ROBUTTI, Pompeo
ROBUTTI, Pompeo. – Nacque nel 1604 dal matrimonio tra Marc’Antonio e Margherita Inviziati.
Il ‘magister Robutus’, menzionato in un atto datato 3 ottobre 1351, fu il capostipite dell’antica famiglia dei Robutti, originaria del quartiere Rovereto di Alessandria, sin dal 1225, annoverata tra le famiglie ghibelline del Popolo e dal 1417 nel novero delle famiglie della Casa ducale. Una serie di matrimoni con figli della nobiltà locale favorì l’accumulo di beni immobili. Il padre di Pompeo, Marc’Antonio II, il 2 luglio 1603 siglò la scrittura di fidanzamento con Margherita Inviziati. Nel 1617 si aggiunse l’ingente patrimonio della zia Olimpia Robutti Aulari, la cui eredità incrementò notevolmente il prestigio economico e sociale della famiglia. Tra gli anni Venti e Settanta del Seicento si consolidò la situazione patrimoniale che culminò con l’acquisto di una ‘casa nobile’ da parte di Vespasiano, il fratello di Pompeo. Nel 1743 il ramo alessandrino dei nobili Robutti si estinse con Pompeo, figlio di Marc’Antonio.
La vita e la carriera professionale di Pompeo coincisero con il momento di maggiore prestigio della famiglia, oltre che con un periodo strategico, dal punto di vista politico e militare, per lo Stato di Milano in cui egli si trovò a studiare e lavorare.
Dopo la morte della madre (1609), Vespasiano e Pompeo crebbero sotto la tutela del padre Marc’Antonio, con Nicolò figlio naturale. Tra il 1609 e il 1614 nei libri dei conti della famiglia furono annotate spese regolari per l’istruzione primaria dei tre figli, impartita loro molto probabilmente in Alessandria. Si è ipotizzata, per Pompeo, un’istruzione universitaria a Pavia o a Milano: al momento non è stato rinvenuto alcun documento a supporto di queste due differenti tesi.
Grazie agli studi compiuti Pompeo II ricoprì il ruolo di architetto militare, mentre il fratello Vespasiano quello di giureconsulto. Nel 1770 Carlo Guasco sottolineò la formazione giovanile nei campi della geometria, matematica, architettura civile e militare. Lavorò come misuratore e rilevatore per militari e governatori, oltre che come progettista di nuove difese a potenziamento di quelle esistenti. Ricevette il primo incarico documentato nel 1635, quando il governatore di Alessandria Giuseppe Mompavone lo inviò al castello di Redabue, nei pressi di Masio, e nella vicina Valenza, in quei giorni assediata dai francesi. Robutti nel suo trattato annotò l’abbattimento di «vinti braccia di muraglia» (L’Architettura Militare..., c. 47) durante l’assedio di Tortona del 1642, stesso anno in cui fu inviato a Rocca Grimalda a eseguire un rilievo del sito. A partire dal 1643, sino al 1657, fu impegnato essenzialmente nel potenziamento del circuito fortificato della città di Alessandria.
Nel corso del Seicento il cardine della difesa del confine occidentale dello Stato milanese fondava sulla solidità e sulla reciproca collaborazione delle piazzeforti di Novara, Mortara, Tortona, Valenza, Alessandria. Quest’ultima non capitolò mai: fu a lungo contesa perché la sua posizione strategica garantiva a chi controllava la città la supremazia sui territori (in attacco e in difesa). Assediata, attaccata, resistette sempre, forte di mura progettate e potenziate, negli anni costantemente rinnovate, e di una posizione orografica favorevole.
Nell’estate del 1643 Alessandria fu attaccata dall’esercito franco-sabaudo. I documenti riportano come Robutti, unico ingegnere in città, riuscì a difenderla. L’assedio sventato dimostrò la necessità di rafforzare la cinta urbana della città e nel 1644 Robutti progettò i bastioni di S. Barnaba e di S. Giuliana in Borgoglio, il quartiere oltre il fiume Tanaro.
Nel 1645 fu costruita, su progetto di Robutti, la mezzaluna a difesa della Porta di Marengo. Negli stessi anni collaborò con l’agrimensore Durante Roberti e con l’ingegnere della Regia e ducale Camera Giovanni Pietro Pelluco, di cui fu più volte ispettore dei lavori. Il 18 dicembre 1650 giunse il riconoscimento da parte di Filippo IV, re di Spagna, dei servigi e dei lavori svolti. A Pompeo, ricordato nel documento quale «Professore di Architettura Militare e, di Capo Ingegnere nelle occorrenti Guerre di Lombardia, e massimamente nell’Alessandrina Provincia» (Archivio di Stato di Alessandria, Archivio storico del Comune, s. I, Carte Robutti, vol. 747, c. 33, citato in Gasparolo, 1926, p. 89) fu accordata l’esenzione dagli alloggiamenti militari.
