte del regno di Germania che inviasse alla prima crociata numerosa cavalleria.
Agl'inizî del sec. XII il ducato della Bassa Lotaringia cessò di essere una realtà. Sussistette, certo, il titolo ducale: nel 1101 l'ottenne da Enrico IV il conte del Limburgo, mentre nel 1106 il conte di Lovanio lo ricevette dal re Enrico V. Ma, privato d'ogni consistenza reale, il titolo servì solo a conferire al Limburgo e al Brabante un lustro particolare tra i principati territoriali.
Mentre a oriente della Schelda si svolgevano questi eventi, a occidente continuava a svilupparsi la contea di Fiandra. Non più verso il sud, dove la Normandia le opponeva un'insormontabile barriera, ma verso l'est. Baldovino IV (988-1035) e Baldovino V (1035-1067) invasero gradatamente i territorî della Lotaringia più vicini alla loro frontiera, che essi portarono sulla Dendre e, a nord, sul corso inferiore della Schelda orientale, includendo specialmente nel loro dominio le isole del sud della Zelanda. I sovrani germanici furono costretti a ratificare il fatto compiuto e la Fiandra comprese ormai una frazione di territorio dipendente dalla Germania. Questa politica d'espansione fu favorita dalla lotta per le investiture: Roberto II approfittò del conflitto tra gregoriani e imperialisti a Cambrai per stabilire, sostenendo i primi, una specie di protettorato sulla città. Il papa, ben disposto verso di lui, gli accordò nel 1093 il ripristino della sede episcopale di Arras, affrancando così una parte della Fiandra dall'autorità spirituale d'un vescovo dell'impero. Mezzo secolo più tardi Tournai venne, a sua volta, separata da Noyon ed eretta nuovamente, nel 1146, in diocesi distinta, a causa dell'aumento di popolazione della Fiandra.
Pur mantenendo buoni rapporti con i re di Francia, loro sovrani, i conti di Fiandra agivano, entro il loro dominio, con un'indipendenza che all'atto pratico era quasi completa. All'interno esercita vano un'autorità paragonabile solo, tra i principi territoriali francesi a quella del duca di Normandia. Nel mantenimento della pace pubblica essi erano d'una severità spietata: il conte Carlo il Buono figlio del re Canuto di Danimarca e di Adele di Fiandra, la quale sposò in seconde nozze Ruggiero I duca di Puglia, perdette addirittura la vita per la vendetta d'una famiglia che non intendeva sottomettersi all'ordine costituito.
Nel sec. XII intervenne nella storia dei Paesi Bassi un fattore nuovo ed essenziale: le città. Cominciarono ad apparire nel sec. X sotto l'azione del rifiorimento commerciale in Occidente. Questo medesimo movimento che le fece nascere animò il mondo settentrionale: Inghilterra, paesi scandinavi, rive del Mare del Nord e del Baltico, e stabilì, attraverso la Russia, comunicazioni costanti con l'Oriente bizantino e musulmano. I porti che apparirono sulle coste fiamminghe, segnatamente Bruges, in fondo al golfo di Zwijn, nacquero da questo commercio marittimo, a cui parteciparono sullo stesso piano di Londra che li fronteggiava. Sin dalla fine del sec. XI i drappi di Fiandra, indubbiamente imbarcati nei porti fiamminghi dai marinai scandinavi, erano una mercanzia comune sul mercato di Novgorod in Russia. Agl'inizî del sec. XII si aggiunse a questa una nuova corrente commerciale, intensificando notevolmente la vitalità economica dei Paesi Bassi: la corrente, cioè, che dall'Italia, attraverso i valichi alpini e lungo le grandi vie fluviali, conquistò gradatamente il nord e l'ovest dell'Europa. Fin dal primo quarto del sec. XII i mercati fiamminghi furono frequentati assiduamente da mercanti italiani e nella seconda metà del secolo Genova divenne un centro d'importanza capitale per il commercio dei drappi di Fiandra. Le città dei Paesi Bassi sono nate dallo sviluppo di agglomerati permanenti di mercanti e tali agglomerati sorsero per effetto della prima tra le due accennate correnti commerciali. L'ubicazione fu per solito determinata dall'esistenza, in località economicamente favorevoli, di qualche punto fortificato, nella cui vicinanza mercanti e artigiani potevano sentirsi al sicuro. Tali furono qualche antica civitas episcopale, talora d'origine romana, come Tournai, Cambrai, o più recente, come Liegi e Utrecht; altrove fu invece il castrum d'un principe territoriale, come è il caso di tutte le altre città dei Paesi Bassi, che verranno citate.
I due gruppi più antichi di città sono quello della Mosa e quello della Schelda. Sulla Mosa si trovano Dinant, Namur, Huy, Liegi, Maastricht e, sul corso inferiore, il porto di Tiel. Il fiume pone queste città in comunicazione col mare e l'antica strada romana Boulogne-Bavai-Colonia assicura ad esse facili comunicazioni col Reno e con l'interno della Germania. Dell'altro gruppo fanno parte innanzi tutto le città di Fiandra: Bruges, sul golfo di Zwijn; Gand, alla confluenza della Schelda e della Lys; Ypres, sull'Iperleet; Lilla, sulla Deule; Saint-Omer, sull'Aa; e più a sud Arras. Sono da aggiungere, a monte sulla Schelda, Tournai, città episcopale, e Valenciennes, unica città importante della contea di Hainaut. La comparsa della maggior parte di queste città si può far risalire al sec. X e i loro primi sviluppi al sec. XI.
Utrecht, sul vecchio Reno, e Deventer, sull'Yssel, parteciparono invece allo sviluppo delle città renane e sembra siano contemporanee delle città della Mosa e del bacino della Schelda.
Altri due gruppi, formati da città del Brabante e dell'Olanda, sono formazioni più tardive. Le città del Brabante apparvero nel sec. XI e conobbero i loro primi sviluppi nel secolo successivo: Anversa sulla Schelda, Bruxelles sulla Senne, Lovanio sulla Dyle, alle quali è da aggiungere, sul medesimo fiume, Malines, appartenente al vescovo di Liegi, ma partecipe della vita delle città del Brabante. Lo sviluppo di esse fu conseguenza di quello di Bruges e dell'importanza assunta dalle relazioni commerciali tra questo porto e Colonia, relazioni che non potevano svolgersi in modo diretto se non attraverso il Brabante. Le città olandesi più antiche sono Dordrecht, Leida e Haarlem, tutte in comunicazione col mare; ma la loro evoluzione si può considerare in ritardo d'un secolo rispetto alle città del Brabante. A queste si può invece considerare quasi contemporanea Middelburg nell'isola di Walcheren, la sola città zeelandese di qualche importanza. Quanto a Rotterdam e ad Amsterdam, appaiono come città solo verso la fine del sec. XIII, e L'Aia non fu, nel Medioevo che una residenza principesca. D'altra parte, tutte le città degli attuali Paesi Bassi, all'infuori di Maastricht, furono, prima del sec. XVI, centri urbani del tutto secondarî, comprese la città imperiale di Nimega e, nella Gheldria, Arnhem, entrambe sul Reno. Esse non erano in nessun modo paragonabili alle città situate sul territorio del Belgio odierno.
