Palermo
Crocevia mediterraneo di culture
Capoluogo della Sicilia, Palermo sorge in una baia ai margini occidentali della Conca d’Oro. Celebrata da Goethe, il grande poeta tedesco innamorato della «terra dove fioriscono i limoni», la città trae fascino e prestigio da una storia ricchissima e gloriosa, che la vide centro di quella feconda e originale fusione di culture – greco-bizantina, araba e latina – che è la caratteristica peculiare di tutta l’isola. Le bellezze artistiche di Palermo, pur danneggiate dalla Seconda guerra mondiale e dall’incuria, costituiscono una delle principali risorse della città: attirano infatti un notevole flusso di turisti sia italiani sia stranieri
Furono i Fenici a fondare la città, battezzandola Ziz, che in punico significa «fiore», mentre i naviganti greci la rinominarono Pànormos, «tutto porto». La città fu una potente roccaforte cartaginese, che Pirro, re dell’Epiro, riuscì a espugnare e a conservare per breve tempo nel 276 a.C. Nel 254-53, nel corso della Prima guerra punica, Palermo fu conquistata dai Romani che vinsero la strenua resistenza dei cittadini asserragliati nella rocca. Tre anni dopo, nel 250, il generale cartaginese Asdrubale cercò di riconquistarla, ma senza successo, e analoga sorte ebbe poco tempo dopo Amilcare Barca, il padre di Annibale.
Palermo, che aveva cominciato a subire l’influsso greco già a partire dal 5° secolo a.C., ebbe una rigogliosa fioritura sotto la dominazione romana, quando fu prima dichiarata città libera e poi, sotto Ottaviano Augusto, colonia. Assediata e conquistata nel 535 dal generale bizantino Belisario che la strappò ai Goti, Palermo andò quasi completamente in rovina ma risorse sotto la plurisecolare dominazione bizantina, che ne plasmò le istituzioni politiche e amministrative. Nell’831, dopo circa un anno di assedio, la città fu travolta dall’irresistibile avanzata musulmana nell’isola.
Della Sicilia araba Palermo fu il principale centro militare e amministrativo: nel 948, quando gli emiri dell’isola acquistarono la piena indipendenza, divenne la capitale di uno Stato tra i più fiorenti dell’epoca. Con più di 200.000 abitanti, soprattutto mercanti arabi, Palermo gareggiava in ricchezza e splendore con le più prestigiose città del mondo musulmano e fu celebrata da poeti e viaggiatori per la lussureggiante bellezza dei suoi giardini, la grande moschea Giami, il gigantesco palazzo dell’emiro e la possente fortezza costruita nel 938 per difendere il porto. La città resistette a lungo agli assalti dei Normanni venuti a conquistare la Sicilia, ma dopo oltre cinque anni di assedio navale e terrestre, nel 1072, dovette capitolare.
I Normanni cercarono di conferire nuovamente a Palermo il volto di una città cristiana, demolendo gli edifici arabi. Tuttavia l’intelligente tolleranza dei sovrani normanni assicurò la pacifica e feconda coesistenza delle tre principali componenti della popolazione, quella araba, quella greco-bizantina e quella latina, ognuna delle quali conservò le proprie magistrature tradizionali: il qadi gli Arabi, gli arconti i Greci, i giudici (iudices) i Latini.
Capitale del regno dal 1130, Palermo nei secoli 12° e 13° era divenuta un fiorentissimo centro di commerci e industrie. Le stoffe pregiate, in particolare quelle in seta e oro tessute dagli artigiani arabi e greci nella manifattura di corte, erano famose e ricercate in tutta Europa. Con la morte di Guglielmo II ebbe fine la dinastia normanna.
Dopo un breve periodo di incertezza politica, nella prima metà del 13° secolo gli succedette Federico II di Svevia, sotto il quale Palermo conobbe uno dei periodi più felici della sua storia. Favorita nei suoi traffici commerciali, la città divenne uno dei maggiori centri della vita intellettuale europea. Alla corte di Federico II, raffinato e intelligente cultore di scienze e letteratura, convenivano trovatori e cavalieri, studiosi di filosofia e di scienza; qui nacque la famosa scuola poetica siciliana in lingua volgare.
Col passaggio agli Angioini, nel 1266, il centro di gravità del regno si spostò definitivamente nel continente e Napoli tolse a Palermo il ruolo di capitale. Contro questa decisione e contro la «mala signoria» di Carlo II Palermo insorse il 31 marzo 1282 con la famosa rivolta dei Vespri siciliani: costituitasi in Comune, la città si consegnò poi agli Aragonesi, assicurando loro il dominio della Sicilia. Le famiglie nobiliari conservarono però un forte potere politico.
