Poliarchia
di Robert A. Dahl
Il termine 'poliarchia' designa i processi e le istituzioni di quel tipo di democrazia rappresentativa su larga scala sviluppatosi nel XX secolo. Il termine era usato assai di rado prima del 1953, quando venne reintrodotto deliberatamente nel vocabolario della scienza politica da Robert A. Dahl e Charles E. Lindblom in Politics, economics and welfare.Ciò che rende unica la poliarchia come tipo di democrazia sono le sue istituzioni politiche, che nel loro insieme la distinguono non solo dai regimi non democratici di tutti i generi, ma anche dalle prime democrazie e repubbliche, come la democrazia ateniese e le repubbliche italiane dell'epoca medievale e rinascimentale. Sebbene alcune delle istituzioni politiche della poliarchia siano state adottate in parecchi paesi nel corso del XIX secolo o anche in epoca precedente, prima del Novecento una di esse, ossia il suffragio universale, esisteva solo in Nuova Zelanda.
A un livello generalissimo, la poliarchia può essere definita come un ordinamento politico contraddistinto da due caratteristiche generali: la cittadinanza è estesa alla maggior parte dei membri adulti della comunità, e i diritti di cittadinanza includono l'opportunità di opporsi ai detentori delle più alte cariche di governo. La prima di queste caratteristiche differenzia la poliarchia da sistemi di governo più esclusivi in cui, sebbene l'opposizione sia ammessa, i governi e le loro opposizioni legali sono ristretti a un piccolo gruppo, come accadeva ad esempio in Gran Bretagna, in Belgio, in Italia e in altri paesi prima che fosse introdotto il suffragio universale. La seconda caratteristica differenzia la poliarchia dai regimi in cui la cittadinanza, sebbene sia estesa alla maggioranza dei membri adulti della comunità, non include il diritto di opposizione al governo; è questo il caso di tutti i regimi autoritari moderni.
Specificando meglio queste due caratteristiche generali, la poliarchia può essere definita come un ordinamento contraddistinto dalla presenza di tutte e sette le seguenti istituzioni politiche:
1. Rappresentanze elettive: il controllo sulle decisioni politiche del governo è affidato costituzionalmente a organi rappresentativi scelti dal corpo elettorale.
2. Elezioni libere ed eque: le rappresentanze elettive vengono designate attraverso elezioni condotte periodicamente e secondo equità, in cui la coercizione è relativamente rara.
3. Suffragio universale: il diritto di voto è riconosciuto praticamente a tutti i cittadini che abbiano raggiunto la maggiore età. Come abbiamo accennato in precedenza, il suffragio universale tipico delle poliarchie è stato introdotto solo nel XX secolo. Anche nei paesi che avevano adottato altre istituzioni della poliarchia, alle donne era quasi sempre negato il diritto di voto; si trattava, in effetti, di poliarchie maschili. Va detto peraltro che anche in queste ultime una serie di restrizioni basate sul censo o sul livello di istruzione privava del diritto di voto alcune categorie di cittadini maschi. Il primo paese a concedere il diritto di voto alle donne in elezioni nazionali fu la Nuova Zelanda nel 1893; sebbene fosse ancora una colonia britannica, la Nuova Zelanda era in larga misura autogovernata, e molte istituzioni della poliarchia erano già sostanzialmente operanti. Molti altri paesi introdussero il suffragio universale nel corso del primo trentennio del XX secolo, sebbene la Francia, il Belgio e l'Italia continuassero a negare il diritto di voto alle donne nelle elezioni nazionali sin dopo la seconda guerra mondiale, mentre la Svizzera riconobbe tale diritto solo nel 1971. Negli Stati Uniti, molti Stati del Sud esclusero perlopiù i neri dalla partecipazione alla vita politica sino agli anni sessanta, allorché fu approvata e applicata la legislazione sui diritti civili.
4. Diritto di concorrere agli uffici e alle cariche pubbliche (diritto elettorale passivo): praticamente tutti i cittadini maggiorenni hanno il diritto di candidarsi alle cariche di governo elettive, sebbene i limiti di età fissati per l'eleggibilità possano essere più elevati di quelli stabiliti per il suffragio.