Tra il 1650 e il 1656 Robutti servì Pietro Gonzales de Valle, capitano generale di Alessandria, che annotò: «Certefico que en el espaçio de seis anos que e sido Capp. General de Alexandria y Governator del Ultralpo, è conocido y visto servir à su Mag.d à Pompeo Robutti Gentil hombre de dicha çiudad de Alexandria, y por la pratica y esperiencia que tiene en la arquitetura militar se he ocupado en diversas ocasiones, en muchas cosas del Real Servicio ansi en las fortificaciones» (ibid., vol. 748, c. 21, citato in Gasparolo, 1926, p. 94).
Nel 1657 Alessandria fu assediata e sotto le sue mura si scontrarono i più importanti eserciti dell’Europa del XVII secolo.
Fu questo uno degli ultimi atti del tragico conflitto che dilaniò il Nord della penisola italiana: l’acuirsi della guerra su scala continentale tra Francia e Spagna si riverberò nello scontro tra lo Stato di Milano (nell’orbita spagnola) e il ducato sabaudo (ormai dichiaratamente filofrancese). L’assedio dell’estate del 1657 vide contrapposti, da una parte, l’esercito spagnolo-lombardo, in soccorso degli alessandrini assediati, in accordo con gli svizzeri del Cantone dei Grigioni, con gli austriaci e il duca di Mantova. Dall’altra parte, l’esercito franco-sabaudo si avvalse dell’alleanza con il duca di Modena.
Durante l’assedio si distinse Pompeo Robutti che «disegnò il bonetto davanti alla mezzaluna Baratta, il fortino fuori della Porta di Marengo, le strade coperte e sotterranee, le mezzelune, tenaglie, tagliate, palificate, i pozzi ed altri ordigni spettanti alla difesa […]». Carlo Guasco (1770) annotò anche che «l’ingegnoso Robutti» inventò «alcune Micidiali Macchine da guerra, colle quali si fece orribile strage degli Aggressori» e delineò «una Carta Tipografica […] delle Fortificazioni di Alessandria assediata, con i differenti Quartieri Francesi, le Trinciere, le Linee di controvallazione, e gli approccj nimici, come pure la situazione dell’esercito Spagnolo venuto al soccorso di essa Città, co’ suoi avvanzamenti verso la Bormida, la quale meritò in appresso, per la sua grande esattezza, di esser data alle Stampe» (p. 296). Con ogni probabilità la carta è stata recentemente individuata presso la Bibliothèque nationale de France: Alessandria, assediata Dall’armi di Francia li 17 Luglio 1657 con le operationi fatte dalli Eserciti Cattolico et Austriaco, questo commandato dal Duca di Mantoua, e quello dall’Conte di Fuensaldagna per la liberatione di detta Citta seguita il 19 Agosto del mede.mo anno.(Paris, Bibliothèque nationale de France, Département Cartes et plans, GE D 14209, Registre B, 2304 108).
Tra il 1650 e la sua morte, l’ingegnere fu impegnato nella redazione del trattato di architettura militare L’Architettura Militare di Pompeo Robutto gentiluomo alessandrino intrattenuto per S. M. C. in Alessandria come apare il suo privilegio dato in Madrid alli 18 dicembre 1650, ora conservato presso l’Archivio di Stato di Alessandria.
Il manoscritto si compone di 60 fogli in lingua volgare con testo alternato a disegni esplicativi. Dopo un’introduzione dedicata alle città e alle caratteristiche necessarie all’architetto militare, i capitoli si concentravano sulla progettazione delle opere fortificate, con riferimenti alla geometria, alla matematica applicata, all’espugnazione delle fortezze, ai ruoli e alle competenze necessarie per i diversi soldati. Robutti indicò nelle pagine iniziali i «Nomi delli scrittori de quali si è servito l’Autore in quest’opera» (L’Architettura Militare..., c. 2): tra gli altri Vitruvio, Euclide, Sebastiano Serlio, Galeazzo Alessi, Platone, Giulio Cesare, Vegetio, Pietro Antonio Barca, Giuseppe Barca.
Nel 1661 sposò Angella Gavigliani e dal matrimonio nacquero Margarita, Bernardo, Marc’Antonio e Olimpia. Nel 1668 morì senza testamento.