La maggior parte delle città degli antichi Paesi Bassi presentano caratteristiche parallele nella storia del loro sviluppo economico, territoriale, costituzionale e sociale. Nel campo economico sono tipici alcuni fatti: le città nacquero dal commercio e alcune sono poi sempre rimaste centri commerciali, come Bruges, Anversa e Dordrecht, vale a dire quelle che erano porti. Quasi tutte le altre sono invece divenute grandi centri industriali. I Paesi Bassi infatti, come le città italiane, conobbero fin dal Medioevo la grande industria che non si limita a produrre solo per il mercato locale, ma alimenta l'esportazione. Due ne furono le forme principali: la fabbrica di drappi e l'industria dell'ottone, entrambe anteriori al sorgere delle città e risalenti, nelle campagne, all'epoca romana. Sembra che queste due industrie si siano fissate nelle città durante il sec. XI. L'industria dell'ottone è caratteristica della regione della Mosa, dove formò la ricchezza di Huy fino agl'inizî del sec. XIII e di Dinant fino al XV. L'industria dei drappi fiorì in Fiandra e nel Brabante; nel primo di questi due principati raggiunse l'apogeo dello sviluppo durante il sec. XIII; nel secondo durante il XIV. Essa resistette però nella maggior parte delle città dei Paesi Bassi, pur senza raggiungervi altrettanta importanza. Principali centri manufatturieri furono Arras, Gand, Ypres, Lilla, Douai, in Fiandra; Lovanio e Bruxelles nel Brabante. L'esportazione verso il mezzogiorno dell'Europa si svolse durante i secoli XII, XIII e XIV soprattutto attraverso le fiere della Champagne. Fu, questa, un'industria capitalistica, finanziata da imprenditori che erano, per la maggior parte, anche mercanti. Ad Arras, a Douai, a Gand, i Louchart e i Crespin, i Boinebroke, gli Utenhove facevano lavorare centinaia di operai. Altri capitali erano riuniti a Bruges dal commercio internazionale. La ricchezza che in tal modo si accumulava facilitò le operazioni finanziarie. Nei secoli XIII, XIV e XV il commercio del denaro fu praticato su larga scala soprattutto in Fiandra e nel Brabante, segnatamente ad Arras e a Gand, da commercianti arricchiti e ancor più dagli agenti delle grandi compagnie italiane: i Buonsignori e i Gallerani di Siena, i Bardi e i Peruzzi di Firenze, i Rapondi di Lucca; accanto a costoro gl'Italiani, soprattutto originarî di Asti e di Chieri, che tenevano banchi di prestiti ed erano detti Lombardi.
Lo sviluppo della popolazione urbana, la preoccupazione di proteggere le ricchezze mobili accumulate e una tendenza all'autonomia nei riguardi del principe, indussero gli abitanti delle città a costruirsi fortificazioni proprie. Le prime cinta di mura risalgono, nella regione mosana, al sec. XI; in Fiandra, certamente agl'inizî del sec. XII; nel Brabante, alla seconda metà di questo secolo o al XIII, al quale appartengono, in genere, quelle dell'Olanda. Nei secoli XII, XIII e XIV l'aumento degli abitanti fece sorgere nuovi quartieri extra muros, con, spesso, nuove linee difensive. Queste risalgono per lo più in Fiandra al sec. XIII e nel Brabante al XIV; ad eccezione di Anversa, dove esse segnarono i confini della città fino al sec. XIX inoltrato. Non bisogna però esagerare l'importanza numerica delle popolazioni urbane: nel 1340, Bruges poteva avere 30 mila abitanti.
La loro attività economica non permetteva alle popolazioni urbane di vivere sotto i medesimi codici e le medesime istituzioni territoriali o demaniali che governavano le popolazioni rurali. I borghesi (burgenses: denominazione consueta per l'insieme degli abitanti della città, fin dal secolo XII) cercarono di ottenere dai principi privilegi, ossia leggi e istituzioni proprie. I principi territoriali laici accordarono tali privilegi abbastanza facilmente, rendendosi conto che lo sviluppo delle città era anche nel loro interesse; invece ai vescovi di Liegi, di Utrecht, di Cambrai, di Tournai, che sui proprî diritti avevano una teoria più solida e ai quali l'attività commerciale dei borghesi sembrava connessa con l'usura interdetta dalla Chiesa, i privilegi dovettero essere strappati. Questi privilegi, i cui punti principali vennero consacrati in una "carta" (keure, in olandese), accordavano alla città un'autonomia amministrativa e giudiziaria con magistrati proprî che in Fiandra furono scabini urbani. Nel principato di Liegi, nel Brabante, nel Hainaut, accanto agli scabini si trovano "giurati", emanazione diretta della borghesia; in Olanda "consiglieri" (raden). Il diritto proprio della città comportava in genere la libertà personale per gli abitanti, una procedura e mezzi di prova più agili e più pratici che non quelli del diritto territoriale, infine la libera proprietà del suolo o un sistema di possedimenti urbani facilmente alienabili. La concessione di questi privilegi ebbe luogo alla fine del secolo XI nella regione mosana (la carta di franchige di Huy è del 1066), agl'inizî del sec. XII in Fiandra (le prime carte di Bruges e di Saint-Omer sono del 1127), alla fine del medesimo secolo o agl'inizî del XIII nel Brabante e durante il sec. XIII in Olanda.
All'interno delle città, la popolazione si differenziava anche socialmente di pari passo col proprio sviluppo. Al vertice della gerarchia si trova, fin dal sec. XII, un patriziato borghese, molti membri del quale discendevano indubbiamente da mercanti-avventurieri che avevano fondato il primo nucleo urbano. Arricchitisi nel commercio, facevano fruttare i loro capitali in affari industriali e commerciali o prestandoli con forte interesse, per es. ai principi. In molte città, segnatamente in Fiandra e nel Brabante, i loro avi avevano riscattato i censi fondiarî dai signori ed erano divenuti proprietarî del suolo che concedevano, a loro volta, a censo. Si erano costruiti dimore di pietra (steen in olandese), talora fortificate. A loro apparteneva esclusivamente il governo delle città: essi ne erano gli scabini, ed eventualmente i giurati e i consiglieri. Riuniti in una gilda, costituivano una classe chiusa che difendeva energicamente le sue prerogative. Sotto di essi esisteva il "comune" formato da diversi elementi, cioè da alcuni imprenditori talvolta ricchissimi, homines novi estranei all'antico patriziato; poi artigiani, maestri, ossia piccoli padroni, e compagni che lavoravano con essi; infine nelle città industriali v'era un numeroso proletariato, trattato con molta durezza dagl'imprenditori che lo impiegavano. Il comune era raggruppato in "mestieri" o "corporazioni" ognuna delle quali raccoglieva tutti gli appartenenti a una medesima professione. Organizzati, sotto il controllo degli scabini, dal governo patrizio, questi mestieri divennero nel sec. XIV organismi di difesa degl'interessi degli artigiani o degli operai contro il patriziato. Nelle popolazioni urbane dei Paesi Bassi la nobiltà non sia rappresentata, perché essa viveva esclusivamente nelle campagne.
