Parchi archeologici
Con l'espressione parco archeologico si intende un'area, di solito acquisita dallo Stato, da una Regione o altro ente locale, sottratta a usi liberi e generali per essere destinata alla tutela e valorizzazione di un contesto di risorse culturali archeologiche, per la loro importanza ed evidenza non altrimenti difendibili e fruibili. Tale operazione richiede un impegno consistente di risorse finanziarie per acquisire l'area - nel rispetto del t.u. delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali (d. legisl. 29 ott. 1999 nr. 490) -, per assicurare l'ottimale gestione del contesto in essa contenuto e per presentarlo, nella maniera più efficace, alla comprensione e al corretto apprezzamento del pubblico.
Se questo è il principio che riscuote, in quanto definizione, i più ampi e generali consensi, la prassi operativa e la larga casistica che ne deriva hanno offerto negli ultimi anni, e tuttora offrono, frequente occasione di discussioni e di conseguenti atteggiamenti difformi da parte di specialisti e di autorità responsabili.
Anzitutto occorre precisare quali debbano essere la motivazione e le modalità di realizzazione di un p. archeologico. Esso non può assolutamente coincidere con una 'riserva' di future ricerche archeologiche, ottenuta espropriando un'area di interesse specifico, cioè dichiarando così esplicitamente che solo l'esproprio è lo strumento ottimale per ottenere un'efficace tutela, ritenuta non garantita da altri provvedimenti emessi a termine di legge. Una soluzione di tal genere deve essere considerata come un intervento dalle conseguenze profondamente negative: in primo luogo, perché sancisce l'impotenza dello Stato, o degli enti dallo Stato delegati, nell'assicurare la corretta e tempestiva applicazione delle leggi di tutela e dei provvedimenti da esse derivati; in secondo luogo perché allontana sempre più, soprattutto attraverso un intervento dell'autorità responsabile, il formarsi e consolidarsi della cultura del patrimonio culturale come interesse prioritario di tutta la società. Tale patrimonio, infatti, costituisce un valore cui debbono contribuire tutti coloro che hanno una comune identità culturale.
Non si possono trasformare lo Stato e gli enti pubblici in latifondisti della tutela per difendere un patrimonio che è, e potrà essere per lungo tempo, in gran parte ancora potenziale, solo per garantire la protezione e la godibilità di quelle risorse, in futuro.
Occorre non dimenticare che oggi abbiamo possibilità di studi e di ricerche sistematiche che ci permettono (v. archeologia, in questa Appendice) di determinare, in termini assai precisi, la consistenza, la localizzazione esatta e l'estensione del 'rischio archeologico' e, quindi, di imporne il rispetto, nelle forme più opportune - in primo luogo di conoscenza e poi di tutela e valorizzazione -, facendone una condizione vincolante per ogni progetto di intervento sul territorio. Vogliamo però rilevare che questo vincolo non significa rifiuto di qualsiasi intervento, ma impegno a mettere in atto ogni sforzo per conciliare il recupero e la documentazione della 'memoria', con le effettive necessità di crescita e di sviluppo della società attuale.
Un parco, in genere, e soprattutto un p. a., deve nascere per tutelare un insieme ben identificato e non come progettazione di una 'riserva'. Il progetto deve affrontare, prima di tutto, l'ottimale valorizzazione e presentazione di quel contesto per la cui salvaguardia è stata decisa la costituzione del parco. Questo obiettivo non va confuso con la progettazione architettonica delle infrastrutture per la definizione, l'accesso e l'uso del parco, che in qualche caso recente hanno assunto una inaccettabile invadenza e prepotenza ai danni di un eccezionale contesto storico-monumentale da tutelare. Esso deve essere, in primo luogo, un approfondito impegno museologico inteso a ottimizzare le più ampie possibilità di fruizione e di valorizzazione di quell'insieme di risorse culturali per le quali è stata proposta la costituzione del parco.
Occorre dunque che la realizzazione di un p. a. sia, in primo luogo, progettualmente assicurata dall'impegno prioritario nella conservazione e nel restauro di quelle strutture o, più generalmente, di quei manufatti per i quali il parco è stato proposto, cioè la sua ragione di essere. Quindi la progettualità deve estendersi alle soluzioni più opportune per ottenere la migliore offerta al pubblico di tale ragione, attraverso la previsione dei più adeguati ed efficaci sussidi didattici. Questi cominciano da un chiaro e facilmente seguibile percorso di visita per estendersi alla massima valorizzazione di ogni punto di vista del contesto. Ciò significa permettere la più chiara comprensione e l'ottimale apprezzamento di tutti i significati che rendono quanto tutelato nel parco un importante e sostanziale testimone per la ricostruzione di contesti culturali di presenze umane nel passato.