Alcuni dei suoi beni, e in particolare una fornita biblioteca, sono riconoscibili nel testamento del fratello Vespasiano. Tra i molti tomi, la maggior parte dei testi citati nel trattato. Pompeo fu sepolto nella cappella di famiglia in S. Maria di Castello.
La fortuna critica di Pompeo Robutti si snoda solo in ambito alessandrino, essendo il suo nome soprattutto legato alla difesa vittoriosa nel 1657. Girolamo Ghilini, annalista e suo contemporaneo, lo ricordò, tra il 1635 e il 1657, come «dell’architettura militare intendentissimo» e «benemerito compatriota», attivo nei lavori di rafforzamento delle fortificazioni della città e più in generale «nel suo territorio e in altri vicini luoghi» (1666, pp. 259, 320). Guasco nel 1770 nella voce Alessandria pubblicata da Cesare Orlandi, tra gli uomini illustri ne delineò la biografia. Sulla base di quanto scritto da Ghilini e da Guasco, lo storico Carlo A-valle, nel 1854, compilò una scheda biografica allegata alla Storia di Alessandria. Bisogna giungere al 1925 per avere il primo studio monografico, fondato sulla documentazione archivistica della famiglia. Gli studi successivi su Alessandria non dedicarono spazio a Robutti, che entrò in una sorta di oblio dovuto forse alla carenza di studi sulla città nel XVII secolo, e, in particolare, sul circuito fortificato di matrice lombardo-spagnola. Robutti non fu citato nei repertori più antichi riguardanti gli ingegneri e architetti militari, mentre il suo ruolo è stato riconosciuto in studi più recenti.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Alessandria, Archivio storico del Comune, s. I, voll. 747, 748, 749, Carte R.; s. III, cartella 1957, L’Architettura Militare di P. R. gentiluomo alessandrino intrattenuto per S. M. C. in Alessandria come apare il suo privilegio dato in Madrid alli 18 dicembre 1650; Paris, Bibliothèque nationale de France, Département Cartes et plans, GE D 14209, Registre B, 2304 108, Alessandria, assediata Dall’armi di Francia li 17 Luglio 1657 con le operationi fatte dalli Eserciti Cattolico et Austriaco, questo commandato dal Duca di Mantoua, e quello dall’Conte di Fuensaldagna per la liberatione di detta Citta seguita il 19 Agosto del mede.mo anno.
G. Ghilini, Annali di Alessandria overo le cose accadute in essa città, Milano 1666, pp. 259, 320; C. Guasco, voce Alessandria, in C. Orlandi, Delle città d’Italia e sue isole adjacenti compendiose notizie sacre, e profane [...], tomo primo, Perugia 1770, pp. 295 s.; C. A-valle, Storia di Alessandria, Torino 1855 p. 507; E. Torelli, Delle fortificazioni di Alessandria. Cenno storico, in Rivista di storia arte e archeologia per la provincia di Alessandria, III (1894), pp. 199-226; F. Gasparolo, P. R., architetto militare e la sua famiglia, ibid., XXXIV (1925), pp. 279-343; XXXV (1926), 1, pp. 5-117, 2, pp. 141-175; A. Perin, P. R. Ingegnere militare e trattatista (1604-1668), in L’architettura degli ingegneri. Fortificazioni in Italia tra ’500 e ’600, a cura di A. Marino, Roma 2005, pp. 53- 62; Id., P. R., in P. Bossi - S. Langé - F. Repishti, Ingegneri ducali e camerali nel Ducato e nello Stato di Milano (1450-1706) dizionario biobibliografico, Firenze 2007, pp. 124 s.; A. Dameri - R. Livraghi, Alessandria disegnata. Città e cartografia tra XV e XVIII secolo. Mapping Alessandria. The town and its cartography from the 15th to the 18th century, Alessandria 2009, pp. 30-39; A. Dameri, Le città di carta. Disegni dal Krigsarkivet, Torino 2013, pp. 104-111; Ead., Designing defenses: the Marquis of Leganés and Jesuit Father Francesco Antonio Camassa, expert in military art. - Progettare le difese: il marchese di Leganés e il padre gesuita Francesco Antonio Camassa esperto di arte militare, in Defensive architecture of the mediterranean XV to XVIII centuries, a cura di P. Rodriguez-Navarro, Valencia 2015, pp. 29-36; Ead., Ingegneri in guerra. P. R. e Gaspare Beretta al servizio della Spagna (1657), in History of engineering. Proceedings of the 2nd International Conference. Atti del 6° Convegno nazionale, a cura di S. D’Agostino, II, Napoli 2016, pp. 627-634.