La storia dei Paesi Bassi nei secoli XII e XIII è dominata da tre fatti essenziali: la politica di conquista della Francia; l'estensione del Brabante; lo sviluppo, dell'Olanda e della Gheldria.
L'espansione francese fu opera di Filippo Augusto e di Luigi IX. Il primo strappò nel 1185 a Filippo d'Alsazia, conte di Fiandra, le regioni di Vermand e di Amiens acquistate da questo principe mediante il suo matrimonio. Inoltre nel 1191, nel 1200 e nel 1212 Filippo Augusto tolse alla Fiandra tutta la parte meridionale del suo territorio con le importanti città di Arras e di Saint-Omer; questa regione divenne poi, nel 1237, la contea d'Artois. Nel 1214 il medesimo re schiacciò a Bouvines la coalizione anglo-guelfa, nella quale era entrato anche il conte di Fiandra, Ferrando di Portogallo, spintovi dalle città la cui floridezza dipendeva dall'importazione delle lane inglesi. Il conte fu liberato solo nel 1226 mediante la firma dell'umiliante trattato di Melun che lasciò la Fiandra alla mercé del re di Francia. Vent'anni più tardi, nel 1246, fu Luigi IX che troncò il conflitto sorto tra i figli dei due matrimonî di Margherita, contessa di Fiandra e di Hainaut (le due contee erano riunite fin dal 1191, epoca della morte di Filippo d'Alsazia), assegnando la Fiandra ai Dampierre e il Hainaut ai d'Avesnes. S. Luigi disponeva in tal modo anche di un territorio lotaringio dipendente dalla Germania. Questa penetrazione francese si manifestò anche nel campo intellettuale e artistico: ne sono chiara manifestazione le numerose chiese gotiche di puro stile francese costruite in tutti i Paesi Bassi nei secoli XIII e XIV.
Nella medesima epoca si assiste, entro il territorio della Lotaringia, a una notevole estensione del Brabante verso est. Al ducato era essenziale, per la sua prosperità, assicurarsi della via dal Mare del Nord al Reno. Il duca Enrico I (1190-1235) fu il primo grande artefice di questa politica e diresse tutti i suoi sforzi contro il principe-vescovo di Liegi che, tenendo il dominio della Mosa, poteva tagliargli le comunicazioni. Enrico non riuscì, tuttavia, ad annettersi la contea di Looz, feudo liegese, né a infrangere la potenza territoriale del vescovo, e la disfatta che le milizie urbane liegesi gl'inflissero a Steppes nel 1213, mise fine ai suoi tentativi. Egli aveva però potuto ottenere dal re dei Romani, Filippo di Svevia, nel 1204, Maastricht, cioè il passaggio stesso del fiume. Settantacinque anni più tardi, in questa politica, che nel frattempo era stata seguita dal Brabante con molta costanza, si ebbe la seconda tappa importante: l'acquisto del ducato di Limburgo, rimasto vacante dopo la morte della duchessa Ermengarda (1283). La vittoria che il duca di Brabante Giovanni I riportò nel 1288 sul conte Rinaldo I di Gheldria, sull'arcivescovo di Colonia e sui loro alleati assicurò, mediante l'unione definitiva del Limburgo al Brabante il possesso della via commerciale.
Nel nord dei Paesi Bassi i conti d'Olanda, a prezzo di lotte incessanti con ripetute alternative di successi e di rovesci, lavorarono durante i secoli XII e XIII a rassodare ed estendere il loro dominio. L'opera ebbe termine sotto Fiorenzo V (1256-1296): a nord fu sottomessa la Frisia occidentale; ad est fu tolta ai vescovi di Utrecht la regione dell'Amstel; a sud passarono fino dal 1256 sotto l'autorità effettiva del solo conte d'Olanda la Schelda orientale e le isole di Zelanda, che erano state tenute in feudo dalla Fiandra dalla fine del sec. XI. Da allora il conte d'Olanda estese il suo dominio dalla Schelda occidentale fino allo Zuiderzee. A quel dominio si sottrasse solo la Frisia, a oriente dello Zuiderzee, nella quale continuavano le piccole repubbliche di contadini (v. frisia). La Gheldria, i cui conti (discendenti dagli antichi signori di Wassenberg) erano riusciti durante i secoli XII e XIII a formarsi un territorio press'a poco continuo, si estendeva dalla riva destra della Mosa, a sud di Roermond, fino alle rive dello Zuiderzee. Essa tagliava così in due parti il principato vescovile di Utrecht, separando la regione che circonda questa città da quella che si estendeva tra Deventer e Groninga.
La preponderanza francese, che si manifestava nei Paesi Bassi alla fine del sec. XIII, fu infranta dalla rivoluzione democratica delle città di Fiandra. In quell'epoca infatti si produssero in parecchie di tali città sollevazioni del ceto "comune" contro il patriziato. Il re di Francia, Filippo IV il Bello, intervenne nel conflitto e, sostenendo i patrizî contro il conte Guido de Dampierre che s'era schierato contro di essi, si fece del conflitto medesimo un pretesto per confiscare nel 1301 la contea. Ma una reazione popolare e nazionale degli elementi democratici, detti klauwaerten (da klauw "artiglio": l'artiglio del leone simbolico della Fiandra), salvò l'esistenza della contea. Nella notte dal 17 al 18 maggio 1302 la guarnigione francese di Bruges e un buon numero di partigiani della Francia, detti leliaerten (da lelie "giglio", emblema della Francia), furono massacrati. L'11 luglio l'esercito francese, comandato da Roberto conte d'Artois, fu messo in rotta presso Courtrai dalle milizie urbane e rurali fiamminghe. Questa vittoria troncò lo sforzo espansionistico della Francia, sebbene, in forza del trattato di Athis-sur-Orge, la Fiandra vallona (castellanie di Lilla, Douai e Béthune) dovesse essere abbandonata alla corona francese nel 1312.
Il sec. XIV fu per i Paesi Bassi tutto occupato da lotte sociali e dalle ripercussioni della guerra dei Cent'anni. Dal 1323 al 1328 vi fu una terribile sollevazione di contadini della Fiandra marittima, sollevazione che venne repressa dal re di Francia Filippo VI di Valois. Nelle città di Fiandra si alternarono al potere, durante il secolo, patrizî e artigiani e questi mutamenti di governo furono ogni volta accompagnati da violenze. Analoghe lotte insanguinarono anche le altre città dei Paesi Bassi: a Liegi dal 1384 il governo fu esclusivamente nelle mani degli artigiani; nel Brabante, Lovanio dal 1378 e Bruxelles dal 1421 adottarono una costituzione in cui il governo era diviso tra patriziato e artigiani. Invece in Olanda, come nel Hainaut, nella regione di Namur e nel Lussemburgo, il patriziato riuscì a reprimere tutti i tentativi di rivoluzione democratica. Le città olandesi furono però, dal 1350, teatro d'un conflitto che per circa 150 anni divise il paese in due partiti, quello degli Hoeken e quello dei Kabeljauwen, senza che peraltro sia possibile precisare i fini di questa lotta.