5. Libertà di espressione: i cittadini hanno il diritto di esprimere la propria opinione, senza incorrere in gravi sanzioni, in merito a questioni politiche intese in senso ampio; hanno quindi il diritto di criticare il parlamento, il governo, il regime, l'ordinamento socioeconomico, l'ideologia dominante.
6. Informazione alternativa: i cittadini hanno il diritto di cercare fonti di informazione alternative. Esistono inoltre fonti di informazione alternativa che non sono sotto il controllo del governo e godono della tutela delle leggi sulla libertà di espressione.
7. Diritto di associazione: per esercitare i propri diritti, inclusi quelli menzionati sopra, i cittadini hanno infine il diritto di formare organizzazioni o associazioni relativamente autonome, compresi partiti politici indipendenti e gruppi di interesse.Queste sette istituzioni assicurano che i governi seguano certe procedure fondamentali; di conseguenza la poliarchia è definita talvolta democrazia procedurale. Cosa ancora più importante, esse garantiscono un insieme assai ampio di diritti necessari ad ognuna di queste istituzioni: in questo senso, la poliarchia è anche una forma di democrazia sostanziale.È importante sottolineare che tutte queste proprietà caratterizzano diritti, istituzioni e processi reali, non solo nominali; come ha dimostrato la ricerca, tali proprietà, con qualche semplificazione, possono essere specificate in modo sufficientemente concreto da permettere a un osservatore indipendente di classificare la maggior parte dei paesi in base alla effettiva presenza di ognuna delle istituzioni della poliarchia.
Queste classificazioni possono essere combinate in modo da fornire una misura, o scala, della poliarchia: ad un estremo vi saranno le forme di governo autoritarie, in cui nessuna di queste istituzioni è presente, all'altro estremo le forme di governo in cui sono tutte presenti, ossia le vere e proprie poliarchie. Definire una misura o scala della poliarchia può essere utile per molti scopi; tra le altre cose, può servire per individuare le condizioni che in generale favoriscono o ostacolano le possibilità di sviluppo e di stabilità della poliarchia in un determinato paese; su questo problema ci soffermeremo più avanti.
La poliarchia, secondo la definizione proposta in precedenza, è quindi una specifica forma di governo; si tratta però anche di una forma di democrazia, probabilmente la forma più importante e certamente più diffusa che la democrazia ha assunto nel corso della sua lunga e discontinua storia nell'ambito delle idee e delle prassi politiche. In ogni caso, la poliarchia è la forma caratteristica che la democrazia ha assunto nel XX secolo.Qual è allora il rapporto tra poliarchia e democrazia? Sebbene molti, oggi, avvezzi alle istituzioni della poliarchia, siano portati a stabilire un'identità tra poliarchia e democrazia, vi sono fondati motivi per considerare la poliarchia non già come l'unica forma di democrazia, ma solo una delle forme che questa può assumere.Una ragione per adottare questo punto di vista è che anche nel XX secolo - e sicuramente nelle epoche precedenti - sono esistiti sistemi politici che, pur in assenza di alcune delle istituzioni della poliarchia, sembravano essere altrettanto 'democratici' quanto le poliarchie, se non di più. Dopotutto, il termine 'democrazia' fece la sua prima comparsa nell'antichità classica per designare quei sistemi di governo popolare che i Greci introdussero in molte delle loro città-Stato, ad esempio ad Atene verso il 500 a.C. Rifiutare la qualifica di 'democrazia' al sistema di governo per il quale è stato coniato il termine sarebbe un abuso linguistico. Inoltre, oggi non esitiamo a definire 'democratiche' anche associazioni in cui mancano alcune delle istituzioni della poliarchia; ad esempio, possiamo reputare altamente democratico un comitato, un club, un sindacato o un'associazione di altro genere, sebbene esso non abbia al suo interno associazioni autonome minori del tipo dei partiti politici. Possiamo quindi legittimamente assumere che 'democrazia' e 'poliarchia' indicano cose diverse. Un'altra ragione per cui la poliarchia va considerata solo una forma storica di democrazia risiede nel fatto che possiamo benissimo immaginare come uno specifico governo poliarchico - quello italiano, poniamo, o quello statunitense - possa essere più democratico di quanto non lo sia attualmente. Di fatto, quelli che definiamo governi democratici vengono spesso criticati in quanto non sono tali in misura sufficiente, o in quanto violano i principî democratici.
