PIRATERIA AEREA
(App. IV, II, p. 805)
La p.a., sebbene abbastanza facilmente identificabile, è difficile da definire: nelle stesse convenzioni intercorse a più riprese in seno all'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (International Civil Aviation Organisation, ICAO o anche OACI, dall'acronimo della denominazione francese) essa viene definita di volta in volta, in relazione al tipo d'azione compiuta dai cosiddetti pirati dell'aria, come "offese e altri atti commessi a bordo di aeroplani" (Tokyo, 1963); "illegale sequestro di aeroplani" (L'Aia, 1970); "azioni illegali contro la sicurezza dell'aviazione civile" (Montreal, 1971); "atti di violenza commessi negli aeroporti adibiti al traffico civile internazionale" (Montreal, 1988).
Queste definizioni rispecchiano altrettanti accordi convenuti in sede internazionale per arginare il fenomeno della p.a. e generalmente sono in relazione alla recrudescenza internazionale di tali azioni. Sottoscritti dalle commissioni che rappresentano le varie nazioni, questi accordi debbono poi essere ratificati dai rispettivi governi; e l'Italia li ha già ratificati. In genere essi prevedono l'obbligo di arrestare e processare (ove non li si voglia o possa estradare) quanti si rendano responsabili di dirottamenti o di atti similari di p.a.; di restituire, in caso di dirottamento, l'aereo sequestrato alla nazione di appartenenza; di assistere i passeggeri e di rinviarli nel più breve tempo possibile agli stati di cui sono cittadini, senza sottoporli a restrizioni o persecuzioni di qualsiasi natura.
Gli accordi tra gli stati sono stati innescati dall'azione decisa dalla federazione internazionale delle associazioni piloti di linea (IFALPA, International Federation of Air Line Pilots' Associations). L'IFALPA, infatti, quando apparve chiaro, più di trent'anni fa, che i fenomeni di p.a. si sarebbero diffusi enormemente se non si fossero adottate opportune misure in sede internazionale, minacciò lo sciopero mondiale dei piloti commerciali, provocando così i primi contatti in sede ICAO che portarono al primo accordo di Tokyo del 1963.
Per comprendere meglio l'evoluzione del fenomeno, sarà opportuno ripercorrere sinteticamente le diverse fasi e tipologie.
Il primo atto di p.a. fu compiuto nel 1930 a bordo di un aeroplano peruviano: l'episodio, incruento, si verificò come atto di protesta politica in coincidenza con una rivoluzione che stava avvenendo in Perù. Nuovi atti di p.a. avvennero successivamente alla seconda guerra mondiale, anche se durante la guerra sembra che azioni di dirottamento di aeroplani, soprattutto militari, siano avvenute nel corso di trasporti di prigionieri. Negli anni Quaranta e Cinquanta si verificarono una trentina di azioni di p.a., tutte, tranne una, provocate da motivi politici, e tutte, tranne una, a bordo di aeroplani in volo sul continente latino-americano o dall'Europa dell'Est verso il mondo occidentale. Dato che la tensione politica fra Est e Ovest era a quell'epoca pronunciata, si pensò soltanto a questa come alla possibile motivazione degli atti di p.a. e nessuno, nel mondo occidentale, propose mai di adottare provvedimenti nei confronti dei pirati dell'aria, o previde che il fenomeno avrebbe potuto generalizzarsi.
La sola eccezione fu un autentico tentativo di rapina avvenuto nel luglio 1948 a bordo di un aeroplano in volo tra Macao e Hong Kong, che trasportava un buon numero di ricchi uomini d'affari di Hong Kong reduci dai numerosi casinò della colonia portoghese, considerata il paradiso del gioco d'azzardo. Quest'azione fu un vero e proprio esempio di ''pirateria'' in senso stretto, in quanto mutuava a suo modo le tecniche di assalto dei famosi pirati cinesi di quei mari. Altro dirottamento, in un certo senso ''anomalo'', in quanto si svolse in direzione inversa a quella solita, cioè da Ovest a Est, dalla Grecia alla Iugoslavia, fu attuato nel settembre 1948.
Per rendersi conto dei limiti di prospettiva entro cui in quegli anni venivano percepiti gli atti di p.a. occorre tener presente che tutti i ''pirati'' avevano come scopo la libertà politica, e che quindi si affrettavano a chiedere asilo politico ai paesi dove l'aeroplano dirottato riusciva ad atterrare; che molti di questi ''pirati'' erano stati in oggettivo pericolo di vita o erano passibili di arresto nei loro paesi; che c'era anche l'interesse degli occidentali (il che è più difficile che venga ufficialmente riconosciuto) di verificare, mediante ispezione dell'aeroplano dirottato prima della restituzione, lo ''stato dell'arte'' dell'industria aeronautica dell'URSS e dei paesi gravitanti nella sua orbita.