I nobili che vivevano del loro latifondo costituivano i Hoeken, mentre i Kabeljauwen rappresentavano prevalentemente ceti commerciali. Tuttavia in queste lotte s'intrecciavano questioni religiose, sociali e politiche.
L'azione degli elementi democratici nelle città durante il sec. XIV si manifestò non solo sotto l'aspetto politico, ma anche nell'organizzazione del lavoro. L'attività industriale e commerciale fu regolata più minuziosamente, nell'interesse degli artigiani e operai e, in pari tempo, dei consumatori locali.
Anche la politica generale risentì gli effetti dei conflitti sociali. All'inizio della guerra dei Cent'anni, il conte di Fiandra Luigi di Nevers s'era schierato dalla parte della Francia; ma Edoardo III d'Inghilterra vietò l'esportazione della lana in Fiandra e ne seguì una grave crisi. Nel 1338 Giacomo van Artevelde, che la popolazione di Gand aveva nominato proprio capo, riuscì a far riconoscere la neutralità della Fiandra. Poi, dopo aver affidato il governo nominale della contea a un ruwaert (reggente), Simone Mirabello, il van Artevelde invitò il re d'Inghilterra a prendere a Gand il titolo di re di Francia e in tale qualità lo fece riconoscere dalle tre città maggiori a nome di tutta la contea. Cinque anni dopo, il van Artevelde cadde vittima della propria opposizione contro il dominio che gli artigiani tessili pretendevano d'esercitare a Gand, ma l'intesa con l'Inghilterra rimase.
Durante la seconda metà del sec. XIV il fatto più importante nella storia dei Paesi Bassi fu la preparazione della loro unificazione. Nel 1369 il conte di Fiandra, Luigi de Male, aveva dato in moglie la propria figlia Margherita a Filippo l'Ardito duca di Borgogna, fratello del re di Francia Carlo V; in tale occasione il conte aveva ricuperato la Fiandra vallona; gli venivano invece per linea materna la contea d'Artois e quella di Borgogna (o Franca Contea; v.). Contro questo gruppo di territorî ve n'era un altro costituito dal Brabante e dal Limburgo, governati dal duca Venceslao della casa di Lussemburgo e da sua moglie Giovanna, ultima discendente della dinastia del Brabante. Un terzo gruppo comprendeva il Hainaut, l'Olanda e la Zelanda uniti fin dal 1299, quando Giovanni I d'Avesnes, conte del Hainaut, aveva acquistato gli altri due principati; dal 1345 essi erano sottoposti tutti e tre alla casa di Baviera. Dal 1384 al 1441 i duchi di Borgogna, Filippo l'Ardito, succeduto al suocero Luigi de Male (v. borgogna), Giovanni Senzapaura e soprattutto Filippo il Buono, riunirono successivamente questi diversi territorî sotto la loro autorità, aggiungendovi la regione di Namur e il Lussemburgo. Liegi, sotto i suoi principi-vescovi, rimase esclusa dal loro "paese dell'al di qua"; ma, usando la forza, i duchi vi esercitarono un vero protettorato.
Essi attuarono una certa unificazione politica di questi diversi territorî e per far ciò dovettero spezzare in Fiandra e nel Brabante la larga autonomia politica delle grandi città, imponendovi magistrati, nella cui designazione il governo aveva parte decisiva. Ciò fece soprattutto Filippo il Buono. A lui stesso e a suo figlio Carlo il Temerario si deve la creazione delle istituzioni centrali, che costituirono la prima tappa verso l'unificazione dei Paesi Bassi. L'avventurosa politica estera di Carlo il Temerario rischiò di compromettere questi risultati: quando il duca cadde dinnanzi a Nancy nel 1477, il re di Francia Luigi XI cercò di mettere le mani sull'eredità di Carlo, approfittando della reazione anti-centralizzatrice scatenatasi nei Paesi Bassi. Ma l'intervento di Massimiliano d'Asburgo, che in quel medesimo anno aveva sposato Maria di Borgogna, figlia del Temerario, costrinse Luigi XI ad accontentarsi di confiscare il ducato di Borgogna.
Sotto l'aspetto artistico, il sec. XV fu uno dei periodi di massimo fiore. Basterà ricordare per la pittura il nome dei van Eyck, per la scultura quello di Claas Sluter e rammentare per l'architettura i municipî di Bruges, Bruxelles e Lovanio, gioielli dell'architettura gotica civile giunta al suo apogeo.
Profonde trasformazioni si operarono anche nel campo economico. Nelle grandi città di Fiandra e del Brabante l'industria dei drappi era in piena decadenza. Nascevano invece o si sviluppavano nuove industrie, come quella dei drappi leggieri e a buon mercato, che lavorava non più le lane inglesi, ma quelle della Spagna, e che era praticata nelle campagne o nelle piccole città della Fiandra meridionale, quali Hondschoote, Armentières, ecc., o anche in Olanda, dove aveva il centro principale a Leida. Inoltre è da ricordare la fabbricazione della tela, che era industria quasi esclusivamente rurale. Entrambe queste attività furono, più dell'antica industria dei drappi, libere dai regolamenti corporativi. Erano finanziate da capitalisti, quasi sempre homines novi, come gli abitanti di Anversa, arricchitisi con la coltivazione dei polders. È da segnalare anche tra quelle nuove un'industria di lusso: la tappezzeria, che da Arras e da Tournai si diffuse a Audernarde e a Bruxelles.
Anche il commercio mutò carattere. Centro principale ne fu ancora Bruges; ma, rimasta attaccata allo spirito di regolamentazione minuziosa e pedantesca del sec. XIV, essa stancò la clientela estera, attratta sempre più dalle facilitazioni e dalle libertà di cui si godeva nel più recente porto d'Anversa. Prima della fine del secolo XV la decadenza di Bruges fu un fatto compiuto, tanto più che l'insabbiamento progressivo dello Zwijn ne rese malagevole l'accesso. Tuttavia, durante la maggior parte di quel secolo, Bruges ebbe ancora un porto importante. Il commercio tedesco, accentrato nelle mani della Lega anseatica che ne era stata parte essenziale, si trovava piuttosto in regresso. Ma le relazioni con l'Europa meridionale s'erano alquanto intensificate: galee veneziane e genovesi facevano a Bruges viaggi regolari e gl'Italiani avevano tra i mercanti stranieri, che frequentavano quel porto, un posto principalissimo, tanto nel commercio d'importazione (segnatamente per l'allume e la seta), quanto nel commercio del denaro. Tra le case italiane stabilite a Bruges la più importante era quella dei Medici, che dal 1465 al 1480 fu diretta da Tommaso Portinari.