Ciò che queste e altre concezioni implicite della democrazia sembrano avere in comune è l'idea di un gruppo di persone che governano se stesse come politicamente eguali, di un demos autogovernato, di un'associazione che prende decisioni collettive cui i suoi membri sono obbligati ad attenersi: in altre parole, di cittadini che governano se stessi attraverso un processo democratico. Sulla base di questa concezione della democrazia, quali condizioni dovrà soddisfare un sistema politico per poter essere considerato pienamente democratico? Cinque appaiono essere le condizioni necessarie e sufficienti perché si abbia un processo di governo pienamente democratico tra cittadini politicamente eguali. Semplificando, e dandone una definizione piuttosto formale, tali condizioni possono essere elencate come segue:
1. Partecipazione effettiva. Quando un sistema politico pienamente democratico prende decisioni vincolanti per i cittadini, questi devono avere adeguate ed eguali opportunità di esprimere le proprie preferenze su quale dovrebbe essere la decisione finale. Essi devono avere adeguate ed eguali opportunità di discutere sulle scelte e sui programmi politici, e di esprimere le proprie ragioni per favorire un risultato piuttosto che un altro.
2. Eguaglianza di voto. Quando in un sistema politico pienamente democratico vengono prese decisioni collettive, ogni cittadino deve avere eguali opportunità di attuare una scelta, ossia di esprimere un voto - che sarà considerato eguale a quello di tutti gli altri cittadini.
3. Opportunità di comprensione adeguata. Ogni cittadino deve avere adeguate ed eguali opportunità di capire quali delle possibili scelte in merito alla materia oggetto della decisione soddisferanno meglio gli scopi, i valori o gli interessi dei cittadini, di altri e della collettività.
4. Controllo finale sui programmi. I cittadini hanno l'opportunità esclusiva di decidere i contenuti dei programmi politici, stabilendo quali argomenti debbano figurare nella lista delle questioni che devono essere decise secondo i tre criteri elencati sopra.
5. Estensione della cittadinanza. Il corpo dei cittadini comprende tutti i membri adulti della comunità, con la possibile eccezione di quanti si trovino solo di passaggio nel territorio di uno Stato, come ad esempio i turisti, oppure di quanti sono riconosciuti dalla legge incapaci di intendere e volere. È importante osservare che questa concezione della cittadinanza e della democrazia è un prodotto del XX secolo. Prima di allora l'estensione della cittadinanza a tutta la popolazione era rifiutata non solo nella pratica, ma anche, come abbiamo visto, nelle concezioni e negli ideali repubblicani e democratici.
Sebbene queste condizioni possano essere specificate in modo più dettagliato, tuttavia anche nella forma minimale in cui le abbiamo enunciate consentono di trarre molte, importanti conclusioni. In primo luogo, si tratta di condizioni necessarie per un processo democratico tra cittadini politicamente eguali che si caratterizza come ideale o come pienamente raggiunto. In secondo luogo, quasi certamente nessun sistema politico ha mai completamente soddisfatto tali condizioni. In terzo luogo, conseguentemente, tutte le democrazie reali sono rimaste lontane, spesso molto lontane, dalla democrazia ideale. In quarto luogo, tuttavia, in varie epoche e in diversi luoghi certi sistemi politici si sono avvicinati più di altri al raggiungimento di un processo di governo democratico. Storicamente questi sistemi sono stati definiti democrazie (in certi casi repubbliche). La poliarchia è uno di tali sistemi. Le sette istituzioni della poliarchia citate in precedenza appaiono condizioni necessarie, sebbene non sufficienti, perché si abbia un processo di governo democratico in sistemi politici di grandi dimensioni, come ad esempio uno Stato-nazione.
La tabella mostra il rapporto tra processo democratico e poliarchia.