Quando la Sicilia nel 1412 fu annessa da Ferdinando I alla Corona d’Aragona, Palermo rimase il centro burocratico e amministrativo dell’isola, si arricchì di fastosi edifici pubblici e privati ma perdette la sua vitalità economica diventando una specie di ‘parassita’ delle altre province siciliane. Il malcontento popolare nei confronti del dominio spagnolo e del potere baronale esplose nel 1647, con una sommossa capeggiata dal battiloro (artigiano dei metalli preziosi) Giuseppe d’Alessi.
Dopo un breve dominio sabaudo (1711-18) e poi austriaco, nel 1736 la Sicilia passò ai Borbone. Il forte sentimento indipendentista, mai sopito, portò la popolazione ad accogliere con entusiasmo la corte borbonica in fuga da Napoli davanti ai Francesi (nel 1799 e 1806), ma la soppressione nel 1816 della Costituzione concessa alla Sicilia quattro anni prima declassò nuovamente Palermo a città di provincia, suscitando una violenta reazione antiborbonica nel 1820 e nel 1848 (Sicilia, Regno di).
Nel 1860 il moto palermitano guidato dal mazziniano Rosolino Pilo fu represso nel sangue, ma diede avvio alle ribellioni che sfociarono nella vittoriosa spedizione dei Mille: dopo aver sconfitto i Borbone a Calatafimi Garibaldi mosse alla conquista di Palermo, riuscendo a sgominare con un abile stratagemma l’imponente esercito borbonico. Dopo l’annessione al Regno d’Italia, nel 1866 la nobiltà filoborbonica e i repubblicani autonomisti fomentarono una rivolta popolare che costrinse le autorità ad asserragliarsi negli edifici pubblici, mentre gli insorti si impadronivano temporaneamente della città.
Durante la Seconda guerra mondiale Palermo subì danni gravissimi per i bombardamenti aerei. La ricostruzione è avvenuta in modo caotico e disordinato e solamente a partire dagli anni Ottanta è stato avviato il risanamento e il recupero del centro storico, fatiscente e in stato di abbandono. Palermo è una città a vocazione terziaria, in particolare nel settore dei servizi pubblici. Un’importanza economica crescente assume il turismo, con un notevole incremento dei visitatori italiani e stranieri nell’ultimo decennio. Al censimento del 2001 la città contava 679.290 abitanti.
Dell’epoca punico-romana, e soprattutto della dominazione araba e bizantina, non rimane quasi traccia a Palermo. I monumenti più importanti risalgono al periodo normanno e costituiscono un insieme di eccezionale valore artistico per la peculiare fusione di elementi bizantini, arabi e latini. L’edificio più antico è S. Giovanni dei Lebbrosi, risalente al 1071. Dell’epoca di Ruggero II restano il Palazzo Reale, edificato su un palazzo degli emiri arabi, al cui centro sorge la Cappella Palatina (1132-40), rivestita di lastre marmoree e di bellissimi mosaici bizantini. Al 1178 risale la chiesa del Vespro, così chiamata dalla rivolta dei Vespri, che da qui prese il via. Altri edifici dell’epoca normanna sono la Zisa (dall’arabo aziz, che significa «la splendida»), un castello costruito da Guglielmo I, e la Cuba, costruita da Guglielmo II, che abbellivano l’immenso parco reale.
Una commistione di elementi tipici dell’architettura normanna e di elementi gotici caratterizza gli edifici dei secoli successivi: tra i più notevoli meritano un cenno il Palazzo Chiaramonte, detto lo Steri, iniziato nel 1307, e il Palazzo Sclafani, costruito nel 1330. Sarà però l’architettura barocca, con le numerose chiese e i bellissimi palazzi edificati tra il 17° e il 18° secolo, a dare alla fisionomia di Palermo l’impronta più caratteristica. Molti dei palazzi barocchi sparsi in tutta la città sono stati danneggiati dai bombardamenti dell’ultima guerra, e così pure le chiese, sfarzosamente decorate con intarsi marmorei.
Al centro della parte vecchia della città si trova piazza Vigliena, detta dei Quattro Canti, perché ricavata smussando gli angoli dei quattro palazzi secenteschi all’incrocio tra le due strade principali, via Maqueda e il corso Vittorio Emanuele (in passato Cassero). Tra le chiese più importanti ricordiamo S. Domenico, S. Giuseppe dei Teatini e S. Lorenzo, il cui oratorio ospitava la Natività di Caravaggio, rubata nel 1969.