patata
Il tubero che ha cambiato il mondo
La patata è tra i cibi più consumati al mondo e oggetto di ricerca della genetica vegetale che ne seleziona innumerevoli varietà. È un tubero sotterraneo che fa parte della famiglia delle Solanacee, piante utilissime all’uomo ma spesso velenose. La patata è originaria del Perù, e inizialmente, in Europa, venne considerata solo cibo per gli animali. Fu Antoine Parmentier, un agronomo francese che, alla fine del Settecento, la fece accettare prima dal re Luigi XVI e poi, con uno stratagemma, dalla popolazione. Dalle cucine di Francia la patata si diffuse quindi in tutta Europa e nel mondo, dove ormai è sovrana
Alba, Teodora, Madame Pompadour, Desirée, chi sono? Signore dello spettacolo? Tifoni tropicali? No, sono solo i nomi di alcune delle tante varietà di patate prodotte nel nostro paese. E non è solo l’Italia a produrne nuovi tipi perché, in tutti i maggiori paesi ogni anno escono sul mercato nuovi tuberi selezionati, risultato delle ricerche nel campo della genetica vegetale.Vediamo per esempio l’identikit di Alba, iscritta all’anagrafe delle patate dal 1993: ha forma tondo-ovale, buccia sottile color giallo brillante, polpa giallina. Prodotta dall’Istituto di genetica agraria Nicola Strampelli di Vicenza, è adatta a essere fritta o cotta arrosto e presenta una buona resistenza alla peronospora. Quest’ultima proprietà è assai utile: infatti la peronospora è una grave malattia causata da un fungo microscopico che fa marcire la pianta distruggendo interi raccolti. Il danno può essere davvero grave, se pensiamo che la patata è alla base dell’alimentazione di moltissime popolazioni, preceduta solo dal riso, dal grano e dal mais (cereali). I vantaggi che offre questo prodotto della terra sono molteplici: è nutriente, si conserva a lungo, si trasporta facilmente ed è molto, molto buona.
Il prezioso tubero di Solanum tuberosum, tale è il nome scientifico della patata, appartiene alla famiglia delle Solanacee, piante Dicotiledoni tra cui spiccano alcune specie vegetali assai importanti per l’uomo: la melanzana, il peperone, il pomodoro, il tabacco, la belladonna. La patata è una pianta erbacea il cui ciclo vitale dura un anno; può raggiungere il metro d’altezza, ha foglie pennate e pelosette, piccoli fiori bianchi, rossi, violetti a seconda delle varietà. Produce frutti velenosissimi, mentre le patate che mangiamo sono stoloni di riserva, ossia rami laterali sottili, che nascono alla base della pianta infilandosi poi sottoterra e producendo radici proprie. Alcuni di questi stoloni possono accumulare sostanze di riserva (molta acqua, amido, sali di ferro e di potassio, vitamine B e C), diventando i tuberi a noi noti, anche se rimane una traccia della loro vera natura negli occhi, quelle macchie scure che si trovano sulla buccia e che costituiscono le future gemme. Se infatti lasciamo a lungo le patate al buio, come se fossero sottoterra, dagli occhi escono germogli che si allungano fino a diventare rametti bianchi. Dal momento della germinazione, però, la patata non va più mangiata perché si riempie di una sostanza piuttosto tossica, la solanina. Di veleni le Solanacee sono ‘esperte’: sono molte, infatti, le specie della famiglia che producono alcaloidi, sostanze tossiche utili alla pianta ma molto nocive per l’uomo.
Quando parliamo delle ondate migratorie umane pensiamo al continente americano quale destinazione principale di quanti, soprattutto nel 19° e 20° secolo, dall’Europa partivano per cercare in quelle terre lontane lavoro e fortuna. Per le patate è stato il contrario: originarie dell’America Latina, attraverso varie strade hanno raggiunto l’Europa e poi gli altri continenti.