Le istituzioni politiche della poliarchia sono necessarie per raggiungere un livello significativo di democrazia nei sistemi politici su larga scala, come ad esempio un paese. I sistemi di dimensioni ridotte - siano essi piccoli come un comitato o estesi come una città - non richiedono la presenza di tutte le istituzioni della poliarchia. Ad esempio, nelle città-Stato e nelle repubbliche dell'antichità e del Medioevo le fazioni organizzate o i partiti erano considerati dannosi per il bene comune; spesso essi sono ritenuti indesiderabili anche nelle associazioni private e nei comitati.La poliarchia può essere considerata il risultato di una trasformazione nelle dimensioni della popolazione (e in certa misura del territorio) degli Stati in cui sono state introdotte istituzioni democratiche. Nel corso della prima metà del V secolo a.C. in Grecia e a Roma si assiste alla trasformazione di città-Stato non democratiche - aristocrazie, oligarchie, monarchie, o una mescolanza di tutte e tre queste forme - in democrazie e in repubbliche. Per i successivi duemila anni, con l'eccezione di Roma, le idee e le pratiche della democrazia e della forma di governo repubblicana furono prerogativa quasi esclusiva di città-Stato di piccole dimensioni. L'istituzione centrale della città-Stato era un'assemblea alla quale aveva diritto di partecipare la totalità dei cittadini - sebbene solo ad una minoranza dei membri adulti della comunità fosse riconosciuto lo status di cittadini a pieno titolo, autorizzati a partecipare alla vita politica. Anche quando la Repubblica romana si estese ben al di là dei confini della città-Stato originaria, mantenne le istituzioni politiche proprie di quest'ultima.
La città-Stato tuttavia divenne obsoleta con l'affermarsi del grande Stato-nazione, più correttamente dello Stato nazionale. In una seconda trasformazione, l'idea di democrazia fu trasposta dalla città-Stato alla più ampia compagine dello Stato nazionale. Anche se alcune città-Stato e repubbliche continuarono ad esistere, la loro autonomia venne drasticamente ridotta via via che esse divennero unità subordinate di Stati nazionali. Ciò che rese possibile questa seconda trasformazione nelle istituzioni politiche fu l'affermarsi del principio di rappresentanza. La democrazia era ora concepita non più come democrazia assembleare nella città-Stato, bensì come democrazia rappresentativa nello Stato nazionale. In conseguenza di questa trasformazione sia nelle dimensioni che nella forma dei sistemi politici, nacque quell'insieme di istituzioni e pratiche politiche che abbiamo definito 'poliarchia'.
Sebbene le istituzioni distintive della poliarchia siano diverse - per certi aspetti radicalmente diverse - da quelle delle democrazie della città-Stato e delle repubbliche, sia le une che le altre possono essere interpretate come tentativi di democratizzare il governo di uno Stato; le differenze tra le istituzioni politiche dei due sistemi possono essere spiegate, in parte, con la diversità di dimensioni tra città-Stato e Stato nazionale.
La poliarchia è stata strettamente associata al capitalismo, o a un'economia di mercato basata essenzialmente sull'impresa privata. Essa non è mai esistita in paesi con un'economia centralizzata, basata sulla socializzazione dei mezzi di produzione, come ad esempio l'ex Unione Sovietica o Cuba. Le economie di guerra instaurate nel corso del secondo conflitto mondiale sia in Inghilterra che negli Stati Uniti potrebbero sembrare eccezioni, in quanto le istituzioni della poliarchia sopravvissero in entrambi i paesi pur in presenza di un'economia pianificata dal centro. Tuttavia queste economie di guerra vennero rapidamente smantellate poco dopo la fine del conflitto. Non si danno dunque casi in cui la poliarchia sia coesistita con un'economia fortemente centralizzata per un esteso periodo di tempo.Sebbene la poliarchia e le economie di mercato siano state strettamente legate, sarebbe un errore considerarle identiche. La poliarchia è un insieme di istituzioni non già economiche, bensì politiche. Le istituzioni proprie della poliarchia sono chiaramente diverse da quelle che differenziano le moderne economie di mercato dalle economie non di mercato.
