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Tra la metà del 16° e la fine del 18° secolo, i Paesi Bassi divennero una grande potenza marittima e assunsero una posizione di primo piano in Europa. Estesero la loro influenza attraverso un ampio sistema di colonie che, al suo apice, comprendeva le Indie Orientali olandesi (Indonesia, Sri Lanka e alcune colonie indiane) e le Indie Occidentali olandesi (costituite da parte del Sudamerica nordorientale). La superiorità tecnologica raggiunta nella cantieristica navale e la favorevole collocazione geografica furono all’origine della supremazia marittima: i Paesi Bassi si affacciano sul Mare del Nord e hanno potuto beneficiare dell’esteso sistema di rotte e traffici commerciali regionali e mondiali ereditato dalla Lega anseatica. Divenuti uno dei più importanti poli commerciali europei (ancora oggi il porto di Rotterdam è il più trafficato del continente), hanno tuttavia perduto nel tempo il dominio sui mari e, nel secondo dopoguerra, hanno progressivamente perso le loro colonie, divenute indipendenti. Solo le nazioni costitutive delle Antille olandesi, dissoltesi a ottobre 2010, restano formalmente parte del regno dei Paesi Bassi. La politica di neutralità, adottata nella prima metà dell’Ottocento, fu abbandonata al termine della Seconda guerra mondiale, quando l’occupazione da parte delle truppe naziste costrinse la casa regnante a un temporaneo esilio. Dal secondo dopoguerra il paese ha impostato la politica estera su direttrici stabili, favorevoli anzitutto al processo di integrazione europea. Già negli anni Cinquanta, i Paesi Bassi contribuirono a fondare quelle istituzioni internazionali che sono alla base dell’attuale Unione Europea (Eu), assieme a Belgio e Lussemburgo – paesi con i quali era già stata costituita un’unione doganale (Benelux) –, Italia, Francia e Germania. Il trattato istitutivo dell’Eu è stato fra l’altro firmato nel 1992 a Maastricht, in Olanda, e modificato poco dopo con il Trattato di Amsterdam del 1998. Una seconda direttrice di politica estera mira al rafforzamento delle relazioni transatlantiche. I Paesi Bassi sono membri fondatori della Nato, hanno partecipato attivamente al fianco degli Usa ad alcune delle più importanti missioni internazionali dal secondo dopoguerra, e il segretario generale della Nato tra il 2004 e il 2009 è stato proprio un olandese, Jaap de Hoop Scheffer. Infine, i Paesi Bassi fanno parte delle principali organizzazioni internazionali e promuovono il multilateralismo e il rispetto del diritto internazionale.
Sebbene i tratti generali della politica estera olandese abbiano espresso una forte continuità nei primi sessant’anni del dopoguerra, negli ultimi tempi si è assistito ad alcuni cambiamenti. L’opinione pubblica è divenuta in maggioranza antieuropea (nel 2005 il referendum sulla Costituzione europea fu respinto dal 62% dei votanti), tendenza leggermente ridimensionata alle ultime elezioni del 2012, che hanno premiato il candidato filoeuropeista e liberale Mark Rutte. I Paesi Bassi si sono inoltre dimostrati restii a contribuire con i propri militari alla missione Nato in Afghanistan.
La Camera bassa, che detiene i maggiori poteri, è composta da 150 membri, eletti tramite voto popolare per quattro anni. Il Senato si compone invece di 75 membri, scelti ogni quattro anni attraverso elezioni indirette cui partecipano i dodici consigli provinciali del paese, e si riunisce in seduta ordinaria una sola volta a settimana. Il Senato può rifiutare le proposte di legge, ma non può emendarle o proporne di nuove. Dal secondo dopoguerra la legge elettorale proporzionale e la frammentazione della società olandese in senso confessionale (tra cattolici, protestanti e non praticanti) e politica (tra socialisti e conservatori) hanno portato alla naturale adozione di un metodo di formazione dei governi progettato per evitare i conflitti, definito ‘democrazia consociativa’. Tra gli elementi peculiari di questo modello, e dunque del sistema politico olandese, vi è il costante avvicendarsi al governo di ampie coalizioni, che cercano di raccogliere il più ampio consenso possibile attorno agli indirizzi politici da imprimere al paese. Nei Paesi Bassi queste coalizioni sono generalmente state guidate dal Partito laburista (Partij van de arbeid, Pvda) o dai partiti conservatori a base religiosa – prima dai cattolici e poi, dalla seconda metà degli anni Settanta, dall’Appello cristianodemocratico (Christen democratisch appèl, Cda), formazione nata dalla fusione di partiti cattolici e protestanti. Come è avvenuto in politica estera, anche sul fronte interno si è assistito nell’ultimo decennio ad alcuni importanti mutamenti. Il governo di coalizione di Jan Balkenende (del Cda), a cui partecipavano anche il Pvda e la piccola Unione cristiana (Christen unie, Cu), alla guida del paese tra il 2002 e il 2010, ha rischiato più volte di cadere a causa delle divergenze di programma dei partiti. L’emergere di un forte sentimento xenofobo e anti islamico ha trovato la sua sanzione nelle elezioni politiche di giugno 2010, che hanno registrato l’avanzata del Partito per la libertà (Partij voor de vrijheid, Pvv) di Geert Wilders, leader della destra populista e favorevole a politiche fortemente ostili nei confronti degli immigrati.
