Sicilia
Il triangolo d’oro
La Sicilia ha una caratteristica forma triangolare, con il lato settentrionale disposto nel senso dei paralleli e quello orientale nel senso dei meridiani, e si trova al centro del Mediterraneo, di cui è l’isola più grande. Le sue vicende storiche sono ricche e complesse ed è grande il patrimonio storico-artistico che le ricorda. Le molte bellezze paesaggistiche – tra le quali spicca lo splendore dell’Etna –, i tanti e celebrati prodotti dell’agricoltura e della lunga tradizione artistica locale, la ricchissima produzione letteraria – che fortemente ha segnato la cultura italiana –, giustificano il grande interesse culturale e turistico che da sempre contraddistingue questa terra
La caratteristica prevalente del territorio siciliano è la diffusione delle aree collinari: quasi due terzi del totale. Se si aggiungono le montagne – poco meno di un quarto – alla pianura rimane molto poco.
In effetti, l’unica vera pianura dell’isola è la fertile Piana di Catania, in cui si allargano le valli di molti corsi d’acqua, il più lungo dei quali è il Simeto. Per il resto, è pianeggiante la fascia costiera, poco estesa salvo che in corrispondenza di qualche valle fluviale; ma i fiumi siciliani sono brevi e scarsi d’acqua, spesso fiumare che in estate si seccano, e formano valli né lunghe né ampie.
Sulla costa settentrionale i rilievi arrivano più vicino al mare, lasciando anche meno spazio alla piana litoranea. Qui, del resto, si trova il principale allineamento montuoso siciliano, formato – in prosecuzione degli Appennini peninsulari – dai Monti Peloritani, alle spalle di Messina, dai Nebrodi, dalle Madonie (1.979 m) e dai Monti Sicani. Da questo allineamento si distacca, quasi al centro dell’isola, la catena dei Monti Erei; isolati verso l’estremità sudorientale sono infine gli Iblei.
Nebrodi e Madonie, soprattutto, hanno un aspetto di vere montagne, per l’altitudine, le forme, la copertura boschiva (una rarità, in Sicilia) e per il clima, differente da quello mediterraneo che domina in tutta l’isola. I paesaggi montani della zona interna sono quanto di più inatteso in un’isola che, nelle idee correnti, è soprattutto associata al mare. Nella forma compatta della Sicilia, invece, è molto estesa l’area in cui la vicinanza del mare quasi non si avverte.
La montagna siciliana per eccellenza, comunque, è sicuramente l’Etna. Il grande e famosissimo cono vulcanico (3.323 m), ancora pienamente attivo, domina non solo Catania – ai suoi piedi – ma tutta la Sicilia orientale. Come molte aree vulcaniche, la Sicilia è soggetta a terremoti: tra i più terribili, quello che nel 1693 colpì la Sicilia orientale, quello disastroso di Messina (1908) e quello della valle del Belice (1968).
Fanno parte della Regione Siciliana anche diverse isole minori, tutte molto interessanti.
Nel Tirreno vi è l’arcipelago delle Isole Eolie, dette anche Lipari dalla principale: sette isole di origine vulcanica, molto frequentate dai turisti e proclamate patrimonio dell’umanità dall’unesco. Sono famose per la presenza di un altro vulcano attivo, lo Stromboli, in perenne eruzione; per il paesaggio lunare di Vulcano, l’isola che ha dato il nome ai vulcani di tutto il mondo; per le cave di bianca pomice di Lipari – qui nella preistoria si scavava anche l’ossidiana, una specie di vetro naturale molto tagliente che si vendeva in mezza Europa. Ovviamente, il mare è splendido in tutto l’arcipelago. Sempre nel Tirreno, ma del tutto isolata, al largo di Palermo, è l’Isola di Ustica.
Vicino all’estremità occidentale della Sicilia è il gruppo delle Isole Egadi, pure frequentate da turisti.
Tra la Sicilia e la costa africana, nel tratto di mare detto Canale di Sicilia, è la più grande delle isole minori siciliane, Pantelleria: un’isola di lava scura e verde di vigneti. Nel mare intorno a Pantelleria in passato si formarono più volte altre piccole isole vulcaniche, che però furono subito distrutte dal mare essendo troppo fragili.