Nel sec. XV prese ugualmente notevole sviluppo un altro ramo dall'attività economica dei Paesi Bassi, cioè la navigazione: ne furono centro i porti olandesi che si dedicarono sempre più all'industria della navigazione, la quale prese le due forme di pesca d'alto mare e di trasporto delle mercanzie. Nel Mare del Nord e nel Baltico i marinai olandesi fecero una terribile concorrenza alla Lega anseatica. Quest'attività spiega gl'inizî della floridezza di Amsterdam.
Tale era la situazione al principio del sec. XVI. Dopo il breve regno di Filippo il Bello (1493-1506) e la reggenza di Margherita d'Austria (1506-1515), il dominio dei Paesi Bassi passò nelle mani di Carlo V. L'importanza del regno di Carlo V per la storia dei Paesi Bassi non sta tanto nelle guerre, quanto nei nuovi progressi ch'egli fece per compierne l'unificazione, anche territoriale, riunendo alle provincie, già raggruppate sotto la sua autorità, una serie di territorî settentrionali (dal 1523 al 1543: la Frisia, lo Sticht, la Gheldria). A sud, il trattato di Madrid (1526) vi aggiunse la città di Tournai e la sua regione, sottoposte alla corona francese rispettivamente dalla fine del sec. XII e dalla fine del XIII. In tal modo venne attuata l'unione di quelle che ormai furono dette le "Diciassette Provincie", alle quali era strettamente unito il principato vescovile di Cambrai. Carlo V le liberò da ogni sovranità esterna: il trattato di Madrid ruppe gli ultimi legami di dipendenza della Fiandra e dell'Artois dalla Francia. Nel 1548 egli ottenne dalla dieta dell'impero la transazione d'Augusta, che erigeva le Diciassette Provincie in Circolo di Borgogna, con larghissima autonomia nei riguardi dell'impero; l'anno successivo la Prammatica Sanzione ne consacrava l'unità, stabilendo che la successione al trono dovesse avvenire in maniera uniforme e individuale. Soltanto il principato vescovile di Liegi e il principato abbaziale di Stavelot-Malmédy furono incorporati al Circolo di Vestfalia e dovevano partecipare più intimamente ai destini dell'impero.
Sotto il regno di Carlo V fu introdotta nei Paesi Bassi la Riforma. Lo stato intellettuale, economico e sociale del paese creò le circostanze favorevoli alla diffusione del movimento religioso. Sotto l'aspetto intellettuale, l'umanesimo, le cui tendenze critiche e la cui arditezza di pensiero potevano costituire un pericolo per l'insegnamento tradizionale della Chiesa, s'era fortemente sviluppato. Il più illustre rappresentante di queste tendenze, Desiderio Erasmo da Rotterdam, esercitava un influsso considerevole sul pensiero degli ambienti direttivi. A Lovanio, accanto all'antica università fondata nel 1427 da Giovanni IV duca di Brabante, venne istituito nel 1517 da Jérôme de Busleyden il Collegium Trilingue, per la diffusione dei nuovi metodi critici.
Lo sviluppo economico d'Anversa aveva formato un ambiente assai bene disposto ad accogliere e sviluppare le nuove idee religiose. La città era divenuta il grande mercato della nuova industria dei drappi e il suo liberalismo economico, favorito dalle circostanze del momento, e segnatamente dalla scoperta dell'America, ne aveva fatto il maggiore porto dell'Europa occidentale. Il fiorentino Luigi Guicciardini, che la visitò nel 1565, ha lasciato una descrizione entusiastica della sua ricchezza e della sua attività. Vi risiedeva una popolazione cosmopolita, che a quell'attività partecipava e contribuiva a quella ricchezza: Italiani (come gli Affaitadi di Cremona o i Grimaldi di Genova), Spagnoli e Portoghesi, tra i quali mori e giudei convertiti (maranos) occupavano un posto di prim'ordine; Tedeschi, tra i quali gli agenti dei celebri Fugger d'Augusta. In tale folla eterogenea le dottrine della Riforma dovevano penetrare e diffondersi con facilità tanto maggiore, in quanto non si poteva contrariare quei mercanti stranieri senza compromettere la floridezza del porto. L'esistenza ad Anversa di parecchie stamperie, tra cui la celebre casa dei Plantin fondata nel 1550, permettendo la diffusione della Bibbia e degli scritti teologici e polemici, favoriva, sia pure indirettamente, la diffusione del protestantesimo.
Infine è da notare che la concentrazione di capitali e il moltiplicarsi delle imprese industriali produssero la formazione d'un proletariato, d'una "plebe povera e misera", come diceva nel 1557 l'ambasciatore veneziano F. Badoero. Miseria, mendicità e vagabondaggio vi giunsero a tal punto, che nella prima metà del sec. XVI venne attuata una riforma della beneficenza per porre rimedio a questo stato di cose. In un ambiente simile, naturalmente avido di mutamenti, la Riforma doveva reclutare aderenti in massa.
Essa penetrò nei Paesi Bassi dapprima sotto la forma luterana; i suoi primi martiri furono bruciati a Bruxelles nel 1523. Carlo V promulgò contro di essa, in una serie di editti o bandi (placards), una legislazione feroce e la ricerca degli eretici venne affidata a un'inquisizione di stato. La diffusione del luteranesimo e dell'anabattismo, apparso nei Paesi Bassi dal 1529, fu arrestata; ma verso il 1543 il calvinismo si diffuse nelle Diciassette Provincie e vi reclutò immediatamente numerosissimi adepti.
Alcuni anni più tardi, nel 1555, l'abdicazione di Carlo V fece passare il dominio dei Paesi Bassi a suo figlio Filippo II, la cui politica ebbe come fine essenziale la distruzione dell'eresia. Poco dopo la sua partenza per la Spagna nel 1559, insorsero nei Paesi Bassi gravi conflitti, che misero alle prese, da una parte, Antonio Granvelle vescovo di Arras, il quale esercitava il potere nominalmente sotto l'autorità della governatrice Margherita di Parma, e, dall'altra, la nobiltà del paese favorevole, se non al protestantesimo, almeno alla tolleranza. Una delle prime divergenze sorse in occasione della creazione, per iniziativa del re, di quattordici vescovati nuovi, destinati a favorire la sua campagna contro l'eresia (1559). Il Granvelle si dovette ritirare dal governo; ma dopo il suo ritiro (1564) un conflitto ben altrimenti grave venne scatenato da un raddoppiamento d'energia da parte della governatrice nella repressione del culto e della propaganda calvinistica. Per istigazione di quelli tra i loro membri che avevano aderito alle idee nuove, e specialmente di Giovanni e Filippo de Marnix de Sainte-Aldegonde, i nobili si raggrupparono in "compromesso" e chiesero il ritiro dei placards (1566). Fu in questa occasione che essi assunsero il soprannome di Gueux (v.), passato poi ai protestanti dei Paesi Bassi. Rese ardite da quest'azione, bande di protestanti fanatici, reclutate tra il proletariato industriale, si sparsero attraverso il territorio, saccheggiando le chiese; ma quando, nel 1567, giunse nei Paesi Bassi il duca d'Alba per punire i ribelli la governatrice aveva già ristabilito l'ordine.
