piante medicinali e aromatiche
Preziose per la bellezza, in cucina, in farmacia
Le piante aromatiche e quelle medicinali, insieme alle spezie, rappresentano categorie vegetali diverse tra loro. Le prime contengono sostanze gradevoli al gusto e all’olfatto e sono usate in cucina per insaporire i cibi. Queste sostanze, in dosi elevate, possono però essere curative o addirittura velenose. Le piante medicinali contengono rimedi per malanni più o meno gravi; a volte le stesse sostanze delle piante aromatiche hanno proprietà medicinali. Le spezie sono piante essiccate utilizzate per insaporire e conservare i cibi. Molti di questi vegetali spesso stanno alla base di cosmetici e profumi
Non fare di tutte le erbe un fascio. Nell’uso quotidiano la parola erba si riferisce di solito a una grande varietà di piante le cui proprietà sono state e sono tuttora studiate e apprezzate dall’uomo. Sin dai tempi più remoti, infatti, vennero considerate come un bene prezioso di cui servirsi per profumare il corpo, conservare e insaporire i cibi, imbalsamare i cadaveri (mummia), curare malattie. Piante aromatiche, spezie o piante medicinali non sono la stessa cosa; qual è, allora, la differenza?
Le piante aromatiche. Con queste parole ci si riferisce a piante, tipiche dell’area mediterranea, che emanano aromi gradevoli, hanno sapore gustoso e sono usate in cucina, talvolta come cosmetici o per curarsi.
Il prezzemolo (famiglia delle Ombrellifere) è, per esempio, diffuso in cucina, ottimo in infuso per schiarire la pelle e, sempre in infuso e in giuste dosi, buon depuratore del fegato, ma se viene assunto in grande quantità può essere velenoso, anzi mortale.
La cipolla e l’aglio, entrambi appartenenti alle Liliacee, sono piante aromatiche o medicinali? Anche qui è la dose a decidere. Se usate in piccole quantità, rendono più saporiti i nostri piatti, in quantità maggiori sono curative: l’aglio combatte l’ipertensione, mentre la cipolla è un ottimo cicatrizzante di ferite.
Le piante medicinali. Le piante medicinali sono quelle che grazie alle sostanze contenute nelle loro parti verdi (foglie, stelo, rami), nei fiori o altrove (radici, frutti, bulbi, semi), sono utilizzate in fitoterapia (dal greco fytòn «pianta» e therapèia «cura»). Gran parte di esse non si usa in cucina e serve solo a produrre farmaci. Le piante medicinali si chiamano anche piante officinali, dal latino officium, ovvero «negozio, farmacia», perché una volta le medicine a base di erbe erano preparate dal farmacista (medicine alternative).
Le spezie. Per spezie in italiano s’intendono prodotti vegetali secchi, provenienti da terre lontane (Africa, Asia, Brasile), utilizzati da lunghissimo tempo per conservare e dare gusto gradevole alle vivande. Sono, per esempio, tipiche spezie la cannella (scorza dell’albero di cinnamomo), i chiodi di garofano (i boccioli seccati di una mirtacea, Eugenia caryophyllata), la noce moscata (il seme di una pianta brasiliana), il pepe (i semi dell’albero del pepe) e molte altre. Se la parola spezia deriva dal tardo latino species, cioè «cosa (alimento) speciale», il nome droga, usato a lungo come sinonimo di spezia, deriverebbe dall’olandese droog «secco», ovvero pianta essiccata.
Le piante aromatiche contengono sostanze particolarmente gradite al nostro olfatto. Pescano nella nostra memoria olfattiva che, tramite i loro effluvi, ci fa rivivere sensazioni antiche e profonde collegate non solo all’infanzia (certi profumi della cucina di casa...), ma anche alla storia della specie e a quando l’uomo si aiutava con l’olfatto, molto più di oggi, per riconoscere i cibi commestibili o i pericoli.