Più a sud-est, infine, si trova un ultimo piccolo gruppo, quello delle Isole Pelagie, solo in parte vulcaniche e più vicine alla Tunisia che alla Sicilia: sono, infatti, basate sulla piattaforma continentale africana e costituiscono l’estremità meridionale del territorio italiano.
L’isola è sempre stata ritenuta capace di sostenere una popolazione densa e fin dall’antichità è stata molto popolosa – ovviamente, rispetto alle condizioni delle varie epoche. Le sue risorse naturali, a cominciare dai terreni agricoli, e la sua posizione nel Mediterraneo hanno attirato popolazioni preistoriche di cui non conosciamo i nomi, poi i mediterranei Sicani e gli italici Siculi, e ancora Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli. Praticamente tutte queste presenze hanno lasciato tracce nei nomi dei luoghi, nei monumenti, nell’organizzazione del territorio, nella cultura popolare. Ai due secoli di presenza araba, per esempio, risale la divisione dell’isola in tre ‘valli’, tre spicchi di estensione quasi uguale che ripartiscono l’isola in subregioni: il Val di Mazara, che corrisponde al terzo occidentale, il Val Demone nel terzo nordorientale, e il Val di Noto in quello sudorientale.
Dopo che la Sicilia è entrata a far parte dello Stato italiano e che l’economia dell’isola è stata via via integrata in quella italiana, la popolazione ha progressivamente abbandonato le aree interne, spostandosi verso la costa o emigrando all’estero. L’interno è costellato di paesi e cittadine, più o meno grandi, più o meno spopolati, isolati e lontani tra di loro.
Palermo è cresciuta in maniera notevole, ma in proporzione sono cresciute anche di più le città della costa orientale: Catania – con tutto il litorale etneo – e Messina, due città dalla tradizione urbana ininterrotta, e Siracusa, che ha conosciuto una forte ripresa solo nel Novecento. La costa settentrionale è una successione di cittadine spesso movimentate dal turismo. Il Trapanese e il litorale meridionale sono meno urbanizzati.
Il fenomeno demografico più rilevante è stata l’emigrazione dall’isola: sia verso l’Italia sia soprattutto all’estero, in primo luogo in America. I siciliani fuori dell’isola sono molto più numerosi di quelli in Sicilia.
Per i popoli mediterranei, abituati a paesaggi poveri di vegetazione e di terre coltivabili – quando non a veri e propri deserti –, una grande isola in gran parte coltivabile e un tempo (per via dei boschi) molto più verde di oggi, doveva fare l’effetto di un vero e proprio giardino. Lo stesso per i popoli settentrionali, poco abituati alla luce brillante, al cielo sereno, ai profumi e ai colori delle regioni del Sud. Così, tanto i visitatori del passato quanto i contemporanei hanno condiviso l’immagine di una Sicilia ammantata di agrumeti sempre in fiore e verdeggiante di campi: un’immagine che non è mai stata corrispondente al vero.
È però vero che l’isola ha ancora oggi un’economia fortemente caratterizzata dalle produzioni agricole; anche se le terre a coltura, qui come in tutta Italia, si sono molto ridotte negli ultimi decenni, la produttività di quelle ancora coltivate è aumentata, anche grazie a sistemi di coltivazione più razionali e all’irrigazione.
Il grano, uno dei prodotti per cui l’isola è stempre stata celebre, è in regresso; la Sicilia, dopo la Puglia, ha la maggiore estensione di vigneti in Italia e la più forte produzione di uva e di vino, e rilevante è anche quella di olive e olio; importanti sono frutta, ortaggi e fiori, spesso coltivati in serra, e soprattutto le primizie e certe produzioni particolari, come i pomodorini di Pachino; ovviamente, la maggior parte degli agrumi prodotti in Italia proviene dalla Sicilia.
L’allevamento è in crescita, mentre la pesca è in diminuzione, anche se la flotta siciliana sbarca ancora la maggior quantità di pesce in Italia.
