pop-rock
Quando la musica leggera usa il rock
Il pop-rock è uno stile musicale che prende dal rock caratteristiche melodiche, armoniche e ritmiche sommandovi un’ambientazione pop. Definito negli Stati Uniti anche adult oriented rock («rock destinato ad adulti») o classic rock, il pop-rock è un termine creato dalla critica specializzata per individuare e delimitare uno scenario musicale dai contorni incerti. Idealmente ha preso forma nei primi anni Settanta del Novecento, quando il rock ha esaurito la sua spinta politica con la fine dei movimenti della contestazione giovanile negli Stati Uniti
Il rock nacque come entità distinta dal rock ’n’ roll, con la presa di coscienza politica e sociale dei cantautori americani – Bob Dylan, Pete Seeger e Phil Ochs su tutti –, riuniti attorno al quartiere newyorkese del Greenwich Village e interessati al folk revival (genere che a partire dal patrimonio nazionale di ballate popolari aveva lanciato sul mercato gli interpreti del country e del blues). Il rock rivendicò da subito orgogliosamente una sua diversità rispetto alla musica di consumo di gruppi più strettamente pop, come Monkees e Rascals, che guardavano alla ‘invasione britannica’ di band come Beatles e Rolling Stones.
Ma la presunta purezza rock non sarebbe durata che lo spazio di una stagione. Il pop americano negli anni Sessanta raggiunse vette di leggerezza impensabili portando in classifica il bubblegum pop di Archies e Ohio Express, elementari e zuccherosi motivi pop per un pubblico poco più che adolescente, ma anche le raffinate atmosfere orchestrali di Burt Bacharach e Ray Conniff, a dimostrazione di un considerevole eclettismo del pubblico radiofonico del periodo.
Proprio le radio giocarono un ruolo fondamentale nel creare una sintesi tra pop e rock. Per parte degli anni Settanta le radio AM (amplitude modulation «modulazione di ampiezza») dominarono l’etere trasmettendo solo singoli di facile presa, mentre era già in atto il rapido declino del disco formato singolo a ventiquattro giri, messo in crisi dalla tendenza dei gruppi a costruire gli album come raccolte concettuali di canzoni. Illuminante in questo senso l’esempio dell’album Sgt. Pepper’s lonely hearts club band (1967) dei Beatles, frequentemente programmato dalle radio dei paesi anglofoni, nonostante l’assenza di una strategia incentrata sull’uscita di un singolo trainante.
Alla fine degli anni Settanta le emergenti radio FM (frequency modulation «modulazione di frequenza», in grado di eliminare i disturbi che producono alterazioni nell’ampiezza dell’onda radio) focalizzarono l’attenzione sul supporto album e prese piede quello che venne definito adult contemporary rock o – con la della sigla AOR –, album oriented rock.
L’infrangersi del sogno di una controcultura rock all’inizio degli anni Settanta coincise con una progressiva trasformazione di parte del rock in pop-rock.
Il pop-rock è stato il primo stile musicale dichiaratamente per adulti, apertamente privo dell’urgenza giovanilistica del rock ’n’ roll e di quella politica del rock. La centralità era ancora affidata alla melodia tipica del pop americano e britannico, alla magia del ritornello perfetto e orecchiabile, ma gli arrangiamenti e i ritmi erano prettamente rock.
In questa fase il rock – per definizione voce privilegiata dei giovani con contenuti di ribellione – riconobbe il proprio fallimento di mezzo in grado di smuovere la coscienza collettiva, in qualche modo scegliendo di rivolgersi a ognuno dei propri ascoltatori e instaurando un rapporto più intimo con essi. È un pop-rock di massa che parlava ai singoli, che rinunciava a scandalizzare i benpensanti, che non cercava più di minare l’establishment, e che non sentiva il bisogno di porsi come stile di vita alternativo.
Conscio di avere organizzato una rivoluzione musicale, e constatata l’impossibilità di innalzare il livello dello scontro, il rock inglobò i suoi caratteri apparenti eliminandone la sostanza. Cedettero alle tentazioni dell’affermazione in campo radiofonico, con esiti alterni, anche quelle band il cui retroterra sinceramente rock si era formato negli anni Sessanta, come gli inglesi Rolling Stones, Led Zeppelin e Pink Floyd, Paul McCartney e la sua nuova formazione – i Wings –, mentre negli anni Settanta negli Stati Uniti proliferarono gruppi come Boston, Journey, Kansas e Supertramp.