Molti protestanti erano emigrati e anche il principe Guglielmo d'Orange, che era stato l'artefice più attivo della resistenza alla lotta selvaggia contro l'eresia, s'era ritirato in Germania. Quando il duca d'Alba diede principio all'opera di repressione, le sue prime vittime furono cattolici; i conti d'Egmont e di Hornes furono giustiziati a Bruxelles nel 1568. L'istituzione di tribunali straordinarî (Conseil des troubles) e d'imposizioni arbitrarie e il disconoscimento generale dei diritti degli abitanti indisposero profondamente le popolazioni. Perciò quando i protestanti cominciarono nelle regioni settentrionali la resistenza palese (presa della Brielle nel 1572 per opera dei Gueux di mare), la popolazione, tanto cattolica quanto protestante, prese le parti dei ribelli contro la tirannia spagnola. Nonostante alcuni successi militari, il duca non poté impedire che l'Olanda e la Zelanda, protette dalle acque, rimanessero il centro armato della resistenza protestante e nazionale.
Fonti: Sono da consultare i repertorî di W. Wattenbach, Deutschlands Geschichtsquellen im Mittelalter, 6ª ed., Berlino 1893-94, voll. 2 (7ª ed. del vol. I, ivi 1904), e di A. Molinier, Les sources de l'histoire de France des origines aux guerres d'Italie, Parigi 1901-1906, voll. 6. La guida generale per le fonti della storia dei Paesi Bassi nel Medioevo e nel sec. XVI è: H. Pirenne, H. Nowé e H. Obreen, Bibliographie de l'histoire de Belgique, 3ª ed., Bruxelles 1931. Le fonti narrative riguardanti i Paesi Bassi settentrionali sono studiate da J. Romein, Geschiedenis van de Noord-Nederlandsche geschiedschrijving in de Middeleeuwen, Haarlem 1932; quelle della storia liegese, da S. Balau, Les sources de l'histoire de Liége au moyen âge, Bruxelles 1903; per la Fiandra si troveranno indicazioni più sommarie in V. Fris, Bibliographie de l'histoire de Gand depuis les origines iusqu'à la fin du XVe siècle, Gand 1907.
I. Grandi collezioni. - Le più importanti collezioni di fonti relative alla storia dei Paesi Bassi sono: 1. Monumenta Germaniae Historica (abbrev.: M. G. H.; sez. Scriptores: SS.), che comprendono le fonti narrative più essenziali relative alla storia dei principati dei Paesi Bassi nel Medioevo; 2. nel Belgio: a) le pubblicazioni della Commission Royale d'Histoire (abbrev.: C. R. H), che comprendono pubblicazioni in-4° (dette anticamente Chroniques Belges inédites), in-8° e un Bulletin, Bruxelles, iniziato nel 1834: esse contengono fonti narrative e diplomatiche concernenti la storia del Belgio nel Medioevo e nell'epoca moderna; b) la Collection de Mémoires relatifs à l'histoire de Belgique, pubblicati dalla Société de l'histoire de Belgique, Bruxelles 1858-74: contengono fonti narrative concernenti la storia del Belgio dal sec. XVI al XVIII (abbrev.: M. B.); 3. Nei Paesi Bassi: a) Werken van het historisch Genootschap gevestigd te Utrecht, Utrecht e L'Aia 1863 segg., e il bollettino (Bijdragen en Mededeelingen) della società stessa, 1877 segg.; b) la collezione ufficiale dei Riksgeschiedkundige Publicatien, L'Aia 1904 segg., una serie in-8° gr. e una serie in-8°.
II. Fonti narrative. - Si fa risalire la storiografia nazionale al momento in cui si formarono i due territorî di Fiandra e Lotaringia, la cui riunione costituì i Paesi Bassi, cioè alla seconda metà del sec. IX; sono quindi escluse da quest'elenco le fonti generali per la storia della monarchia franca nella sua decadenza.
In Lotaringia la storiografia s'iniziò con annali monastici; ma non è possibile qui enumerarli, come anche non si possono citare i molti testi agiografici (Vitae, Miracula), di cui si dispone per l'alto Medioevo.
Le opere principali da citare per i secoli X, XI e XII sono le cronache vescovili o monastiche: i Gesta episcoporum Tungrensium, Traiectensium et Leodiensium, di Heriger de Lobbes e Anselme de Liége, in M. G. H., SS., VII e XIV, ed. Koepke e Waitz, per il sec. XI; i Gesta episcoporum Cameracensium, anch'essi per il sec. XI, con le numerose continuazioni, ibid., VII e XIV, ed. Bethmann e Waitz; Sigeberto di Gembloux, membro del clero imperialista e autore d'una Chronographia, cronaca universale, ibid., VI, ed. Bethmann, compose nella seconda metà del sec. XI i Gesta abbatum Gemblacensium, ibid., VIII, ed. Pertz. Le tendenze gregoriane sono invece rappresentate da Rupert, autore del Chronicon S. Laurentii Leodiensis, ibid., VIII, ed. Wattenbach; da un monaco di Saint-Hubert che compose agl'inizî del sec. XII il Chronicon S. Huberti Andaginensis, in C. R. H., a cura di Hanquet, Bruxelles 1906, e dall'abate Rodolphe, al quale si debbono i Gesta abbatum Trudonensium, con le loro continuazioni, in M. G. H., SS., X, ed. Koepke.
Per la Lotaringia settentrionale v. il De diversitate temporum di Alpert, composto agl'inizî del sec. XI, in M. G. H., SS., IV, ed. Pertz, e ed. Hulshof, Amsterdam 1916; gli Annales Egmundani, composti nell'abbazia d'Egmont in Olanda, tra il 1112 e il 1205, in M. G. H., SS., XVI, ed. Pertz, e ed. Oppermann, in Fontes Egmundenses, Utrecht 1933.
In Fiandra la storiografia gravitò intorno alla casa comitale che vi era molto forte; ebbe inizio con una serie di Genealogiae comitum Flandriae, ibid., IX, ed. Bethmann, il cui sviluppo giunse, nel sec. XII, a un'estesa cronaca, la Flandria Generosa, ibid. Nel sec. XII nacque ugualmente in Fiandra il primo racconto storico dovuto a un cittadino, il notaio di Bruges, Galbert: Histoire du meurtre de Charles le Bon, a cura di H. Pirenne, Parigi 1891.