Azioni di questo tipo si verificarono fino ai primi anni Cinquanta, poi cessarono quasi completamente. Verso la fine del decennio ci fu invece una loro ripresa in connessione con la situazione del regime politico a Cuba: prima, da parte di coloro che sfuggivano alla dittatura di Batista; dopo, da parte di coloro che non volevano vivere nel regime comunista di Castro. Si può dire che dalla fine degli anni Cinquanta fu lo scenario americano a registrare il massimo di eventi relativi ad atti di p.a. e nella maggior parte dei casi si trattava di persone che fuggivano da Cuba (non soltanto dirottando aeroplani, ma anche navi e perfino semplici imbarcazioni da pesca). Il 1° maggio 1961 ci fu un sensazionale cambiamento nella direzione di questi dirottamenti. Un uomo armato di pistola costrinse l'equipaggio di un bimotore Convair 440 della compagnia National Airlines a dirigersi su L'Avana. Si trattò del primo dirottamento dagli Stati Uniti verso Cuba, e non viceversa. Negli anni seguenti gli atti di p. a bordo di aeroplani statunitensi si moltiplicarono e con essi si produsse un fatto che, al momento, non sembrò rivestire particolare importanza ma che poi divenne fonte di gravi complicazioni internazionali: gli Stati Uniti presero a non restituire a Cuba gli aeroplani dirottati. Il governo di Castro cominciò da parte sua a fare altrettanto, il che indusse le compagnie aeree oggetto dell'azione piratesca − tutte compagnie private − a far pressione sul governo statunitense affinché si procedesse a una qualche forma di accordo internazionale che regolamentasse la questione della p. aerea.
Era infatti chiaro che i pirati dell'aria, per le condizioni in cui operavano, diverse da quelle degli analoghi dirottatori di mare o di terraferma, dovevano da ultimo far atterrare l'aereo in qualche aeroporto, per necessità di cose, ben identificato. Ma quanto più aumentavano le dimensioni degli aeroplani dirottati, tanto più si restringeva il numero degli aeroporti utilizzabili. Ciò comportava che, anche volendolo, gli atti di p. non potevano più essere ignorati o sottaciuti. A manifestare queste preoccupazioni erano soprattutto i piloti di linea (e la loro associazione) nonché l'associazione mondiale dei vettori aerei, la IATA (International Air Transport Association).
Nel giugno 1967 si ebbe un nuovo e diverso atto di p.a. compiuto al fine di un vero e proprio sequestro politico. Per catturare e imprigionare il premier africano M. Ciombè (rifugiatosi in Europa nel 1963, dopo che nel 1960, dichiarando l'indipendenza del Katanga, aveva gettato il Congo nella guerra civile) l'aereo privato su cui viaggiava fu dirottato in Algeria dove Ciombè fu imprigionato, morendo in carcere, per un attacco cardiaco, due anni dopo. I due piloti dell'aereo furono trattenuti in Algeria per molte settimane e rilasciati solo dopo che l'IFALPA annunciò pubblicamente che nessun pilota avrebbe più fatto scalo negli aeroporti algerini. Si constatò così, in quell'occasione, la potenza di dissuasione che, sui paesi conniventi, avrebbe sortito la minaccia di questa forma di boicottaggio, se applicata con perseveranza e su scala mondiale. Ancora oggi si ritiene che la minaccia di boicottare i collegamenti aerei internazionali costituisca un'arma preziosa per dissuadere quegli stati che troppo apertamente dimostrino di voler prestare aiuto agli autori di un'azione di p. aerea.
Un altro tipo di azione, assimilabile alla p.a., è quello meno noto e legato a motivazioni non politiche ma criminali, che si verificò con la collocazione di bombe a bordo di un aereo che si faceva esplodere allo scopo di riscuotere l'assicurazione sulla vita intestata a uno dei passeggeri. In occasione del primo di questi episodi, avvenuto negli Stati Uniti, quando la polizia federale raccolse sufficienti indizi per avere una ragionevole sicurezza del motivo criminoso, furono adottate diverse misure che si rivelarono efficaci nell'evitare il ripetersi di simili episodi. Una di esse fu quella di proibire la stipula di polizze sulla vita ''dell'ultimo momento'', quelle che all'epoca ogni viaggiatore aereo − in quasi tutti gli aeroporti − poteva stipulare prima d'imbarcarsi. Tra l'altro, in quegli stessi anni Sessanta, fu avanzata l'idea di procedere a un'ispezione preventiva dei bagagli: un'idea che, sotto varie forme, prese corpo nell'iniziativa di talune compagnie aeree, di procedere all'ispezione con il metal detector di tutti i bagagli a mano portati dai viaggiatori in cabina, e all'ispezione con i raggi X di tutti i bagagli destinati alla stiva.