Della famiglia del rock ‘adulto’ il ruolo preminente in quel periodo spettò agli Eagles, interpreti di un suono a cavallo tra rock melodico e country gentile, con armonie vocali docili e piacevoli, figlio adottivo della tradizione californiana di Crosby, Stills, Nash & Young (CSN&Y) ma proiettato nelle classifiche pop. Tra i gruppi che raccolsero un vero e proprio successo planetario ci furono gli americani Toto, band composta da musicisti assoldati per turno di registrazione di indubbia levatura tecnica – elemento ricorrente nelle band del pop-rock –, al servizio di un rock da classifica di sicura presa. Non è un caso che in questo periodo la chitarra elettrica, elemento distintivo del rock, abbia perso parte della sua centralità nell’economia della musica pop.
Due grandi istrioni della musica da classifica del periodo, Elton John e Billy Joel, si liberarono progressivamente del vestito rock delle rispettive prime produzioni per dare vita a un sofisticato pop d’autore dalle liriche sentimentali destinato a un pubblico che aveva amato Beatles e Beach Boys nell’adolescenza e che ora era pronto per una musica più intima e raccolta. L’impatto chitarristico del rock non si perdette del tutto, rimanendo vivo soprattutto nel genere del power pop (Cheap trick, Knack), ossia quello che recuperava un suono più primitivo, riff elementari e intrecci vocali che rimandavano a un certo pop britannico degli anni Sessanta.
La prima metà degli anni Ottanta ha segnato il punto più alto delle produzioni pop-rock ma anche la fine del pop-rock come stile debitore verso un passato più tradizionalmente rock. Le lusinghe della tecnologia dei sintetizzatori e il fascino dell’utilizzo dell’elettronica hanno influenzato i suoni di band del rock progressivo come Yes ed Electric Light orchestra, ma anche di gruppi con una formazione hard rock come Queen, Aerosmith e Van Halen, gruppi denominati arena rock band per la loro capacità di riempire stadi e forum nel corso di tournée faraoniche.
Una variante pop del nascente heavy metal ha trovato terreno fertile tra Los Angeles e New York dove si sono affermati band come Dokken, Mötley Crüe, Bon Jovi e Guns ’n’ Roses. Si tratta di un hard rock dalle forti tinte melodiche che punta sulla ballata sentimentale per trovare spazio sulle radio. Ribattezzato col nome di hair metal – per le chiome vaporose esibite – o spandex metal – per le aderenti tute in acrilico indossate – questa forma ibrida di hard rock ha riscosso un notevole successo fino all’inizio degli anni Novanta.
Il movimento grunge, che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta nasce a Seattle come fenomeno locale e influenza buona parte del rock dell’ultimo decennio del secolo, ha una ricaduta pop anche sulla programmazione musicale delle radio FM statunitensi.
Normalizzato da produzioni laccate ed editato per ottenere il massimo della risposta radiofonica, il rock delle chitarre vive una nuova giovinezza. Il mondo dei cantautori al femminile ottiene una discreta popolarità attraverso la musica di Alanis Morissette, Fiona Apple, Tori Amos, in grado di rivitalizzare in chiave rock i messaggi musicali lanciati un decennio prima da Tanita Tikaram e Tracy Chapman. Sopita l’energia del rock alternativo, gruppi come Hootie and the Blowfish, Dave Matthews band e Crowded House propongono un rock radicato nella tradizione degli anni Sessanta e Settanta, ma aggiornato ai tempi correnti, in bilico tra tentazioni di cantautori e ritornelli pop vincenti.
Nella seconda metà degli anni Novanta il pop-rock è costretto a lasciare spazio a nuove forme di intrattenimento musicale. Si impone nelle programmazioni delle principali emittenti radiofoniche statunitensi ed europee il genere urban, variante moderna del rhythm ’n’ blues e del soul arricchito da arrangiamenti e soluzioni ritmiche tipici del rap: produttori come Babyface e Antonio Reid, in prima persona o nelle retrovie degli studi di produzione, tracciano le coordinate di un black pop generalista in grado di conquistare anche il pubblico bianco e che vede come protagonisti R. Kelly, Mary J. Blige e D’Angelo.