PIEMONTE (XXVII, p. 171; App. II, 11, p. 546)
Il Piemonte su una superficie di 25.400 km2 ha (1961) una popolazione di 3.889.962 ab. (circa un tredicesimo della popolazione nazionale), così distribuita:
Metà della superficie è montagnosa e un quarto collinosa; e non c'è regione italiana, in cui la montagna sia altrettanto elevata, aspra e, forse, povera.
Il fieno è scarso (se ne raccolgono appena 5 q per ettaro di superficie agraria e forestale), ed i boschi non sono molto produttivi; infatti, per la loro natura, per la vecchiaia, per l'aspra conformazione del rilievo producono scarso legname. Minima è l'area che rimane alle colture, che coprono poche diecine di migliaia di ettari; ed i seminativi, per la povertà del suolo e i rigori invernali, sono messi a segala o a patate, e assai meno a fagioli. Si tratta per lo più di produzioni familiari, che non sono sufficienti a soddisfare le esigenze dei montanari, i quali sono costretti a cercare lavoro altrove o ad emigrare; e, se in passato questa emigrazione era temporanea, limitata perciò ad un periodo dell'anno (estate), oggi si è fatta permanente, e diretta o all'estero (molto in Francia) o verso la pianura industriale. Lo stesso fenomeno si nota anche nella fascia di meno elevate montagne; in questa zona, che discende direttamente verso il piano, i coltivi, se pur più estesi che in alta montagna, sono sempre limitati. Compaiono viti, castagneti, boschi che permettono un certo sfruttamento del legname.
Più ferace è il suolo delle colline e della pianura. Nelle colline prevale la coltura della vite, mista ad altre colture; si ricava attualmente in P. un decimo di tutta l'uva vendemmiata in Italia. Più ricca è la pianura piemontese; i boschi e i pascoli non sono molto estesi, predominano i seminativi ed i prati permanenti; metà o due terzi dell'arativo sono tenuti a cereali. Nella parte della pianura compresa fra l'Appennino, le Alpi e la Dora Baltea, il frumento prevale sul granoturco; diffusi sono gli orti, mentre nei terreni più aridi alle falde dei monti abbondano gelsi e viti. Notevole è l'allevamento. Alta è, nella pianura, la densità di popolazione, soprattutto nei dintorni di Torino, ove si raggiungono i 700 abitanti per km2; minore è la densità nell'alta pianura a sud del Sangone, dove si aggira sui 150 ab. per km2. La zona compresa fra la Dora Baltea e il Ticino è coltivata essenzialmente a riso; attualmente la produzione arriva ai 60 q per ettaro. In questi anni si nota una crisi nella mano d'opera; la popolaziane locale non si adatta più al malsano e faticoso lavoro.
Nel complesso l'attività agricola nel P. sta traversando un periodo di crisi; il lavoratore piemontese tende a spostarsi verso i centri industriali; lo sostituisce il lavoratore immigrato, soprattutto proveniente dall'Italia meridionale.
Nel campo industriale notevole è stato lo sviluppo recente. La costruzione di nuove centrali idroelettriche si è intensificata ad opera soprattutto dell'azienda elettrica municipale di Torino, della S.I.P. e del Consorzio del Buthier. Nelle industrie minerarie il P. non ha presentato particolari nuovi aspetti.
Poche le magnetiti e poche le piriti aurifere del Novarese; in valori anche più modesti si estraggono le calcopiriti, per il rame, e le scheeliti per il tungsteno, o la roccia uranifera, la quale, di un tenore del 3 per mille, si ricava nel Cuneese. Più importanti invece i minerali non metalliferi. Nel 1955 l'amianto estratto a Balangero ha reso circa un miliardo e mezzo e altrettanto le marne di cemento del Monferrato; circa 750 milioni si sono ricavati dal talco della val Germanasca e del Canavese, mentre a 3 miliardi e mezzo di lire è salito il valore della produzione delle cave. A circa un miliardo sarebbe infine ammontato il ricavato della vendita delle acque minerali delle fonti del Cuneese (Garessio, Chiusa Pesio, Vinadio, Borgo San Dalmazzo) e del Novarese (Crodo, Bognanco, Baveno).
Per quanto riguarda la tradizionale industria tessile laniera, il Piemonte continua ad avere un posto del tutto preminente in Italia: lo sviluppo dell'energia elettrica ha senza dubbio favorito anche westo ramo dell'industria. Nel solo Biellese, alla data del censimento industriale del 1951 si contavano in Biella 250 esercizî e 12.500 tessili; e altri 35.000 nei dintorni. L'industria cotoniera, sviluppata soprattutto nei dintorni di Torino, nel Canavese, nella val di Lanzo, nella valle di Susa, conta 55.000 addetti, distribuiti in oltre 400 stabilimenti, dei quali una quindicina superano il migliaio di addetti e una trentina ne hanno quasi 700; una cinquantina, di contro, non ne ha che qualche centinaio, e oltre cento solo poche decine. Pur essendoci stato un aumento di addetti rispetto al periodo prebellico, la concentrazione media (rapporto opifici-operai) è diminuita, per cui oggi l'industria cotoniera piemontese è di gran lunga superata da quella lombarda che conta un numero triplo di stabilimenti ed operai. In notevole sviluppo sono la lavorazione dei tessuti a maglia e dei merletti e ricami, affidata soprattutto ad artigiani, e le industrie del vestiario. Una menzione particolare va fatta per l'industria del cappellificio, sviluppata un tempo quasi esclusivamente nell'Alessandrino, e oggi diffusa anche ad Intra, a Sagliano e ad Andorno Micca. Particolarmente fiorente è l'industria meccanica; da 190.000 addetti nel 1951 si è passati ad oltre 200.000; questo incremento è stato determinato ancora una volta dall'industria automobilistica.