Gli atti di p.a. di natura politica, generalmente collegati alle gravi e complesse vicende del Vicino Oriente, ripresero con straordinaria intensità al principio degli anni Settanta, spesso attuati da gruppi di terroristi appositamente addestrati e allo scopo di ottenere il massimo di risonanza internazionale. Organizzazioni di fuoriusciti palestinesi effettuarono numerose azioni di dirottamento e cattura di aeroplani, alcuni dei quali furono poi distrutti a terra con esplosivi. Quest'attività andò in breve tempo sempre più accentuandosi (nel 1972 si avrà una punta massima di oltre 90 dirottamenti aerei, pari a circa due dirottamenti ogni settimana), tanto che alle immediate iniziative di solidarietà internazionale a difesa della proprietà degli aeroplani e dell'incolumità dei passeggeri si aggiunse quella dei vari stati consorziati nell'OACI, che indissero immediatamente una serie di incontri sfociati nell'accordo internazionale di Montreal del 1971.
L'inizio degli anni Settanta segnò anche l'insorgere di un particolare tipo di attacco piratesco: l'estorsione a danno dei passeggeri seguita dall'abbandono dell'aereo con un paracadute da parte dei pirati. Questa singolare forma di p.a. pare abbia avuto successo solo nel caso di un certo D.B. Cooper (che non fu mai ritrovato), il quale nel novembre 1971 si lanciò sul Nevada (USA) da un trireattore Boeing B-727 con duecentomila dollari estorti durante una sosta a Seattle. Altri analoghi tentativi abortirono o per l'intervento di forze di polizia e degli equipaggi o per la manifesta impossibilità del lancio (non tutti gli aeroplani di linea sono atti a lanci con paracadute). Uno di questi casi avvenne in Italia, su un F-27 della compagnia ATI (bimotore a turboelica), ma si concluse con l'uccisione del pirata da parte della polizia, mentre si predisponeva al lancio dal portello.
Alcuni casi di p.a. verificatisi negli ultimi anni sono avvenuti a carico di elicotteri. L'idea nacque da un episodio avvenuto in America latina, quando per l'evasione di un detenuto si ricorse al semplice espediente di far scendere un elicottero nel cortile del carcere. La limitata autonomia e la scarsa velocità degli elicotteri hanno confinato comunque queste azioni a casi ben precisi, quasi tutti riguardanti evasioni da penitenziari o da carceri a lunga detenzione. In Francia, nel 1992, un'evasione di questo tipo è stata sventata con l'uccisione del detenuto mentre stava correndo verso l'elicottero, e con la conseguente fuga dei pirati. La Francia è la nazione che conta il maggior numero di tentativi di dirottamento di elicotteri negli ultimi anni, quasi tutti finalizzati a evasioni più o meno rocambolesche.
Quanto alle contromisure di difesa, non è possibile attuare una protezione totale. È però possibile adottare alcune precauzioni. Ormai, in tutti gli aeroporti i passeggeri diretti all'imbarco debbono subire un esame con il metal detector, sia della persona che del bagaglio che portano con sé in cabina, mentre il bagaglio destinato alla stiva è sottoposto ai controlli già ricordati. In molti casi può essere effettuata un'ulteriore perquisizione personale del passeggero. La cabina di pilotaggio dev'essere normalmente chiusa a chiave e vi può accedere soltanto il personale di bordo. Tra le contromisure tecniche va segnalato che sugli aerei di linea i piloti dispongono di un sistema automatico di allarme che, attivato in caso di dirottamento o analoga azione, ne dà segnale al Controllo del traffico aereo senza che il pilota comunichi alcunché a voce. Immediatamente il centro di controllo dirama le relative segnalazioni agli organismi designati ad attivarsi mettendo nel contempo in allarme gli aeroporti che si trovano sulla direzione di rotta dell'aereo, al quale sono tenuti a dare precedenza assoluta. Inoltre le grandi compagnie aeree più soggette a episodi di p. si scambiano informazioni su eventuali passeggeri a rischio, cioè passeggeri considerati potenziali obiettivi di azioni di p.a. (questo è prevedibile ovviamente solo per dirottamenti o atti similari di p. a scopo politico, e solo in alcune zone ''calde'' del mondo).
Queste misure hanno ottenuto il risultato, se non di eliminare, almeno di ridurre enormemente gli atti di p. anche se talvolta hanno dato luogo una nuova forma di crimine a fini terroristici: quella di collocare una bomba a tempo a bordo dell'aeroplano o direttamente o indirettamente, consegnandola nascosta o camuffata a un passeggero, indotto ad accettarla con opportuni raggiri. Il controllo continuo e costante anti-p. è comunque la condizione essenziale per contrastare questa forma di crimine, e la sola che possa garantire, entro determinati limiti, la sicurezza dei viaggiatori. In particolare, quello che attualmente appare come il maggior elemento di dissuasione è l'accordo preso a livello internazionale, in base al quale tutti gli stati contraenti s'impegnano all'estradizione degli autori di atti di p. aerea.
Bibl.: Freccia Alata, settimanale dell'Alitalia, annate 1969-73; J.A. Arey, The sky pirates, New York 1972; AA.VV., The international encyclopedia of aviation, Londra 1977; AA.VV., Ali sul mondo, Storia dell'aviazione di linea, Firenze 1990; A. Pellegrino, Trappole nel cielo, Milano 1992.