Inoltre, l'esperienza storica indica che l'economia di mercato industriale o postindustriale non è una condizione né necessaria né sufficiente perché si abbia la poliarchia. In alcuni paesi le istituzioni basilari di quest'ultima (eccetto il suffragio universale) si sono sviluppate quando le loro economie erano prevalentemente agricole: è questo il caso di Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia e Danimarca.Infine, nel corso dell'ultima metà del XX secolo la poliarchia non è venuta meno, e anzi ha conosciuto un rigoglioso sviluppo in paesi in cui una quota notevole del reddito nazionale - in alcuni casi oltre il 50% - andava allo Stato, che la redistribuiva in forma di pensioni, sussidi di disoccupazione, assegni familiari, assistenza sanitaria e altre spese pubbliche mirate a mitigare le conseguenze negative dell'economia di mercato. Queste esperienze storiche indicano che le istituzioni politiche della poliarchia sono sufficientemente salde da essere compatibili con qualunque ordinamento economico, a condizione che esso sia abbastanza efficiente da soddisfare le esigenze dei cittadini e abbastanza decentrato da impedire ai detentori del potere politico di utilizzare il proprio accesso alle risorse economiche per indebolire le istituzioni della poliarchia.Come abbiamo visto, inoltre, la poliarchia non è affatto una democrazia perfetta, perché non soddisfa completamente le condizioni di un processo di governo pienamente democratico enunciate in precedenza. Né essa assicura il perfetto conseguimento di altri obiettivi altamente desiderabili quali la giustizia per tutti, la felicità universale e il benessere economico. Tuttavia sembra che nessuna alternativa concreta possa assicurare il raggiungimento di questi obiettivi meglio della poliarchia; nessun altro ordinamento politico, d'altra parte, tutela in modo altrettanto efficace gli estesi diritti che sono una componente essenziale delle istituzioni della poliarchia.
Perché in alcuni paesi la poliarchia si è sviluppata e stabilizzata mentre in altri non si è sviluppata, o si è affermata in ritardo, oppure ancora è venuta meno? Sebbene non sia possibile dare una risposta univoca a tale interrogativo, si possono però indicare sei condizioni che si dimostrano particolarmente favorevoli allo sviluppo e alla stabilità della poliarchia.
1. Presenza di una cultura e di idee democratiche. Un ruolo cruciale è assunto dalla presenza di una cultura politica e di idee democratiche. Specialmente in periodi di crisi profonda e generalizzata causata da difficoltà economiche, guerre, gravi conflitti ideologici e via dicendo, la poliarchia può trovare sostegno nella convinzione diffusa che la democrazia e le istituzioni della poliarchia siano desiderabili e legittime, e nel conseguente rifiuto di alternative non democratiche. Tali idee trovano a loro volta sostegno in una cultura ampiamente diffusa che ne consente la trasmissione da una generazione all'altra. Viceversa, là dove le idee e le convinzioni democratiche sono deboli o assenti, o lasciano il posto a concezioni che privilegiano ideologie o sistemi politici non democratici, e non sono sostenute da un sistema di norme culturali trasmesse di generazione in generazione, è molto probabile che la poliarchia scompaia in periodi di crisi. Poiché la cultura e le idee democratiche non nascono dall'oggi al domani, ma sono un prodotto della storia passata e presente di un paese, esse sono condizioni difficili da creare, specialmente perché non si sa bene come ciò possa essere fatto.
2. Controllo sull'esercito e sulle forze dell'ordine. Nel corso del XX secolo si contano più di cinquanta esempi - senza considerare i casi di occupazione straniera - in cui si è passati da governi democratici a regimi autoritari. L'elevata frequenza dei colpi di Stato e delle dittature militari dimostra l'importanza del secondo fattore che contribuisce alla stabilità della poliarchia: il fermo controllo da parte dei leaders civili eletti democraticamente sui principali strumenti di coercizione, ossia l'esercito e le forze dell'ordine, affinché questi non possano essere utilizzati per conquistare o conservare il dominio sullo Stato. Anche in paesi che hanno una forte tradizione di controllo dei mezzi coercitivi da parte delle forze civili, una polarizzazione politica estrema può preparare la strada alla presa del potere da parte dei militari quali presunti garanti dell'ordine pubblico.
3. Omogeneità. Le probabilità che la poliarchia si sviluppi e si stabilizzi sono inoltre maggiori se all'interno di un paese esiste un certo grado di omogeneità che impedisca il formarsi di sottoculture fortemente differenziate basate sulla religione, sull'appartenenza etnica, sulla razza, sulla lingua o sull'ideologia. Là dove si creano divisioni di questo tipo, come è accaduto in alcune delle democrazie di più antica data, la stabilità democratica può essere assicurata attraverso particolari intese per la conciliazione, l'accomodamento e il consenso (prassi politica che alcuni studiosi definiscono 'democrazia consociativa'), come è accaduto ad esempio in Svizzera e in Belgio.