Quasi la metà di questi 200.000 addetti all'industria meccanica è assorbita dalla FIAT, la quale comprende attualmente, per la sola produzione, ben ventiquattro complessi di stabilimenti, accentrati per la maggior parte a Torino e nei suoi dintorni. A Torino ed Avigliana sei sezioni di prima lavorazione danno la ghisa e gli acciai, fondono i metalli non ferrosi e li lavorano, producono persino i lubrificanti necessarî. Le sezioni automobili, con gli stabilimenti di Mirafiori e di Lingotto o di Torino propriamente detta e quelli di Cameri fabbricano automobili di diversi tipi e cilindrata, autocarri, veicoli militari, trattrici, ecc. Sempre a Torino sono la sezione aeronautica, che fa motori d'aviazione, aerei ad elica e aviogetti, la sezione che produce materiale ferroviario, la sezione Grandi Motori, che fabbrica i grandi motori Diesel per impianti fissi, per propulsione navale, per trazione ferroviaria, le turbine a gas, ecc. La produzione dai 175 veicoli giornalieri di mezzo secolo fa ha superato nel 1957 le mille unità giornaliere per giornate lavorative e l'esportazione all'estero ha raggiunto le 111.000 unità, con una penetrazione perfino nel mercato americano.
All'attività dell'industria automobilistica, che oltre alla FIAT comprende anche alcune altre tra le nostre migliori fabbriche, come la Lancia e la Viberti, è collegato il lavoro di tutta una serie di fabbriche ed officine minori, viventi della vita di quella, cui forniscono pezzi ed accessorî.
Bisognose di una mano d'opera numerosa e specializzata, le industrie meccaniche si trovano concentrate soprattutto nei pressi delle grandi città, ma non mancano anche allo sbocco di alcune valli, dove era antica la tradizione della fucina e dell'industria: all'imbocco della val Chisone e delle vallate del Canavese, nelle valli di Susa e di Lanzo, nell'Ossolano. Secondo il censimento industriale del 1951,18 di questi esercizî offrivano lavoro a 80.000 operai, con una media di 4500 per ciascuno; 15 ne impiegavano 11.000 e in altri 145 lavoravano circa 30.000 individui. Ma accanto alle più grandi esiste una serie di altre minori attività industriali; fra queste più notevoli le industrie del vestiario e dell'abbigliamento; industrie dell'arredamento; le industrie chimiche; le industrie delle pelli, della carta, del cuoio, le industrie poligrafiche, della gomma, ecc. Complessivamente il P., con appena un tredicesimo della popolazione italiana, assorbe un quarto della mano d'opera delle industrie tessili; un quanto di quella delle industrie meccaniche e della lavorazione delle pelli e del cuoio; un sesto di quelle poligrafiche ed editoriali; un decimo dei metallurgici, degli addetti al vestiario e all'abbigliamento, alla lavorazione dei minerali non metallici, e del legno di tutta la Repubblica.
Un notevole incremento ha avuto nell'ultimo decennio il turismo dal miglioramento della rete stradale e ferroviaria e soprattutto dalla costruzione di nuovi alberghi.
Torino, oltre che per essere centro naturale su cui gravita tutta la regione, richiama a sé turisti italiani e stranieri per il suo passato storico e le sue bellezze artistiche, ma soprattutto per le sue industrie, per le mostre (in primo luogo per i saloni dell'automobile, della tecnita, dell'abbigliamento; infine le mostre di Italia '61 per la celebrazione del centenario dell'unità; v. torino, in questa App. e per gli avvenimenti sportivi (tra i quali i Giochi Mondiali Universitarî del 1959), che hanno fatto della città un centro d'interesse mondiale.
Le stazioni invernali di Sestriere, Bardonecchia, Sportinia, Cervinia, Courmayeur, note in tutto il mondo, nel periodo novembre-marzo fanno registrare fino a 5000 presenze domenicali; cifre minori, ma sempre superiori al migliaio di turisti per domenica, si registrano nei centri invernali minori, da Limone nel Cuneese a Gressoney ai piedi del Monte Rosa. Gran parte di queste stazioni diventano d'estate luoghi di villeggiatura o punti di partenza per escursioni ed ascensioni.
Bibl.: F. Milone, L'Italia nell'economia delle sue regioni, I, Piemonte e Valle d'Aosta, 2ª ed., Torino 1958; Camera di commercio di Torino, Cronache economiche (annate varie).