Sembra che Solanum tuberosum (v. fig.) sia nato per mutazione spontanea sulle Ande peruviane, ma le prime colture di patate risalgono a due secoli prima di Cristo nelle regioni intorno al Lago Titicaca, a 3.800 m d’altitudine, tra Perù e Bolivia, là dove il terreno era reso particolarmente fertile dal guano, un concime formato dagli escrementi fossili degli uccelli marini. Da lì si diffuse in tutto l’impero degli Inca (Perù, Bolivia, Cile settentrionale, Nord-Ovest argentino, fino quasi all’Equatore). In lingua inca la patata era chiamata papa e da allora questo nome le è rimasto, con qualche variante, in quasi tutte le lingue occidentali.
Nel Cinquecento i conquistadores spagnoli sbarcarono nell’America Meridionale alla ricerca del mitico paese dell’oro (El Dorado in lingua spagnola), trovandovi tra l’altro piante sconosciute in Europa: cacao, fagioli, mais, pomodori, zucche, cotone, tabacco e la papa. La papa non entusiasmò gli Spagnoli, sia perché appartenente a un gruppo di piante spesso velenose – e velenosa essa stessa quando forma i germogli – sia perché, venendo da sottoterra, era considerata un prodotto strano, diabolico. Come le altre piante, tuttavia, fu portata in Spagna, passando da lì nei Paesi Bassi, in Francia, in Austria e poi nel resto d’Europa.
Appena arrivata in Europa, la patata fu considerata a lungo solo un oggetto di studio per i botanici; evitata come cibo per i motivi appena detti, veniva data agli animali. Fu nel 18° secolo che l’agronomo francese Antoine Parmentier sperimentò su di sé l’infondatezza del pregiudizio alimentare contro la patata. Durante la sua prigionia nelle carceri prussiane – era in corso la guerra dei Sette anni tra la Francia e il regno di Prussia – Parmentier si difese dalla fame grazie proprio a quei tuberi di cui si nutrivano i maiali per cui, tornato libero nel 1763, decise di diffondere la sua scoperta alimentare in Francia. Dopo aver offerto al re e alla sua corte un pranzo eccezionale tutto a base di patate, ottenne da Luigi XVI il permesso di coltivarne un paio d’ettari nella regione intorno a Neuilly, mettendo però di guardia al campo i soldati del re. A causa di questo stratagemma, alcuni abitanti della zona furono indotti a pensare che se quelle piante erano così bene custodite dovevano essere molto pregiate e quando, una notte, l’astuto Parmentier fece allontanare le guardie, molti si precipitarono a rubarle per mangiarle. Nessuno morì, né fu posseduto dal demonio, mentre la patata conquistò la cucina francese e poi quella di tutta Europa e del mondo. I Francesi sono da allora tra i maggiori consumatori mondiali di patate e molte ricette della gastronomia francese a base di patate sono tuttora dedicate a Parmentier.
Gli Irlandesi apprezzavano talmente le patate e le sapevano coltivare così bene che dalla fine del Settecento quasi tutte le colture furono sostituite da piantagioni di patate. Il grano, i legumi e le altre verdure furono costretti a fare largo al magico tubero. Non solo, ma nei campi d’Irlanda veniva coltivata una sola varietà di patata, sicché, quando nel 1846-47 la peronospora attaccò in modo spietato le colture di patata, i raccolti di quell’unica varietà andarono tutti completamente distrutti ed ebbe inizio una terribile carestia, ricordata col nome di potato famine («carestia delle patate”). Moltissime famiglie di contadini caddero in miseria e furono costrette a prendere la via dell’emigrazione. La meta preferita erano gli Stati Uniti, che venivano raggiunti dopo viaggi tremendi, su piroscafi stipati all’inverosimile, proprio come le ‘carrette del mare’ che oggi portano sulle nostre coste i clandestini provenienti dal Sud del mondo. Molti, i più deboli, morivano durante la traversata, mentre gli altri arrivavano in America estenuati ma pieni di voglia di ‘farcela’. È per questo che nella popolazione statunitense ancora oggi gli abitanti di origine irlandese sono in così gran numero.