Nel novembre 2012, la formazione di un governo di ‘grande coalizione’ tra i liberali di centrodestra (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie, Vvd) e il partito di centrosinistra Pvda, appena due mesi dopo le elezioni generali di settembre 2012, ha sbloccato la situazione e ridonato stabilità politica al paese. Sebbene il governo detenga la maggioranza dei seggi alla Camera bassa (79 su 150), sono solo 30 i parlamentari che lo sostengono al Senato, sede in cui si riflettono ancora le preferenze politiche del 2011, allorquando i partiti di destra avevano ottenuto una quota maggiore dei voti. Senza una maggioranza di governo in entrambe le Camere, ritardi o interruzioni nel processo di adozione di nuove leggi sono più frequenti. Un esempio si è avuto nel mese di ottobre 2013, in cui si è assistito a un lungo negoziato prima di raggiungere un accordo sul bilancio statale per il 2014. Segnali positivi non sono comunque mancati. I due partiti di governo sono stati in grado di far approvare alcune leggi chiave per l’economia nazionale, come quella sulle pensioni passata in Senato alla fine dell’anno 2013 grazie al sostegno di tre partiti di opposizione minori. Questa partnership tra cinque partiti ha fornito un senso di stabilità nel contesto politico del paese dopo dieci anni di frammentazione politica.
La storia dei Paesi Bassi, l’architettura urbana, l’agricoltura e le sorti della popolazione olandese sono strettamente connesse alla morfologia del territorio e al delicato equilibrio tra terra e mare che lo contraddistingue. Il 25% della superficie del territorio olandese è al di sotto del livello del mare, mentre il 50% è a meno di un metro al di sopra. Sin dal 12° secolo tale peculiarità geologica ha indotto la popolazione a escogitare sofisticate soluzioni ingegneristiche per sottrarre terra al mare. La costruzione di argini, dighe e complessi sistemi di chiuse è ancora oggi il principale strumento utilizzato. In particolare, le chiuse permettono di drenare l’acqua tra la terra e la diga, rendendo così coltivabile il terreno prosciugato, che prende il nome di polder: quello di Beemster, ideato nel 1612, è il più conosciuto e, dal 1999, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Sono patrimonio dell’umanità anche i canali di Amsterdam, la ‘Venezia del Nord’, viva testimonianza della convivenza di terra e acqua nel paesaggio urbano dei Paesi Bassi. La densità abitativa, pari a 494,5 abitanti per km2, rende i Paesi Bassi il primo d’Europa e il terzo al mondo tra i paesi con superficie superiore ai 2.500 km2, dopo Bangladesh e Corea del Sud. Le città olandesi, nelle quali risiede l’83,5% della popolazione, vantano livelli di vivibilità tra i più elevati al mondo, come attestano gli indici di benessere sociale: le donne hanno opportunità pari a quelle degli uomini e la corruzione percepita dai cittadini è molto bassa. Le città olandesi accolgono inoltre un panorama demografico multietnico. Più di un quinto della popolazione ha almeno un genitore nato all’estero. Secondo dati Eurostat, la popolazione straniera domiciliata nei Paesi Bassi si attesta attorno alle 652.200 persone, di cui metà provenienti da altri paesi europei e buona parte dei restanti da Marocco e Turchia. Significativa è anche la presenza delle comunità indonesiana e surinamese. Nell’ultimo decennio, però, i flussi migratori hanno mostrato un andamento altalenante, diminuendo fortemente nel 2002 per poi tornare ad aumentare tra il 2006 e il 2008. Alla commistione etnica corrisponde la spiccata eterogeneità dell’appartenenza a confessioni religiose. Il 26,6% della popolazione professa un credo cattolico, il 16,8% protestante, il 5,8% islamico, lo 1,3% induista, l’1% buddista, mentre ben il 42,7% dichiara di non aderire ad alcun culto religioso. Secondo i dati dell’Eurobarometro 2008, la percentuale di olandesi che non abbraccia nessuna religione raggiungerebbe invece il 66%.