Nel sec. XIII la storiografia continuò, sotto molti aspetti, quella dei secoli precedenti. Il fatto è particolarmente evidente nei riguardi dei Gesta episcoporum Leodiensium di Gilles d'Orval, in M. G. H., SS., XXV, ed. Heller, e anche per l'opera fondamentale della storiografia liegese del sec. XIV, che è il Chronicon di Jean de Hocsem, in C. R. H., a cura di Kurth, Bruxelles 1927, che tuttavia ha delle cose una visione più positiva, propria degli uomini di quell'epoca. La parte sempre più importante assunta dalle dinastie di Lotaringia nella seconda metà del sec. XII si riflette nella storiografia attraverso il Chronicon Hanoniense di Gisleberto, cancelliere del conte di Hainaut, in C. R. H., serie in-8°, a cura di Vanderkindere, Bruxelles 1904.
Nel nord sono da citare i Gesta episcoporum Traiectensium, in M. G. H., SS., XXIII, a cura di Weiland, e il Chronicon Egmundanum, a cura di Pynacker-Hordyk, Amsterdam 1904.
Alla fine dei secoli XIII e XIV le lingue volgari divennero d'uso sempre più frequente nella storiografia. Jacques de Hemricourt scrisse in vallone liegese il suo Miroir des Nooles de la Hesbaye, in C. R. H., serie in-4°, a cura di Borman, Bayot e Poncelet, Bruxelles 1910-25. In dialetto brabantino Jan van Heelu scrisse la sua Rijmkronijk, in C. R. H., serie in-4°, a cura di Willems, Bruxelles 1886; Jan van Boendaele i suoi Brabantsche Yeesten, in C. R. H., serie in-4°, a cura di Willems e Bormans, Bruxelles 1839-69, voll. 3, a celebrazione di Giovanni I e della sua discendenza. Anche in Fiandra le lotte sociali e politiche della prima metà del sec. XIV furono narrate non solo in latino negli Annales Gandenses, a cura di Funck-Brentano, Parigi 1895, e nel Chronicon di Gilles le Muisit, in C. R. H., serie in-4°, a cura di De Smet, Bruxelles 1841, ma anche in fiammingo da Lodewijk van Velthem nel suo Spiegel Bistoriael, in C. R. H., serie in-4°, a cura di Van der Linden, De Keyser e De Vreese, Bruxelles 1906-32, voll. 2. Per lo Stichi e l'Olanda, le fonti essenziali sono il Chronicon de episcopis Ultraiectinis, a cura di Buchelius, Utrecht 1643, e la Rijmkronijk van Holland di Melis Stoke, a cura di Huydecoper, Leida 1772, voll. 3.
Le Chroniques di J. Froissart, a cura di Kervyn de Lettenhove, Bruxelles 1867-77, voll. 26, escono dal quadro dei Paesi Bassi, ma costituiscono per la storia di essi una fonte di prim'ordine.
Il periodo dei duchi di Borgogna, durante il quale avvenne l'unificazione dei Paesi Bassi, è rappresentato soprattutto da memorie o almeno dall'opera di personalità, le quali parteciparono spesso attivamente agli eventi che riferirono. Tali sono: E. de Dynter, cancelliere di Brabante, Chronicon ducum Brabantiae, in C. R. H., serie in-4°, a cura di De Ram, Bruxelles 1854-60, voll. 3; Monstrelet, Chroniques, a cura di Douët d'Arcq, Parigi 1857-62, voll. 2; Molinet, Chroniques, a cura di Buchon, Parigi 1827-28, voll. 4; Chastellain, Chroniques, a cura di Kervyn de Lettennove, Bruxelles 1863-64, voll. 5; Ph. de Commines, Mémoires, a cura di Calmette, Parigi 1924-25, voll. 3; Olivier de la Marche, Mémoires, a cura di Beaune e d'Arbaumont, Parigi 1884-88, voll. 4.
Per il sec. XVI, v belgio; olanda.
III. Fonti diplomatiche e amministrative. - Una gran parte, rimasta e destinata a rimanere inedita, deve essere consultata nei depositi di archivî (v. appresso), soprattutto dal sec. XIV.
A. Wauters compilò una Table chronologique des chartes et diplomes imprimés concernant l'histoire de la Belgique, che va fino al 1339, in C. R. H., serie in-4°, Bruxelles 1866-1912, XI, in 13 volumi.
Tra le collezioni di fonti diplomatiche, le più ricche rimangono la raccolta di Aubertus Miraeus, rifusa da J. F. Foppens: Opera diplomatica, Lovanio e Bruxelles 1723-48, voll. 4, e quella di F. van Mieris, Groot Charterboek der graven van Holland, Zeeland en heeren van Vriesland, Leida 1753-56, voll. 4. Tra le altre collezioni sono soprattutto da citare: C. Duvivier, Actes et documents anciens intéressant la Belgique, in C. R. H., 1898-1903, voll. 2; Analectes pour servir à l'histoire ecclésiastique de la Belgique, a cura di E. Reusens e J. Barbier, Lovanio 1864-1914; Monasticon Flandriae, pubbl. dalla Société d'émulation de Bruges dal 1839; P. J. Goetschalckx, Bijdragen tot de geschiedenis, bijzonderlijk van het aloude hertogdom Brabant, Hoogstraten 1902-1914; J. A. Nijhoff, Gedenkwaardigheden uit de gesch. van Gelderland, L'Aia 1830-75.
Fin nel corso del sec. XIII la maggior parte delle raccolte di fonti diplomatiche ebbero origine ecclesiastica e sono collezioni di carte d'abbazie o di chiese. Tra le principali si ricordano: van Lokeren, Chartes de l'abbaye de Saint-Pierre à Gand, Gand 1868-71, voll. 2; De Marneffe, Cartulaire de l'abbaye d'Affligem, Lovanio 1894; De Smet, Cartulaire de l'abbaye de Cambron, in C. R. H., Bruxelles 1869, voll. 2; Bormans, Schoolmeesters e Poncelet, Cartulaire du Chapitre de Saint-Lambert, di Liegi, ibid., ivi 1893-1933, voll. 6; Piot, Cartulaire de l'abbaye de Saint-Trond, in C. R. H., ivi 1870-75, voll. 2; Kurth, Chartes de l'abbaye de Saint-Hubert, ibid., ivi 1903; C.-G. Roland e J. Halkin, Recueil des chartes de l'abbaye de Stavelot-Malmédy, ibid., ivi 1909-1930, voll. 2; S. Muller e A.C. Bouman, Oorkondenboek van het Sticht Utrecht tot 1301, Utrecht 1925.
Per alcuni territorî settentrionali esistono raccolte generali di carte, quali: Sloet, Oorkondenboek der graafschappen Gelre en Zutphen, L'Aia 1872-77, voll. 3; van den Bergh, Oorkondenboek v. Bolland en Zeeland, Amsterdam 1866-1901, voll. 3; Blok e diversi collaboratori, Oorkondenboek van Groningen en Drenthe, Groninga 1896-99, voll. 2.