4. Sistemi economici e sociali moderni. Le prospettive per la democrazia nel mondo attuale sono di gran lunga migliori in quei paesi che presentano certe caratteristiche tradizionalmente associate alla modernità: una società e un'economia che incoraggiano il pluralismo al livello sia della società che delle organizzazioni; un'economia di mercato; un livello tradizionalmente elevato di ricchezza e di reddito, di consumo, di alfabetizzazione e di istruzione; uno standard di vita che tende ad innalzarsi piuttosto che a restare statico o ad abbassarsi, e via dicendo.
5. Stato di diritto. La poliarchia ha maggiori probabilità di svilupparsi e di perdurare in un paese in cui lo Stato di diritto ha una solida base nella tradizione e nella prassi politica, e dove, di conseguenza, sia i cittadini che i governanti agiscono in conformità alla legge.Viceversa, la poliarchia non trova un terreno favorevole in un paese in cui lo Stato di diritto è debole o assente e sono diffusi comportamenti arbitrari non regolati dalla legge.
6. Indipendenza. Naturalmente, anche in un paese in cui sono presenti tutte le condizioni favorevoli menzionate in precedenza, la poliarchia può essere indebolita o annullata dall'intervento di una potenza ostile alle idee e alle prassi democratiche.Sebbene nessuna di queste condizioni sia di per sé sufficiente a garantire che un paese possiederà le istituzioni politiche della poliarchia, le probabilità che ciò avvenga sono assai alte se tutte sono presenti, e ridottissime se invece mancano tutte. Nel caso in cui esistano solo alcune di tali condizioni, mentre altre siano deboli o manchino del tutto, l'esito è incerto. Alcuni paesi in cui vi sono condizioni miste, alcune favorevoli e altre sfavorevoli, possono oscillare tra periodi di poliarchia e periodi di governo autoritario, ad esempio di dittatura militare.
Come abbiamo visto, la poliarchia nel senso più pieno del termine è prevalentemente un prodotto del XX secolo. In effetti, anche le democrazie e le repubbliche nelle loro prime forme sono state un fenomeno abbastanza raro.Nel primo cinquantennio di questo secolo, tuttavia, le istituzioni della poliarchia sono state introdotte in numerosi paesi. Come si è già accennato, in molti di essi, in cui una o più delle condizioni favorevoli elencate sopra erano deboli o assenti, le poliarchie sono state presto soppiantate da regimi autoritari.
Dopo il crollo di alcune delle principali alternative autoritarie alle idee e alle prassi democratiche verificatosi nella seconda metà del secolo, le istituzioni della poliarchia e le concezioni democratiche si sono diffuse in tutto il mondo in una misura sconosciuta in passato.Nonostante questo straordinario successo storico, però, la teoria e la prassi della poliarchia hanno incontrato numerose difficoltà. Molti paesi in cui le condizioni sono altamente sfavorevoli sono ancora governati da regimi autoritari; in alcuni paesi in cui sono state introdotte le istituzioni della poliarchia, le condizioni si presentano lungi dall'essere favorevoli. Nonostante la quantità di esperimenti per tentativo ed errore, di teorizzazioni e di speculazioni, ancora non è stata scoperta una strategia vincente per migliorare le prospettive di democratizzazione nei primi e per sviluppare una poliarchia stabile nei secondi.
Un ostacolo per l'instaurazione di una poliarchia stabile è rappresentato in molti paesi dall'esistenza di gruppi culturali antagonisti, spesso con idee contrastanti in merito all'identità nazionale e ai confini politici del paese. La teoria e la prassi della poliarchia, come della democrazia in generale, partono dal presupposto che esista un'unità politica all'interno della quale è il 'popolo' a governare, senza peraltro specificare che cosa propriamente costituisca un 'popolo' ai fini dell'autogoverno, o quali debbano essere i confini appropriati di una unità di governo democratica. In certe epoche e in certi luoghi - come ad esempio l'Atene classica o il Giappone moderno - i concetti di 'popolo' e 'nazione' potevano sembrare ovvi: spesso, tuttavia, essi sono oggetto di controversie che minacciano di sfociare in conflitti violenti o addirittura in guerre civili; è quanto è accaduto ad esempio negli Stati Uniti nel 1861, quando gli Stati schiavisti cercarono di separarsi dall'unione federale esistente scatenando la guerra civile (1861-1865). Alla fine del XX secolo, in molti paesi regna ben poco accordo sulla definizione dei concetti di 'nazione', 'paese', 'popolo'.