I Paesi Bassi sono tradizionalmente fautori di politiche liberali, attente a interpretare il repentino mutare della società e dei suoi costumi. Nel 2000 il diritto all’eutanasia è stato legalizzato, sebbene già nel 1993 fosse riconosciuto in casi specifici; nel 2001 si sono celebrati ad Amsterdam i primi quattro matrimoni tra persone dello stesso sesso e la legislazione ha riconosciuto alle coppie omosessuali il diritto di adottare bambini; l’aborto è legale e gli iter processuali per il divorzio sono molto brevi; la prostituzione è considerata una professione legale. Inoltre i Paesi Bassi hanno una legislazione unica al mondo in materia di sostanze stupefacenti, che risale al 1976 ed è stata approvata per regolamentare il mercato della droga e monitorarne l’impatto sulla società.
Nervo scoperto del sistema liberale e dei diritti è, invece, la questione dell’integrazione
degli immigrati. Nell’ultimo decennio si è diffuso nelle città olandesi un sentimento di intolleranza nei confronti degli immigrati di religione islamica. In particolare, atti di vandalismo, deturpazione di moschee, discriminazioni e insulti verso la comunità islamica sono sensibilmente aumentati a seguito di due fatti di cronaca. Il 6 maggio 2002 un militante di estrema sinistra uccise Pim Fortuyn, leader del primo partito della città di Rotterdam. Fortuyn, omosessuale ed eccentrico politico del panorama della destra olandese, era diventato portavoce delle paure dei cittadini nei confronti dell’Islam e dell’immigrazione extra europea e aveva rapidamente raccolto un ampio consenso popolare. Il 2 novembre 2004 fu, invece, assassinato per mano di un estremista islamico Theo van Gogh, regista cinematografico e amico di Fortuyn. Il cineasta aveva appena girato un dibattuto film sulla condizione delle donne nella società islamica, divenendo così un bersaglio degli estremisti islamici.
I Paesi Bassi sono tra i primi trenta stati al mondo per dimensione dell’economia e tra i primi venti per pil pro capite, quinti in Europa, dietro a Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia e Svizzera. La distribuzione interna dei redditi, se comparata a quella di altri paesi a capitalismo avanzato, è tra le più eque: secondo dati delle Nazioni Unite, il 20% più ricco della popolazione possiede un reddito totale che supera di cinque volte le disponibilità finanziarie del 20% più povero, laddove in Italia e in Francia il primo valore supera il secondo di sei volte, nel Regno Unito di sette e negli Usa di oltre otto. Le politiche economiche adottate verso l’estero sono per tradizione fortemente liberiste, anche
perché i Paesi Bassi dipendono in grande misura dagli scambi internazionali. Per questa propensione al commercio estero, i servizi, che oggi contribuiscono per quasi tre quarti alla composizione del pil nazionale, si concentrano nei settori dei trasporti, della distribuzione e della logistica, e solo in seconda battuta nei servizi finanziari. Il commercio con l’estero è agevolato dalla presenza sul territorio dei caratteristici canali navigabili interni: costituiscono una rete di più di 5.000 chilometri, diffusa su tutto il paese. L’importanza del commercio internazionale è inoltre simboleggiata dalla presenza del più grande porto d’Europa, Rotterdam: la stragrande maggioranza del traffico marittimo che nel 2010 ha coinvolto il porto era internazionale. L’industria, che contribuisce alla formazione di un ulteriore quarto del pil, è fortemente sviluppata nella lavorazione dei metalli e nella raffinazione degli idrocarburi.
