polifonia
L’insieme armonico di molti suoni
Il termine polifonia, di origine greca, significa «molti suoni» e indica un tipo di scrittura musicale che prevede l’insieme simultaneo di più voci (umane e/o strumentali) su diverse altezze sonore, che procedono in direzioni parallele od opposte per intonare inni, preghiere, canzoni, ma anche per suonare concerti e sinfonie. La polifonia impronta tutta la musica colta occidentale
Alle origini della polifonia ci fu il canto a più voci – acute e gravi – che si sviluppò dal tardo Medioevo in poi e che veniva praticato da gruppi vocali a sé stanti, ai quali soltanto in seguito si aggiunsero raddoppiamenti strumentali. Nelle fasi iniziali queste voci sovrapposte procedettero parallelamente a distanza di un intervallo – cioè di una differenza fra le altezze dei suoni –, come testimoniano le prime documentazioni del 9° o degli inizi del 10° secolo, secondo quanto tramanda un anonimo trattato che descrive un tipo di polifonia a quattro voci parallele.
Le esperienze prima accennate rimangono comunque nell’ambito del canto gregoriano, sia pur nella fase della sua conclusione, e a esso è conformato il nuovo modo di musica polifonica a due o più parti sovrapposte, che viene chiamato organum.
Nell’11° secolo diversi trattati rilevano un’evoluzione delle norme circa gli intervalli, a seguito di un incremento del numero dalle parti sovrapposte che s’incrociavano e che procedevano anche con movimenti opposti, sempre guidate dalla parte designata canto fermo, cioè dalla melodia intonata dal tenor (così detto perché teneva lungamente le note).
A questi mutamenti erano volti anche i disegni ritmico-melodici, che venivano distinti da specifiche intitolazioni in relazione alla loro conformazione (conductus, motetus, organum melismatico e così via).
Tali forme fiorirono in vari centri di produzione in tutta Europa: dapprima nei monasteri o nelle scuole polifoniche basilicali (come Notre-Dame a Parigi o S. Marco a Venezia) e, in seguito, nelle correnti nazionali intitolate all’ars nova in area francese nel 14° secolo e, quasi contemporaneamente, in quella italiana. In quest’ultima va registrata la convergenza dei componimenti polifonici verso temi profani: nel madrigale, nella ballata, nella caccia.
Intanto nelle trame della polifonia si inseriva il ricco gioco tematico, figurativo, imitativo del contrappunto, con più movimenti melodici indipendenti che si rispecchiano l’uno con l’altro. In alcune scuole nazionali – la franco-fiamminga, la britannica e la veneziana – il contrappunto toccò vertici di virtuosismo tecnico tali da rendere difficoltosa la comprensione dei testi liturgici. Perciò le ferree indicazioni sulla liturgia volute dalla Controriforma tridentina presentano notevoli prescrizioni semplificative.
Tra il 15° e il 16° secolo si giunse all’apice del classicismo polifonico, con l’opera di Pierluigi da Palestrina e gli sfarzi multivocali e strumentali della scuola veneziana sotto l’influenza di Andrea e Giovanni Gabrieli.
Nel 17° secolo l’arte polifonica, nella sua veste corale, privilegiò i componimenti oratoriali e le cantate spirituali, ma consentì l’ultima mirabile fase al madrigale, in particolare nell’opera di Monteverdi.
Altrettanto gloriosa sorte la polifonia incontrò in Germania e in altri paesi nordici per il grande impulso dato dal luteranesimo al canto (Lied) spirituale, al quale partecipava la comunità dei fedeli e che ispirò le opere corali e strumentali di Heinrich Schütz e soprattutto di Johann Sebastian Bach. Nella produzione di Bach la polifonia strumentale trovò il suo sbocco più significativo in opere organistiche, clavicembalistiche e orchestrali.
In seguito l’assunto polifonico, divenendo fisiologico elemento connettivo di tutta la musica occidentale, si articolò nei più diversi generi tanto da poter essere applicato a tutte le forme musicali e in tutte le epoche storiche.