Per il periodo dal sec. XIV in poi si hanno numerosi documenti emanati dalle amministrazioni delle città che avevano preso grande sviluppo. Tali sono: Comptes de la ville de Gand, a cura di Vuylsteke, Gand 1874-75, 1890, 1900, voll. 5; Comptes de la ville d'Ypres, a cura di Des Marez e De Sagher, in C. R. H., 1909-1913. Nei secoli XIV e XV i documenti provenienti dalle amministrazioni dei principi, e specie dall'amministrazione fiscale, sono una fonte preziosa. Se ne citano: J. Cuvelier, Les dénombrements de foyers én Brabant, in C. R. H., Bruxelles 1912.
Nel gruppo delle fonti per la storia economica, la collezione fondamentale è il Recueil des documents relatifs à l'histoire de l'industrie drapière en Flandre, pubblicato da G. Espinas e H. Pirenne, in C. R. H., Bruxelles 1906-1924, voll. 4 e supplemento in Bulletin C. R. H., 1929.
Un posto a parte va fatto alle fonti d'origine pontificia o italiana, quali: Analecta Vaticano-Belgica, Roma e Bruxelles 1906 segg.; Bulletin de l'Institut historique Belge de Rome, ivi 1919 segg.; Mededeelingen van het Nederlandsch Historisch Instituut te Rome, L'Aia, 1921; La Correspondance de la filiale de Bruges des Medici a cura di A. Grunzweig, in C. R. H., I, Bruxelles 1931, particolarmente importante.
IV. Fonti giuridiche. - Per il Belgio si trovano riunite nella Collection des anciennes coutumes de la Belgique e nel Recueil des anciennes Ordonnances de la Belgique, pubblicate entrambe dalla Commission Royale des anciennes Lois et Ordonnances de la Belgique. Si veda anche il Bulletin di questa commissione. Per i Paesi Bassi: Werken der Vereeniging tot uitgaaf der bronnen van het Oud-Vaderlandsche recht; si consulteranno inoltre i Verslagen en Mededeelingen del medesimo istituto.
V. Archivî. - Nel Belgio: a) il deposito centrale degli archivî generali del regno, a Bruxelles; b) il deposito degli archivî di stato nei capoluoghi d'ognuna delle nove provincie; c) il deposito degli archivî comunali in numerose città. Nei Paesi Bassi l'organizzazione è del tutto analoga; gli archivî generali (Rijksarchief) hanno il loro deposito a L'Aia.
All'estero, i principali fondi che interessano la storia dei Paesi Bassi sono: a) a Roma: l'Archivio vaticano; b) in Francia: gli Archivî nazionali a Parigi, gli Archivî dipartimentali del nord a Lilla, gli Archivî dipartimentali della Costa d'Oro a Digione; c) in Spagna, gli archivî di Simancas; d) in Austria, gli Archivî nazionali a Vienna. Altri depositi esteri possono fornire in via sussidiaria fonti che interessano la storia belga, come taluni archivî italiani (Firenze, Venezia, Siena), inglesi (Publíc Record Office a Londra), o tedeschi (Archivio di stato a Düsseldorf, archivî della città di Colonia).
Bibl.: Come guida è da usare H. Pirenne, Bibliographie op. cit. I lavori d'insieme essenziali sono: H. Pirenne, Histoire de Belgique, I, 5ª ed., 1929; II, 3ª ed., 1922; III, 3ª ed., 1923; IV, 3ª ed., 1927; V, 2ª ed., 1926; VII, p. 1932; P. J. Blok, Geschiedenis van het nederlandsche volk, 3ª ed., Leida 1923-26, voll. 4; J. H. Gosses e N. Japiske, Handbock tot de staatkundige geschiedenis van Nederland, 2ª ed., L'Aia 1927. Si hanno due atlanti storici: il Geschiedkundige Atlas van Nederland, diretto da Blok e Beekman, L'Aia 1912 segg., e l'Atlas de géographie historique de la Belgique, diretto da L. van der Essen, Bruxelles 1919 segg. Notevole inoltre: H. Van Linden e H. Obreen, Album historique de la Belgique, Bruxelles 1910.
Tra le principali opere generali, esclusi gli studî dedicati a un principato, a una città o a un personaggio determinati, s'indicano in ordine cronologico: Baron de Loë, Nations d'archéologie préhistorique gallo-romaine et franque, Bruxelles 1922; F. Cumont, Comment la Belgique fut romanisée, 2ª ed., ivi 1919; G. Des Marez, Le problème de la colonisation franque et du régime agraire dans la Basse-Belgique, ivi 1926; G. Kurth, La frontière linguistique en Belgique et dans le Nord de la France, ivi 1896-98, voll. 2; J. H. Holwerda, Nederland's vroegste geschiedenis, Amsterdam 1925; J. De Vries, De Wikingen in de lage landen bij de Zee, Haarlem 1924; L. Vanderkindere, La formation territoriale des principautés belges au moyen âge, Bruxelles 1902, voll. 2; F. Rousseau, La Meuse et le pays mosan en Belgique. Leur importance historique avant le XIIIe siècle, Namur 1930; F. Vercauteren, Étude sur les Civitates de la Belgique Seconde du IVe au XIe siècle, Bruxelles 1934; H. Pirenne, Les villes du moyen âge, Bruxelles 1927; id., Les anciennes démocraties des Pays-Bas, Parigi 1910; H. Brugmans e C. H. Peters, Oud nederlandsche steden, Leida 1910-11, volumi 3; G. De Marez, Étude sur la propriété foncière dans les villes au moyen âge et spécialement en Flandre, Gand 1896; H. Van der Linden, Les gildes marchandes dans les Pays-Bas au moyen âge, Gand 1896; H. S. Lucas, The Low-Countries and the Hundred Years' War, in Publ. hist. and pol. science, a cura dell'università di Michigam, VIII, 1929; H. Pirenne, Die Enstehung und die Verfassung der burgundischen Reiches im XV. und XVI. Jahrh., in Jahrbuch für Gesetzgebung, Verwaltung und Volkswirtschaft, 1909; G. Bigwood, Le régime juridique et économique du commerce de l'argent en Belgique au moyen âge, Bruxelles 1920-22, voll. 2; A. Henne, Histoire du régne de Charles-Quint en Belgique, Bruxelles 1858-1860, voll. 10; H. Pirenne, Une crise industrielle au XVIe siècle, in Bulletin de l'Académie Royale de Belgique, cl. des lettres (1905); P. Bonenfant, La réforme de la bienfaisance publique aux Pays-Bas sous Charles-Quint, in Revue belge de philologie et d'histoire (1926 e 1927); J. A. Goris, Études sur les colonies marchandes méridionales à Anvers, Lovanio 1925; F. Rachfall, Wilhelm v. Oranien und der niederländische Aufstand, I e II, Halle 1906-1908; III, L'Aia 1924.
Per i personaggi che ebbero parte nella storia degli antichi Paesi Bassi, è da consultare, per quanto riguarda il Belgio, la Biographie Nationale, Bruxelles 1866 segg., e per gli attuali Paesi Bassi il Nieuw Nederlandsch Biographisch Woordenbock, diretto da Molhuysen e Blok, Leida 1911 segg.