L’andamento dell’economia ha fatto registrare una crescita costante durante gli anni Novanta, che ha contribuito a un calo della disoccupazione. Grazie a questo e alla solidità e stabilità del sistema economico olandese, sin dal secondo dopoguerra i Paesi Bassi hanno potuto creare uno dei sistemi di welfare più sviluppati d’Europa. Lo stato interviene nella regolamentazione della vita economica del paese, erogando permessi e disciplinando in maniera restrittiva diversi settori, nonostante ciò risulti in controtendenza rispetto alle politiche liberiste promosse dal paese: nel 2007, per esempio, il governo ha stilato un elenco di 30 compagnie di ‘interesse vitale’ per la nazione, dichiarando che non rinuncerà alla propria quota di partecipazione in queste ultime (si tratta, tra le altre, di compagnie energetiche e di erogazione di servizi finanziari).
Tuttavia, una prima battuta d’arresto dell’economia nel 2003 e i contraccolpi della crisi mondiale (-3,9% del pil nel 2009) hanno da una parte portato ad un incremento della disoccupazione (6,3% nel 2013), e dall’altra hanno costretto a riprogettare l’impianto del welfare, avvertito come troppo oneroso. I bilanci statali, in pareggio tra il 2005 e il 2008, hanno registrato un deficit del 4,1% nel 2012, mentre il debito pubblico ha continuato a salire toccando il 74% del pil. Obiettivo del governo è tornare al rigore e migliorare i conti pubblici. Nel 2014 si prevede una modesta crescita trainata dalle esportazioni.
Pur avendo colpito in maniera significativa gli scambi con l’estero, la crisi non ha però compromesso l’esportazione di beni e servizi: il surplus commerciale ha raggiunto, nel 2012, i 35 miliardi di dollari, valore però non comparabile con quello precedente alla crisi (circa 60 miliardi). Per comprendere l’importanza che il commercio con l’estero riveste per l’economia nazionale, basti pensare che, nel 2009, il valore delle esportazioni di beni equivaleva a più della metà dell’intero pil olandese. L’interscambio con l’Europa copre una quota significativa sia delle esportazioni sia delle importazioni. Si registra, tuttavia, la progressiva ascesa della Cina quale partner, passata dal detenere il 7% delle importazioni totali olandesi nel 2003 all’attuale 10%, e diventata il secondo partner dietro alla Germania.
Le risorse e le infrastrutture energetiche dei Paesi Bassi rivestono un ruolo importante nel garantire la sicurezza energetica non soltanto alla nazione, ma anche a buona parte dei paesi dell’Europa occidentale. La posizione strategica del paese, la dimensione dei suoi porti e l’estensione della sua rete infrastrutturale lo rendono un centro importante per l’esportazione del proprio gas naturale e per il transito verso l’interno del continente di gas, petrolio, carbone ed elettricità. Negli anni Settanta e Ottanta i Paesi Bassi erano un considerevole produttore di petrolio e gas naturale. Praticamente esaurite le riserve petrolifere indigene (la produzione interna di petrolio nel 2008 ha coperto meno del 4% della domanda), restano oggi i giacimenti di gas, concentrati principalmente nei giacimenti di Slochteren, nel nordest.