La percezione olfattiva legata alle erbe è suscitata da molte sostanze organiche prodotte nelle loro cellule. Queste si possono distinguere in sostanze volatili, che evaporano facilmente raggiungendo subito il naso, come gli oli essenziali, e in sostanze non volatili, tra cui le resine, responsabili del sapore e del colore della pianta. Entrambe le categorie sono molto sensibili alla luce e all’umidità che le degradano rapidamente, per cui le piante aromatiche, fresche o secche, vanno conservate al riparo dalla luce e in ambiente asciutto.
Le molecole degli oli e delle resine appartengono alla famiglia chimica delle sostanze aromatiche, in grado di stimolare le cellule olfattive del naso che inviano subito un segnale al cervello, il quale riconosce ciascun odore e lo distingue da altri anche molto simili.
Sono oltre 20.000 le piante usate in tutto il mondo per scopi medicinali e la richiesta è talmente alta che molte specie rare corrono il rischio di scomparire: è il caso del ginseng cinese o di alcune piante officinali himalayane. Eccessi a parte, queste notizie dimostrano che la fitoterapia non conosce tramonto: non esiste infatti parte del corpo umano che non possa essere curata con i rimedi vegetali, come già sapevano bene gli antichi. La Scuola salernitana, per esempio (se ne hanno notizie dall’anno Mille), era celebre per la medicina e per il suo giardino dei semplici (i farmaci presenti nelle piante erano detti semplici), dove le piante medicinali più note e importanti costituivano una vera e propria farmacia vivente. La maggior parte delle piante officinali è adatta, però, solo per curare disturbi di non grave entità né si deve credere che possano sostituire i farmaci di sintesi, che, del resto, hanno spesso ascendenza naturale.
Le sostanze ricavate da piante officinali infatti o sono servite da modello per quelle sintetiche o ne hanno rappresentato il prodotto di base. In tal senso il contenuto di certe piante si è rivelato rivoluzionario per la medicina: tra queste la digitale (Digitalis purpurea) contenente nelle foglie un potente cardiotonico, la corteccia del salice da cui si estrae l’acido salicilico (il principio attivo dell’aspirina), la pervinca del Madagascar (Vinca rosea) o gli aghi dell’albero di tasso ricchi di sostanze antitumorali, la muffa Penicillium da cui deriva la penicillina, capostipite degli antibiotici.
L’industria farmaceutica, tuttavia, è ormai in grado di sintetizzare i principi curativi contenuti nelle piante allo stato puro garantendo una sicurezza, un’efficacia e un dosaggio che le piante non possono assicurare. Non sempre, infatti, la natura è più benigna della chimica.
Vengono chiamati nasi coloro che preparano i profumi; in effetti, se col termine cervelli si indicano le persone molto capaci, come non chiamare nasi quanti lavorano grazie all’efficienza e alla sensibilità delle proprie cellule olfattive? Non si diventa nasi da un giorno all’altro, bisogna esercitarsi a lungo per riconoscere e saper assortire le otto famiglie olfattive che ruotano intorno ad alcuni odori fondamentali, estratti dai fiori, dalle parti verdi delle piante aromatiche, dagli agrumi, dalle spezie e che poi, mescolati con numerose sottofamiglie di contorno, possono raggiungere il giusto accordo: il profumo ‘di grido’.
Le essenze profumate vengono estratte dalle piante attraverso diversi processi, che vanno dalla spremitura sotto pressa delle scorze dei frutti (è quello che si fa con gli agrumi), alla distillazione in corrente di vapore acqueo, all’estrazione mediante solventi o all’enfleurage, termine francese che indica un metodo molto antico di estrazione dell’essenza odorosa dai petali di fiori e che consiste nel depositare delicatamente i petali freschi dei fiori su una superficie cosparsa di grasso, il quale assorbe le essenze profumate che vengono poi estratte. Le sostanze base dei profumi sono quindi raggruppate in alcune categorie (floreale, speziato, aromatico, esperidio, e così via) dalla combinazione delle quali il profumiere ricava la formula giusta per un profumo.