Paolo Uccello
Il pittore della prospettiva irreale
Paolo Uccello, pittore della prima generazione di artisti fiorentini del Quattrocento, partecipò ai dibattiti artistici della cultura rinascimentale, interessandosi in particolare ai problemi della prospettiva. Paolo intese l’analisi prospettica in modo così personale e originale che la sua pittura è stata vista addirittura come un’anticipazione di alcuni grandi movimenti moderni, quali il cubismo e la pittura metafisica
Paolo Uccello, il cui vero nome è Paolo di Dono, nasce a Pratovecchio (Arezzo) nel 1397 e muore a Firenze nel 1475. Lo pseudonimo trae origine proprio dall’amore nutrito dall’artista per i volatili: secondo la tradizione, infatti, non potendo possedere uccelli a causa della sua povertà, Paolo si dilettava a disegnarli sui muri della propria casa. Il vero amore del pittore era però la prospettiva, allo studio della quale si dedicava giorno e notte.
Giorgio Vasari, biografo di molti artisti, scrive infatti che Paolo passava tutta la notte al tavolo di lavoro in studi prospettici e che, quando la moglie lo chiamava perché andasse a dormire, rispondeva: «Oh che dolce cosa è questa prospettiva!». L’artista arrivò però a dare un’interpretazione originale della prospettiva: se è vero, infatti, che essa serve a dare un ordine razionale allo spazio raffigurato, è altrettanto vero che ogni persona ha il proprio modo di vedere e intendere, e quindi rappresentare, la realtà. Paolo usò perciò la prospettiva in modo personale, dando alla realtà raffigurata il proprio ordine.
Dopo aver lavorato a Venezia, nel 1436 Paolo realizza il suo primo capolavoro: il Monumento equestre a Giovanni Acuto, il grande condottiero inglese, il cui vero nome era John Hawkwood, che aveva guidato i Fiorentini alla vittoria nella battaglia di Cascina.
L’opera, che è dipinta ad affresco su una parete della cattedrale fiorentina di S. Maria del Fiore, rappresenta il condottiero a cavallo su un alto basamento ed è indubbiamente emblematica dell’uso personale della prospettiva da parte di Paolo.
Mentre, infatti, il basamento è visto da sotto in su, Giovanni a cavallo è dipinto con una prospettiva frontale, ossia come se fosse allo stesso livello dello spettatore. Inizialmente si era pensato a un errore o a un rifacimento dell’artista, invece Paolo sceglie deliberatamente di prendere due punti di vista diversi, perché il suo interesse principale non è l’apparenza fisica delle cose, il dato obiettivo, ma la celebrazione del personaggio. Paolo evoca così, sia nella scelta di un colore monocromo, simile al bronzo, sia nella posa del cavallo, il modello dei grandi monumenti equestri come il Marco Aurelio: al contrario del rivoluzionario realismo di Masaccio, afferma tuttavia una raffigurazione astratta e simbolica.
Intorno al 1456, per commemorare la battaglia di San Romano, nella quale l’esercito fiorentino guidato da Niccolò da Tolentino aveva sconfitto i Senesi, Paolo realizza tre tavole in cui raffigura momenti dello scontro. Collocati in origine in una sala di Palazzo Medici a Firenze e oggi divisi tra i musei di Parigi, Londra e Firenze, i dipinti ci fanno toccare con mano la vocazione irrealistica della pittura di Paolo.
Le moltissime lance dei soldati formano un rigido reticolo geometrico, con funzione prospettica, in cui cavalli e cavalieri restano come isolati; gli stessi personaggi, poi, con le loro pesanti armature, sono bloccati, immobili, come manichini di una giostra.
Per questa caratteristica richiamano le figure dipinte secoli dopo da un altro grande artista italiano, Giorgio De Chirico, il padre della pittura metafisica. Ad aumentare questo senso di irrealtà concorrono inoltre i colori innaturali, come i campi azzurri e i cavalli arancioni, e la doppia prospettiva usata da Paolo per le figure in primo piano e per il fondo.
L’originale uso della prospettiva e dei colori serve a Paolo per raggiungere il suo scopo: raffigurare la realtà attraverso volumi nitidi e oggetti geometricamente perfetti, per coglierla quindi nelle sue forme immutabili e non nella mutevolezza dell’apparenza fisica. Quasi un’anticipazione di Picasso e della rivoluzione pittorica del cubismo!