La produzione di gas olandese nel 2012 è stata di 63,9 Gmc/a, dei quali circa 36,4 consumati internamente. Tuttavia, a causa delle differenze di prezzo delle diverse forniture e della rigidità del mercato del gas naturale, che in gran parte può essere trasportato solo attraverso gasdotti, il paese esporta una quota superiore rispetto alla sua produzione e ricorre a importazioni per colmare la domanda energetica interna. I Paesi Bassi restano anche un importante centro di trattamento e raffinamento del greggio: nel 2008 dai porti olandesi è stato riesportato il 63% del petrolio giunto nel paese, in massima parte raffinato (96%). Gli alti livelli di esportazione di gas non hanno comunque creato dipendenza dai proventi generati dal suo commercio: questi ultimi sono passati dal costituire il 15% delle entrate governative negli anni Ottanta all’attuale quota del 3-5%. L’uso estensivo di gas naturale nel mix energetico nazionale (45% del totale) genera un doppio rischio per i Paesi Bassi: da un lato, agli attuali regimi di produzione le riserve accertate potrebbero esaurirsi entro il 2030; d’altro canto, le ridotte emissioni inquinanti generate dalla combustione del gas naturale rispetto alle altre fonti primarie fossili hanno spinto per molto tempo il governo a indirizzare poche risorse nello sviluppo delle energie rinnovabili, che potrebbero tuttavia divenire fondamentali in un’ottica di diversificazione energetica. Da un punto di vista ambientale, i timidi sforzi compiuti dal governo finora si sommano al fatto che i Paesi Bassi sono un paese piccolo e densamente abitato, e che le infrastrutture sono intensamente utilizzate. Tutto ciò aumenta le pressioni ambientali: le emissioni di anidride carbonica pro capite degli abitanti (10,3 tonnellate) sono superate in Europa soltanto da Estonia, Finlandia e Repubblica Ceca. A fare da contraltare alle carenze dal punto di vista ambientale, la più recente strategia energetica, adottata dal governo nel 2008, è molto ambiziosa: tra i propositi, quello di raggiungere una quota del 20% di energie rinnovabili nel mix energetico entro il 2020 (coerentemente con gli obiettivi europei), e di ricondurre entro quella data le emissioni di gas serra a livelli inferiori del 30% rispetto a quelli del 1990. Per raggiungere questi obiettivi, il governo si è impegnato a destinare al settore delle rinnovabili stanziamenti per 7,5 miliardi di euro entro il 2020.
La politica di sicurezza e di difesa dei Paesi Bassi è tradizionalmente legata alla politica estera statunitense. Il paese ha affiancato gli Usa nella guerra coreana, nella prima guerra del Golfo, nella missione in Iraq e in quella più recente in Afghanistan. Nell’estate 2003 i Paesi Bassi inviarono in Iraq un contingente di 1.600 soldati che, in seguito, con l’avvio della missione Isaf della Nato, fu trasferito in Afghanistan nella provincia di Uruzgan, dove una base militare olandese era appena stata allestita con circa 500 militari. La missione è costata ai Paesi Bassi la perdita di 25 soldati e una spesa di un miliardo e mezzo di dollari, in buona parte assorbita dagli aiuti umanitari volti a sostenere la ricostruzione del paese, a stipendiare la polizia nazionale afghana e a finanziare il fondo fiduciario Law and Order Trust Fund for Afghanistan (Lotfa). La missione Isaf ha avuto anche un elevato costo politico per la classe dirigente dei Paesi Bassi poiché, sin dall’avvio delle operazioni militari, l’opinione pubblica olandese si è dimostrata fermamente contraria all’invio di truppe. Nel 2007 le pressioni della piazza indussero il governo di Jan Peter Balkenende ad annunciare il rientro del contingente nazionale. Il mancato rispetto dell’impegno governativo, frutto delle pressioni provenienti dall’Alleanza atlantica, provocò infine uno scontro parlamentare che si concluse con la caduta del governo. Nell’agosto 2010 è ufficialmente iniziato il ritiro delle truppe olandesi, interrotto però dal governo guidato da Mark Rutte, che ha ottenuto il via libera, nonostante la forte opposizione interna, a un successivo invio di truppe in Afghanistan a sei mesi dal ritiro della task force. Questa volta i militari olandesi, 545 tra soldati e istruttori di polizia, sono schierati a Kunduz, al fianco dei militari tedeschi, e con compiti esclusivamente di formazione e addestramento.
La partecipazione olandese alla Nato si è inoltre rafforzata grazie all’apertura, nel 2007, del centro di coordinazione di trasporti strategici della Nato a Eindhoven, che dà la possibilità al paese di giocare un ruolo di primo piano nella definizione di strategie di trasporto militare aereo, marittimo e terrestre di Nato e Unione Europea. Sul piano della sicurezza interna la maggior minaccia è tuttora costituita dal terrorismo islamico. I Paesi Bassi, che fanno parte dei principali organismi antiterrorismo dell’Eu nel 2008 hanno alzato il livello di guardia a seguito della circolazione del cortometraggio Fitna, prodotto e co-scritto dal parlamentare Geert Wilders, che ha criticato fortemente l’islam, suscitando a sua volta le proteste del mondo islamico.