Dai prodotti agricoli aveva preso avvio una serie di antiche industrie siciliane: conservazione del pesce (il tonno, in particolare), lavorazione del vino e dell’olio, pastifici; ogni centro poi aveva attività artigianali di altissimo livello, dalle ceramiche – tuttora prodotte a Caltagirone e a Santo Stefano di Camastra – ai merletti. Solo poche di queste attività sopravvivono ancora: nell’area di Marsala, per esempio, è sempre importante la produzione del famoso vino.
Un’altra industria rilevante era quella dell’estrazione dello zolfo – di cui la Sicilia fu l’unico o il primo produttore mondiale per molto tempo – e quella dell’estrazione di salgemma, che ancora prosegue. Sono inoltre importanti, e anche molto belle, le saline del Trapanese.
Le industrie moderne, che nella seconda metà del Novecento si è cercato di impiantare, non hanno avuto un grande successo. Si iniziò dopo la scoperta di giacimenti di petrolio nei pressi di Gela e di Ragusa (esauriti da tempo), mentre altri sono stati scoperti in mare vicino a Gela e qualche giacimento di metano è entrato da poco in produzione. Furono impiantate grandi raffinerie che lavoravano soprattutto petrolio importato, a Gela e Ragusa, a Priolo, a Milazzo. Poi vennero aperti grandi stabilimenti chimici, che utilizzano i derivati della lavorazione del petrolio e i minerali estratti nell’isola. Ma queste industrie non hanno bisogno di molta manodopera – quindi incidono poco sulla disoccupazione – e sono rimaste quasi sganciate dal resto dell’economia dell’isola. Qualcosa di più si è ottenuto con i cantieri navali di Palermo e con la fabbrica di automobili di Termini Imerese.
Malgrado gli scarsi risultati dell’industrializzazione programmata, in Sicilia non sono assenti le attività industriali: Palermo, Catania e Messina hanno un settore industriale abbastanza rilevante anche se generalmente basato su piccole imprese, a parte qualche eccezione interessante, come l’industria elettronica a Catania.
Certamente più importante, anche dal punto di vista dei posti di lavoro offerti, è il settore terziario, alimentato da due grandi comparti: quello della pubblica amministrazione – che in Sicilia è soprattutto l’amministrazione regionale (è una regione a statuto speciale dal 1946) – e quello del commercio, più o meno sostenuto dal turismo.
Il turismo in Sicilia, come in quasi tutta Italia, è di due tipi. Quello balneare è stagionale e interessato solo alle coste, dove continua ad attirare popolazione e attività; alcune aree presentano una più forte concentrazione, come i dintorni di Palermo, il Golfo di Castellammare, il litorale etneo fino a Taormina –, che unisce alla straordinaria bellezza del paesaggio la suggestione del perfetto teatro greco; simile il caso di Tindari, celeberrima per la posizione come per i resti antichi.
Il turismo culturale, invece, è interessato alle testimonianze storico-artistiche, dovunque si trovino. In Sicilia si trovano un po’ dappertutto: nelle città come nelle campagne e nei piccoli centri. Oltre Palermo è una meta importante Catania, centro culturale (università, teatro lirico) e bellissima città, barocca come molti centri ricostruiti dopo il terremoto del 1693 – Noto, Modica, Grammichele, Ragusa – e come altri tra cui Agrigento e Siracusa, più importanti però per i resti di età greca; splendidi templi greci sono anche a Selinunte e Segesta, famose le fortificazioni di Gela e gli scavi a Megara Iblaea, Palazzolo Acreide, Eraclea Minoa; a Piazza Armerina una celebre villa romana è completamente tappezzata di mosaici; il centro di Enna, lo Steripinto di Sciacca, la rocca di Erice e il duomo di Cefalù ricordano il Medioevo siciliano. E sono solo gli esempi più importanti.
La Sicilia, certamente, non può vivere di solo turismo, ma una maggiore conoscenza dell’isola, anche in chiave turistica contribuirebbe al suo sviluppo. E, soprattutto, a far capire e rispettare la profonda, originale cultura del suo popolo.