Anche per i paesi in cui la poliarchia esiste da tempo in condizioni favorevoli continuano a presentarsi i problemi derivanti dalla stretta connessione, menzionata in precedenza, tra la poliarchia e un'economia di mercato in cui la produzione, la distribuzione e lo scambio sono prevalentemente in mano a privati. Sebbene la moderna economia di mercato sia stata, come abbiamo visto, una delle condizioni che hanno favorito la poliarchia, essa ha anche conseguenze negative sull'eguaglianza politica e quindi sul carattere democratico della poliarchia. Un'economia di mercato dinamica crea ineguaglianze nella distribuzione di molte risorse, tra cui differenze di reddito, di ricchezza, di status, di conoscenze, di accesso all'informazione, di controllo sulle comunicazioni e di sicurezza economica. Risorse economiche e sociali di questo tipo possono essere utilizzate per guadagnare influenza nella vita politica, spesso attraverso la corruzione. In questo senso non si tratta di risorse solo economiche e sociali, ma anche politiche. Un'economia di mercato dinamica crea dunque ineguaglianza nella distribuzione delle risorse politiche, e in questo modo contribuisce a indebolire quell'eguaglianza politica tra i cittadini che è una condizione essenziale in una concezione democratica. Così facendo essa riduce il potenziale democratico della poliarchia, che assume un carattere più oligarchico o plutocratico.Nel corso del XX secolo la maggior parte delle poliarchie stabili ha adottato un complesso di politiche mirate a mitigare le ineguaglianze ingenerate dall'economia di mercato. Tuttavia, alla fine del secolo, la ricerca di soluzioni ai problemi derivanti dalla tensione tra i processi economici dell'economia di mercato e i processi politici della poliarchia non è ancora pervenuta a un punto d'arrivo.
Un'altra minaccia per la poliarchia proviene infine dalla rapida internazionalizzazione della politica, dell'economia, della società, delle comunicazioni e della cultura. Le azioni a livello transnazionale influenzano in varia misura tutti i paesi. In generale, le decisioni nei paesi minori sono più condizionate da forze esterne di quanto non accada per quelli più grandi, anche solo per il fatto che le loro economie - perlomeno nei paesi avanzati - dipendono maggiormente dal commercio internazionale; di solito, inoltre, essi sono più vulnerabili sul piano militare (la Svizzera fa eccezione solo in parte). È ovvio tuttavia che la presenza di attori e azioni esterni impone limiti cruciali alle scelte anche in paesi grandi e potenti come gli Stati Uniti.Così come le prime città-Stato persero gran parte della loro autonomia - politica, economica, sociale e culturale - allorché vennero assorbite in più ampi Stati nazionali, allo stesso modo alla fine del XX secolo lo sviluppo di sistemi transnazionali ha iniziato a ridurre l'autonomia politica, economica, sociale e culturale degli Stati nazionali. La vita economica di un paese, le condizioni dell'ambiente, la sicurezza nazionale e la sopravvivenza dipendono in misura sempre maggiore da attori e azioni che sono al di fuori dei confini dei singoli paesi e sfuggono al controllo diretto dei governi nazionali. I cittadini quindi non possono più servirsi dei loro governi nazionali, e ancor meno di quelli locali, per esercitare un controllo diretto su attori esterni le cui decisioni hanno un'importanza cruciale per la loro vita - ad esempio la decisione degli investitori stranieri di investire altrove.Il risultato è qualcosa di simile alla seconda trasformazione trasposta su scala mondiale. E tuttavia non sono ancora state sviluppate le istituzioni politiche che consentirebbero di applicare le idee democratiche su scala internazionale. Persino nell'Unione Europea, in cui si sono registrati i maggiori progressi nella creazione di istituzioni siffatte, queste in pratica non riescono a superare un 'deficit democratico' considerevolmente più elevato di quello che caratterizza le poliarchie degli Stati nazionali. Altrove non è stato compiuto alcun tentativo paragonabile di applicare le idee democratiche ad un livello internazionale.
(V. anche Democrazia; Mercato; Pluralismo).
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