I Paesi Bassi hanno dato i natali ad alcuni tra i maggiori giuristi dell’epoca moderna, tra cui Huig de Groot (1583-1645; conosciuto in Italia come Ugo Grozio), tra i fondatori del giusnaturalismo, dottrina giuridica incentrata sul concetto di ‘diritto naturale’. Vissuto nell’epoca in cui i Paesi Bassi erano una potenza marittima, de Groot elaborò il principio in base al quale il mare è uno spazio internazionale in cui tutti gli stati sono liberi di navigare e commerciare. Fondamentale anche il suo contributo alla teoria della ‘guerra giusta’, in base alla quale alcune circostanze possono rendere una guerra ‘legittima’. Inoltre l’Aia, assieme a Vienna e a Ginevra, è tuttora sede di importanti organizzazioni e conferenze internazionali. Già nel 1899 e poi nel 1907 la città ospitò due importanti conferenze di pace, volute dallo zar di Russia Nicola II, che portarono alla firma di due convenzioni sulla condotta di guerra e alla creazione della corte permanente di arbitrato, con sede a l’Aia. Oggi la città ospita più di 130 istituzioni e agenzie internazionali, tra cui i fora più importanti
della legalità internazionale: la corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite vi ha sede dal 1946. Più recentemente sono stati stabiliti nella città olandese il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia, la corte penale internazionale e l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW).
Per i Paesi Bassi, un tempo noti per la loro lunga tradizione di tolleranza, la presenza di partiti borderline è diventata consuetudine. Si cominciò nel 2002 con la Lista Pim Fortuyn fondata dall’omonimo politico olandese. Attualmente il fenomeno più rilevante è il successo di Geert Wilders, militante di estrema destra, leader e fondatore del Partito per la libertà (PVV). Il movimento, sorto nel 2006 dalla scissione con il Partito popolare per la libertà e la democrazia, deve il suo successo al suo orientamento politico radicale: accentuato euroscetticismo, anti islamismo e una retorica anti immigrati, populista e nazionalista. Nonostante il profilo radicale, a differenza di altri partiti populisti europei come il Front National (FN) di Marine Le Pen in Francia o il Vlaams Belang, il partito indipendentista fiammingo in Belgio, il PVV si caratterizza per alcune contraddizioni: non sposa l’anti semitismo, si dichiara a favore dei diritti delle donne, degli omosessuali e, infine, sostiene la legalità dell’eutanasia e dell’aborto. Dopo il calo di consensi nelle elezioni legislative del 2012, il partito è tornato alla ribalta internazionale per un’alleanza con il FN di Marine Le Pen in vista delle consultazioni di maggio 2014per il rinnovo del Parlamento europeo.
La legge olandese sulle droghe punisce il possesso, la distribuzione commerciale, la produzione, l’importazione e l’esportazione di tutte le sostanze stupefacenti illecite. Tuttavia, l’uso personale di droghe non è un crimine. La legge distingue tra droghe ‘leggere’ (cannabis e suoi derivati, calmanti e barbiturici) e droghe ‘pesanti’, che possono avere rischi gravi per la salute (tra le quali l’eroina, la cocaina e l’ecstasy). Tra le principali ragioni della legge, il tentativo di separare i mercati delle droghe leggere da quelli delle droghe pesanti, cosicché i consumatori delle prime siano più restii a passare all’uso delle seconde. La vendita di piccole quantità (sotto i 5 grammi) di droghe leggere nei cosiddetti coffee shop è tollerata, sebbene sia soggetta a restrizioni e sia strettamente regolata. Allo stesso tempo, i Paesi Bassi dispongono di una vasta gamma di programmi destinati al contenimento e alla riduzione della domanda di droghe e alla diminuzione dei rischi per la salute, che attualmente coinvolgono circa l’80% dei 25.000-46.000 tossicodipendenti del paese. Il numero si è stabilizzato nell’arco dell’ultimo decennio, l’età media è salita fino a 40 anni e le morti per overdose collegata agli oppiacei si è stabilizzato sui 30-50 decessi all’anno. Nonostante gli sforzi del governo olandese per contrastare la produzione e il traffico di droga, i Paesi Bassi continuano a costituire una significativa sponda di approdo e di transito per gli stupefacenti diretti nell’Europa continentale, e in particolar modo per la cocaina. Inoltre, il paese rimane un importante produttore ed esportatore di droghe sintetiche (soprattutto ecstasy), sebbene la produzione di questa sostanza appaia negli ultimi anni in sostanziale declino, in favore di un aumento di produzione nei paesi dell’Europa orientale.