Questo obiettivo non può che essere raggiunto prevedendo nel progetto di p. a. i luoghi o le strutture necessarie alla collocazione di opportuni strumenti didattici.
Poiché la ragione del parco è, nella maggior parte dei casi, costituita da contesti di manufatti costruiti, i sussidi didattici più efficaci sono oggi quelli informatici che permettono, attraverso una 'visita virtuale', di recuperare l'originario aspetto degli edifici del contesto e di percorrerne la distribuzione e l'articolazione degli spazi. È possibile così tornare ad apprezzare il significato espressivo attraverso il restauro, in immagini, di tutti gli elementi che tale collocazione e articolazione originariamente definivano.
Da questo recupero, sempre nel programma di 'museo virtuale', è possibile passare al contesto storico in cui i manufatti sono stati realizzati e quindi ricondurli al quadro culturale più ampio che si riferisce a un determinato momento della civiltà umana, non più identificato soltanto da una data, che per la maggior parte del pubblico è solo un numero. La definizione cronologica si concreta, invece, in un insieme di domande e di relative risposte che indicano aspirazioni, conoscenze, sviluppo culturale e tecnologico, tutto ciò che colloca concretamente quanto si può recuperare in un ben determinato momento dello sviluppo della civiltà umana.
Ciò significa che la progettazione di un p. a. deve prevedere un preciso programma museologico per permettere la 'visita virtuale' di cui si diceva e i modi più opportuni per realizzarlo e renderlo costantemente aggiornato, rispetto sia alle esigenze culturali, sia alle innovazioni tecnologiche. D'altro canto è necessario che la progettazione dell'allestimento, ancora prima di recinzioni, ingressi o servizi di accoglienza e ristoro, preveda le strutture e gli spazi per collocare i sussidi didattici con precisi riferimenti a luoghi e momenti della visita e quindi della fruizione del parco.
Questa problematica è stata a tutt'oggi solo marginalmente affrontata, specialmente in Italia. In Inghilterra e in Germania sono nati p. a. in funzione della tutela e, soprattutto, della ricostruzione di singoli monumenti o di complessi monumentali. La ricostruzione è quasi sempre dimostratamente scientifica, ma sempre ricostruzione: produce evidenza didascalica, ma anche una irrealtà di contesto, come ogni modello, del resto, anche se in scala 1:1.
A questi parchi, che si potrebbero definire finalizzati, si affiancano quelli che sono stati suggeriti dalla tutela di un'area assai vasta, legata a ragioni anche diverse, nelle quali alla salvaguardia di un contesto archeologico si affianca quella di un insieme paesistico-ambientale di grande rilievo che, spesso, per estensione supera notevolmente l'area con resti monumentali. L'esempio più noto è quello del parco della via Appia antica a Roma. Esso comprende non soltanto una serie di monumenti ancora conservati lungo la via e resti di antiche ville suburbane che si disponevano negli spazi alle spalle delle strutture funerarie che della via delimitano i lati, ma include un paesaggio storico che rappresenta una delle caratterizzazioni più note e più distintive della campagna romana. Pertanto associa aree pubbliche con aree ancora private.
L'esempio citato ci porta a ricordare un'accezione di parco che oggi si va estendendo grazie a quei progetti di tutela ambientale che vanno al di là della definizione di p. a. data sopra. In questo caso si tende ad associare aree sottoposte a vincoli, soprattutto in forza di piani regionali, con altre che hanno, in quanto espropriate, il carattere di parco come 'riserva' di proprietà pubblica. Ci sembra che tale integrazione rappresenti uno sviluppo dinamico dell'idea di parco di cui parlavamo, soprattutto nella misura in cui permette il recupero, attraverso i tempi, di quel contesto integrato uomo-ambiente che è uno dei più importanti obiettivi della valorizzazione sociale del patrimonio culturale in genere e di quello archeologico in specie.
Tale importante sviluppo non può, però, appoggiarsi soltanto su una 'zonizzazione' nei piani paesistici regionali, ma deve fondarsi su una specifica e dettagliata progettazione museologica che consenta anche di rendere evidenti a tutti quelle esigenze che hanno determinato espropri e imposizione di vincoli.
Una menzione particolare va fatta dei p. a. urbani, cioè di aree espropriate e protette all'interno di tessuti cittadini, costituite per offrire al pubblico la documentazione di strutture e, più spesso, di un palinsesto insediativo che per la città costituisce importante prova della sua memoria storica. In questo caso la preoccupazione di conservazione e restauro, oltre che, ovviamente, di efficiente manutenzione, deve essere associata alla progettazione e realizzazione dei sussidi didattici che rendano apprezzabili le vicende e le ragioni che danno alla memoria reale consistenza e comprensione per tutti coloro che a essa desiderano attingere.
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